Quando Netflix rovinò Rebecca
A fine ottobre ho dovuto dare un esame in università. Mentre io e la mia compagna di laboratorio attendevano l'arrivo del professore, nelle chiacchiere semi-tese e preoccupate del momento mi ha chiesto se avessi già visto un film uscito su Netflix: Rebecca, il nuovo adattamento del romanzo di Daphne du Maurier Rebecca, la prima moglie. Io le ho risposto di no, lei mi ha esternato i suoi dubbi rispetto alla resa – nonostante non avesse ancora letto il libro – e poi è arrivato il professore e ho dato l'esame.
Qualche giorno dopo, curiosa, ho acceso la tv e ho deciso di guardarlo. Dopo un'ora e quaranta di film, l'unica reazione è stata un pacato "Ma cosa accidenti ho appena visto?".
Non starò qui a recensirvi il romanzo originale, non ne vedo il senso. Vi basti sapere che è bello, uno di quei libri che merita di essere letto più e più volte nel corso del tempo per tantissimi motivi, cha vanno dal modo in cui è scritto alla gestione della trama e dei personaggi. Infatti, quando l'ho preso per la prima volta in mano a sedici anni, curiosa di scoprire chi fosse la Rebecca a cui (in parte) è dovuto il mio nome, me ne sono innamorata perdutamente e tutt'ora, dopo averlo letto una seconda volta, lo considero immenso.
Tutto questo per dire che mi sono approcciata alla visione della nuova versione cinematografica – in quanto ne esiste già una di Hitchcock che, però, non ho ancora avuto modo di vedere – con una certa dose di aspettative. Certo, ho cercato di comunque tenere la mente il più aperta possibile, in quanto le parole della mia amica e una generale conoscenza delle proposte made in Netflix mi avevano già messa sull'attenti, ma il risultato finale è stato inevitabilmente uno: la bocciatura.
A essere del tutto onesti, era iniziato bene. Fin da subito ho riconosciuto alcune battute riprese parola per parola dal romanzo e Lily James aveva la giusta dose di goffaggine richiesta, nonostante l'abbia avvertita fin da subito un po' troppo smaliziata per il ruolo della nuova Mrs de Winter. Oltretutto, che vuoi dire ad Armie Hammer come Maxim de Winter?
Certo è che, però, fin dalle sequenze ambientate a Montecarlo avevo notato qualcosa che stonava – troppo esplicito, troppo poco fine –, ma avevo perdonato l'esuberanza da blockbuster a denti stretti, pensando che l'importante era che non ci fossero terribili pasticci nella parte dedicata a Manderley. Ed effettivamente, dopo che i novelli sposi si trasferiscono in Inghilterra, la situazione è tornata in qualche modo funzionante: ho di nuovo riconosciuto battute, il personaggio di Mrs Danvers pareva azzeccato e l'atmosfera era abbastanza on point – esclusa sempre la totale mancanza di sottigliezza su cui ormai, però, avevo perso ogni speranza.
Ma, poi, il dramma.
Infatti, nel momento in cui il film è entrato nel vivo del romanzo, ovvero la porzione dedicata all'indagine su Mr de Winter e la risoluzione finale, è diventato un disastro, tanto che ogni due minuti mi chiedevo se non avessi letto io il libro sbagliato. Vi dico solo che, concluso il film, ho spento il televisore, recuperato dalla libreria del salotto il romanzo e riletto alcune delle ultime pagine, per rassicurarmi che non fossi io quella che non aveva capito proprio niente della storia.
Grazie Netflix, facciamo che la prossima volta lo leggi con attenzione, eh?
Ma quali sono i problemi, nello specifico? Cosa mi porta a dirvi che non vi consiglio di spendere una serata dietro al nuovo adattamento?
Innanzitutto, non è sottile. Il romanzo è delicato, lascia minuscole briciole per il lettore e non è mai esplicito e strabordante, cosa che invece l'adattamento Netflix è – Mr de Winter che osserva due che copulano su una barca a vela e fa un commentino con tanto di risatina? Ma davvero? O ancora Mr Favell che tocca di qua e di là Mrs de Winter?
Posso capire la necessità di renderlo più attraente a un pubblico giovane e scanzonato, che magari non si è mai approcciato al libro della du Maurier, ma in questo modo trovo si sia snaturato il senso su cui si poggia l'opera. Oltretutto, questo essere più espliciti elimina anche l'inquietudine profonda, la sensazione che ci sia sempre Rebecca nascosta in qualche angolo, che invece caratterizza il romanzo.
A ciò, si aggiunge il già citato disastro della parte finale che mi porta a pensare che chi ha gestito l'adattamento non abbia proprio capito nulla di Rebecca, la prima moglie.
Cercando di non cadere almeno per il momento nello spoiler, a circa tre quarti del romanzo viene rinvenuto il cadavere della prima moglie di Maxim, il quale, l'anno precedente, aveva riconosciuto il corpo di un'altra donna come quello di Rebecca. Per questo motivo, unito ad alcune scoperte relative alla barca su cui era affondata la moglie, si apre un'inchiesta che lo vede coinvolto. Il libro, rispetto a questa parte, è tipicamente inglese: i coniugi de Winter si sottopongono con freddezza al processo, composti e integri fino al midollo, e assieme al lettore vengono a conoscenza di che cosa fosse accaduto in realtà la fatidica notte della morte di Rebecca. Nel film, al contrario, si è optato per l'americanata. Nel tentativo di dare un maggior risalto alla figura della nuova Mrs de Winter, questa diventa la sola che si mette in gioco e tenta di salvare il marito, compiendo delle scelte molto discutibili e che, nella realtà, avrebbero fatto solo danni – mai sentito parlare dell'inquinare le prove?
Il grande problema, però, non è tanto nella scelta di trama compiuta, bensì nell'aver snaturato il personaggio di Mrs de Winter: in tutto il romanzo lei è sempre in balia degli eventi, non compie mai una vera e propria scelta e, per quanto possa essere strano, è confortante per il lettore seguirla. Oltretutto, è significativo il fatto che lei non abbia un nome, rimanga sempre anonima e schiacciata dal ricordo di Rebecca. Il fatto che le sia stato dato un tale slancio attivo, quindi, va contro la finissima caratterizzazione definita da Daphne du Maurier, nonché risulta una blandissima operazione di pink washing di cui non sentivo alcuna esigenza.
Altro problema è poi il finale in sé. Purtroppo per voi lettori, qui devo lanciarmi in un piccolo spoiler – che comunque tenterò di ammortizzare il più possibile. Il romanzo si conclude con l'incendio di Manderley, cosa che è riportata anche nel film; questo, però, si lancia in un ulteriore slancio che vede ancora una volta protagonista la nuova Mrs de Winter che, presa da un'illuminazione non meglio identificabile, corre fino alla scogliera per trovarsi davanti il colpevole dell'incendio che, dopo aver confessato le sue colpe e il suo amore per Rebecca, si suicida. L'ultima sequenza presenta lei e Maxim felici e innamorati al Cairo alla ricerca di un nuovo luogo da chiamare casa e in cui vivere a pieno il loro amore.
Qual è stato l'enorme errore di tale scelta?
Nel romanzo, come si può intuire dal titolo, la vera protagonista è Rebecca. Nonostante non sia mai presente fisicamente, il suo fantasma e il suo ricordo sono sempre pressanti e in grado di dipingere una donna rivoluzionaria: attiva, sfacciata, temeraria, con una sua morale e disposta a fare di tutto per raggiungere i suoi obiettivi. Certo, le sue scelte possono essere opinabili, ma è talmente affascinante che non puoi fare a meno di amarla. Di contro, la nuova Mrs de Winter è l'opposto. Diventa quindi naturale la conclusione del libro, che implica in ogni sua frase che chi ha vinto non sono i coniugi de Winter, ma Rebecca.
La scelta, invece, di mostrare loro felici e pronti a iniziare una nuova vita non ha alcuna risonanza nel romanzo. Oltretutto, in moltissime pagine e passaggi Daphne du Maurier sottolinea quanto la nuova Mrs de Winter sia infelice con suo marito e tormentata da ciò che ha vissuto, tanto da essere coinvolta in una costante fuga dal passato e dal ricordo di Rebecca sempre e comunque presente. L'operazione fatta nell'adattamento cinematografico, quindi, non potrebbe essere più sbagliata di così e si cala nella scia costante della ricerca dell'happy ending a ogni costo e nei (terribili) tentativi di rivestire di una patina di finto girl power qualsiasi cosa. Tralasciando che quest'ultimo aspetto lo si sarebbe trovato comunque ampiamente nella figura di Rebecca, quale sarebbe stato il problema del proporre una storia senza empowerment e dal finale cupo?
Spoiler alert: nessuno.
Certo, posso capire che esistono casi in cui un'operazione simile è quasi auspicabile, ma, perdiana, il romanzo di partenza non era un'opera scritta da un autore di inizio Novecento ben pasciuto, contento di crogiolarsi nel patriarcato e che non credeva che le donne potessero avere un cervello. Era di Daphne du Maurier. E quello, al contrario del film, vale la pena di essere letto.
In conclusione, spero di avervi salvato dalla visione di un adattamento discutibile, a favore invece della lettura di un ottimo romanzo.
Nel caso in cui, però, l'abbiate già visto, cosa ne pensate? Avevate letto il romanzo oppure è stato una visione alla cieca?
E del romanzo, invece? Condividete il mio amore spassionato o sono stata esagerata?
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