1.6

Capitolo 6

"Non stai dicendo sul serio." La tua richiesta spiazza tutti i presenti nell'ufficio. È Eden a scuotere la testa e pronunciare quelle parole, camminando in lungo e in largo per l'area disponibile, nervosa, come non l'hai mai vista. Non li biasimi, anzi, ammetti che in fondo la tua decisione lascia perplessa anche te.

"È l'unico modo. Non ho alternative, non posso permettere a Gonshiro di giocare anche con la vita di Nana. Stiamo parlando di una misura temporanea, cercherò di sistemare le cose il prima possibile."

Così illudi te stessa, conscia che qualcosa non stia andando per il meglio. Cosa ti sta accadendo? Sei sicura di star proteggendo Nana dalla Yakuza e non da te? Nessuno dei presenti sa cosa ti passa per la testa, nessuno può anche solo immaginare quale sia stata la conseguenza dell'ipnosi. Perché hai fatto credere a tutti che dietro quella porta vi fosse il ricordo di Gonshiro, mai hai menzionato la giovane Vasilisa che ti si è avvicinata come un animale curioso e diffidente. Appollaiata sulle sue stesse gambe, mani sul pavimento per tenere l'equilibrio e avanzare, armata di una sporgente katana bianca sulla schiena: la kitsune ti ha prima annusata, ha estratto la freccia dalla tua gola e ti ha sigillata lì dentro con un bacio sulle labbra. E sebbene tu abbia ancora controllo sulle tue azioni, sai che ciò ti sarà possibile ancora per poco. Devi scappare da lì, devi assecondare i ricordi, viverli ancora una volta e uscire da quel loop infinito, tornando alle origini e affrontando i tuoi reali demoni. Combattere contro di te non avrebbe fatto altro che intestardirti.

"Da sola?"
"Sì, Matt. Da sola."

E nessuno di loro avrebbe dovuto seguirti. Tranne Josh. A Josh lo avresti concesso, perché hai bisogno di qualcuno di cui ti fidi ciecamente e hai bisogno che sia i tuoi occhi e le tue orecchie.

"Pessimo piano. Non è neanche un piano, a dire il vero." Brontola Francesco seduto sul divano, affiancato da Bonnie, il suo animale di compagnia: una iena. "A chi lasci questo posto? Alla Kirova chi lo dice?"
"A te. E alla Kirova lo dici tu." Rispondi con determinazione portandolo a tacere. La sua occhiata di neutro rimprovero apre in due il tuo piccolo instabile cuore, causandoti una voragine nel petto. Ma lui non contesta. Perché Francesco non ti va contro? Perché non accenna stupore o negazione? Gli va bene così? La sua stima nei tuoi confronti si spinge fin qui? Di certo gradisci il suo atteggiamento più di quanto tu faccia con l'irruenta reazione di Matt che stringe la mascella, si nega di dire qualcosa, forse un insulto, poi sbuffa dalle narici dilatate. A lui proprio non è piaciuta la risposta.

"Vengo con te." Si impone con forza avanzando di un passo.
"No, Josh verrà con me."
"Hai bisogno anche di me."
"In realtà no. Nana ha bisogno di te."

Con quanta ignara crudeltà gli dai quel cazzotto nello stomaco. Stavolta puoi percepire la conseguenza delle tue parole, poiché la reazione è più intensa di un sospiro e un allontanamento. La sua mano, stretta in un pugno, fa da gong contro la grossa scrivania di mogano, dando il via ad un incontro di sangue tra voi due. Il suo tono, palesemente alterato, ti innervosisce, ma è proprio grazie a quella graffiante aggressione verbale che comprendi che forse c'è qualcosa che proprio non riesci a percepire... o che non vuoi.

"Tu hai bisogno di me, ne hai sempre. Neanche te ne rendi conto. Tutte le volte in cui ti ho trovata a vagare per casa preda di allucinazioni... chi credi che ti abbia rassicurata e rimessa nel tuo letto? Josh? Non ci torni da sola, non sei in grado, non riesci nemmeno a dormire senza che io ti tenga d'occhio e ora te ne vuoi tornare in Giappone, nella culla di tutti i tuoi mali, senza di me? Posso accettare che tu parta, ti appoggerò, ma non ti aspettare che io stia qui a giocare al babysitter nella speranza che tu possa tornare."

Ti senti scossa, confusa, la sua ira è come se una palla da demolizione ti avesse presa in pieno e schiacciata contro un muro di spine. Ora sai che non detesta Josh, non ce l'ha con lui ma con te, perché mai in questi anni sei stata riconoscente di una cura che non ti sei accorta di ricevere da parte di Matthew. Ti ha letteralmente accudita, ti è stato vicino, ha fatto le ore piccole e non te l'ha detto per non fartelo pesare, perché sa che ti saresti sentita in colpa... sa che ti saresti allontanata da lui, avresti cercato un altro posto in cui andare a dormire con i tuoi disturbi del sonno. Punti gli occhi sul suo volto stanco, adesso percepisci quella frustrazione, tutto l'affetto e la preoccupazione che prova per te, tanto quanto il pentimento di aver ammesso tra le righe qualcosa di estremamente intimo e fragile. Non è da lui, sempre elegante e silenzioso, riservato, riflessivo. Non vuole perderti, chissà perché... una come te, con tutti i problemi che gli rechi. Eppur ti ha già perso.

"Non sei costretto ad aspettarmi."

Una conclusione che infuoca il suo sguardo, ancor più di prima. Potesse ti prenderebbe a pugni in faccia, te lo senti. Ma per te la decisione è presa e niente ti avrebbe fatto cambiare idea. Tentenni, infine ti sporgi verso di lui per posare un leggero bacio sulla sua guancia. I suoi muscoli s'irrigidiscono visibilmente, la fiamma comincia a spegnersi e mentre tu esci dall'ufficio con Josh per prepararti a partire, le lancette del tempo all'interno della stanza che ti lasci alle spalle si fermano, paralizzando il corpo di Matt. 

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