1.4
Capitolo 4
Rapidi, i tacchi s'inseguono l'un l'altro; quasi fluttuano nell'aria a causa della velocità con cui ti precipiti verso il tuo ufficio. Hai bisogno di stare sola, hai bisogno d'aria. Hai bisogno, ancora una volta, di Josh. E se anche stavolta avessi dovuto pregare per la sua compagnia, non avresti accettato di buon grado. Ma ancor prima di scoprirlo, la strada ti viene sbarrata: Eden sosta dinanzi alla porta, dopo esserti corsa in contro con espressione allarmata. L'ispanica ragazza sbatte contro Igor, uno dei bodyguard che protegge quel confine. Igor nemmeno si muove, una guardia svizzera irremovibile e fisicamente impossibile da spostare con i suoi due metri e dieci di altezza e centocinquanta chili di muscoli e cattiveria russa. "Scusa Igor." Alita Eden riprendendo fiato e posano una mano sulla spalla del bestione che, per quanto rigido sia, non resiste alla tenerezza della bruna e accenna un sorriso. L'innaturale modo in cui mostra i denti, ha un che di inquietante, misto a quel senso di imbarazzo che tu non riesci ad ignorare. E sebbene Eden passi rapidamente oltre e ti chieda "Che hai?", tu non puoi far a meno che osservare Igor per qualche secondo in più, armata di un'espressione di perplessità.
"¡Oh, Madre! ¿Qué demonios te pasa? Sembra tu sia scappata dalla muerte."
"Da cosa?"
"La muerte, V."
La muerte. Ripeti più volte quella parola nella tua mente alla ricerca di una traduzione che abbia senso, ma non riesci a connettere in alcun modo e, dunque, l'unica soluzione che ti sovviene è la domanda che da tempo ormai ti tormenta.
"Dove cazzo è Josh?"
Eden è destabilizzata da quel quesito, la vedi persino sobbalzare. Forse hai posto la domanda con troppa rabbia. "È tornato da poco. È al bar."
"Chiamalo." La durezza della tua voce fa comprendere alla donna che non sia il caso di scherzare, far futili chiacchiere o anche solo tentennare dinanzi ad un tuo ordine. Sei scossa e, sebbene lei sia uno dei tuoi affetti più cari, sai che potresti rischiar di perdere il controllo e far cose di cui pentirti nell'immediato futuro.
Eden corre, dopo aver sgranato gli occhi; si fa da parte e tu finalmente entri nel tuo ufficio. Non devi neanche attendere a lungo che Josh si presenta davanti alla porta, la chiude alle sue spalle e poi ti osserva perplesso. Lui e la sua aria da giovane vecchio, nato nell'epoca sbagliata, troppo bello e matto per questo mondo fatto di morale. Ti osserva con una cura che riconosci solo in lui, gli occhi ridotti a due fessure e la sigaretta spenta tra le labbra sottili.
"Che ti prende?" domanda con dissipato allarme.
"Dove sei stato?" abbai tu pronta a saltargli alla gola.
"Ho pranzato fuori."
"Dove?"
Tituba lui, solleva gli occhi in un imprecisato punto dello spazio e ricordata la risposta te la comunica. "Al Sakura." Dice, facendoti ribollire dentro. Il ristorante nella via in cui ti trovavi tu, lo stesso in cui Sōsukeha ammesso di esser stato.
"Con chi?" prosegui freddamente. Lui di conseguenza si congela. Non si aspettava quella domanda, ma prova a buttarla sullo scherzo.
"Sei gelosa? Ti porto a mangiare dove vuoi, altro che Sakura."
"Con Sōsuke?"
"Cosa?" il sorrisetto scompare, ora la confusione è più genuina, deduci quindi lui stia nascondendo altro, ma almeno non mente in merito a quell'argomento. "No, non mi passa per il cervello di pranzare con quello stronzetto viziato. Si può sapere perché mi guardi in quel modo?" E ora che sei sicura stia nascondendo qualcosa di meno preoccupante di un Yokumura - forse una donna, come dice Matt - ti lasci andare sulla poltrona e abbassi il volto per nascondere il tuo stato di shock.
"Continuo a vederlo. E più lo vedo, più Sōsukesi avvicina. C'è qualcosa che non va, Josh. Ho paura."
"Tu?" azzarda scettico, avvicinandosi a te e accovacciandosi sulle gambe per entrare nel tuo spazio personale. "Cos'è accaduto?"
Josh sa quanto tu sia sensibile alle allucinazioni di quel tipo dopo l'ipnosi. Lui ha assistito al tuo ritorno alla realtà, ha pulito quel rivolo di sangue che fuggiva dalla narice, ti è stato accanto e ora, ricevendo quella spiegazione accurata della tua giornata, mostra fatica e disagio, quasi pentimento. Sōsukelo aveva visto in quel ristorante. Sōsukeha un piano di cui non siete a conoscenza.
"Sei pallido. Vuoi che ti faccia portare qualcosa?" ti preoccupi tu, non capendo quanti pensieri si stiano attorcigliando nella mente del tuo amico. Lui scuote la testa, ma tace... tace troppo a lungo, anche più del suo solito, seduto sul divano sul fondo dell'ufficio ed i gomiti sulle cosce. "Cosa dovrei fare?"
"Non lo so." Come fa a non sapere? Lui? Il tuo Josh? Colui che possiede sempre una soluzione razionale ad ogni tuo problema? Sei sconcertata, davvero preoccupata, avverti il panico farsi strada mentre le rughe sulla fronte si moltiplicano e il desiderio di piangere come un'infante cresce nel tuo petto. "Non lo sai. Se non lo sai tu..."
"Forse hanno ragione loro. Forse negare chi sei ti fa male. Io ti ho vista dieci anni fa, so chi sei e non è tutto qui, in questo ufficio. Ai tempi non avevi allucinazioni così forti, parlavi un po' da sola, sì, ma non ti portavi dietro tanta sofferenza."
"Stai dando ragione a Sōsuke?"
"Voglio solo che tu stia bene. E da quando hai fatto quella seduta sei... strana. Non sono solo le allucinazioni. Hai un'aria diversa. Tu vuoi riavvicinarti a loro."
Dev'essere impazzito. Non hai altra spiegazione. Josh parla come se facesse parte di quel mondo, come se fosse nella fazione degli Yokumura. Asseconda la malata ossessione che contraddistingue tale famiglia, portandoti quasi a credere che sia vero... che tu ne abbia bisogno. Be', se a dirlo è lui però, come puoi non dargli retta? Ha sempre voluto il tuo bene. E forse il tuo bene non si trova realmente al Paradise? Al tuo lavoro? Alla Kirova? A tutti coloro che collaborano con te e ti proteggono?
"Non importa, non voglio dirti cosa fare."
"Te l'ho chiesto io."
Lo interrompi, gli parli sopra mentre lo tieni d'occhio, ne studi i movimenti, le espressioni. Che diamine gli prende? Da quando è così nervoso? Ti domandi solo perché; perché ti spinge verso quella decisione? Perché fa certi ragionamenti? Basta davvero l'affetto nei tuoi confronti a fargli credere sia la cosa giusta per te?
"Tu chi preferisci che io sia?" domandi, attirando la sua attenzione; uno sguardo allarmato, incredulo, coinvolto come quello che ti rivolse ai vostri primi incontri. Non servirebbe sentir risposta, ma attendi comunque che essa giunga. "Non si tratta di me." Sbologna l'argomento, te lo scarica addosso trovando però solo un muro. "Chi?" insisti sollevando il mento. Vuoi sentirglielo dire, sai che a lei piace, sai che la kitsune sta saltellando di gioia... è quella la fonte di tanto tremore nel tuo petto; sta per esplodere.
"Che pensi di fare?"
"Tu preferivi lei."
"No."
"Bugiardo. Osi mentirmi."
"Voglio entrambe." Sgancia la bomba, bloccando la tua bocca da qualunque proseguimento, per poi precisare. "Non capisco perché una debba escludere l'altra. Possono convivere: presente e passato, empatia e sadismo, una bambina nel corpo di una donna. Tu sei entrambe. Devi solo imparare a non autosabotarti."
Entrambe; suona così impegnativo, così sbagliato. Eppur forse la soluzione potrebbe esser proprio lasciarti andare, arrenderti a quella forza che oppone resistenza e farti travolgere da essa. Certo, non autosabotarti... quella sarebbe stata la parte più difficile. Ma non avresti avuto la forza, quello scontro tra te e il tuo passato non si compone di dinamiche semplici come quelle illustrate da Josh. Senti di non aver la grinta né di contrastare e né tantomeno di controllare la Vasilisa ventenne che spargeva panico a Tokyo, sei diversa ora, sei più matura, più misurata.
"E se cominciassi a ricordare qualcosa?" il tuo amico conosce bene tale problematica. Della storia della tua vita antecedente alla reclusione e alla tortura subita per mano di Jin Tanaka, la guardia penitenziaria che non ti prese particolarmente in simpatia durante l'isolamento, non ricordi molto. Vivi tali eventi come dei rapidi flash confusi, conditi dal lancinante dolore dell'elettroshock. Il fatto che tu stia ricordando, supponi indichi l'accettazione delle origini che hai sempre negato. Sì, perché per te e i tuoi tratti nordici ereditati dalla madre, non è stato facile vivere in un costante giro d'occhiate e derisioni. Ti sei sempre sentita diversa, hai sempre cercato approvazione e affetto, là dove non avresti dovuto infilare il naso. E tutte queste esperienze, custodite gelosamente in un archivio della tua mente, pian piano riaffiorano con la presenta del fantasma di Gonshiro. Egli ti perseguita, ti rammenta chi eri, dando una schiarita a quelle memorie opache di cui ti privi da dieci anni.
"È un'incognita, non possiamo sapere cosa accadrebbe se ricordassi."
"E se ricordare mi portasse a dimenticare il presente?"
È possibile? Leggi quella domanda negli occhi di Josh, perfetto riflesso dei tuoi. Forse lo è e forse lo dici per cognizione di causa; qualche traccia della tua memoria è stata già cancellata. Il tuo cervello sceglie e discrimina ciò che vuol ricordare, per comodità o per imposizione del tuo inconscio. "La volpe", ammetti con un mormorio colmo di vergogna, debole e sommesso, "Da quel giorno è lei a decidere cosa vedere e cosa no".
"Come puoi pensarlo?"
"Perché la sento. Avverto la sua fame. Ed era una sensazione che non provavo da tanto tempo."
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