Renata sapeva
Il russare dei due poliziotti destabilizzava Susanna, concentrata a osservare la casa che si affacciava nella confusionaria via Crociferi. La gente cominciava a riversarsi per le strade catanesi già alle sette del mattino.
Giorgio cominciò a stirarsi malamente.
«Ispettore, mi sono addormentato, mi perdoni!» Si sporse verso il sedile anteriore, nel posto di guida, per guardare il collega e iniziò a strattonarlo per svegliarlo, ma Stefano continuava a russare come un trattore in moto.
«Lascialo stare. Stai tranquillo, mi sa che qui ci sarà da aspettare. Il corpo del Gaspare verrà portato direttamente in chiesa, non credo dunque che la signora uscirà prima.»
Giorgio annuì. «Ispettore, ho capito che la reazione della signora Lorena sia stata strana, soprattutto quando ha chiesto al marito di andare dalla madre. Ma quello che non mi è chiaro è esattamente cosa pensa di trovare qui a Catania che possa riguardare la bambina.»
Giorgio era sempre stato un tipo molto curioso. La giovane età non gli precludeva di essere un buon poliziotto grazie a questa sua qualità. Susanna lo aveva percepito sin dai primi istanti in cui si erano conosciuti, ed era per questo che si fidava ciecamente di lui. Ma allo stesso modo lui conosceva bene l'ispettore. Sapeva che parte del suo lavoro prendeva certe direzioni grazie al suo istinto. Non era mai stata, lei, un tipo che si basava solo su prove certe, a volte sfiorava il limite della legalità pur di arrivare alla soluzione di un caso, perché il suo istinto spesso era fulcro di verità. Quando la donna alzò le spalle come risposta, Giorgio capì che anche in quel caso si era fatta trascinare dal suo impulso. Era partita per Catania non con la certezza matematica di trovare la bambina, ma di scovare un nesso tra lei, la nonna e il Gaspare, se mai ce ne fosse stato uno.
Susanna trasferì lo sguardo dalla casa della signora Rossella a quella accanto. Giorgio seguì le sue iridi.
«Quella era la sua casa, non è così?»
La donna annuì. «Ho pochi ricordi vividi. Ero troppo piccola, ma ricordo che mi piaceva vivere lì. La casa era molto grande e bella. È così strano osservarla adesso, dopo trent'anni!»
L'orologio segnava le quattordici. Squillò il telefono dell'Ispettore: un bip personalizzato che identificava Liana. Cercò di aprire il file ma la linea internet vacillava e un cerchietto al centro dello schermo continuava a roteare nell'attesa che si aprisse.
Sbuffò mentre alzava gli occhi verso la casa della signora Gaspare. Il portone si aprì.
Con uno scatto Susanna diede una palmata a Stefano che sobbalzò dalla paura. Anche Giorgio era disattento e ai movimenti bruschi del collega, risvegliatosi in malo modo, si mise paura.
«Forza, la segua! Metta in moto, sta salendo in macchina!»
Stefano, ancora con la bocca impastata e gli occhi che strizzava perché appannati, girò la chiave.
Avevano preso una utilitaria per dirigersi a Catania, proprio per non dare nell'occhio. Si immersero nel traffico, tentando di starle dietro. Erano partiti per il pedinamento in ritardo, lei si era già mossa, ma il poliziotto più anziano aveva un grande vantaggio: l'esperienza. Riuscì, con una sterzata a infilarsi dopo due macchine da quella della Gaspare e, da lì, riuscì a seguirla senza alcun imprevisto.
La donna si fermò davanti l'agenzia di pompe funebri. E di conseguenza fecere i poliziotti, posteggiando dietro l'angolo. Rossella, però, al di fuori di quell'unica fermata non fece e si diresse poi direttamente in chiesa per i funerali.
La gente era riversa in strada pur di partecipare alla celebrazione. La casa di Dio era già piena anche all'interno. I giornalisti erano ovunque, in attesa del feretro.
«E ti pareva se tutta sta gente, che probabilmente manco lo conosceva, perdeva l'occasione di vedere di persona la moglie del Gaspare, l'uomo degli "Amanti di Mazara"!» esplose con rabbia Stefano, mentre posteggiava dietro un grosso albero, abbastanza lontano dalla chiesa, ma non così tanto da non poter vedere.
«Per non parlare dei giornalisti!» esclamò Giorgio. «Santo cielo, non hanno rispetto nemmeno per i morti!»
Susanna di fronte a tutto quello stava in silenzio. Ma non si trattava di quel mutismo che si identifica di solito nella riflessione, si trattava di una nuova consapevolezza tramutata in dolore: era la prima volta, dal ritrovamento del corpo, che realizzava quanto fosse dura la vita; dentro quella scatola di legno scuro non vi era solo l'amante di sua madre... Lì dentro giaceva suo padre, lo stesso che aveva messo il seme per crearla.
Colui che ti ha creata ha il mio cuore in pugno, pensò.
Si trattava di un uomo che non aveva mai conosciuto, se non da bambina... durante le "gite" a Mazara, o a Catania durante le uscite tra le due famiglie, quando ancora nulla le era chiaro, quando tutto era spensierato; quando un uomo come Leonardo Gaspare era probabilmente solo un amico di famiglia e nient'altro.
Il fatto che si fosse dimenticata di lui, crescendo, la addolorava.
Avrebbe dovuto odiarlo con tutta se stessa, in fondo era stato il motivo e la causa del dolore di sua madre, ma fu in quel momento, quando prese il telefono in mano e poté aprire l'immagine, finalmente visibile, che Liana le aveva mandato, che capì di essersi sbagliata fino a quel momento. Era una foto riguardante una pagina del diario. Fu leggendo quelle righe che si rese conto che il vero male per Aurora non era stato l'amore per Leo, ma la presenza di un mostro nella sua vita: Arturo!
Non avevo torto, mia madre ha sempre saputo tutto. Quando Arturo le ha chiesto come si sentisse per un problema alle cervicali che non aveva mai avuto, si è allertata. Mi ha seguita a Mazzara poco tempo dopo e ha continuato a farlo, a volte, per anni. Ma la cosa più incredibile è che quando Arturo chiamava a casa di mia madre, per poter parlare con me, lei gli inventava scuse. Gli diceva che ero con mio padre fuori, o che ero sotto la doccia.
Sì, mi copre praticamente da sempre, ma solo perché non avrebbe retto alla vergogna del divorzio tra sua figlia e uno dei più ricchi medici legali di tutta Sicilia!
Ma le cose sono cambiate: ieri sera mi ha detto che tra una settimana devo lasciare questa casa e trasferirmi a Mazzara. Susanna dormiva e noi discutevamo davanti la porta della sua stanza.
«Mia nipote ha già sette anni, dovresti dirle la verità!» mi ha detto.
«Shh! Fai silenzio, vuoi che ti senta? Vuoi distruggere la mia vita? Mamma, Susanna dovrà andare in una nuova scuola, dovrà fare amicizia con i nuovi compagni... Non voglio! Sarebbe un trauma per lei» le ho risposto. Ed è stato lì che mi ha chiesto se la mia preoccupazione fosse realmente per mia figlia o per il fatto di lasciare la famiglia Gaspare!
In effetti è proprio così, non voglio lasciare Catania, perché se mi dovessi trasferire con lui a Mazara avrei difficoltà a vedermi con Leo nel nostro nido d'amore. Non avrei più alcuna scusa da usare per prendere la macchina e andare chilometri e chilometri lontano da casa.
Se ne è andata. Poco dopo è tornato Arturo, che come sempre è andato a dare un bacio sulla fronte a Susanna.
Io ero in cucina, quando all'improvviso
mi ha dato uno schiaffo, e poi mi ha gettata, tirandomi dal braccio con furia, sul divano e mi ha presa con violenza... senza il mio permesso. Dopo anni che non mi toccava, lo ha rifatto! Maledetto mostro!
Credo che Susanna non dormisse affatto e che abbia sentito mia madre dirmi di Leo. Non si spiegherebbe altrimenti la reazione di Arturo. Sono distrutta!
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