Lui è parte di te

Susanna riaprì gli occhi. L'infermiera impugnava le caviglie tra le mani per tenere le sue gambe sollevate. Distesa sul pavimento e con una lacrima sulla tempia, si ritrovò accanto l'amica che, chinata sulle ginocchia, continuava a fare il suo nome.

«Susanna, stai bene? Susanna, svegliati!»

«Sì, va tutto bene... sto bene...» biascicò l'ispettore mentre si appoggiava alle donne per alzarsi.

«Sarebbe meglio portarla in ospedale per fare un controllo» affermò la direttrice, voltandosi verso Liana.

«No, no. Mi faccio riportare a casa, ho solo bisogno di riposare un po'. Sono stati giorni intensi» disse l'ispettore con tono fiacco, ma deciso.

Le altre annuirono.

Susanna diede un ultimo sguardo alla nonna, prima di voltarsi e dirigersi verso l'uscita. «Dov'è la lettera?» chiese agitata appena si sedette in auto.

Liana le fece segnale con l'indice. L'aveva messa all'interno della sua borsa. «Per ora lascia stare tutto. A casa riposerai, basta emozioni per oggi!» ordinò l'amica.

«Non esagerare, è stato un leggero mancamento.»

«Dannazione, Susanna, non avevi più avuto attacchi di panico da anni e si sono ripresentati. Addirittura adesso sei svenuta. Se non vuoi che ti porti in ospedale devi almeno dormire un po' e riprenderti.»

L'altra annuì, rendendosi conto che forse aveva ragione. Da un po' il suo stato di salute era in perfetta condizione, non aveva più avuto problemi né malesseri. Aveva quasi rimosso dalla memoria le sensazioni che si provano durante un attacco di panico: la mancanza di ossigeno, le voci che risuonano nella mente come echeggiate, il sudore che inizia e coprire ogni lembo di pelle, la vista appannata.

«E comunque nulla spiega uno svenimento. Se accade di nuovo ti farò fare le analisi a suon di calci!» continuò Liana seria e decisa.

Susanna sorrise, quasi divertita dalla preoccupazione esagerata dell'altra. Poi si ricompose, per un istante non aveva più pensato alla nonna e a quel corpo inanime disteso sul lettino. Aggrottò le sopracciglia e come un lampo a ciel sereno ricordò un dettaglio che aveva notato in quella stanza.

«Liana, hai visto un vasetto con dei fiori freschi?» chiese istintivamente.

La bionda rimase a riflettere un attimo. «No, perché questa domanda?»

«Che strano! L'ultima volta che sono andata a trovarla c'era un mazzetto sulla finestra accanto la nonna, chissà chi glieli aveva portati!»

«Sarà stato qualcuno del personale.»

Susanna portò le iridi sul viso dell'amica. «Hai ragione! Deformazione professionale: sto attenta ai dettagli, anche quelli più inutili e scontati.»

Liana portò la mano sull'asta del freno e lo alzò. «Eccoci arrivate.» Afferrò la borsa e stava per scendere, quando Susanna la fermò.

«Torna a casa. Prometto che mi stendo e che dormo, ho bisogno di stare un po' da sola.»

«Non se ne parla. Io resto con te!» insistette la bionda, tentando nuovamente di uscire dalla vettura.

Ancora una volta Susanna la bloccò dal braccio. «Ti telefono più tardi, stai tranquilla» disse dolcemente.

Liana sorrise, annuì e l'abbracciò. «Ti raccomando, riposati e chiamami appena ti svegli. Ne approfitto allora per andare a pulire casa. Ah... tieni.» Prese la lettera di Renata dalla borsa e la passò all'altra. «Per qualunque cosa, chiamami!»

L'ispettore sorrise con tenerezza, strinse il braccio ancora una volta attorno al collo dell'altra e scese dalla macchina. Rientrò in casa dopo aver alzato il palmo come saluto alla bionda che, solo dopo essersi assicurata che Susanna chiudesse la porta, mise in moto e andò via.

Adagiò la lettera accanto al diario. Fu in quel momento che un subbuglio di emozioni le penetrarono in corpo. Si sentì strana, con forti sentimenti contraddittori che le dilaniarono il cuore. Di fronte a sé aveva la verità, tutto ciò che andava letto per scoprire menzogne e segreti sulla famiglia; dall'altro lato, però, ne aveva paura, quasi sperava di non trovare il coraggio di sfogliare quelle pagine. Parte di lei non voleva sapere... voleva ricordare solo ciò che l'aveva resa felice in passato: una madre serena, seppur malata, un padre forse un po' assente per via del lavoro, ma sempre a disposizione della figlia, soprattutto quando la madre era sotto chemioterapia, e una famiglia unita.

Osservò per un po' quegli oggetti sul tavolinetto, ma pochi secondi bastarono per spingerla a spogliarsi e a preferire una doccia dal getto gelido.

Forse Liana ha ragione: meglio riposarmi! pensò.

Ancora madida d'acqua si gettò sulle lenzuola fresche. Rimase nuda. Adorava dormire con l'aria che, con qualche spiffero, entrava dalle fessure della porta finestra. I pensieri, le domande, la curiosità e lo stesso timore di scoprire ogni cosa non le permettevano di chiudere occhio.

Si alzò lentamente, strofinandosi il viso con le mani. Arrivò fino in cucina e prese la lettera. Voltandola sui lati più volte tornò a sedersi sul letto. Ci pensò per un paio di secondi, poi non riuscì più a trattenersi. L'aprì.

Cara nipote mia, un giorno forse scoprirai una verità che ti farà male. Volevo proteggerti, volevo che tu non ne venissi a conoscenza, ma lui è tornato... è qui, di nuovo! Da quando tua madre è morta mi porta sempre un mazzolino di fiori, non mi parla, perché io non lo faccio. Ogni volta che viene mi volto per non guardarlo. Lui non dice nulla... mi accarezza e va via. Credo che tua madre, prima di morire, gli abbia chiesto di farlo, di controllare che io fossi stata bene. Credevo mi odiassero per ciò che a loro ho fatto, ma mi sbagliavo. Adesso so quanto si amassero, adesso so quanto sia buono il cuore di lui. Avrei dovuto chiedere perdono a mia figlia prima di tutto, prima che ci lasciasse... e poi a lui, ma il mio orgoglio non me lo ha permesso. Non fare come me, accetta quell'uomo nella tua vita, fallo per me, fallo per tua madre... Lui è parte di te.

«Il mazzo di fiori... Lui... Ecco perché la nonna ha pianto quando ha scoperto che il corpo era del Gaspare! Che diavolo vuol dire che è parte di me?! Che cazzo sta succedendo?!» farfugliò tra sé, facendo cadere la lettera sul tappeto accanto al letto.

Si era fatta sera tarda, Susanna continuava a rigirarsi nel letto, nervosa e agitata. A quel punto era necessario leggere il diario, lo aveva capito, non poteva più perdere tempo. Quell'uomo era stato troppo vicino anche alla nonna. 

Doveva trovare il coraggio di aprire quell'agenda una volta per tutte. Si diresse, decisa, in cucina.

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