Di nuovo a letto insieme
Si era fatta sera. Susanna aveva riaccompagnato Pina all'hotel ed era rientrata a casa. Dopo aver tolto quel tremendo abito nero, aveva fatto una doccia e indossato solo la vestaglia di lino, trasparente e leggera. Camminava per tutta casa con una tazza di thè in mano. Uno dei paradossi della sua vita era provare soddisfazione nel bere quella calda bevanda persino durante le afose estati siciliane.
Attaccata da troppe sensazioni, ancora vivide e pesanti, stava con gli occhi persi verso il mare. Aveva aperto la porta della stanza da letto e si era affacciata dal terrazzino. A quell'ora, in effetti, la brezza marina era piacevole e riusciva a rendere sereno chiunque. Ma non lei. Susanna non poteva concedersi quella calma che ispirava il momento e il luogo: troppe verità che la ferivano, troppe emozioni, che si prendevano a pugni dentro lo stomaco, da digerire e con cui fare i conti.
Qualcuno suonò alla porta.
«Sto bene!» urlò, avvicinandosi all'entrata.
Convinta di ritrovare di fronte a sé Liana, aprì senza pensare che il suo corpo si intravedeva in tutte le sue curve sotto quella vestaglia.
«Denim!» esclamò meravigliata.
Avrebbe potuto prevedere qualunque visita, ma non di certo da parte del suo Denim. Quell'uomo aveva una famiglia, aveva una vita che non poteva di certo condividere con lei, eppure appena lo vide si rese conto che non solo era il suo più oscuro desiderio, ma che la sua presenza, proprio in quel momento, era la soluzione ai suoi problemi: avrebbe finalmente pensato ad altro.
L'uomo stava per completare la sua prima frase. «Sono venuto perché ti devo delle spiegazioni... Io e mia moglie...»
Fu in quel momento però che lui si rese conto di quel sottile lino che copriva a malapena il perfetto corpo della donna. Ingoiò un boccone di saliva e la scrutò da testa a piedi. Biascicò delle parole che sembravano non avere senso, e che chiarivano lo stato confusionale in cui lui era entrato solamente guardandola.
Susanna lo capì bene che, rimanendo in piedi di fronte a lui, non tentò nemmeno per un istante di coprirsi.
Anzi, con uno scatto gli si gettò addosso a lo baciò. Non gli permise più di continuare a parlare. Seppur volesse ricevere delle spiegazioni, il desiderio di averlo ebbe la precedenza assoluta. Si sentì come se non ne potesse farne a meno; come se assaporarlo ancora una volta era una necessità, più che un desiderio.
Un lampo, un semplice pensiero le oltrepassò la mente, in realtà, mentre ancora lo stava baciando.
Che diavolo sto facendo? Lui non è mio!
Solo quella frase l'aveva sfiorata, ma appena. In un millesimo di secondo l'aveva già rimossa.
Quel bacio divenne sempre più intenso, quasi violento. Lo tirò a sé verso l'interno della casa e chiuse la porta con una pedata, il tutto senza mai staccarsi dalla sua profumata bocca.
Lui la tirò su dalle cosce e, sostenendola da lì, camminò fino alla stanza da letto.
Il loro bacio, prolungato fino a quel momento, sapeva di thè al limone misto alla menta e Susanna lo stava assaporando con tutta la passione che aveva in corpo. Quando l'addome di lui si riversò sul petto formoso della donna, lei sospirò profondamente. Aveva percepito sul basso ventre tutta l'eccitazione di Denim. Un particolare che la fece ansimare più volte e che le aumentava la voglia insana di essere posseduta.
Lui iniziò ad accarezzare i glutei di Susanna con forza, strofinando i palmi sulla vestaglia. Senza esitazione, lei lo spogliò con fare veloce per poi rotolare e sedersi sopra di lui. Sciolse la sottile cintura, dello stesso tessuto della vestaglia, che la teneva semichiusa.
Le parti intime, con quel contatto sembravano esplodere a entrambi e non riuscirono più a fermarsi, nemmeno per ulteriori carezze. La donna spinse il frutto del piacere dentro di lei, dando il via a quella danza convulsa e spinta che nasceva istintiva.
Susanna si contorceva dal piacere, si agitava su di lui con un fuoco dentro che non ricordava di aver mai posseduto. Lui allungava il mento verso l'alto, preso dalla massima eccitazione.
Portò le sue larghe mani sul seno della donna, lambì più volte il suo stesso dito per poi farlo giocare sul capezzolo.
Susanna iniziò a urlare dal piacere. Vicina allo sfogo finale, strizzò gli occhi. Delle lacrime caddero dal suo viso e si scaraventarono, pesanti, sull'ombelico di lui. Quel dettaglio destò Denim dallo stato euforico, anche lui vicino all'orgasmo più intenso.
Rimpicciolì gli occhi per osservare meglio il viso di lei, da cui ancora piovevano gocce.
In quel momento, però, il corpo di lui richiese più concentrazione verso il momento magico di goduria. Iniziò ad ansimare. I gemiti della coppia si unirono come in un unico suono e la danza finì in quel picco di piacere madido della loro essenza.
Susanna si sollevò, gemendo ancora, e si lasciò cadere sul letto, accanto a quell'uomo che l'aveva appena posseduta.
Gli diede le spalle, mettendosi su un fianco. Dopo pochi minuti di silenzio, lui fece lo stesso, portò il peso su una spalla e con il dito della mano iniziò a seguire le curve di lei. La sfiorò dal collo fino al fianco. Avvicinò la sua bocca all'orecchio di lei. «Sei sveglia?» chiese con un sussurro.
Susanna capì che quello sarebbe stato il momento delle spiegazioni, delle domande, delle confessioni.
«Perché hai pianto?» continuò Denim.
La donna, però, se da un lato avrebbe voluto colpirlo più volte, rabbiosa di aver scoperto della sua famiglia, dall'altro non si sentiva pronta ad ascoltare. Né aveva la voglia o la forza di farlo. Continuò a tenere chiusi gli occhi, come se non avesse mai sentito le sue parole. Nemmeno quella che sussurrò alla fine, subito dopo essersi accasciato, nuovamente supino, accanto a lei, convinto che Susanna stesse già dormendo.
«Lei... sa di te.»
La donna aprì gli occhi. Ascoltò perfettamente quelle ultime parole, ma ancora una volta la sensazione di non voler parlare prese potere. Di nuovo li chiuse, continuando quella finta pace dei sensi tra le braccia di Morfeo.
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