Capitolo 3: Stanza 507
Andrea POV
Stasera sono rientrato prima a casa, sono solo le 22:30 ed è presto per quelli che sono i miei orari standard. Non avevo molta voglia di stare ancora in giro e Simone era andato a bere qualcosa con la sua ragazza.
Mi dirigo in camera mia e mi siedo sul letto, sono agitato e infastidito, qualcosa non mi fa stare tranquillo. Mi guardo intorno per cercare una risposta a questa inquietudine, che mi assale da qualche minuto. Ai piedi del letto c'è un peluche che mi ha regalato Astrid, quando è tornata da uno dei suoi viaggi con la sua famiglia. Giro lo sguardo verso il comodino e poso la mia attenzione sulle tre cornici: nella prima c'è una foto con la mia famiglia, nella seconda sono con la squadra di calcetto in cui ci sono tutti i miei amici, tra cui Simone, e infine la terza cornice ritrae me e Astrid.
Sembra che il mondo mi stia comunicando qualcosa, a partire da quello scontro con Astrid a casa sua. Da quando abbiamo avuto quella conversazione, se così si può chiamare, riguardo noi due, le cose sembrano del tutto peggiorate; non ci sentiamo più e cerca di evitarmi il più possibile. La risposta è abbastanza scontata, e così, mi alzo come punto da mille spilli. Mi precipito subito all'ingresso di casa e afferro le chiavi della macchina dal piccolo piatto ornamentale, che sta sul mobile accanto alla porta. In pochi minuti sono già sull'auto e la metto in moto. Per fortuna l'albergo in cui si trova Astrid non è molto distante da casa mia.
Mi fermo nel parcheggio adiacente alla struttura, e resto lì. Non so se sto facendo la cosa giusta, ma trasformo l'incertezza in azione. Prendo il telefono e scrivo un messaggio ad Astrid.
"Sei sveglia?"
La risposta non tarda ad arrivare.
"Sì. Che vuoi?"
Dovevo aspettarmi questi toni un po' scontrosi, forse è meglio risolvere la situazione il prima possibile. Poso di nuovo il telefono nella tasca dei jeans ed entro dentro l'albergo. Faccio un cenno di saluto al receptionist e gli dico che Astrid mi sta aspettando. Mi conoscono tutti, perché oltre a essere l'amico di Astrid e Simone, sono anche il figlio dello chef. Ci sono cresciuto anche io qui dentro, e sono stato l'artefice di qualche marachella assieme ai due fratelli.
Mi infilo subito in ascensore senza pensarci due volte, schiaccio il tasto per arrivare al quinto piano, l'ultimo della struttura.
Ho di nuovo il cellulare tra le mani, preferisco mandarle un messaggio piuttosto che bussare.
"Apri la porta allora, sono qui."
La serratura scatta, e la sua figura si presenta davanti a me. Incrocio il suo sguardo che sembra essere perplesso. Vuole dire qualcosa, me ne accorgo dalle sue labbra un po' schiuse, come per cercare delle parole adatte. Io, invece, sono ancora stupito che si sia voluta fidare di me e abbia aperto la porta dopo quella discussione tra noi due. Non riesco a stare immobile ancora per un altro secondo, non le do il tempo di parlare, non c'è bisogno di dire nulla. Le metto le mani sui fianchi e la spingo dentro la camera. La stringo e inizio a baciarla con foga, mi era mancato il suo sapore da quel sabato sera. Avverto la sua incredulità, rimane immobile per qualche istante, ma non appena risalgo con la mano fino al suo viso sento i suoi muscoli cedere e si lascia andare tra le mie braccia.
«Non scappare stavolta, sono stato un coglione. Lo ammetto.» Sono ancora stretto a lei e le dico quelle parole mentre le passo la mano tra i capelli.
«Sì, lo sei stato, ma per tua fortuna mi piaci troppo.» Si avvicina di nuovo e mi stampa un bacio sulle labbra.
Starle vicino mi fa vivere emozioni che non avrei neanche creduto esistessero. Il cuore mi esplode e percepisco un nodo allo stomaco. Astrid si scosta un po' solo per potermi guardare negli occhi. Non ci diciamo niente, ci sorridiamo e ci scambiamo delle tenere effusioni. Il suo sguardo parla da solo e non posso che assecondare le sensazioni che stanno travolgendo entrambi.
Ci spostiamo verso il letto e la spingo con delicatezza per farla sdraiare. Mi metto su di lei e la bacio di nuovo, mi soffermo sulle bretelle sottili del suo pigiama e le abbasso; il suo seno è un po' scoperto, ma non sono del tutto contento, voglio di più. Afferro l'estremità del top e lo sfilo, lasciandole il busto del tutto nudo. Mi avvento su uno di essi con la bocca e inizio a succhiare un capezzolo.
Astrid si lascia trascinare da me, il suo respiro aumenta e le sue mani sono strette tra i miei capelli; questo non fa che eccitarmi ancora di più. Le sposto le mani sull'orlo dei miei pantaloni, facendole capire le mie intenzioni.
Accoglie il mio invito e li sbottona, sentendo le sue dita un po' tremare, mi sembra incerta ma non si oppone. Mi bacia di nuovo, mentre con un rapido gesto mi lascia in intimo. Le bacio tutto il corpo beandomi del profumo della sua pelle. La voglia di farla mia cresce sempre di più, sono quasi impaziente. La spoglio del tutto e faccio aderire il mio corpo al suo; sembriamo fatti l'uno per l'altro.
Entro dentro di lei con delicatezza guardandola negli occhi, Astrid inarca un po' la schiena e fa un verso di piacere. Lo considero un chiaro invito a continuare, aumentando l'intensità. Ci muoviamo assieme, in perfetta sintonia come una danza eseguita alla perfezione.
Raggiungiamo l'apice del piacere quasi allo stesso momento. Ho il fiatone, ma sono felice e appagato, non avrei chiesto di meglio. Riprendo il contatto visivo con lei e le sorrido, posso scorgere un accenno di felicità sul suo volto. Rilasso i miei muscoli dopo essermi sistemato accanto a lei. È stato bello e intenso. Nonostante il caldo che sento al momento, allargo il braccio sinistro e la faccio sistemare sul mio petto, potendola così stringere.
«Scusa ancora per averti detto quelle cose, non capivo cosa stesse succedendo nella mia testa.» Le passo una mano tra i capelli, percependo la loro morbidezza; sembrava di toccare un abito di seta.
«Fa nulla. È stato bellissimo stasera. Non riesco ancora a capire perché hai fatto così.»
«Credo che sia ovvio che mi piaci e pure tanto. Ho solo nascosto i miei sentimenti, pure a me stesso, e non dovevo.» Finalmente l'ho detto a voce alta e realizzo quest'emozione che all'inizio mi era sembrata solo un errore.
«Almeno hai evitato che passassi un compleanno di merda, sempre se domani hai voglia di venire alla mia festa.»
«Non me la sarei persa, neanche se non mi avessi più voluto parlare.»
Continuo a tenerla stretta, questo contatto mi fa sentire completo e realizzato. Si allontana un po' da me e tende la mano verso il comodino, cercando di afferrare il suo telefono.
«Ah, ma sono le 23.59... è mezzanotte! – esclama non appena le cifre cambiano e diventano quattro zeri – Tanti auguri a me.»
Quel suo sorriso pieno di gioia potrebbe catturarmi ogni volta, non ne sarò mai stanco.
«Buon compleanno, piccola.» Sfioro le sue labbra e le do un leggero bacio.
«Mi hai fatto il miglior regalo di compleanno. Io, te e questa notte.»
«Allora domani posso venire senza alla festa», le dico scherzando.
Astrid fa finta di imbronciarsi, ma le torna il sorriso pochi secondi dopo.
«Meglio che vada ora, non è il caso che ci scoprano qui domani mattina.» Sto per alzarmi, ma lei mi ferma.
«No, resta altri cinque minuti. Non voglio che finisca tutto così presto.» Assecondo il suo desiderio e ritorno ad abbracciarla.
Rimaniamo in silenzio, continuando a coccolarci e godendoci questo momento in cui esistiamo solo noi due. Il suo respiro è più profondo, credo che si sia addormentata. Se mi sposto potrebbe svegliarsi, mi prendo il rischio di essere visto e andrò via domani mattina al sorgere del sole.
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