Capitolo 2: Tumulti

Astrid POV

É martedì e sono passati tre giorni da quella sera; di Andrea non ho più nessuna notizia, non ho ricevuto neanche un misero messaggio da parte sua. Chiedere a mio fratello se si sia fatto vivo almeno con lui sarebbe come uscire fuori allo scoperto e rivelare cosa c'è stato tra di noi sabato scorso. Sono sul letto a guardare il soffitto con il telefono in mano, prima o poi sono certa che mi manderà un qualche cenno. In questo momento, però, i pensieri che ho in testa sono tanti, dai più stupidi ai più improbabili. Fra tutti quelli che mi vorticano per la mente, uno è il più insistente: Andrea si sarà pentito di tutto quello che è accaduto.

Forse ho sbagliato qualcosa? Con quel gesto avventato ho fatto la figura della ragazzina e Andrea ha deciso che è meglio tirarsi indietro?

Sbuffo, infastidita e un po' triste. Sono stanca di non sapere nulla, avere lo stomaco annodato per colpa sua non è una cosa che riuscirò a sopportare ancora per molto tempo. Se lui non ha il coraggio di dirmi qualcosa in merito, sarò io a fare l'ennesimo passo avanti.

Sblocco un'altra volta il telefono e apro la nostra chat decisa a scrivergli un messaggio, rimango per qualche secondo a fissare quella conversazione. Scorro un po' avanti e indietro e solo ora mi rendo conto che non c'è niente che riguardi noi due, non abbiamo mai parlato del nostro rapporto. Mentre cerco le parole giuste per chiedergli di vederci, mi accorgo che il suo status era passato da offline a online e pochi secondi dopo spunta "sta scrivendo..." appena sotto il suo nome. Chiudo subito tutto, non voglio che mi trovi in linea e accidentalmente le spunte possano colorarsi subito di blu. Aspetto con trepidante attesa il suo messaggio, sembra che stia scrivendo la nuova Divina Commedia. Il suono della notifica arriva due minuti dopo.

"Ciao, Astrid, più tardi ti va una passeggiata sul lungomare? Credo che dovremmo parlare."

Resto a fissare lo schermo e aspetto solo qualche secondo prima di rispondere, per confermare orario e luogo dell'appuntamento.

Mi alzo subito dal letto come se una forza invisibile mi stesse spingendo ancora di più verso terra. Apro l'armadio e resto a osservare i vari vestiti per decidere cosa sia più adatto. Non ho più bisogno di mettere qualcosa di provocante, o che attiri la sua attenzione. Indosso un paio di pantaloncini neri e un top bianco, prendo pure una piccola borsa dove mettere tutto l'essenziale e sono pronta per andare.

Esco di fretta da casa, senza dare spiegazioni a nessuno, anche perché i miei genitori ormai sono abituati a vedermi uscire ogni pomeriggio. Passo molto più tempo fuori tra la spiaggia e le uscite con gli amici per assaporare questi primi giorni di vacanza. Sarà forse una delle mie ultime estati che potrò vivere senza pensare allo studio o al lavoro, quindi cerco di stare più tempo a godermi questi momenti di spensieratezza.

Il tratto di strada per arrivare al luogo di incontro con Andrea non è molto distante da casa mia, cammino davvero piano per non arrivare lì in anticipo e fare un po' la figura della scema. Il cuore mi sta scoppiando e le gambe mi tremano, non so cosa abbia da dirmi Andrea, ma spero che non sia qualcosa di brutto. La mia mente continua a girovagare tra un pensiero e un altro, forse in realtà mi deve soltanto chiedere scusa per questi giorni di silenzio.

Mi sto avvicinando sempre di più e faccio un respiro profondo, pronta ad affrontare qualsiasi cosa. Da lontano scorgo una figura seduta su un muretto e, man mano che mi avvicino, riconosco i suoi capelli ricci che risplendono sotto la luce del sole. Andrea è già lì, mi sta aspettando e sta dedicando queste attenzioni solo e soltanto a me. A questo punto non sembra che qualcosa possa andare storto con lui.

Dietro di lui la spiaggia e il mare, che, con la sua risacca, risuona nell'aria un rumore che mi aiuta ad armonizzare i ritmi del cuore.

Andrea alza gli occhi e incrocia il mio sguardo.

«Ciao, Astrid!» mi rivolge un sorriso raggiante, per quanto sia una persona solare, non lo dimostra molto spesso.

Ricambio il saluto e mi chino appena per potergli lasciare un bacio sulla guancia. Andrea si gira di scatto, forse perché non si aspettava quel gesto, e ci troviamo a una distanza millimetrica. Non sento più niente, se non il rumore del mare che scandisce anche questo momento.

«Cosa dovevi dirmi, allora?» Preferisco rompere il ghiaccio o, conoscendo il suo carattere, potremmo rimanere qui in eterno.

«Io non lo so cosa ci è successo l'altra sera, forse è meglio fare finta di niente» butta via quelle parole di getto, come se volesse liberarsi da un peso che lo stava schiacciando.

Rimango pietrificata, mi sono preparata a qualsiasi possibilità, ma forse non sono pronta ad affrontarlo. In realtà i miei pensieri vanno al di là delle mie speranze e la maggior parte di me stessa è certa che anche per Andrea non sia stato un semplice bacio; a quanto pare mi sbaglio. Eppure, sento quel sentimento che dalle viscere risale fino al cuore, per poi arrivare al cervello. Non posso essermi sbagliata su Andrea, lui prova le mie stesse cose. Mi sforzo per evitare che le lacrime offuschino la vista.

«Lo sai che non potremo ignorarci per sempre, vero?», gli dico evitando il suo sguardo.

Andrea sembra colto di sorpresa.

«Hai ragione, – ammette, – magari solo per ora, non sto dicendo per sempre.»

«Perché non adesso? Cosa c'è che ti frena? Che mi dici della tua gelosia? E il modo in cui mi hai baciata l'altra sera? Non sopporto le persone che mentono...» rialzo lo sguardo. Non capisco il suo comportamento, sembra di non conoscerlo più.

«Non lo so...» dice Andrea con tono molto basso, così tanto che fatico a sentirlo.

Per qualche secondo nessuno dice niente, quel silenzio immotivato comincia a darmi fastidio. Il mio umore cambia in maniera repentina: le fitte in tutto il corpo, causate da quella tristezza, si trasformano in rabbia.

«Sai che c'è? Io torno a casa. Quando saprai qualcosa, puoi mandarmi un messaggio, tanto il mio numero ce l'hai, a meno che non vuoi ignorarmi anche così.»

Mi allontano velocemente, senza aspettare una sua risposta. Percorro la strada più lunga per tornare a casa, non voglio farmi vedere con il viso rigato dalle lacrime. Mi volto a osservare il mare, in questo momento nemmeno la risacca placida riesce a calmare i tumulti del mio cuore.

***

Mi sveglio di buonumore, il che mi sembra strano dopo la delusione che mi ha dato Andrea, non avrei mai pensato che quello sia il lato nascosto del suo carattere, l'ho sempre idealizzato come un ragazzo sicuro di sé, ed è quello che mi ha sempre mostrato. Sono passati pochi giorni dal pomeriggio in cui ci siamo visti per parlare, anche se ci siamo detti ben poche cose. Tra di noi è sceso di nuovo il silenzio e non ci siamo più sentiti neanche con dei messaggi.

Mi alzo di tutta fretta, sistemando al meglio i miei capelli biondi un po' arruffati a causa della passione che ho per il mio cuscino durante le lunghe dormite. Non posso fare a meno di guardarmi allo specchio vicino la porta della mia camera e mi accorgo che non ho uno degli aspetti migliori, ho solo bisogno di fare colazione e darmi una sciacquata. Faccio un respiro profondo e mi avvio verso il corridoio, ma torno subito indietro e mi avvicino alla scrivania, posta di fronte al letto. Sul muro tengo sempre appeso un calendario su cui appuntare i miei impegni o gli eventi più importanti. La pagina di giugno è segnata quasi per intero da delle "X" rosse, a eccezione degli ultimi giorni del mese che sono ancora vuoti, e di quello di domani che è segnato da un cerchio dello stesso colore. Prendo il pennarello e traccio un segno sulla casella di oggi; questo significa che manca un solo giorno al mio diciottesimo compleanno.

Scendo per le scale e avverto il profumo che arriva dalla cucina. Mia madre di sicuro sta già preparando la colazione, lei ama cucinare dei manicaretti che poi inserisce nei buffet degli alberghi. Io, Simone e mio padre siamo da sempre le sue cavie preferite e noi siamo lieti di avere questo importante, ma anche goloso, ruolo.

«Buongiorno, mamma», esordisco entrando in cucina.

Per quanto sia un ambiente abbastanza ampio, per me racchiude tutto ciò che può significare la mia famiglia, per questo lo trovo uno dei posti più confortevoli della casa. Dopo la mia stanza, si intende. Le pareti, di un colore giallo senape, contribuiscono a rendere quel luogo accogliente, come se trasmettessero tutto il calore della casa.

Mia mamma si gira appena a guardarmi, mentre armeggia con una padella. È una delle cose che le riesce meglio e ogni volta resto incantata a guardarla, consapevole che non mi ha trasmesso neanche un briciolo di questa sua passione.

«Buongiorno, tesoro. Serviti pure, ho fatto qualche pancake.»

Mi siedo sull'isola posta al centro della cucina, utilizzata ogni giorno per la colazione e i pasti veloci della giornata. Mi verso del succo di arancia nel bicchiere in attesa della tazzina di caffè e poi prendo due pancake aggiungendo un po' di sciroppo d'acero. Lo so che siamo in Sicilia e sembra insolita come colazione, ma è l'unico modo che mia madre ha di sperimentare qualche nuova ricetta e di provare sapori nuovi secondo ogni tradizione.

Poco dopo, anche mio padre e Simone arrivano in cucina, sembra che loro siano svegli da molto più tempo rispetto a me.

«Sempre in ritardo voi due, sedetevi!» Mia madre li rimprovera, ma le viene difficile fare la faccia arrabbiata quando non lo è sul serio. Posiziona un piatto ai loro posti e si siede anche lei.

«Eravamo in garage a vedere perché in macchina si accende la spia rossa ogni volta.» Mio fratello le risponde per giustificarsi. Non c'è niente che può catturare la sua attenzione quanto l'amore per i motori.

Papà si avvicina e mi posa un leggero bacio sui capelli prima di sedersi, lo fa ogni mattina per augurarmi il buongiorno, so di essere da sempre la sua principessa. Sorrido d'istinto a quel tocco, sembriamo la famiglia del mulino e per certi versi lo siamo anche, nonostante le liti con i miei genitori non siano per niente assenti, ma sono davvero grata per la famiglia che ho.

«Domani è il tuo grande giorno, come ti senti?», chiede mio padre dopo aver addentato il suo primo pezzo di pancake.

«Ho aspettato a lungo che arrivasse, voglio godermi ogni singola ora!», gli rispondo, rendendomi anche conto del sorriso smagliante che gli rivolgo.

«Domani devi comunque prepararti, hai il parrucchiere di mattina. Non andare a letto troppo tardi!» Mi ricorda mia madre.

Sbuffo appena per non farmi vedere, si sa quanto le madri siano brave a spezzare la magia ricordando cose non necessarie.

«Sì, va bene, non preoccuparti. Tanto non esco fuori dall'albergo.»

La vigilia del mio compleanno la passerò all'interno dell'albergo, ho approfittato del fatto che nessuno ha prenotato la suite più grande dell'hotel e così posso usufruire di tutti i servizi di cui dispone, compreso l'accesso alla spa.

Dopo la colazione torno in camera mia e preparo tutto ciò che serve per passare la sera lì, sarà bello godermi quella solitudine, anche se questo potrebbe implicare un altro vortice di pensieri. Inevitabilmente sto già pensando al fatto che Andrea non sarà presente alla mia festa, nonostante sia stato uno dei primi invitati.

Al di là di questo sono emozionata e impaziente all'idea di diventare finalmente maggiorenne, è da tempo che conto pure i giorni, che si sono già trasformati in ore. Non mi importa quando mi dicono, soprattutto mio fratello, che dopo i diciotto anni mi vedrò volare tutti gli anni successivi. Nessuno può togliermi questo entusiasmo, è pur sempre una tappa importante della mia vita, che significa anche crescere e diventare più indipendente.

Il tempo, però, sembra non scorrere più, ma essendo passato il pranzo posso già farmi accompagnare in albergo e iniziare il mio percorso di benessere, così da arrivare più rilassata alla festa di domani sera.

Scendo di corsa i gradini con la piccola valigia in mano, vado così veloce che procedo a memoria, non presto neanche attenzione a quello che ho davanti e mi accorgo della presenza di qualcuno solo quando vado a sbatterci contro. Alzo lo sguardo e mi accorgo che è Andrea. Trattengo il respiro, cercando di non fare trasparire nessuna emozione, nonostante senta il cuore che mi sta per uscire fuori dal petto. Mi accorgo di provare delle sensazioni contrastanti: vorrei saltargli addosso e stringerlo in un forte abbraccio e allo stesso tempo respingerlo.

«Che ci fai qui?», chiedo un po' infastidita. Immagino che sia qui per aspettare che Simone finisca di prepararsi

«A casa mia si usa chiedere scusa.» Anche Andrea non è particolarmente gentile.

«Spostati. E comunque è casa mia.» Sventolo la mano come a scacciare una mosca fastidiosa, ma qui l'unica cosa fastidiosa sembra essere lui.

Dentro di me continuano ad alternarsi momenti di rabbia e momenti in cui vorrei mettere una pietra sopra l'accaduto.

Mi guarda dalla testa ai piedi, soffermandosi sul mio bagaglio.

«Dove stai andando?»

«Non sono affari tuoi», gli dico in tono saccente e lapidario, lo supero e vado verso la porta.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top