Capitolo 2 - Sandra
Marzo, 1958
«Andate via! Basta!».
Si sentì urlare Josie dal piano di sopra.
Era passato circa un mese dal primo anniversario della scomparsa di Paula. Le indagini erano ancora aperte e finora nessuno aveva fornito particolari interessanti affinché la piccola si potesse finalmente ritrovare.
Anche quel giorno, il 5 Marzo, 1958, la polizia era a casa di Josie, l'ultima persona estranea alla famiglia Brenson che avesse visto Paula quella sera, ormai un anno prima.
«E' la millesima volta! Basta! Quante altre volte dovete venire a farmi di nuovo le stesse domande?» strillò Josie all'agente di polizia che si era accomodato in salotto con il suo collega.
«Josie, per favore. Non urlare. Questa brava gente sta solo cercando di trovare la tua amica, lo capisci?» le domandò cautamente il papà. Josie annuì in silenzio.
Era in piedi, davanti alla porta del soggiorno con le mani fortemente incrociate all'altezza del ventre, così strette da lasciarne i segni. Era in pigiama di un acceso color fucsia e scalza, si notavano le dita dei piedi contorcersi per la bassa temperatura o, quasi sicuramente, per l'agitazione.
«Ciao, Josie» disse l'agente Stoler con tono calmo mentre tra le mani rigirava il suo piccolo taccuino scarabocchiato. «Capisco che sei stanca e capisco che la nostra presenza ti metta a disagio. Sono sicuro che le nostre brutte facce ti ricordino costantemente che la tua amichetta non è più con te» disse l'uomo scandendo bene le parole, non voleva infastidire l'unica persona presente sulla scena del crimine che avrebbe potuto fornire la risposta a tutte le loro domande. «Ma noi abbiamo bisogno di sentire di nuovo tutta la storia: Cosa avete fatto quel pomeriggio? Con chi eravate? Hai riconosciuto qualcuno lungo gli argini del fiume? Hai percepito qualcosa di strano? Di diverso?» continuò ad incalzare Stoler.
Josie aveva gli occhi lucidi; non era ancora riuscita a farsene una ragione. Forse la sua amica era sparita a causa sua.
Con le lacrime che le rigavano la faccia, Josie cominciò per l'ennesima volta il racconto di quel pomeriggio passato insieme a Paula. Raccontò della passeggiata al molo, della sfida per tuffarsi in acqua, del freddo che le congelava il naso e, in fine, del salvataggio della sua amica. Era sempre la stessa storia, sembrava quasi che Josie se la fosse imparata a memoria, date le numerose volte in cui i tanti agenti di polizia gliel'avevano chiesta.
Col pianto spezzato dal singhiozzo, al termine del racconto, Josie corse in camera chiudendo la porta dietro di sé. Si sentiva totalmente colpevole. Era stata lei a spingere Paula a tuffarsi e, anche se poco dopo le aveva impedito di saltare, sicuramente la sua amichetta non fu contenta di quello scherzo e "adesso se n'è andata. È andata via per non dover più giocare con me" pensò la piccola Josie. Non era abituata alla sua assenza, non si erano mai separate per più di una giornata. Ma adesso, dopo che, per un intero anno, non si ebbero sue notizie, Josie soffriva dannatamente la mancanza della sua piccola amica.
Sdraiata sul suo letto tra le lacrime, Josie estrasse da sotto al cuscino di un bianco candido una foto, ben piegata. L'immagine la ritraeva in compagnia di Paula alla festa del suo ottavo compleanno, qualche giorno prima che la bambina sparisse. Josie ricordava ancora quel pomeriggio come se fosse passata solo qualche ora. Le vennero in mente tutte le risate, il profumo delle pizzette calde della mamma e i tanti colori che decoravano il suo bellissimo diadema. Soffiò su otto candeline rosse poggiate su una grande torta con fragole a pezzetti e glassa al cioccolato, così buona da sentirne ancora il sapore sulle labbra. E i regali, tantissimi regali, così tanti che il papà faceva fatica a farsi spazio tra tutti quegli scatoloni, uno più grande dell'altro.
Mentre la sua memoria tornava a quei momenti, il suo sguardo cadde su un cartoncino posto sul ripiano più basso, sopra la scrivania. Era la coroncina che le aveva disegnato Paula, «Per far vedere a tutti chi è la festeggiata» le disse euforica mentre tentava di infilargliela. Portava scritto in grassetto verde "Happy Birthday" o, almeno, avrebbe dovuto. Il pennarello terminò il suo inchiostro e non le permise di completare la scritta ma a Josie piaceva molto di più così. Un piccolo sorriso iniziò a farsi largo nell'angolo in cima alla bocca al solo pensiero ma poi, dopo mezzo istante, uno strano brivido le attraversò la schiena. Si accorse di aver ricominciato a lacrimare. Nascose il volto umido nell'incavo del braccio e i singhiozzi tornarono a soffocarle il respiro. Piano piano, scivolò in un sonno profondo interrotto solo dai gemiti del pianto. Qualche attimo prima di addormentarsi, stremata, chiese sussurrando: "Paula, dove sei?".
Poi, si assopì.
***
"TOC – TOC", qualcuno bussò alla porta.
Erano le 7:30 del mattino e il piccolo paesino di West River era ancora in parte addormentato. L'agente Stoler era tornato a casa Whillot e questa volta con alcune novità. Fu la mamma di Josie ad andare ad aprire: «Agente Stoler, che ci fai di nuovo qui dopo così poco tempo?» chiese sorpresa.
«Purtroppo, un'altra bambina dell'età di tua figlia è scomparsa. Possiamo entrare?» chiese infine alla donna.
La mamma di Josie fece accomodare i due poliziotti sullo stesso divano in stoffa decorato della sera prima e offrì loro una tazza di caffè. Pareva quasi che i due omoni non se ne fossero mai andati da quella stanza.
«Josie è in casa, Jill?» chiese il capitano.
«E 'sta volta, mia figlia cosa c'entra con questa storia?» chiese spaventata ma l'agente Stoler non le concesse una parola di più.
Josie aveva sentito i due agenti entrare in casa e fece capolino dalla rampa delle scale. Aveva gli occhi ancora assonnati ed era visibilmente intontita a causa delle lacrime della notte precedente.
«Eccoti, piccola. Vorrei dirti che è un buon giorno, ma in realtà non lo è» disse Stoler con un tono di voce preoccupantemente teso.
«Ch...che su...succede?» balbettò Josie con un filo di voce mentre uno sbadiglio terminava rumorosamente la frase.
L'agente non se lo fece ripetere due volte: «Josie, ieri sera, nonostante le numerose pattuglie in giro per il paese, un'altra ragazzina della tua età è scomparsa. È sparita da 11 ore ormai. Si chiama Sandra Poor. Frequenta la tua stessa scuola, la conosci? L'hai mai vista prima?» chiese mentre con la mano coperta da un guanto scuro in pelle consegnava alla piccola una foto a colori rovinata che ritraeva la ragazzina scomparsa.
Josie continuò a fissare quella foto e notò con sorpresa che Sandra era esattamente uguale alla sua amica Paula. «No. Ci ho parlato qualche volta ma non è una mia amica. La incontravo nel bagno della scuola e ho sempre preso in giro Paula perché sembravano sorelle gemelle. Sono...Sono così uguali.» disse fissando il pavimento, quasi come se se ne facesse una colpa, «Vero?» chiese infine.
Stoler sembrò affascinato dalla constatazione della piccola ma non volle alimentare alcune dicerie per le strade della cittadina e, pertanto, concluse la sua breve visita in casa Whillot congedandosi da tutti i presenti e scoraggiando la piccola Josie, «A me non pare somigli molto a Paula Brenson ma, se anche fosse, sarà sicuramente solo un caso, piccola!» disse dolcemente Stoler sorridendole prima di uscire dalla casa dei Whillot e chiudendo la porta dietro di sé.
A Josie non sfuggì la reazione sorpresa del poliziotto. Sentiva che, probabilmente, qualcosa da lei detto sarebbe stato fondamentale alle indagini. Ancora non ne era certa ma, presto, le cose sarebbero potute cambiare e lei, più che mai, si diceva pronta a riabbracciare la sua migliore amica.
Al termine della giornata, una cosa però era certa: qualcuno avrebbe dovuto trovare le due bambine scomparse.
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