3."It Won't Hurt, I promise."
Scuoto leggermente la testa, passandomi la mano tra i capelli, cercando di riprendermi dallo stato di trance senza sembrare troppo stupido.
"Entra pure." Dico facendo un sorriso neanche troppo forzato, sentendomi un vuoto nello stomaco non appena Daniel sfoggia la sua dentatura a dir poco perfetta.
"Oh, quasi dimenticavo."
Prima di entrare Daniel, si gira verso il tavolino vicino l'amaca, prendendo uno scatolo bianco e oro, con delle scritte marroni molto piccole sul lato destro, facendomi inarcare un sopracciglio per la sorpresa.
"Questa è da parte mia, di Sonya e di Marco... Non avevamo la minima idea di cosa comprarti quindi abbiamo optato per la torta."
Apro la bocca in una "o" che fa trapelare un pizzico di sorpresa, e di imbarazzo.
Ridacchio prendendo la torta e facendo entrare Daniel, che mi guarda un po' confuso.
"Non festeggiamo un compleanno con una torta da un bel po' di tempo." Dico divertito andando verso il frigo, per poter mettere la torta nel piccolo spazio libero rimasto.
Mi giro notando Daniel che fissa intensamente le foto appese al muro mie e di mia madre, con il pollice premuto leggermente sulle labbra, come se stesse per baciarlo.
"Quindi ragazzi."
Dice Lydia all'improvviso facendo sobbalzare sia me che Daniel.
"Avevo pensato che, magari, potevamo fare qualcosa per ammazzare il tempo."
"Il gioco della bottiglia!" Propone subito Sonya saltellando sul posto, beccandosi uno sguardo di fuoco da parte di tutti.
Avanti diciamocelo, il gioco della bottiglia è stato giocato così tante volte, da così tante persone, che è diventato così scontato da annoiare persino me.
E farmi perdere l'interesse su qualcosa è un compito al quanto arduo.
Giusto per citare uno dei tanti esempi, il mio cubo di Rubik.
Regalatomi anni addietro da mia madre, mi ha sempre tenuto compagnia nei momenti di assoluta noia.
Un cubo di Rubik, cioè, chi lo usa più? Magari la gente si è anche dimenticata della sua esistenza.
"Umh, obbligo verità? O che ne so, hai mai?"
Dice Marco facendo spallucce, indeciso pure lui sul da farsi.
"Si, tanto vale giocare a mosca ceca o nascondino come i bambini di cinque anni."
La voce di Daniel, che si trova con le spalle al muro manco dovesse posare per una rivista di moda, anche se bassa, risuona acida e ironica allo stesso tempo, tanto da far sbuffare Lydia.
Quest'ultima però improvvisamente si blocca sgranando gli occhi, quasi avesse avuto un idea.
"E se giocassimo ad una versione più spinta di nascondino?" Dice poi Lydia con uno sguardo fin troppo accattivante.
Sbatto le palpebre un paio di volte cercando di capire invano il senso di quella domanda.
"Oh no, Lydia e i suoi strip games, ci risiamo..." Bisbiglia poi Marco facendomi accapponare la pelle.
Strip games?
Io che non vado a mare per non togliermi la maglia? Io che non vado in giro con i pantaloncini o le maniche corte?
Non che sia grosso, ma l'idea di farmi vedere in costume o in intimo da qualcuno, non solo mi mette ansia, ma mi da anche fastidio.
"Dai vi prego!" Dice poi Lydia alzandosi dal divano e correndo verso di me.
"Ti giuro che non è così pessimo come sembra." Dice poi sporgendo il labbro inferiore diventando fin troppo tenera.
"Lydia, non toglieró un singolo calzino per assecondare le tue idee malsane." Dico scandalizzato incrociando le braccia, per poi distogliere lo sguardo dal suo viso fin troppo tenero, che so già che è in grado di farmi cambiare idea.
"Allora facciamo così, chi viene trovato per primo deve trovare gli altri, ma come penitenza per essere stato scoperto, si deve togliere un indumento a sua scelta." Dice lei spostandosi appena gli occhiali e muovendo il dito a ritmo di parole, quasi se stesse spiegando una lezione appena studiata.
Sbuffo sonoramente alzando gli occhi al cielo, rendendomi conto che insisterà finché non acconsentiremo tutti a giocare, quindi mi guardo intorno un ultima volta cercando l'aiuto degli altri.
"Vedi che se nessuno vuole giocare, non vedo come tu possa convincerci tutti." Dico altezzoso, facendo spallucce, e di conseguenza sbuffare Lydia che guarda tutti gli altri, fulminandoli uno ad uno.
"Io non..."
-
Dopo un abbondate oretta, ci ritroviamo, chi senza maglia, chi senza pantaloni, a girovagare per posti della casa che nemmeno io ho mai visto.
Io per esempio avevo deciso, sfortunatamente, di togliermi i pantaloni, girando quindi nei boxer neri con gli smile che ho comprato un paio di giorni fa.
Una persona intelligente direbbe "perché i pantaloni e non la felpa per primo?"
Beh, per due semplici ragioni.
La prima è che la felpa e abbastanza lunga da arrivarmi fino a sotto i boxer, quindi un punto a favore per la felpa-vestito.
La seconda è che è solo grazie al cappuccio della felpa se sono riuscito a nascondere i segni violacei sul collo fatti la mattina stessa, nel bagno di casa mia.
Quel piccolo episodio ormai archiviato in una piccola parte del cervello, lì dove vanno tutte le cose che la gente prova ad ignorare e dimenticare, ma che ogni tanto saltano fuori come i centesimi tra le fessure del divano.
"Racheeeee, lo so che sei qui."
La voce di Lydia rimbomba nel corridoio più inquietante del solito, e deglutisco non appena mi rendo conto che se vengo trovato ancora una volta, sarò costretto a girare per casa solamente con i boxer addosso, destino crudele capitato a Marco, che sembra essere completamente sparito di casa da un paio di turni.
"Vieni fuori, vieni fuori ovunque tu sia." Dice con voce stridula e bassa, vicino la porta, dietro la quale mi stavo nascondendo.
Sono al primo piano, dietro alla porta aperta dell'ufficio di mia madre, stanza usata saltuariamente, giusto nei momenti in cui, anche se a casa, è costretta al lavoro.
L'unica fonte di luce è la finestra di fronte la porta, che da direttamente sul giardino dei vicini, poiché posta sul lato della casa più vicino alla staccionata che separa le due proprietà.
I passi lenti di Lydia mi fanno formicolare i polpacci, già pronti a scattare verso un nuovo nascondiglio non appena Lydia si allontanerà, anche solo di un paio di metri.
Per mia fortuna però un tonfo infernale risuona dall'altra parte della casa, seguito da un "Porca merda!" Di Marco, facendo scappare Lydia nella direzione opposta alla mia.
Sorrido vittorioso, alzandomi lentamente per non fare rumore, ma non appena sono piegato sulle ginocchia, sento una forte presa sulla caviglia.
Mi giro, ma dietro di me c'è solo una porticina aperta alta si e no ottanta centimetri.
Provo a guardare più a fondo, sentendo poi la stretta alla caviglia farsi sempre più leggera.
Mi abbasso, provando ad entrare avanzando poi qualche centimetro a gattini, ma il nero del buio assoluto mi fa venire i brividi, facendomi venire dei ripensamenti.
Mi mordo il labbro insicuro, ma non faccio in tempo a girarmi che la porta dietro di me sbatte, facendomi sobbalzare e sgranare gli occhi.
"Ma che ..."
Provo ad avvicinarmi di nuovo, toccando e tastando lì dove prima c'era la porta, sentendo soltanto il muro, freddo e umido.
Sospiro cercando di tranquillizzarmi, prendendo il cellulare e accendendo la torcia con l'intento di andare avanti, ma non appena faccio qualche altro passo in avanti, si apre il vuoto sotto di me, non lasciandomi nemmeno il tempo o il fiato di urlare.
Il cellulare mi vola dalle mani, e dopo pochi secondi, a parare la mia caduta è un pavimento duro e freddo, che mi fa gemere dal dolore non appena le mie natiche si scontrano col suolo.
"Porco il mondo..." Ansimo piano, sfregandomi le mani sul sedere, sperando che non mi venga un ematoma evidente anche lì.
Chiudo gli occhi, lasciando andare la testa all'indietro sul pavimento ghiacciato, cercando di non pensare al dolore che si trasmette dal coccige a tutto il corpo.
Mi sfrego le mani sul viso, sperando non mi sia rotto qualche osso, per poi aprire gli occhi facendomi fare la domanda più sensata da qualche minuto a questa parte.
"Dove cazzo sono finito?"
Dico guardandomi intorno, notando che la stanza dove sono finito sembra uno sgabuzzino fin troppo grande, o uno scantinato fin troppo illuminato.
Grazie alla luce fioca che entra da una finestrella posta in alto, riesco a intravedere molte scatole imballate e qualche mobile messo lì, con un po' di polvere sopra.
Qualche secondo per realizzare e...
"Il garage di papà..." Dico a bassa voce facendo muovere qualcosa nella piccola parte in penombra, al lato, vicino al muro.
Sospiro infastidito per il mio non avere un attimo di tregua, avvicinandomi piano alle scatole.
"C'è qualcun..."
Ed è questione di un attimo.
Ancora una volta, senza che io possa fare niente, vengo sballottato, tirato e strattonato contro la mia volontà.
La porta del garage si apre dando spazio ad una Lydia urlante.
"AH, TI HO TROVATO!" urla lei sbattendo la porta ora spalancata.
Dopo qualche secondo e un sospiro pesante di Lydia, la porta si richiude dopo un "Boh, avevo sentito qualcuno."
Io nel frattempo cerco di realizzare cosa è appena successo, ma la prima cosa di cui mi rendo conto è che mi ritrovo a cavalcioni su qualcosa, anzi su qualcuno.
Apro piano gli occhi, alzando leggermente la testa, notando un Daniel a torso nudo, con un indice sul labbro che mi fa segno di stare zitto.
Scuoto la testa leggermente, sgranando gli occhi, per poi notare che le mie mani sono premute contro il suo petto, nudo e perfetto, quasi fosse scolpito nel marmo.
Arrossisco violentemente, ritirando le braccia, portandole verso le mie gambe, commettendo il secondo errore.
Dimenticando di essere seduto sulla gambe di Daniel, poggio le mie mani sui suoi pantaloni, fin troppo vicino al suo inguine.
Nel panico più totale mi metto le mani in faccia, odiando il fatto di essere completamente arrossato per quella situazione fin troppo imbarazzante.
"Non avrei mai immaginato."
Dice poi Daniel a bassa voce, ridendo di gusto, poggiando poi le sue mani sulle mie facendole scivolare lentamente sul mio viso, lasciando intravedere il mio viso decorato dal solito misto fra imbarazzo e panico.
Cerco di evitare il suo sguardo mettendomi a braccia conserte, cercando di evitare qualsiasi altro contatto di troppo.
"Che cosa?" Dico io a bassa voce, cercando di pensare soprattutto al fatto che se ci avessero trovati la situazione sarebbe stata sia imbarazzante che drammatica, dato che entrambi avremmo perso un altro indumento.
"Non ti facevo così introverso."
Dice lui mordendosi il labbro.
"Introverso? Stai scherzando spero. Mi sono ritrovato a cavalcioni di un tizio a torso nudo, tu come avresti reagito scusa?" Dico io sgranando gli occhi, facendo una faccia al quanto stranita, per far notare al ragazzo il mio stato di confusione.
"Beh dipende, se fosse stato un ragazzo che mi piace magari me ne sarei approfittato."
Risponde lui cercando di imitare la faccina perversa che si trovano tra le emoticon del cellulare, risultando ancora più sexy.
-Sexy? Cos, wait... Che cazzo stai dicendo?-
Scuoto la testa cacciando via quel pensiero, facendo poi una faccia scandalizzata, realizzando cosa fosse appena uscito dalle sue labbra.
"Cioè tu, vuoi dire che a te... Piacciono..."
"I ragazzi? Si anche." Dice per poi inarcare il sopracciglio.
"Nel senso, anche le ragazze.. senti odio darmi delle etichette okay? Solo, mi piace quel che mi piace." Dice poi facendo spallucce alzando gli occhi al cielo.
"Oh" riesco solo a dire io, facendo ridere ancora di più il ragazzo.
"Mi spieghi cosa c'è di divertente in tutto questo?" Dico mettendomi la mano sui fianchi come fa una donna incazzata quando la gente passa sul pavimento appena lavato.
"Beh, ci sei tu con sola felpa e boxer, che stai a cavalcioni su di me, che ho solo i pantaloni addosso, la scena da fuori è abbastanza fraintendibile." Dice ridendo, per poi tossire appena per cercare di calmarsi.
"La vuoi smettere? Non è affatto divertente."
Dico sentendomi la faccia andare a fuoco, cercando di nascondere la faccia nella felpa.
"Sai com'è, il tuo amico li sotto non la pensa come te." Dice poi ammiccando.
Scuoto appena la testa, per poi abbassare lo sguardo notando la mia erezione che nonostante sia poco accentuata, è abbastanza evidente.
Mi abbasso immediatamente la felpa il più possibile, cercando di alzarmi guardando tutto meno che Daniel, sentendomi imbarazzato e umiliato come mai.
Ad un tratto un paio di mani forti e calde prendono il mio bacino, facendomi riposare ancora una volta sulle gambe di Daniel.
"Hey, non ho mica detto che mi dispiace."
Dice poi lui con una voce bassa e calda, alzando un sopracciglio, sorridendo appena, continuando ad accarezzarmi i fianchi con fare fin troppo sensuale.
Mi mordo il labbro quasi a sangue, tentando con tutte le mie forze di non guardare Daniel, che sta assaporando ogni mio piccolo particolare, dalle espressioni, ad ogni singolo centimetro delle zone basse del mio corpo.
"Hey." Dice poi prendendomi gentilmente la mascella, facendomi incrociare il suo sguardo carico di non capisco quali emozioni.
"Mi basta solo che tu dica di fermarmi, e io la smetterò immediatamente."
Dice sorridendo appena, ben deciso però a non fermarsi, e continuare quella lenta e straziante tortura, che mi fa bruciare la pelle ad ogni singolo tocco.
Le sue mani iniziano ad accarezzarmi le gambe lentamente, tracciando sempre lo stesso percorso, con tocco leggero.
Io cerco di dire qualcosa, ma tutto ciò che riesco a far uscire dalle mie labbra, sono ansimi leggeri, provocati dalla vicinanza della sua mano al mio inguine.
Il mio respiro è diventato insopportabilmente pesante, tanto da farmi sentire il petto stretto in una morsa fatale.
La mano che prima mi aveva spostato il viso con tanta delicatezza, scende, arrivando all'altezza del collo.
Portando anche l'altra mano dietro la mia nuca, incastra i suoi occhi carichi di tensione, nei mie, completamente lucidi per l'eccitazione.
Daniel si morde il labbro, avvicinandomi a lui con leggerezza, aiutandosi con le mani che hanno ancorato con delicatezza il mio collo, rendendomi sempre più difficile respirare.
Socchiudo gli occhi mentre la distanza tra di noi si sta annullando, e non appena sono a pochi centimetri dal suo viso, abbastanza da sentire il suo fiato, mi sussurra qualcosa sulle labbra.
"Non farà male, lo prometto."
Sbatto le palpebre un paio di volte stranito da questa affermazione, ma non appena mi rendo conto di quelle che sta succedendo, Daniel mette più forza nelle mani, facendo poi un brusco e veloce movimento, storcendomi il collo, facendomi sentire un violento "crack" e vedere tutto nero.
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