Jewel guardò Jack di sottecchi. Solo il giorno prima aveva scoperto che era immortale, che presto sarebbe dovuto tornare alla sua epoca, ma soprattutto che era suo padre. Suo padre. Ancora non ci poteva credere. E dato che l'uomo aveva detto che Mack, l'Eroe, era suo padre... "Aspetta, cosa?" pensò. Per cui Mack era suo nonno. Nonostante avrebbe dovuto sentirsi fiera di ciò, provava solo un grande vuoto nel petto. Rifletté un attimo: "Ma se... p-papà è rinato come fratello di Cassandra, allora io sarei... sua, uhm... cugina?". Un brivido le percorse la schiena. Che famiglia si era ritrovata, così, all'improvviso. Al pensiero di dover raccontare tutto ad Alex si sentì svenire. Che cosa complicata. Eppure era certa che il biondo avrebbe capito: si fece coraggio e andò a parlargli.
- A-alex... - si sedette vicino al ragazzo, che era seduto su un ceppo a fissare il vuoto, davanti al tavolo su cui mangiavano. Alzò appena lo sguardo, udendo il suo nome. Lei fissò i suoi occhi grigi, indecisa. Indugiò ancora un attimo, poi gli prese il viso tra le mani e lo baciò dolcemente. Jack li guardò, impenetrabile, dall'altro capo del tavolo. Si staccarono, e il ragazzo ansimò, guardandola confuso.
- Sei proprio adorabile - si lasciò sfuggire la cavallerizza. L'uomo inarcò un sopracciglio:
- Jewel - la chiamò al proprio dovere.
- Sì, ehm... - si imbarazzò, gesticolando a casaccio.
- Sì, io volevo dirti... Alex... io, cioè noi... be', insomma, hai capito, no? Jackèmiopadre e Mack il suo... e poi *coff*... - la ragazza parlava talmente veloce da mangiarsi le parole, con la lingua che le si ingarbugliava. Alex scoppiò a ridere, e lei lo guardò con i grandi occhi castani spalancati.
- Calma! - esclamò ridendo il biondo.
- Lo sapevo già - confessò. La ragazza guardò Jack con aria interrogativa e lui le rimandò lo sguardo, mimando con le labbra "boh".
- Prima che voi cominciate un estenuante dialogo visivo - li interruppe - lo so perché l'avevo intuito, tutto qui. Se ne accorgevano tutti, tranne voi due - scrollò le spalle.
- Ed ora, vorreste raccontarmi tutto in modo comprensibile? - Jewel e Jack si lanciarono un'occhiata complice, scoppiando a ridere a loro volta. - Ma certo! - esclamarono. In un atmosfera rilassata, i due, alternandosi, raccontarono per filo e per segno al biondo tutto ciò che non sapeva. Dopo l'interessante racconto, il ragazzo si dileguò con la scusa di "andare a cercare un po' di legna per il falò", lasciando soli padre e figlia.
- Che strano ragazzo - borbottò l'uomo dirigendosi verso i fornelli. Jewel fece un sorriso enorme.
- Jack-... erm... papà... - la ragazza non sapeva più come chiamarlo, ora che le cose erano cambiate. L'uomo si voltò, fissandola. Nel suo sguardo balenò un lampo ferito, e la ragazza strascicò i piedi al suolo.
- Va bene se mi chiami Jack, p... piccola - le disse dolcemente, nonostante il suo sguardo esprimesse il contrario. In verità il problema era più profondo di quanto sembrasse in apparenza: Jewel, da quando era stata abbandonata dal padre, aveva sempre disprezzato la parola "papà", e in casa era diventata una specie di tabù. Poi aveva incontrato Alex, che aveva avuto anche lui problemi con il padre, e quella parola aveva perso tutto il significato ed i sentimenti che racchiudeva. Nessuno sarebbe mai più stato degno di essere chiamato così. Eppure il suo cuore, e quello di Jack, imploravano una seconda chance che Jewel non riusciva a non dare. Abbracciò l'uomo, con le braccia goffamente attorno al suo collo.
- P-... - ci provò, ma la sua lingua si rifiutò di fare il suo dovere.
- P-...! - cos'aveva, due anni?! Jack le appoggiò le labbra sui capelli. - Papà, mi dispiace tanto - un sussurro nel vento che mormorava "neve" da ogni fiocco che scendeva lentamente dal cielo.
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