Addio, Jack

Jack sorrise, un sorriso dolce e triste.
- No, papà, no! Non te ne puoi andare! - la figlia lo raggiunse, accoccolandosi contro il suo petto, e lui le accarezzò i capelli. Attorno all'uomo danzavano delle lucine oro e argento.
- Mi dispiace, Jewel. È più forte di me. Non posso oppormi alla magia - la ragazza singhiozzò.
- Mi dispiace di non esserci stato quand'eri piccola, mi dispiace di aver fatto soffrire la mamma. Non volevo che ci ritrovassimo così, per la missione - l'uomo fece una pausa, e Jewel alzò il viso verso di lui:
- Non importa, quel che è importante è che tu sia qui! Solo... non te ne andare, ti prego! - esclamò.
- Non posso, Jewel, lo capisci? - lei annuì, continuando a piangere contro il suo petto caldo e confortante.
- Mi dispiace che tu abbia scoperto così tardi chi ero veramente, e se potessi, non me ne andrei mai, ma non ho il potere di cambiare il passato. Mi dispiace di non essere il padre che desideravi - Jack aveva in viso quel sorriso triste di chi è consapevole di doversene andare. La cavallerizza afferrò la maglietta del padre:
- TU sei il padre che desideravo! E chi se ne importa se non c'eri e non ci sei stato! Ora sei qui, ed ora che conta! - gridò.
- È tardi, Jewel... devo andare - mormorò staccandosi dalla figlia, mentre le lucine diventavano sempre più brillanti e l'uomo si faceva evanescente, inconsistente.
- NO! Non te ne andare! Papà! Ti prego! Papà, non puoi! Non puoi! Se tu te ne vai, io cosa farò? - l'uomo le afferrò delicatamente le mani:
- Jewel. Ormai sei grande, non hai più bisogno di me. Hai Alex, dopotutto è un caro ragazzo, e hai Storm. Loro sono tutto ciò che ti serve. E io non ti lascerò mai. Sarò sempre  qui, nel tuo cuore - le appoggiò una mano sul petto.
- Non è vero! Io avrò sempre bisogno di te! - testarda come sempre la ragazza tirò a sé Jack, abbracciandolo e facendolo inginocchiare.
- Non ti permetterò di andartene, mai! - ringhiò.
- Io sono il capo, e ti ordino di rimanere qui. Si obbedisce sempre al capo - cercò di fare la voce dura, ma un singhiozzo la interruppe.
- Dobbiamo ancora fare tante cose... devo ancora mostrarti il villaggio. Farti conoscere il Re, Daniel, Nina. E la tigre che Alex ha addomesticato. Devi ancora litigare con Alex, e guardarlo dall'alto in basso. Devi ritrovare la mamma. E poi devi esserci, al mio matrimonio. Sennò chi farà il padre della sposa? E poi... e poi... - scoppiò di nuovo a piangere, stringendolo più forte. - Ti voglio bene, papà, ricordatelo - non lo lasciò nemmeno per asciugarsi le lacrime.
- Ti voglio bene - continuò a ripetere, come una cantilena.
- Ti voglio bene anch'io - sussurrò Jack. Le scostò il viso dalla sua spalla:
- Ciao, piccola - mormorò, iniziando a dissolversi. Lei cercò di stringerlo fra le braccia, ma ormai era diventato inconsistente.
- Papà! No! Ti prego! Per favore! Me l'avevi promesso che non te ne saresti più andato! ME L'AVEVI PROMESSO! Papà! Resta... qui. Ti prego! Ti prego... - singhiozzò, il volto rigato dalle lacrime.
Alex spronò Sidra ad andare più veloce. Con l'aiuto di Thor era riuscito a scovare una pista, ed ora, in mezzo alla bufera, gli pareva di intravedere una figura inginocchiata. Quando fu abbastanza vicino, mollò unicorno e lupo e corse da Jewel, che piangeva, stringendo il nulla fra le braccia. "Maledetto bastardo!" il biondo aveva molti motivi per essere arrabbiato. Anche suo padre era scomparso, tanto tempo fa, quando Alex aveva cinque anni. A quel tempo usciva molto spesso a pomeriggio inoltrato e tornava a notte fonda, con qualsiasi tempo. Quel giorno nevicava.

" - Mamma, dov'è papà? - chiese il bimbo biondo e paffutello, allungando le braccine per farsi prendere in braccio.
- È fuori, amore - il bimbo aveva guardato fuori dalla finestra:
- A giocare con la neve? - ingenuo ed infantile, aveva fissato la coltre bianca con desiderio.
- No, tesoro, non a giocare con la neve.
Il piccolo Alex aveva aspettato che tutti se ne andassero, poi era uscito per cercare il papà. Aveva camminato a lungo, beffandosi del freddo, insomma, lui era grande! Era andato fino al crepaccio, anche se la mamma gliel'aveva proibito, poiché pericoloso. E lì, aggrappato ad una sporgenza, aveva visto suo padre.
- Alex! - il bimbo aveva sgranato gli occhioni grigi.
- Alex, non ti preoccupare per me, tornerò presto. Dì alla mamma di non preoccuparsi. Tornerò presto. Tornerò... - continuava a ripetere, mentre il figlio allungava le braccia troppo corte verso il padre. Poi la presa dell'uomo era venuta meno, ed il bimbo era scoppiato a piangere. Non si era mosso, fino all'arrivo, qualche ora dopo, di chi lo cercava. Da quel giorno aveva sempre detestato la neve, che riusciva sempre a portarsi via i suoi cari."

Abbracciò la ragazza come se non volesse più lasciarla andare. Iniziò a baciarla ovunque: la fronte, il naso, le labbra, il collo. - Ti amo - sussurrò, asciugandole le lacrime. Lei rispose all'abbraccio, stringendolo a sua volta:
- Non mi lasciare, Alex - lo implorò, gli occhi pieni di tristezza.
- Non lo farò, mai - la aiutò a rialzarsi. Recuperarono gli unicorni, che stavano pazientemente aspettando i ragazzi. Mentre Alex controllava che essi stessero bene, Jewel si voltò, e le parve di vedere il sorriso di Jack nel cielo grigio ma limpido. In quel momento, smise di nevicare.

Fine

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