EXTRA - Yan

Hong Kong, quartiere Sham Shui Po, 10 maggio 2019

Quello era il grande giorno.

Anche per me era giunto il momento più importante della vita di un associato della Triade: il rito di affiliazione. Sarei diventata a tutti gli effetti un membro della Wo, passando dal grado di lanterna blu a quello di soldato.

Ero in trepidazione, tuttavia cercai di mascherare le emozioni. Non dovevo lasciarle trasparire per alcun motivo; così mi era stato insegnato sin dall'infanzia. I nemici leggevano le tue espressioni e non esitavano nel colpire i tuoi punti deboli, perciò dovevo essere fredda e ponderata, in qualunque situazione mi trovassi.

Sistemai la tunica bianca che mi fasciava una spalla, ricadendo morbida sui pantaloni larghi e di cotone candido. Ai piedi indossavo degli spessi sandali di bambù, mentre i capelli erano stretti in una coda. Era il vestiario obbligatorio per la cerimonia di iniziazione. Il colore bianco rappresentava la morte, quindi il viaggio spirituale che avrei compiuto insieme agli altri candidati.

Tirai un'occhiata ai miei compagni, posizionati in una fila orizzontale. Li conoscevo solo di nome, dato che la maggior parte erano figli dei membri più influenti della Società, proprio come me. Eravamo cresciuti tra le stesse mura, avevamo studiato con gli stessi precettori, ci avevano educato al culto di Guan Yu e ci avevano insegnato le regole della Triade.

«Sei pronta?» mi domandò d'un tratto la ragazza al mio fianco, in un sussurro contenuto.

La osservai di sottecchi. Era impossibile non riconoscere Xia Ling, figlia del Signore della Montagna, il capo indiscusso della Triade. Risaltava su tutti gli altri a causa dei suoi capelli, tinti di un rosso acceso. Avevamo parlato a malapena due o tre volte, nel corso degli anni, quindi il suo approccio mi stranì.

«Sì» risposi, secca. Per educazione aggiunsi: «Tu?».

«No, ho dimenticato le formule» ammise con tranquillità.

Mi morsi l'interno della guancia per non inveirle contro. Era ovvio che se ne fregasse del rituale e che la prendesse così alla leggera: sarebbe entrata in ogni caso nella Società, grazie alla posizione di suo padre, che pretendeva di averla vicino. Avrebbe scalato presto i gradini della gerarchia, forse diventando addirittura un Ventaglio di Carta Bianca, il consigliere fidato del boss.

«Non mi preoccuperei, se fossi in te» mi limitai a ribattere.

Dal mio tono aspro intuì che non volessi continuare la conversazione, dunque non mi rivolse più parola.

Scattai sull'attenti quando i battenti di legno si aprirono. L'Avanguardia - colui che guidava gli affiliati durante l'iniziazione - ci invitò a entrare nella stanza dove si sarebbe svolto il rituale, camminando in una fila ordinata per grandezza di età. Io ero l'ultima, in quanto più piccola del gruppo, e Xia Ling era di fronte a me.

La Loggia era immersa nel buio, rischiarato solo dalle candele che bruciavano lungo il perimetro della stanza. I rappresentanti più influenti della Società erano seduti in un angolo e scrutavano i nuovi adepti in silenzio rigoroso. Tra loro individuai mia madre, che mi scoccò uno sguardo veloce e annuì piano, in segno di incoraggiamento. Lei si occupava delle questioni economiche della Triade e gestiva alcune delle aziende più proficue.

Due schieramenti di soldati alzarono le spade e le incrociarono, formando un ponte sotto il quale passammo uno alla volta. Alla fine ci aspettava l'Avanguardia, inginocchiato accanto a una tinozza d'acqua. Quando fu il mio turno, mi chinai al suo cospetto. Sentii le sue dita che tiravano l'elastico che mi legava i capelli, sciogliendoli.

«Lava via la polvere e apparirà il vero colore del tuo viso» pronunciò, solenne, porgendomi un asciugamano bianco.

Mi sciacquai la faccia, seguendo le istruzioni dell'Avanguardia, e mi asciugai. In seguito, mi alzai e afferrai il bastoncino di incenso che mi allungò. Dalla punta si libravano riccioli di fumo dall'aroma pungente.

Ci posizionammo dinanzi all'altare cerimoniale, decorato con strumenti di fattezza pregiata e icone mistiche della cultura cinese. Dietro al tavolo sostava il Maestro dell'Incenso, nonché mio padre. Al contrario della mamma, non mi degnò di un'occhiata, preso com'era dallo svolgersi del rituale.

Una donna - un Sandalo di Paglia - che reggeva tra le mani un rotolo di papiro affiancò il Maestro e cominciò a leggere i Trentasei Giuramenti, che ormai conoscevo a memoria. Si fermò al dodicesimo.

«Voi novizi siete tenuti a compiere il dovere assegnato nella vostra sfera e obbedire al Cielo» dichiarò il Maestro. «Chi lo fa prospera, mentre i disubbidienti e i traditori muoiono. Riflettete attentamente prima di prendere la vostra decisione; cogliete ogni opportunità di buon auspicio che il fato vi offre. Ricordate che questo giuramento non può essere alterato

Insieme agli altri iniziati, recitai i seguenti dodici giuramenti, fino al ventiquattresimo. Promettemmo di non divulgare mai i segreti della Triade, dopodiché estinguemmo il bastoncino d'incenso stringendolo nel palmo. Il bruciore era fastidioso, ma trattenni le smorfie e i lamenti. Ero una guerriera addestrata; avrei affrontato di peggio durante le future missioni.

Mi ripetei la stessa cosa anche pochi minuti più tardi, mentre varcavo la soglia della Sala della Lealtà e della Rettitudine e un soldato abbatté un bastone di legno sulla mia schiena, come monito per ricordare le sanzioni che avrebbe subito chi rompeva i giuramenti. Serrai i denti, masticando il dolore che si riverberava lungo la colonna vertebrale a ogni stoccata.

Resisti, mi ripetevo. Questo non è niente, rispetto ai pericoli che incontrerai.

La tortura terminò ed entrammo nella terza sala, denominata Città dei Salici. Qui pronunciammo gli ultimi dodici dei Trentasei Giuramenti. La donna che occupava il ruolo di Sandalo di Paglia scrisse i nomi degli iniziati sul rotolo di papiro, poi lo gettò nelle fiamme del caminetto lì vicino. Raccolse le ceneri e le mescolò in un calice contenente vino e zucchero.

Noi iniziati ci avvicinammo al Padiglione dei Fiori Rossi, l'altare disposto in fondo alla stanza, sul quale svettavano le figure dei Cinque Fondatori. Il Maestro dell'Incenso imbracciò un galletto vivo e, in un gesto netto e spietato, lo decapitò. Il suo sangue fu aggiunto alla miscela nel calice.

Uno alla volta bevemmo il miscuglio e votammo fedeltà alla Triade. Quando rimasi solo io, il Maestro mi ordinò di inginocchiarmi al suo cospetto. Mi punse il dito medio con un ago e succhiai le gocce di sangue che stillarono.

«Giuri di non tradire mai la società e di essere leale con tutti gli altri membri?» mi domandò mio padre, la voce profonda e intransigente, gli occhi identici ai miei che mi scrutavano a fondo.

«Lo giuro» pronunciai, sicura e fiera, mantenendo un coltello sul gallo decapitato.

Infine trangugiai la miscela rimasta nel calice. Rischiai di rimettere a causa del sapore orribilmente dolciastro, con il retrogusto acido della cenere e del sangue. Mi sforzai di deglutire e guardare mio padre dritto in faccia, mentre pronunciavo sottovoce i miei voti segreti.

Quando terminai, annunciò: «Yan Huang, in nome del Cielo ti dichiarò un membro della Triade Wo e un numero 49».

Chinai la testa in segno di rispetto e mi alzai. Tornai nella Loggia con gli altri novizi, accogliendo le congratulazioni dei rappresentanti illustri della Società.

«Siamo ufficialmente entrate all'inferno» mi disse qualcuno, accostandosi al mio orecchio.

Incontrai l'espressione maliziosa di Xia Ling, con quella luce scaltra nelle iridi nere e le labbra curvate in un ghigno, e pensai che l'inferno sembrasse proprio la sua terra natale.

Hong Kong, quartiere Tsim Sha Tsui, 24 maggio 2019

La Società cominciò subito ad assoldarmi come sicario, vista la mia capacità di uccidere senza esitazioni e rimorsi. Provavo un gusto malsano nel strappare la vita a qualcuno, che fosse un bastardo di una Triade nemica o un povero malcapitato che si era trovato al momento sbagliato nel luogo sbagliato.

E, con mio grande stupore, trovai una partner ideale: Xia Ling. La figlia del boss era una specie di mercenaria addestrata a massacrare chiunque senza battere ciglio. Ci avevano messe in coppia per un paio di missioni e avevo piacevolmente scoperto che era assetata di sangue quanto me, se non di più.

Adesso eravamo sdraiate sul tetto di cemento dello Shangri-La Hotel e, attraverso una finestrella semi chiusa, stavamo ascoltando le voci provenienti dal piano inferiore. Analizzai la scena oltre la lastra di vetro: un gruppo di nove uomini ben vestiti era seduto intorno a un tavolo rettangolare, posizionato al centro dell'attico super lussuoso.

Individuai il loro capo, Tai-Chun Lee, accomodato nel posto d'onore. Era il boss della Triade Sun, nostra nemica da decenni.

«Domani sera attaccheremo il Lai Kok Estate» annunciò. «È un complesso residenziale nel quartiere Sham Shui Po. Le nostre spie hanno scoperto che Wen Ling e altri membri della Wo hanno occupato gli appartamenti. Svolgono i rituali di iniziazione negli scantinati. Finalmente stermineremo quella lurida feccia.»

I suoi uomini emisero versi di approvazione e lo acclamarono, mentre io roteai lo sguardo, annoiata. Erano dei poveri idioti, se credevano di riuscire a irrompere nel Lai Kok e indebolire la nostra Triade con un'aggressione.

«Quando possiamo scendere a staccargli la testa?» mi chiese Xia, impaziente.

Alzai gli occhi dalla finestrella per osservare la mia partner. Il sole che tramontava alle nostre spalle conferiva sfumature di fuoco ai suoi capelli rossastri. Stringeva due coltelli gemelli tra le mani guantate e indossava la tenuta da combattimento della Società, munita di giubbotto antiproiettile.

«Non è ancora il momento» mi limitai a rispondere.

Quella era la differenza più evidente tra me e Xia: lei era precipitosa, impulsiva e irruenta; io ero controllata, fredda e razionale. Lei si gettava a capofitto nel pericolo, fidandosi solo del suo istinto; io calcolavo ogni variabile, prima di agire, e mi fidavo solo della logica.

Forse era anche per le nostre discrepanze che lavoravamo così bene insieme. Le nostre abilità si completavano a vicenda.

«Come entreremo nel complesso, Signore?» domandò un energumeno calvo a Tai-Chun Lee.

«Sposteremo la loro attenzione altrove. Faremo saltare in aria la sede della Huang Corporation, una delle tante aziende dietro le quali nascondono le loro attività sporche. Saranno troppo impegnati a cercare il colpevole per intercettare i nostri sicari. Invaderanno il Lai Kok e uccideranno quel ratto di Wen Ling e i suoi collaboratori.»

«Dovrai prima passare sul mio cadavere, stronzo» sibilò Xia a bassa voce, guardando con rancore il capo della Sun dalla finestrella. Sapevo che avrebbe protetto suo padre a costo della sua stessa vita, perché io avrei fatto altrettanto, per i miei genitori e la Società.

«Andiamo. Ho sentito abbastanza» decisi, quindi.

Ci scambiammo un'occhiata complice. Aprii del tutto la lastra di vetro e mi lanciai nell'attico, atterrando con precisione al centro del tavolo. Mi permisi un secondo di tempo per sondare la reazione degli uomini seduti e godere delle loro espressioni sconvolte, poi passai all'azione.

Sfoderai la pistola e ne ammazzai quattro. I loro corpi ricaddero sul tavolo e sul pavimento, spargendo sangue ovunque. Mi elettrizzai, percependo l'adrenalina che scorreva a fiotti nelle mie vene. Xia Ling, accanto a me, piantò le lame dei suoi pugnali nel petto di un uomo e nella gola di un altro, uccidendoli sul colpo.

I tre mafiosi rimasti, tra cui Tai-Chun Lee, avevano recuperato le pistole. Sparai un proiettile in fronte a quello più vicino e mi gettai per rubare la sua arma. Mi voltai giusto in tempo per accorgermi del secondo scagnozzo che puntava la canna della pistola verso di me. Xia intervenne, conficcandogli entrambi i coltelli nella schiena.

La ringraziai con un cenno della testa e lei mi sorrise. Mi piaceva vederla sorridere; le spuntava una fossetta sulla guancia sinistra.

Avevamo fatto piazza pulita in meno di un minuto ed era rimasto soltanto Tai-Chun Lee, che aveva alzato le mani in segno di resa e si era inginocchiato sul pavimento sporco di sangue.

Scesi dal tavolo e mi avvicinai al Signore della Montagna della Triade Sun. Gli artigliai la mascella, affondando i polpastrelli nella pelle e spingendo contro l'osso, per obbligarlo a guardarmi in faccia.

«Memorizza bene il mio viso, bastardo, perché ti tormenterà fino alla fine dei tuoi giorni» ringhiai minacciosa. «A meno che la tua Società non si sottometta alla nostra.»

«Non accadrà mai, dannata puttana» sputò un grumo di saliva sul mio zigomo.

Mi scostai per pulirmi, storcendo il naso in una smorfia schifata. Iniziai a elencare mentalmente i modi più dolorosi per ucciderlo.

«Questo non dovevi farlo, Lee» disse Xia, con un ghigno pericoloso. Gli accarezzò la tempia con la punta di un coltello. «Hai mancato di rispetto alla mia partner. E adesso ti faccio fuori.»

«Aspetta,» fermai Xia, «ho un'idea migliore. Perché non diamo fuoco alla scuola di sua figlia? Con lei e i suoi amichetti all'interno, magari. Prima, però, assicuriamoci che le porte e le finestre siano sigillate.»

Tai-Chun Lee sgranò le palpebre, gli occhi invasi dal terrore. «Non toccate la mia bambina. Non ha niente a che vedere con questi folli giochi di potere.»

«Prendilo come un avvertimento, Lee. Se osi toccare mio padre o qualche altro membro della mia Società, tua figlia ne pagherà le conseguenze» intimò Xia. «Ci siamo intesi?»

Il boss deglutì. «Sì, intesi.»

Dopodiché ordinai a Xia di tenerlo immobile. Era un uomo abbastanza smilzo, quindi riuscì tranquillamente a bloccargli le braccia dietro la schiena e a spingerlo a terra, facendolo sdraiare di pancia.

«Questo è per lo sputo» dichiarai, e sparai un colpo preciso in mezzo alle sue vertebre. La mano di Xia gli tappò la bocca per impedirgli di urlare. «La prossima volta che tua figlia ti vedrà, sarai su una sedia a rotelle. Non potrai più accompagnarla a giocare al parco. Vorrei dire che mi dispiace, ma non me ne frega un cazzo» scrollai le spalle con indifferenza, osservando il foro che il proiettile aveva scavato sulla sua schiena. «Se non morirai dissanguato prima, si intende.»

Abbandonammo Tai-Chun Lee sul pavimento dell'attico e uscimmo dall'Hotel usando l'ingresso per gli addetti alle pulizie. La struttura moderna dell'albergo, con le sue immense vetrate disposte a celle, costeggiava la Salisbury Road. Dal lato opposto della strada alcuni turisti passeggiavano sulle banchine del Porto di Vittoria. In lontananza riluceva lo skyline di Hong Kong, i grattacieli illuminati dai fasci fiammeggianti del sole morente.

Il quartiere di Tsim Sha Tsui, sul promontorio della Penisola di Kowloon, era uno dei miei preferiti della città. C'erano alcuni dei ristoranti migliori e delle attrazioni turistiche più belle. Un vero peccato che la Triade Sun lo avesse infestato, trasformandolo nella loro base operativa.

«La missione è stata un successo» commentò Xia, ottenendo il mio sguardo su di lei. «Che ne dici di festeggiare?»

«Cosa hai in mente?» le domandai, scettica.

In risposta, mi dedicò il suo sorriso da figlia del diavolo. «Seguimi e vedrai.»

Lai Kok Estate, quartiere Sham Shui Po

Mi aspettavo che Xia mi portasse in qualche locale o bordello che frequentava di solito, invece tornammo a casa. Mi invitò a seguirla nell'appartamento dove abitava con suo padre, che era piuttosto simile a quello della mia famiglia, solo molto più grande.

Si avvicinò alla dispensa nel salone, in cui erano stipate numerose bottiglie. Intuii che fossero alcolici. Xia aprì l'anta e ne afferrò una di vetro verde.

«Chu Ye Ching» illustrò Xia, mostrandomi l'etichetta. «Liquore al bambù. È devastante. Lo hai mai provato?»

Scossi la testa. «Non bevo.»

Uno sbuffò volò dalle sue labbra sottili. «Come sei noiosa. Meno male che io sono la tua migliore amica e che ti faccio divertire un po'.»

«Non siamo migliori amiche» precisai, secca. «Collaboriamo negli omicidi. Punto.»

«Come vuoi, xiao yun. Adesso andiamo a festeggiare.»

Mi agguantò il polso e mi trascinò nella sua camera. Non mi opposi, perché il mio cervello si era bloccato su quelle due parole, xiao yun. Mi chiamava spesso in quel modo, quando voleva prendermi in giro, e ogni volta sentivo una fitta tra le costole e il mio stomaco che si aggrovigliava. Era un nomignolo troppo intimo.

Entrammo nella sua camera, talmente disordinata che rischiai di avere un mancamento. Le pareti erano tinte di quattro colori diversi, tutte sfumature del rosso, ed erano tappezzate di quadri e poster. Il letto matrimoniale era ricoperto di vestiti accartocciati e armi di varie tipologie. Anche la scrivania e la moquette erano un disastro, con fogli di carta e accessori sparsi in ogni angolo.

«Non avete una donna delle pulizie?» ironizzai, osservando quel caos.

«Sì, ma non le permetto di entrare in camera mia. È il mio spazio personale. Mi piace gestirlo da sola.»

«Posso dirti che la tua gestione fa schifo e che questo posto è un porcile?»

«Lo hai appena detto» mi fece notare, ridacchiando.

Spostò un po' di oggetti dal materasso, ricavando un posticino, e mi incoraggiò a sedermi accanto a lei sul letto. Stappò il liquore al bambù, riempì due bicchieri che aveva recuperato dalla cucina e me ne porse uno.

«Conosci il gioco alcolico "due piccole api"?» Risposi di no e mi spiegò in cosa consisteva: «È una variante di "sasso, carta, forbici", ma chi perde deve rispondere a una domanda di chi vince. Se ti rifiuti di rispondere, devi bere. Prima di iniziare dobbiamo pronunciare il verso di una canzone: due piccole api volano giù verso un fiore

Non ero del tutto convinta, ma Xia Ling aveva una capacità impressionante di convincere e abbindolare, dunque finii per giocare con lei. Pronunciammo il verso della canzone e tirammo la prima mano: lei sasso, io carta. Avevo vinto.

«Perché ti sei tinta i capelli?» le domandai innanzitutto. Mi ponevo quel quesito dal primo momento in cui l'avevo vista, con quella chioma rosso carminio che stonava sul resto.

«Per distinguermi dalla massa. E poi perché questo colore mi sta divinamente» dichiarò, spavalda. «Ti ricordo che le scopo del gioco è ubriacarci. Sii crudele con le domande come sei crudele quando uccidi.»

Tirammo un'altra mano e vinsi di nuovo, battendo le sue forbici con il mio sasso. «È vero che tua madre ha tradito la Società e che tuo padre l'ha cacciata?» le chiesi, senza alcuna delicatezza.

«Vedo che hai capito come funziona.» Non aggiunse altro e si scolò metà bicchiere di liquore, rifiutandosi di rispondere.

Al terzo turno vinse lei, battendo la mia carta con le sue forbici. «A chi hai dato il tuo primo bacio?»

Non avrei mai risposto a una simile domanda, a costo di bere quella schifezza al bambù. Perciò avvicinai il bicchiere alle labbra e ingoiai buona parte del liquore. Aveva un sapore dolciastro e pungente, che raschiava la gola. Le lacrime mi pizzicarono gli occhi per il bruciore e un capogiro mi colse. Cazzo se è devastante.

«Vuoi fare la misteriosa?» mi canzonò Xia. «D'accordo. Continuiamo.»

Lanciò forbici e io risposi con sasso. «E tu a chi hai dato il tuo primo bacio?» le rigirai la domanda. Proprio come me non rispose e bevve l'alcolico, svuotando il bicchiere, poi si versò altro liquore.

Il prossimo turno lo vinse lei, che usò di nuovo le forbici e sconfisse la mia carta. «Qual è la tua più grande paura?»

«Non essere all'altezza della Società» rivelai.

«Divertente. La mia è essere troppo conforme alle regole della Società.»

Appunto. Non avevamo niente in comune, noi due.

I turni successivi furono un susseguirsi di domande scomode e inopportune, che evitai per la maggior parte. Xia, al contrario, non si vergognava di ammettere i suoi peccati. Confessò di aver rubato un'ingente somma di denaro a suo padre nel corso degli anni, di aver mutilato l'ultimo ragazzo con cui era stata e di aver fatto sesso in una cabina fotografica.

«Tu, invece? Qual è il posto più strano in cui hai fatto sesso?» mi chiese quando batté la sua mano chiusa a pugno sul mio indice e medio alzati.

Non so cosa mi spinse a rispondere. Forse i tre bicchieri pieni di liquore che mi ero già scolata, forse la mia mente appannata, forse il coraggio di aprirmi dopo che lei mi aveva rivelato così tanto su di sé.

«Sono vergine.»

Le palpebre di Xia si allargarono per la sorpresa, ma non commentò. La ringraziai silenziosamente per questo. Andammo avanti per un altro turno, e stavolta nessuna di noi vinse: avevamo entrambe lanciato carta.

«Che si fa, in caso di pareggio?» la interrogai, la voce strascicante per l'alcol.

«Dovremmo fingere di baciarci» disse, e scorsi un luccichio nei suoi occhi scuri. «Ma non voglio fingere.»

Non mi diede il tempo di reagire. Mi prese il volto tra le mani e posò le sue labbra sulle mie.

Per un lunghissimo secondo, rimasi immobile, gli occhi spalancati e il respiro incastrato nella trachea. La bocca di Xia era semplicemente premuta sulla mia e non la scansai in alcun modo. Diedi la colpa ai riflessi smorzati dall'alcol e alla lentezza delle mie sinapsi, ma non ero sicura che fosse la verità.

Lo capii quando le mie dita si infilarono tra i suoi capelli rossi e il mio corpo si incollò al suo, per ricambiare il bacio: desideravo che accadesse. Mi sentii in paradiso, con le sue labbra morbide come nuvole che si muovevano in una danza coordinata con le mie, con i suoi polpastrelli sulle mie guance, con il suo petto schiacciato contro il mio.

Percepivo l'affanno che gonfiava e sgonfiava i suoi polmoni, man mano che il bacio si intensificava, ed ero sicura di trovarmi nella stessa situazione. Guidata dal puro istinto fisico, portai le mani sotto l'orlo della sua maglietta, accarezzando i fianchi e l'addome. Xia spostò le labbra sulla mia mandibola e tracciò una scia di baci roventi lungo il collo. Avevo la sensazione di andare a fuoco; le sue labbra erano combustibile per l'alcol che mi circolava in corpo.

«Non hai idea di quanto ti desiderassi, xiao yun» ansimò, il suo respiro bollente che mi pizzicava l'orecchio. «Aspettavo di baciarti da una vita.»

Udendo quelle parole, mi bloccai. Una secchiata di acqua gelida mi investì e tornai bruscamente alla realtà.

Che cazzo sto facendo?

Un campanello di allarme risuonò nella mia testa, cancellando le sensazioni paradisiache che avevo appena sperimentato. Spinsi Xia, allontanandola da me e dal mio corpo. Lei mi guardava sconcertata e confusa per il mio gesto improvviso.

«Yan? Che succede? Ho fatto qualcosa di sbagliato?»

Cercò di riavvicinarsi, ma mi alzai dal letto e raggiunsi la porta della sua camera, con il bisogno di fuggire che mi sovrastava.

«Non mi toccare mai più» sibilai. «E non seguirmi.»

Uscii dal suo appartamento, ignorando la sua voce che mi richiamava.

Lai Kok Estate, 1 giugno 2019

Il pensiero di quel bacio mi tormentò per giorni. Mi ero finta malata e mi ero rintanata nella mia camera, al buio e con la sola compagnia delle mie riflessioni che vorticavano furiosamente, fissando il soffitto alla ricerca di una spiegazione logica a ciò che era successo.

Avevo baciato Xia. Avevo baciato la figlia del Signore della Triade.

Ho baciato una ragazza.

Era quella consapevolezza, a colpirmi più delle altre. Non avevo mai messo in dubbio il mio orientamento sessuale, forse perché non me ne importava. Non avevo tempo per i legami di nessun genere; il mio scopo nella vita era obbedire alla Società e uccidere i nemici.

Fino ad allora. Perché, con le labbra di Xia sulle mie e le mani che vagavano sulla sua pelle, avevo provato qualcosa di totalmente nuovo e inaspettato. Qualcosa che mi era piaciuto.

E mi sentii tremendamente sbagliata.

Esistevano delle regole severe nella Triade, per quanto riguardava le relazioni amorose. Era vietato frequentare membri di altre organizzazioni, di ordine superiore al proprio o dello stesso sesso. Dovevamo preservare la discendenza della Società, dunque le donne erano costrette a trovare un compagno e generare figli entro i trent'anni. Nessuna eccezione.

Arrivai alla conclusione che il problema ero io. Che non avrei dovuto sentirmi così attratta da Xia. L'unica soluzione era allontanarmi definitivamente da lei, così da non ricadere nella trappola dei sentimenti.

Sono un'assassina professionista. Posso tenere a bada il cuore.

Me ne stavo quasi convincendo, quando bussarono alla porta della mia stanza.

«Yan,» mi chiamò mia madre dall'esterno, «c'è qui Xia che vuole vederti.»

«Non voglio vedere nessuno!» urlai di rimando.

In risposta bussò di nuovo, con più prepotenza. Sbuffai. Trovai la forza di scendere dal letto e aprii la porta, dietro la quale mia madre sostava a braccia incrociate, con un cipiglio irritato.

«Ti ho dato abbastanza spazio. Adesso esci da questo buco e accogli la nostra ospite. Non è bene far attendere la figlia del Signore della Montagna» mi rimproverò.

Ero certa che se le avessi detto che la figlia del boss mi aveva infilato la lingua in bocca, avrebbe smesso di venerarla e avrebbe cominciato a gridare al diavolo.

Decisi però di ignorarla e di andare nel salotto, fregandomene di indossare i pantaloncini del pigiama e una maglietta più larga di due taglie. Non mi sarei preparata per Xia. Non le dovevo niente.

La individuai seduta sul divano, le mani strette intorno a una tazzina da tè ancora piena e lo sguardo abbassato sulle punte delle sue scarpe rovinate. I suoi capelli erano legati in una coda che scendeva sulla spalla. Quando mi avvicinai, alzò la testa e le nostre iridi si incontrano.

«Possiamo parlare?» mi chiese senza preamboli. «In un posto tranquillo, magari.»

Mi limitai ad annuire seccamente e lasciammo il mio appartamento. Camminammo fino al parco più vicino, il Sham Shui Po Park Stage, di fronte al nostro complesso residenziale. Era un angolo verde poco frequentato ma ben curato, con stradine di pietra costeggiate da alberi e siepi rigogliose. Ci sedemmo alle estremità opposte di una panchina e tra noi calò il silenzio.

«Ieri ho parlato con mio padre» esordì Xia, d'un tratto, guardando un punto fisso tra gli steli d'erba del prato. «Cioè, ho litigato con lui. Mi ha riferito che dovrò sposare il Consigliere Zhang. Il matrimonio è stato già accordato. Mi ha venduta come se fossi un oggetto di sua proprietà.» La sua voce si incrinò e scorsi praline di lacrime tra le sue ciglia. «Non voglio sposarlo, Yan. È un vecchio maiale. Non voglio condividere il letto con lui. Non voglio portare suo figlio in grembo. È così ingiusto, cazzo.» Una goccia salata le tagliò la guancia. Si voltò verso di me, un'espressione disperata sul suo viso candido. «È come se il mio incubo peggiore si stesse avverando. Mio padre mi ha strappato la libertà. E adesso non mi resti neanche tu.»

Ero talmente sconvolta da aver perso la voce. Xia doveva sposarsi con un uomo che non amava, e sapevo perfettamente quanto lei detestasse gli obblighi. Avrebbe sofferto in eterno, ingabbiata in casa di quel vecchio.

Una parte di me desiderava asciugarle le lacrime e stringerla tra le mie braccia. L'altra parte era terrorizzata dalla sua vicinanza e dalle reazioni che mi causava.

Cosa scegli, Yan? Il cuore o la testa? La fiducia della tua famiglia o l'amore di una ragazza sconsiderata? Scegli di vivere nell'inganno o nel rimpianto? Sappi solo che soffrirai in entrambi i casi.

«Ti sbagli» le dissi, alla fine. «Non mi hai persa. Io sono ancora qui, e ci sarò sempre.»

Per confermare quella dichiarazione, annullai ogni distanza e la baciai.

Mi rendevo conto che era stato un gesto impulsivo e stupido, specialmente perché ci trovavamo in un luogo pubblico, ma per una volta misi a tacere la ragione e ascoltai i sentimenti. E loro gridavano il nome di Xia, reclamavano le sue labbra, morivano dal desiderio di toccarla e sfiorarla.

La volevo come non avevo mai voluto niente in vita mia.

«Santo cielo, xiao yun» mormorò sulla mia bocca, stringendomi i capelli dietro la nuca. «Ti ho trasformato in una pazza.»

«Hai solo rotto il mio guscio» le sorrisi, accarezzandole uno zigomo ed eliminando i residui di lacrime. «E non importa se dovrai sposare il Consigliere. Io non ti lascerò. Possiamo frequentarci di nascosto, se vuoi.»

Lei scosse la testa, le labbra piegate in una curva dolceamara. «Non posso farti questo. Non posso permettere che tu viva nell'ombra solo per stare con me. La Società è tutto, per te, no? Me lo hai sempre ripetuto.»

«Era così, prima che tu riempissi le mie giornate. Hai dato una svolta alla mia esistenza. Mi hai dato un nuovo scopo da raggiungere. E se devo passare una vita nell'ombra, ma con la certezza che tu mi starai vicino, allora non ho paura.»

«Se continui a guardarmi così mi innamorerò di te prima del tramonto, xiao yun.»

La osservai, con quel sorriso enorme e gli occhi che adesso brillavano di gioia, avvolta dai raggi dorati del sole di mezzogiorno.

Io non ho bisogno di aspettare il tramonto.

West Kowloon, 22 giugno 2019

Il giorno seguente Xia Ling si sarebbe sposata con il Consigliere.

Suo padre, che adorava viziarla ed era pieno di soldi sporchi da spendere, ci aveva regalato una serata di addio al nubilato all'insegna del lusso e del divertimento sfrenato. Era cominciata con una cena al Tin Lung Heen, un ristorante stellato al piano terra dell'hotel Ritz-Carlton. Ci servirono il loro rinomato riso alla cantonese e una vasta gamma di prelibatezze di carne e pesce. La cena si concluse con una tazza di Da Hong Pao, il più costoso dei tè cinesi, che Xia corresse con una goccia di liquore.

In seguito raggiungemmo la nostra suite, al centotredicesimo piano del grattacielo. Gli appartamenti ostentavano una ricchezza sfacciata, con tanto di vasca idromassaggio, TV schermo piatto davanti a un sofà imbottito e porte di vimini intrecciato che separavano la camera dal bagno.

Una delle pareti era interamente di vetro e si affacciava sulle acque scure del Porto di Vittoria, punteggiate di barche a vela e yacht. Lo skyline notturno di Hong Kong, tempestato di luci colorate e vibranti, si rifletteva tra le increspature. Era uno spettacolo mozzafiato.

«Tuo padre non ha davvero badato a spese» notificai, continuando a osservarmi intorno.

«Gli ho detto che preferivo un addio al nubilato indimenticabile con la mia migliore amica piuttosto che una luna di miele in crociera con un uomo che odio» ammise.

Guardai Xia. Sembrava agitata e anche un po' triste. Uno spillo acuto mi punse il cuore, al pensiero che l'indomani avrebbe dovuto percorrere la navata in un abito che non le piaceva, camminando verso un uomo molto più grande di lei e che avrebbe soffocato il suo spirito libero per sempre. Aveva accettato di sposarlo perché non le restavano alternative, ma sapevo che era stata una decisione difficile.

Ci eravamo viste in segreto, nelle ultime settimane, mentre i nostri genitori erano occupati con gli affari della Triade. Ci eravamo baciate ogni minuto, avevamo scoperto lati sconosciuti di noi e avevamo parlato a lungo del nostro rapporto. Le avevo rivelato che lei era la prima ragazza che baciavo e anche la prima persona, che ero assolutamente inesperta e che mi stavo affezionando a lei in un modo che non credevo possibile per la mia anima di ghiaccio. Xia, al contrario, aveva frequentato numerose ragazze e ragazzi, ma nessuno riusciva a soddisfare la sua personalità caotica. Affermava che io, così distaccata e impassibile, ero diventata la sua sfida e il suo obiettivo. E alla fine mi aveva conquistata.

«In un'altra vita non esiste nessuna Società, non siamo assassine e siamo libere di amarci» mi aveva detto una sera, mentre eravamo stese sul suo letto, le sue dita che mi accarezzavano i capelli e i nostri corpi avvinghiati. «Sei la mia anima gemella, xiao yun, perché colmi le mie lacune. Vorrei solo averti incontrata in un altro universo. Vorrei essere completamente tua, e non solo per metà.»

Mi basta anche una metà, purché sia tu. Io sono tua in qualunque tempo e in qualsiasi spazio. Anche se ho il cuore di un'assassina.

Mi costrinsi a interrompere il flusso di coscienza e a tornare alla realtà. Dovevo fare qualcosa per distrarre Xia dal pensiero del matrimonio imminente. Quella era la nostra serata e non avrei permesso a nessuno di rovinarcela.

Grazie a lei avevo imparato a essere più sciolta e a lasciare andare gli istinti, perciò non indugiai quando mi avvicinai alla Jacuzzi e cominciai a spogliarmi. Xia mi scrutava con un'intensità disarmante, mentre toglievo il vestito nero e lo calciavo via, rimanendo in intimo.

«Facciamo un bagno?» le domandai nel tono più provocante che mi riusciva.

Entrai nella vasca idromassaggio e mi abbandonai tra le bollicine e l'acqua bollente. Xia si sbarazzò del suo abito rosso e mi raggiunse, immergendosi di fronte a me. Ci studiavamo, in attesa della mossa dell'altra.

«Vuoi giocare, xiao yun? E allora giochiamo seriamente» mormorò, lasciva.

Portò le mani dietro la schiena e sganciò il reggiseno, gettandolo oltre il bordo della vasca. Il filo dell'acqua le copriva a malapena il petto, e io mi sentivo impazzire dal desiderio. Si accostò a me, le punte dei capelli rossi che le galleggiavano intorno, e mi abbassò le spalline del reggiseno, osservandomi con il fuoco negli occhi e i denti che mordevano il labbro.

Mi liberai dell'indumento e Xia si avventò sulle mie labbra, senza attendere oltre. I suoi polpastrelli bagnati mi scombinavano i capelli e costellavano la mia pelle esposta di brividi. Sussultai quando le sue mani si chiusero sui miei seni, affondando nella carne.

Posai i palmi sulla sua schiena, tirando il suo corpo contro il mio. Il contatto con la sua pelle nuda e cosparsa di goccioline mi mandava in estasi. Le dita di Xia si immersero sott'acqua e stuzzicarono il mio centro pulsante da sopra il tessuto degli slip, strappandomi un gemito che la sua bocca - ancora intenta a divorare la mia - si mangiò.

Mi staccai per riprendere fiato e strofinai le labbra sul suo collo, con il petto che si alzava e abbassava furiosamente per l'affanno e si scontrava con il suo. Inarcai la schiena quando scostò la barriera di pizzo e inoltrò l'indice dentro di me, sfiorando corde che vibrarono in ogni parte del mio organismo. Non avrei resistito ancora a lungo, se avesse continuato a toccarmi in quel modo, ruotando e alternando le dita in una tortura meravigliosa.

E infatti raggiunsi l'apice nel giro di pochi minuti, esplodendo in mille schegge di piacere. Abbandonai la testa nell'incavo della sua spalla, ansimando e cercando di ricompormi.

«Mi aspetto che ricambi il favore, xiao yun» mi provocò, la malizia nella voce.

Non c'era bisogno di ripeterlo.

La costrinsi a sedersi sul bordo della vasca e le divaricai le gambe, posizionandomi nel mezzo. Mi inginocchiai nell'acqua e cominciai a disegnare una scia di baci che partiva dalla curva morbida del mento e terminava sullo sterno sporgente, che si muoveva a ogni respiro trafelato. Spostai le labbra sul suo seno, percorrendo le areole con la lingua, e intrappolai un capezzolo tra i denti. Xia emise un gemito rumoroso e incastrò le mani tra i capelli bagnati sulla mia nuca, tenendomi incollata a sé.

Scesi lungo la sua pancia, fino a baciarle l'interno della coscia. Afferrai le estremità degli slip e glieli sfilai in gesti lenti e misurati. Xia, in preda all'impazienza e all'eccitazione, mi spinse la testa verso la sua intimità. La assaporai con calma, per farla ammattire come lei faceva sempre con me, raccogliendo i suoi umori sulla punta della lingua. Sprofondai con le dita tra le pieghe fradicie, esplorando gli angoli reconditi del suo sesso.

Mi persi ad ammirare le sue espressioni di goduria, con gli occhi socchiusi e i denti piantati nel labbro. Il suo respiro ansante scandiva il ritmo delle mie dita dentro di lei. Capii che stava per arrivare al limite quando strinse le gambe e mi artigliò con forza i capelli.

Solo che non venne mai, perché in quel momento la porta della suite si spalancò.

Alle spalle di Xia, ancora seduta sul bordo della Jacuzzi, vidi suo padre e un altro uomo in giacca e cravatta. Riconobbi il Consigliere Zhang, il futuro marito di Xia. La cosa peggiore, però, era la presenza dei miei genitori.

Mi si fermò il cuore e una terribile consapevolezza mi annebbiò la vista e l'udito: ci hanno scoperte.

Per un infinito secondo, nessuno si mosse o disse niente. Loro ci osservavano, tanto sconvolti quanto inorriditi, e noi eravamo pietrificate, nude e con i corpi troppo vicini per poter dire che si trattava di un semplice malinteso. La realtà dei fatti era evidente.

E poi fu tutto un caos.

Non ricordo bene cosa accadde, perché il mio cervello si scollegò. Ricordo le urla furibonde del padre di Xia, mentre ordinava ad alcuni dei suoi soldati di prenderci. Ricordo le loro mani violente che mi trascinavano fuori dalla vasca e mi stringevano i polsi come acciaio, obbligandomi a inginocchiarmi. Ricordo l'impatto doloroso del bastone sulla schiena; la sensazione che le vertebre si spaccassero e l'ondata di male bruciante che mi travolse.

Nonostante le lacrime che mi appannavano la vista, percepivo lo sguardo deluso e disgustato dei miei genitori. Provai un'umiliazione cocente nell'essere punita davanti a loro, nuda e con i capelli gocciolanti, dopo essere stata scoperta in atteggiamenti intimi con la figlia del Signore della Montagna. Sapevo di aver perso la loro fiducia per sempre.

Ma ciò che non scorderò mai, il dettaglio che mi spezzò il cuore più di quanto le bastonate mi spezzassero il respiro, era il comportamento di Xia. Perché non era in panico, né terrorizzata né sofferente. Si limitava a sussultare a ogni percossa, ma non si ribellava in alcun modo. Era fredda come non l'avevo mai vista.

Per un fugace istante, i nostri sguardi si incontrarono. E allora il suo vacillò. Lessi un profondo rammarico nei suoi occhi neri. Mimò qualcosa con le labbra, e mi sentii morire.

Perdonami.

Lai Kok Estate, 25 giugno 2019

«Perché l'hai fatto?» le domandai, dopo tre giorni che non le rivolgevo parola.

Xia, seduta sul pavimento a qualche metro di distanza, alzò la testa e mi guardò in faccia. Aveva quell'espressione dispiaciuta da quando ci avevano rinchiuse in uno degli stanzini sotterranei del Lai Kok, in attesa del giudizio dei capi della Triade. Avevamo rotto uno dei Trentasei Giuramenti e non sapevamo quale condanna ci sarebbe spettata, oltre alla punizione fisica.

Ovviamente eravamo ammanettate, così non potevamo toccarci. Non ce n'era bisogno. Non volevo più toccarla. La detestavo con ogni frammento della mia anima distrutta. Avevo capito le motivazioni dietro il suo tradimento, ma volevo che fosse lei a pronunciarle a voce, dopo settantadue ore passate a ignorare ogni suo tentativo di giustificarsi.

«Era l'unico modo per evitare il matrimonio. Ho provato ad accettarlo e a consolarmi con il pensiero di trascorrere una vita segreta con te, ma non voglio questo destino. Non voglio che tu sia costretta a nasconderti e non voglio fingere di amare quell'uomo. Ho scritto a mio padre un messaggio in cui gli dicevo che non avrebbe mai ottenuto la mia libertà e che non avrei mai sposato il Consigliere, a costo di morire. Gli ho detto di raggiungermi nella suite dell'hotel per...» si interruppe, timorosa.

«Continua» sibilai aspramente. «Dopo essere stata presa a bastonate per colpa tua, posso sopportare che mi spezzi ancora di più il cuore.»

«Gli ho detto di raggiungermi per guardare sua figlia che scopava con la sua amichetta» confessò, la voce bassa di vergogna. «Non credevo che avrebbe coinvolto anche i tuoi genitori, credimi.»

«Era quello il tuo obiettivo, vero? Portarmi a letto per farci scoprire, giusto? Mi hai usata» realizzai, il macigno del tradimento che mi schiacciava le ossa.

«No, Yan, ascoltami.» Provò ad avvicinarsi, ma la congelai con un'occhiata astiosa. «Non era nei miei intenti ferirti o metterti in pericolo. Il mio non era un piano escogitato fin dall'inizio. Ogni volta che ti ho baciata o sfiorata, era perché volevo farlo. Poi ho capito che l'addio al nubilato sarebbe stata la mia ultima occasione per fuggire dal futuro che mi attendeva. Ci cacceranno dalla Triade e saremo libere di ricominciare una vita insieme. L'ho fatto per salvarci entrambe. L'ho fatto perché ti amo, xiao yun

«No!» strillai, colta da una rabbia feroce. «Lo hai fatto perché sei una fottuta egoista! Non hai pensato neanche per un attimo che, forse, io stavo bene nella Società? Nessuno ti ha dato il diritto di decidere al mio posto! E se credi che vorrò trascorrere il resto della vita con te, dopo che mi hai usata per raggiungere i tuoi scopi, sei un'illusa.» All'improvviso, le lacrime mi riempirono gli occhi. «L'unica cosa di cui sei davvero innamorata è la tua indipendenza, Xia. E non te ne faccio una colpa, ma non ti perdonerò mai per avermi tolto la possibilità di scegliere.»

«Avevi detto che non mi avresti abbandonata» notificò, lasciandosi scappare una lacrima solitaria.

«Ti avrei dovuta respingere fin dal principio. Sei un veleno degradante. In un solo minuto sei riuscita a trasformare il mio desiderio di baciarti e amarti nel desiderio di ucciderti» dichiarai, gelida e crudele. «Se davvero ci cacceranno dalla Società, mi assicurerò che tu non sia mai libera. Dovrai scappare da me fino alla tomba, xiao yun» utilizzai il nomignolo che mi aveva affibbiato, ma senza dolcezza o affetto. Lo usai per minacciarla.

Xia non ebbe mai l'occasione di rispondere. Quelle furono le ultime parole che le rivolsi, poi due soldati entrarono nello stanzino e ci strattonarono fuori. Ci portarono nella Loggia, dove poco più di un mese prima avevo partecipato al rituale di affiliazione. Ci costrinsero a inginocchiarci davanti all'altare cerimoniale, sul quale sostava il Signore della Montagna. Al suo fianco, i suoi collaboratori più fidati, tra cui i miei genitori.

«Yan Huang e Xia Ling,» esordì il boss, la voce tonante e severa, «avete infranto il ventiduesimo Giuramento. Non avete rispettato le regole imposte per le relazioni e le nascite. Avete commesso un atto impuro e siete state punite per questo. La Società ha deciso le condanne che dovrete scontare.» Si prese un secondo di pausa per osservarci. Parlò prima con sua figlia: «Xia Ling, sarai relegata nel giro di prostituzione della Triade. Resterai di mia proprietà, e farò in modo che tu non possa mai lasciare la mia organizzazione. Soldati, portatela nella Sala della Lussuria».

Xia urlò e scalciò, cercando invano di liberarsi dalla presa dei soldati. Alzò i suoi occhi grondanti di lacrime nei miei, in una muta richiesta di aiuto. Una fitta di dolore mi attraversò il petto, al pensiero del suo destino, ma rimasi immobile. Era stata colpa sua e ne avrebbe pagato le conseguenze.

Scomparve per sempre dalla mia vista e tornai a guardare il Signore della Montagna. «Avrò la stessa sorte?» mi azzardai a chiedergli.

«Io e i miei collaboratori pensiamo che tu sia una valorosa guerriera, Yan. Confermi che mia figlia ti ha obbligata a prendere parte al suo gioco malato?»

Serrai i denti. I miei genitori mi stavano osservando. La mia vita dipendeva dalla risposta che avrei dato.

«Confermo» esalai con fatica. «Sono immensamente dispiaciuta per aver infranto il Giuramento. Non voglio lasciare la Triade. Datemi un'altra possibilità; non vi deluderò.»

«Se vuoi riacquistare la nostra fiducia e il tuo posto nella Società, c'è un incarico che dovrai portare al temine» annunciò mia madre. «Abbiamo un debito da saldare con una potente organizzazione criminale russa. Ti manderemo a Mosca e lavorerai come sicario per il loro boss, Egor Bayan. Non solo: durante la tua permanenza, dovrai impossessarti della ricetta della droga che producono. Diventerai la nostra spia, Yan, e così potrai redimere il tuo nome. Accetti l'incarico?»

Non avevo bisogno di riflettere sulla proposta. Sapevo che sarebbe stato pericoloso infiltrarsi nella cerchia di un boss della mafia russa, ma ero disposta a tutto, pur di tornare a essere un membro della Società. Pensai per un istante a Xia, a come mi aveva tradita, agli uomini che l'avrebbero toccata d'ora in avanti, contro la sua volontà.

In fondo era quella, la differenza maggiore tra noi: lei aveva ripudiato la Triade, desiderosa di una libertà che non le sarebbe mai stata concessa; io avrei lottato per dimostrare di essere degna di una seconda possibilità.

Non importava se il prezzo fosse diventare una traditrice, proprio come lei.

Spazio autrice

Dovrei cominciare a darmi una regolata con la lunghezza dei capitoli 💀

Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma questa estate si sta rivelando più impegnativa del previsto. Ormai non riesco più a mantenere il ritmo di un capitolo ogni sabato, quindi aggiornerò semplicemente quando avrò finito di scrivere e correggere.

Comunque, come vi avevo anticipato, ecco l'extra su Yan. Esploriamo la sua relazione con Xia, la figlia del capo della Triade, e gli eventi che l'hanno portata a diventare una spia nel Ghetto. Mi è piaciuto tanto scrivere di Yan e Xia, nonostante tutto sono adorabili ❤️‍🩹

Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento o una stellina!

So che volete sapere cosa è successo a May e Connor dopo la missione al teatro. Spero di riuscire a concludere il prossimo capitolo il più presto possibile, abbiate pazienza 😭🙏🏻

Ricordate di seguirmi su IG se ancora non lo fate: miky03005s.stories

Alla prossima! Xoxo <3

Note:

• La Triade di cui fa parte Yan è ispirata alla Wo Shing Wo, la più antica Triade di Hong Kong, nemica della Sun Yee On.

• Guan Yu è stato un generale e guerriero vissuto nella Cina antica; la sua figura è venerata dalle Triadi.

• Il rituale di iniziazione descritto, tipico delle società segrete, è tutt'oggi praticato.

• Le Triadi si chiamano così perché il loro simbolo è un triangolo, che rappresenta armonia tra cielo, terra e uomo.

• Schema della struttura gerarchica delle Triadi:

{I vari ruoli sono indicati con un numero specifico che rimanda alla numerologia cinese}

Luoghi:

• Hong Kong

Traduzioni:

1) Xiao yun (小云)= piccola nuvola, nuvoletta

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