Capitolo 14
Sascha era con Wilson, in una sala in cui presto il generale avrebbe ricevuto la visita di importanti figure politiche.
Con loro c’era anche Hart, che aveva seguito il consiglio di Wilson e trascorse un bel po’ di tempo con Sascha e gli altri.
Quel Viaggiatore ora gli era simpatico. Era particolare. Dai suoi racconti, Sascha diceva che era lì non per sua volontà e che non aveva un modo preciso per tornare a casa.
Non gli era chiaro se le sue fossero menzogne o se davvero stesse dicendo la verità, ma, comunque, non cambiava niente. Appena sarebbe stato possibile, avrebbe dovuto parlare con Sascha, spiegargli la situazione e riportarlo nel futuro.
Da quello che aveva imparato sul ragazzo, sapeva che non avrebbe posto resistenza, sapeva che avrebbe collaborato.
Si era chiesto spesso perché i suoi superiori, nei rari messaggi ricevuti mentre trascorreva del tempo con lui, ne parlassero come se fosse il diavolo sceso in terra.
«Avete proprio tanti libri» disse estasiato Sascha, mentre leggeva l’ennesimo, in un solo minuto.
«I miei ospiti sono arrivati» lo avvisò Wilson.
«Ah, va bene. Un secondo ed esco.»
«Se vuoi, puoi rimanere» disse il generale. «Forse non ti annoierai.»
«Mmm…» rifletté Sascha. «Non credo, Julian. Il mondo è lento. Soprattutto adesso.»
«Capisco, ragazzo» si girò verso l’Inglese. «Hart, tu ti unisci a noi?»
«Oh, non voglio disturbare. Vado.»
Ed ecco che entrarono gli ospiti di Wilson, mentre Sascha si faceva ancora i fatti suoi.
Cercando il ragazzo, entrò anche Greta, totalmente imbarazzata quando si ritrovò davanti tutti quegli uomini.
«Ehi» la chiamò Sascha. «Vieni a vedere questo» poi cambiò il tono della voce, un tantino più serio disse: «Mo ce ne andiamo, voi iniziate pure.»
Ed iniziarono, mentre in sottofondo c’era il rumore delle pagine che venivano sfogliate, le risatine e i commenti di Sascha. Greta, tutta imbarazzata, si guardava continuamente intorno e sorrideva, quasi chiedeva scusa con gli occhi.
Wilson e i suoi amici parlarono maggiormente di politica. L’argomento principale erano le possibili strategie per porre fine alla guerra, che non vedessero la vittoria finale dei nazisti e dei loro alleati. Parlarono anche di un ipotetico dopo-guerra e come si sarebbe dovuta muovere la Gran Bretagna in quel caso.
Argomenti che poco attirarono l’attenzione di Sascha.
Fino a un certo punto.
«Andrebbero riviste le politiche sociali.»
Tutti si voltarono a guardarlo.
«Andiamo, signori. Non penso ci sia bisogno di chiedere cosa pensate voi, dei neri, degli zingari, degli omosessuali, anche delle donne, degli stessi ebrei… Siete uomini degli anni ‘40… L’antisemitismo era un pensiero molto comune in Europa. Alla fine, vi differenziate dai nazisti perché ponete dei limiti, a un certo punto.»
Greta sgranò gli occhi, calò il capo imbarazzata.
«Tutti dovrebbero fare sforzi e migliorare dal punto di vista sociale e accettare che la diversità è normalità. Tutti sono colpevoli di ciò che sta accadendo.»
Si intromise un altro degli amici di Wilson. «Il ragazzo ha ragione. Noi ebrei che stiamo subendo tutto questo, siamo gli unici inattaccabili, qui. Noi non faremo mai una cosa del genere a qualcun altro.»
Le sue parole toccarono Sascha nel profondo. Lo guardò fissò per qualche secondo.
«Facile parlare adesso» disse Sascha, disinvolto.
La mente di Sascha si mosse ad una velocità incredibile mentre guardava negli occhi quell’uomo.
Lo vide. Vide il lui del futuro.
Lo osservava mentre indossava la tenuta militare e partecipava ad alcuni dei massacri compiuti dal suo paese ai danni di tanta povera gente.
«Che intendi ragazzino?»
Sascha teneva fisso lo sguardo su di lui.
Lo vedeva mentre, distrutto, spezzato nell'anima, sparava a persone innocenti, donne, bambini.
«Cosa credi che accadrà quando tutto questo finirà?» gli domandò Sascha avvicinandosi. «La tua è solo ipocrisia. Voi sarete i prossimi. Dopo aver subito tutto questo… voi farete ad altri ciò che è stato fatto a voi. Solo perché credete di essere il Popolo Eletto.»
Non la vide, ma dietro di lui apparve la donna.
«Tutti si credono il Popolo Eletto del loro dio. Ma la realtà è che voi tutti non siete nessuno.»
«In confronto a te» sussurrò la donna.
“In confronto a me.”
Tornò “normale”.
Scosse la testa e uscì.
Si era, però, scordato di Greta, che rimase lì imbambolata per un po’. Impanicata, fece un sorriso e seguì il compagno.
Greta raggiunse Sascha impensierita.
«Bella scenetta» si affiancò a lei Hart meravigliato dalle parole che aveva sentito dall'esterno, Sascha sembrava così timido, poi, da un momento all’altro se ne usciva con certe cose.
«Sascha, stai bene?» chiese Greta all’islandese.
Sascha si voltò verso di lei, passandosi entrambe le mani nei capelli, come se con quel gesto potesse riuscire a scacciare il nervosismo. Si era reso conto che, forse, aveva parlato troppo. Forse aveva detto cose troppo premature per le, secondo lui, deboli menti di quelle persone.
«Sascha» lo prese per le spalle.
«Ho esagerato, lo so» ammise le sue colpe.
«Perché hai detto quelle cose?» domandò Greta, un po’ ferita. «Noi ebrei che diventiamo come i nazisti? Noi, dopo aver subito di tutto, diventiamo come loro?»
Sascha guardava in basso, si era fatto prendere dalla situazione e le parole che aveva detto forse avevano ferito Greta. Senza il forse.
«Sascha?» lo richiamò Greta, irritata. «Con che diritto, dopo aver visto in prima persona ciò che ci fanno… Con che diritto, dici queste assurdità? Queste cose che non sono mai accadute.»
«Ma accadranno» disse severo, con gli occhi che diventarono per un attimo completamente rossi, per tornare subito normali.
«Mi dispiace che abbiate dovuto sentire» teneva lo sguardo fisso a terra, non riusciva a incrociarlo con quello di Greta. «Odio quando gli idioti parlano a sproposito, ma non mi giustifica per ciò che ho detto.»
«Non fa niente» gli disse calma Greta, mentre gli prese, lentamente, le mani, tenendo sotto osservazione i suoi occhi. «Ma, Sascha, cosa significa ciò che hai detto sugli ebrei, cosa accadrà, come puoi dirlo?»
Doveva trovare un modo per uscire da quella conversazione.
«Non ho nulla contro di voi, ma quando tutto finirà sarete i primi a non aver imparato niente da questa guerra, facendo ad altri ciò che è stato fatto a voi. Ho solo detto la verità, non posso farci niente se alla gente non piace la verità uccidere migliaia di bambini non vuol dire difendere il proprio paese.»
«Come…» Greta non sapeva bene come rispondere, era spiazzata dalle parole di Sascha. «Come puoi sapere queste cose? Come… come fai…»
«Io non sono di qui, Greta. Non sono di questo tempo.»
Hart finse di avere una faccia sorpresa, cosa che gli riuscì non così tanto bene. Greta, invece, lo guardava confusa.
«Vieni dal futuro?» prese coraggio Hart, che sperava in una confessione. «È possibile?»
«Sì», Sascha non vedeva più il senso di nasconderlo, «e a quanto pare non sono l'unico.»
Hart si preoccupò che l'avesse scoperto, quindi rimase zitto, in secondo piano ad ascoltare.
«È difficile da mandare giù» disse la ragazza, guardandolo fisso negli occhi.
Sascha fece su e giù con la testa, lasciando la mano di Greta e rimanendo con lo sguardo fisso verso il basso.
Si sentiva come se avesse tradito la sua fiducia.
Greta lo fissava sconvolta, poi allungò la mano verso quella del ragazzo e la strinse forte.
«Questa è…» si voltarono verso una voce che veniva verso di loro, era Hans. «Una cosa incredibile. Il mio amico con i poteri viene dal futuro.»
Come al solito, si era entusiasmato in modo eccessivo.
«Venite adesso, nazisti bastardi. Il mio amico viene dal futuro e vi ucciderà tutti. Magari in modo meno atroce di come hai fatto quando sei caduto, tipo posseduto, a Rudzica. Wow! Che cosa, strepitosa! Sh, sh, Greta, adesso calma e abbassa la voce, dobbiamo tenere il segreto.»
«Come ci sei arrivato qui?» domandò Hart, approfittando della situazione per avere risposte che gli sarebbero servite per il suo lavoro. «È per i tuoi poteri? È per questo che dicevi che ti eri perso e che non riuscivi a tornare?»
Sascha, dunque, gli raccontò il risveglio inspiegabile nel passato, le difficoltà avute nell’utilizzare i poteri per tornare a casa, e della quasi rinuncia quando arrivò lì, nella seconda guerra mondiale.
«Mi dispiace che ve l'abbia detto solo adesso, ma non dovrei dirvi niente sul futuro, e quindi, vi prego di non farmi alcuna domanda. Nemmeno su quella cosa che ho detto prima, Greta. Non posso dirvi niente. Anche perché penso ci sia gente che mi tiene d'occhio.»
“Intenderà me?” si chiedeva Hart.
«Non sai come tornare a casa?» Hans si avvicinò e lo abbracciò. «Mi dispiace, amico. Sappi che noi qui ti aiuteremo in qualsiasi cosa. Potremmo trovare un modo.»
«Calmo, Hans, ci ho provato, non sono ancora pronto, mi serve tempo per capire meglio i miei poteri. Poi sto bene qui, sono felice, ho voi.»
Sia Greta che Hans sorrisero a quella affermazione. Hans più di lei, cosa che inquietò la ragazza.
«Ora abbiamo una missione a cui pensare» cambiò, velocemente, argomento il ragazzo del futuro. «È meglio se ci diamo da fare, Wilson ci aveva dato appuntamento tra cinque minuti, no? Dopo penseremo ad altro.»
«Certo» disse Hans, poco convinto.
«Vado un attimo a prendere una cosa in stanza, ci vediamo lì.»
E così Sascha corse via, ma non andò in stanza.
Andò fuori, all’aria aperta, voleva stare un attimo solo.
«Non te ne sei accorta, scommetto» disse Hans, appena Sascha scomparve.
«Di cosa?» domandò Greta.
«Non mi pareva tanto propenso a tornarsene a casa, nel futuro. Com’è strano dirlo.»
«È felice con noi» disse contenta la ragazza.
Hans studiò il viso di Greta. «Già. Raccontiamo tutto a Rudi ed Helene.»
«Non è meglio se lo fa Sascha?» lo bloccò la ragazza.
Hans la osservava attentamente. «Lo faremo insieme.»
Greta annuì.
«Greta, a volte, se ami qualcuno, devi lasciarlo andare.»
Il volto della ragazza si incupì. Temeva il significato di quelle parole.
«Lo so» rispose, per poi avviarsi all’appuntamento con Wilson.
«Hart, tu hai capito cosa intendo, vero?»
Stranamente, sì. Hart aveva capito alla perfezione le intenzioni di Hans, incredibile come avesse trovato una grande affinità col tedesco.
“Madre, fosse l’ultima cosa che faccio, farò tornare il mio amico a casa.”
~~
Sascha e il suo gruppo andarono all’incontro con Wilson in sala mensa. Oltre loro, c’erano anche Edith e altri ragazzi e uomini che avevano partecipato all’addestramento.
La riunione non durò molto. Wilson disse alle persone lì presenti che erano pronti per dare inizio al loro piano.
La prima missione era andare in Germania e trovare uno scienziato tedesco, Dietrich.
Dietrich stava lavorando alla costruzione di armi incredibili, fantasiose che, una volta scese in campo, avrebbero dato per certo la vittoria dei tedeschi.
Il compito della squadra sarebbe stato trovare Dietrich e rapirlo. Una volta fatto sarebbero andati nell’estremo nord della Germania, in una base militare segreta dove lo scienziato costruiva le sue armi.
Dopo la riunione, Wilson chiamò Sascha a sé e si fece seguire nell'armeria, situata nel seminterrato.
«Ti serviranno armi, per combattere» disse Wilson mentre scendevano le scale a chiocciola.
«Un pugnale dorato non basta?» domandò il piccoletto.
«Non credo, ragazzino.»
In effetti, non era l’ideale se si fosse trovato a dover affrontare un migliaio di nazisti.
«È stato fatto alla fine del XVIII secolo» spiegò il ragazzo mentre mostrava le varie caratteristiche del pugnale.
Arrivarono alla sala dell'armeria e iniziarono la ricerca.
«E se non avessi bisogno di armi?»
Ricordò il massacro di nazisti che compì nel campo di concentramento, senza usare armi.
«Le armi non servono solo a fare del male, o a uccidere» Wilson poggiò la grande mano sulla piccola spalla di Sascha. «Servono a difenderci e a difendere gli altri. Vieni, cerchiamo qualcosa di adatto.»
Sascha, non molto convinto, iniziò la perlustrazione.
Tra le varie armi presenti attirò la sua attenzione un particolare revolver vecchio, forse arrugginito. Lo guardò attentamente, era come rapito.
«Da qualche parte dovrebbe esserci un’arma che dovrebbe “salvare il mondo”. Che fantasia, la gente.»
Più in là, nascosta tra delle cose vecchie, Sascha notò una cosa strana. Si avvicinò lentamente.
«Cos'è?» domandò curioso. «Uno scudo?»
Wilson lo prese, quel cerchio di metallo grosso il doppio della schiena di Sascha.
Il generale spiegò che era stato costruito con un materiale molto particolare. «Più resistente di qualsiasi altro materiale sulla Terra, ma nessuno ci ha mai detto niente di specifico, segreti militari. Doveva essere dato ad un soldato americano sottoposto ad un esperimento. Ma saltò tutto.»
Sascha rimase sorpreso dalla spiegazione di Wilson.
Intanto Sascha prese lo scudo e provò ad usarlo.
«Puoi prenderlo, se ti piace» disse Wilson. «Uno scudo ti dà difesa, da quanto ho potuto capire sei uno che corre nel rischio senza pensarci, forse sarebbe comodo avere un riparo.»
«Lo prendo» e si avviò verso le scale.
«Nient’altro?» domandò Wilson.
«Ciò che ho preso basta e avanza.»
~~
Dopo, circa, due mesi di duro allenamento, Wilson e la sua squadra speciale erano pronti per partire da Londra con un'imbarcazione.
Navigarono tutto il Tamigi, arrivando alla foce. Da lì presero la rotta per arrivare a Nieuwpoort, un piccolo comune in Belgio.
Il viaggio sarebbe durato un bel po’, Wilson attrezzò per bene l’imbarcazione con cibo e acqua, anche armi nel caso ci fosse stato un non improbabile attacco nemico.
La piccola nave contava un bel numero di cabine, dove la squadra trascorse la maggior parte del tempo. Anche perché fuori pioveva a dirotto.
Sascha non era per niente tranquillo durante il viaggio.
Era seduto, pensieroso, sul letto con le braccia conserte.
«A casa mia a novembre stiamo ancora a mezze maniche» si lamentò, ma con voce calma. «Qui invece mi devo mettere settemila cose addosso.»
Si alzò e andò verso l’oblò.
La cabina non era eccessivamente grande, dovette fare solo due passi. Al contrario, il letto era gigantesco, occupava quasi tutta la cabina,
«Vuoi che ti riscaldi un po’ io?» domandò Greta, che lo aveva raggiunto da poco.
Sascha provò in qualche modo a tenere a bada il terrore che stava provando, e a dire frasi di senso compiuto.
«Oh, ti piacerebbe. Come sei opportunista, io qui in preda al terrore, mentalmente fragile e tu vuoi approfittare di questo per soddisfare le tue fantasie» scosse la testa e sgranò gli occhi vedendo una brutta onda in lontananza. «E se affondassimo? Sai, io probabilmente saprei correre sull’acqua, ma ho troppa paura. Forse… sono ancora in tempo. Forse posso tornare a riva.»
«Siamo partiti da più di due ore» gli ricordò Greta.
Il ragazzo rifletté sulle parole della ragazza, la riva era ormai lontanissima.
Sascha alzò le spalle e tornò a sedersi sul letto. «É finita, non c’è speranza.»
Greta si avvicinò a lui, poi lo strinse fortemente in un dolce abbraccio. Sascha iniziò a calmarsi e a parlare di meno.
«Vieni» Greta lo trascinò sul letto e lo fece sdraiare.
Sul letto, con lei al suo fianco, inizò a sentirsi meno in ansia, stava riuscendo a calmarlo.
«Grazie, Greta.»
«Vuoi stare da solo? Torno nella mia stanza, se vuoi.»
«No, no, stai pure qui con me.»
Fu una gioia per Greta sentire quelle parole.
Si sdraiò, dolcemente, al suo fianco. Gli mise una mano sul piccolo petto, sentendo l’incredibile battito del suo cuore.
«Posso avvicinarmi?» gli domandò.
«Certo» rispose lui.
Greta diminuì la distanza tra i loro corpi, fino a farla diventare nulla.
Guardò Sascha, in attesa che facesse un qualche gesto romantico.
Ma rimase immobile, con gli occhi, apparentemente vuoti, fissi verso il soffitto.
Allora Greta si chiese se fosse il caso che facesse lei la prima mossa, ma, date le convinzioni del tempo, lo trovava strano, da sgualdrina, come spesso aveva sentito.
Ma pensò che non fosse il momento di dare retta alle convenzioni sociali.
«Ci mettiamo sotto le coperte?»
«Sì» disse, alzandosi, il ragazzo con grande entusiasmo. «Così starò più al caldo e magari mi riposo anche dato che sto con poche ore di sonno.»
Alzò le lenzuola e si sdraiò.
«Se dovrò morire almeno sarà nel sonno.»
Nel mentre, Greta rimase ferma a guardare, non era proprio quello che intendeva.
«Vuoi che mi metta lì con te?» disse con fare malizioso.
Sascha ci rifletté. «Va bene.»
Greta sorrise e si infilò sotto le lenzuola con Sascha, che non era poi così tanto convinto della cosa.
«Ora però fa molto caldo» disse la ragazza. «Ti dispiace se mi tolgo qualcosa?»
Sascha la fissò. «Basta che non ti vengano strane idee.»
Greta sbuffò, almeno ci aveva provato.
~~
Arrivarono Nieuwpoort sani e salvi, al contrario di ciò che pensò Sascha per tutto il viaggio.
«Sei un po' pallido» notò Hans guardandolo. «Sei sicuro di star bene?»
«Sto una crema» rispose Sascha.
«Una che?»
«Tu, Greta» domandò Helene. «Com’è stato il viaggio, nella stessa stanza col tuo ragazzo?»
«Mi sarei potuta spogliare completamente e lui lo stesso non mi avrebbe degnata di uno sguardo.»
«Quale uomo è nello stesso letto con una donna e non ne approfitta?» Helene non se ne capacitava. «È più particolare di quanto pensassi.»
Ad accogliere la squadra c’erano due vecchi amici di Wilson, ex militari. I due erano lì per aiutare la squadra ad entrare in Germania e a trovare un modo per infiltrarsi in un palazzo fortemente sorvegliato dove avrebbero dovuto trovare il folle Dietrich.
Prima di entrare in Germania, la squadra fece tappa all’accampamento alleato dei due ex compagni di Wilson, situato al confine.
«La partenza è domani» informò Wilson alla squadra. «Passeremo qui la notte. Fino ad allora potete fare ciò che volete, rimanendo nei limiti del campo.»
Non c’era molto da fare, però.
Sascha e gli altri membri, dopo la cena, andarono subito nelle proprio tende a riposare, in vista della lunga e faticosa giornata che avrebbero trascorso l’indomani.
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