* * *
La Casa Comune era gremita. Il processo ad Harvey cynnil McKee aveva richiamato mezza città. Iawn Maddock sedeva dietro una scrivania rialzata. Indossava una camicia azzurrina con un ricamo sul petto. A Job e Abigail quel ricamo ricordava i paramenti di un reverendo, con la differenza che il ricamo di Maddock raffigurava una piccola bilancia, di quelle che usavano certi mercanti di Aramundi.
«Chiamo Gary urhea Hernandez, sceriffo di Aurora, a rendere testimonianza sui fatti accaduti la scorsa notte», disse Maddock.
Abigail si volto verso Job. «Hernandez?» mormorò.
«Il suo vecchio era messicano», fece Job. Si accorse del cipiglio della perpetua e si corresse: «Mulatto.»
«Ma Gary non sembra mulatto.»
«Che ti devo dire, avrà preso dalla madre.»
Abigail tornò a guardare oltre la bassa transenna che separava gli astanti da Maddock e dall'imputato. Gary stava accomodandosi sulla sedia piazzata accanto al rialzo dove stava Maddock.
«Raccontaci come si sono svolti i fatti», disse Maddock.
Gary si rivolse agli astanti e raccontò loro tutta la storia. Quando riferì che Job l'aveva aiutato, molte teste si voltarono a guardare il reverendo di Aramundi.
«Sennò stavamo lì tutta la notte», spiegò Job.
Abigail si fece rossa come un pomodoro maturo e sprofondò nella seduta che accoglieva il suo bel posteriore. Iawn Maddock fissò a lungo Job prima di riprendere la parola.
«Siamo molto grati al reverendo per l'aiuto che ci ha dato nell'assicurare cynnil McKee alla giustizia», disse poi.
Job si rivolse ad Abigail e spolliciò verso Maddock. «Sentito? Mi sono molto grati.»
La perpetua gli fece cenno di tacere e avvampò dall'imbarazzo.
«Ci sono pochi dubbi su quel che è accaduto...» disse Maddock, e il tizio che sedeva di fianco a cynnil McKee si alzò come se avesse una molla sotto il culo.
«In verità, giudice, di dubbi ce ne sono», fece il tizio, ben vestito e con i capelli impomatati.
Sembrava tirato a lucido per una serata di gala.
«Doyle sulky Landis poteva essere già morto quando il mio cliente l'ha trovato.»
«Trovato?» fece Maddock. «Il suo cliente non l'ha trovato, si nascondeva dietro il bancone.»
«Si nascondeva per sfuggire al pestaggio in atto sulla Via Maestra.»
«Lo sceriffo, qui, ha appena testimoniato di averlo visto trafficare con la cassa. E poco prima di vederlo trafficare, ha udito uno sparo all'interno del saloon.» Il tizio inamidato provò a parlare, ma Maddock non aveva ancora finito. «E stamattina Doc mi ha informato che il proiettile estratto dal petto del compianto sulky Landis ha lo stesso calibro di quelli dell'arma che lo sceriffo ha sottratto al suo cliente.»
«Sono in molti ad avere un'arma simile a quella del mio cliente», fece il tizio.
«Vero, ma i molti di cui parla lei non erano acquattati dietro un bancone, con un morto accanto e le tasche piene di bronzi.»
Il tizio inamidato non si diede per vinto. «Allora lo accusi di furto.»
«Ma così mi mandano via», fece McKee.
«Non ti ho dato il permesso di parlare», tuonò Maddock. Tornò a rivolgersi al tizio inamidato. «Ci sono ragionevoli dubbi in merito all'accusa di omicidio...»
Il tizio inamidato si lasciò sfuggire un sorrisetto.
«... ma non in merito a quella di furto», precisò Maddock, un cipiglio di pietra dipinto sul volto. «Questo vuol dire che il suo cliente lascerà la città sulle proprie gambe anziché in una cassa di legno.»
Iawn Maddock si alzò in piedi. «Dichiaro che cynnil McKee sia bandito per sempre da Aurora. Lo sceriffo eseguirà la sentenza. E con questo dichiaro chiusa la seduta.»
Smontò dal rialzo e infilò una porta lì vicino. Il tizio inamidato si rivolse a McKee.
«È andata meglio del previsto», fece.
«Mi prendi per il culo?» sbottò McKee. «Hai sentito che ha detto? Mi sbattono fuori dalla città.»
«Preferivi la forca?»
«Preferivo tornare a casa mia.»
Il tizio inamidato si chinò su McKee e mormorò: «Hai derubato e ammazzato un tizio. Che ti aspettavi, un cazziatone e una multa? È già tanto se non trovi una folla inferocita ad aspettarti alle porte della città. Quel barista era molto benvoluto.»
Si mise dritto, girò i tacchi e lasciò McKee al proprio destino. Roy, che stava seduto in prima fila, si alzò e pigliò McKee per un braccio. Gary gli fu subito accanto. Attesero che la Casa Comune si svuotasse e lo scortarono fuori.
«E se qualcuno prova ad ammazzarlo?» chiese Roy.
«Dopo che ti hanno visto freddare quei due ieri sera?» fece Gary. «Non sono scemi fino a questo punto. Per quanto vogliano vederlo impiccato – e li capisco, perché pure io vorrei vederlo penzolare come un prosciutto – non credo che rischierebbero la vita.»
«Ma se lo fanno?»
«Allora tu gli spari come hai fatto ieri con quei due», disse Gary.
Roy ingoiò un groppo di tensione mentre uscivano alla luce del Sole. Un gruppetto che pestava la Via Maestra li seguì con lo sguardo, e non erano occhiate amichevoli quelle che lanciarono a McKee. Nessuno però si mosse.
«Visto?» mormorò Gary. «Si cacano addosso.»
Lo scortarono lungo la Via Maestra, in una specie di sfilata d'addio. McKee aveva i polsi legati dietro la schiena. Le puttane erano affacciate alla balconata del saloon. Quando McKee passò, lanciò uno sguardo e si beccò un dito medio. Arrivati alle porte della città, Gary gli sciolse i polsi. Poi lo spintonò oltre l'arco di legno.
«Fuori dai coglioni», disse. «E se ti rivedo a meno di venti leghe da qui, ti sparo come a un cane.»
McKee si allontanò con la testa incassata tra le spalle flosce. Lo guardarono rimpicciolire finché non divenne un puntino lontano. Solo allora girarono i tacchi. Nel tornare indietro, incrociarono Job e Abigail.
«Andato?» chiese Job.
«Andato», rispose Gary.
«Potevate dargli un cavallo.»
«E per quale motivo?»
«Perché lì fuori non è proprio un parco giochi. Potrebbe incocciare uno di quei bestioni con la faccia a spirale.»
«Peggio per lui.»
«A 'sto punto era meglio impiccarlo.»
«Non le faccio io, le regole», fece Gary.
«Allora dovresti dire a chi le fa di farle per bene o cambiare mestiere», disse Job.
«Se proprio ci tieni, puoi sempre accompagnarlo», fece Gary, tradendo un moto di insofferenza. «Se ti sbrighi fai ancora a tempo a raggiungerlo.»
Detto ciò, girò i tacchi e andò via a passo svelto. Roy rimase piantato lì ancora un attimo, stupito e imbarazzato, poi rivolse un cenno a Job e rincorse lo sceriffo.
«Mi ha praticamente mandato a fanculo», disse Job.
«Mi meraviglia che non sia successo prima», fece Abigail.
Job la guardò. «Che intendi?»
«È da quando siamo arrivati che lo pungola.»
«Lo prendo solo un po' per il culo. Lo sa che scherzo. E comunque ho detto quello che penso, che poi è quello che pensi anche tu.»
«Ma io so scegliere il momento e il modo appropriati.»
«E figurati», fece Job. Ci pensò su un secondo, poi disse: «Pensi che dovrei andarci a parlare?»
«Lei che dice?»
«Penso che dovrei andare a parlarci.»
«Allora vada a parlarci.»
«Forse è meglio lasciarlo sbollire un po'... e procurarsi un'offerta di pace.»
«Del tipo?»
«Un po' di quel buon succo di meryw andrà bene», fece Job. Si ficcò le mani nelle tasche dei calzoni, le rivoltò e chiese ad Abigail: «Non è che mi presteresti un paio di bronzi?»
Abigail sospirò. «Mi sa che dovrà fare a meno dell'offerta di pace.»
«Vedo se il bacucco che lo vende mi fa credito. Dov'è che c'aveva il negozio?»
«Mi pare più avanti, ma lo sceriffo ha detto che non fa credito a nessuno... e la smetta di offendere tutti.»
Job si incamminò.
«Dove va?» chiese Abigail.
«A prendere l'offerta di pace», fece Job.
La perpetua levò per un attimo le braccia dinanzi a sé, poi le lasciò ricadere mollemente. Era un tale testone... Lo era anche prima di riacquistare la memoria, ma pareva che la nuova condizione avesse acuito quel lato del suo carattere.
Lo guardò girare in un vicolo e sparire.
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