* * *
La lunga camminata nella galleria aveva messo di cattivo umore Meadow. Non gli piacevano gli spazi angusti e credeva ci avrebbero messo di meno ad arrivare a destinazione. Abel, davanti a lui, pareva il Traghettatore di Anime con quella lanterna in mano, la cui luce lattiginosa si spandeva sulle mura del tunnel. Le ombre dei due asesinos sembravano presenze maligne che li seguissero.
Meadow stava già maledicendo se stesso quando Abel si fermò.
«Che c'è?» chiese Meadow, brusco.
«Ci siamo», fece Abel. «Ecco l'uscita.»
Diminuì la fiamma nella lanterna finché non rimase un lumicino utile a irradiare un filo di luce.
«Io non vedo un cazzo», fece Meadow mentre guardava oltre la spalla dell'amico.
Gli ci volle qualche secondo per accorgersi del tenue mosaico di luce lunare in fondo al tunnel. Abel fece strada, spense la lanterna, la posò all'imbocco e uscì scostando il cespuglio che nascondeva il tunnel. Meadow lo seguì. Fuori c'era la spianata che il cantonese già conosceva. La luce della Luna la illuminava tutta. Il colore del terriccio e delle pietre era quello di un osso.
«Ora che si fa?» chiese Abel.
Meadow rifletté. «Andiamo un po' a culo e un po' a intuito.»
«E il tuo intuito che dice?»
«Che dobbiamo andare a culo.»
«Perfetto.»
Si incamminarono alla ricerca di un sentiero o di un declivio che gli permettesse di scendere senza rompersi il collo. Trovarono un buon punto e cominciarono la lenta discesa verso la spianata. Per fortuna il declivio non era poi così ripido. Arrivati giù, avevano diverse possibilità. La spianata si apriva in tre direzioni. Meadow escluse l'est. Restavano il nord e l'ovest.
«Ci dividiamo», disse Meadow. «Così facciamo prima. Se li trovi non perdere tempo, gira i tacchi e torna subito qua. E attento alle sentinelle, potrebbero essercene.»
Abel prese il sentiero a sinistra, Meadow quello a destra. La Luna era grossa e bianca come l'occhio di un negromante. Le pupille gli diventavano di quello stesso non-colore quando facevano uno dei loro osceni rituali. Una volta Meadow aveva inseguito un tizio che, per sfuggirgli, s'era rifugiato nell'Ell. Era un povero desperado, e il fatto che si fosse rifugiato nell'Ell ne era la conferma. Meadow ne aveva seguite le tracce solo perché gli avevano promesso una discreta sommetta. L'aveva pedinato per giorni e, quando l'aveva raggiunto, il tizio era ormai morto. L'aveva trovato legato al tronco di un albero, la testa sfondata, e davanti a lui c'era assiepato un gruppetto di persone, tra cui un negromante. Meadow si era nascosto e aveva udito il negromante recitare una serie di formule magiche in un dialetto sconosciuto, fatto di suoni tutti gutturali. E mentre il negromante agitava il suo bastone di legno, dalla cui sommità pendevano dei minuscoli teschi grigi legati con dello spago, il morto aveva preso a muoversi. E gli occhi del negromante erano bianchi come la punta rotonda di un osso. Meadow non aveva più scordato quegli occhi. Così come non aveva più scordato il morto che, nonostante la testa sfondata, si agitava come fosse vivo.
Poi si era trasformato. Il petto si era gonfiato, la carne era diventata grigia, e gambe e braccia si erano allungate. Meadow aveva visto un pezzo di cervello spuntare dal buco sulla tempia e pulsare, prima che la testa si gonfiasse per fagocitarlo. Il desperado che avrebbe dovuto restare morto era diventato alto come il tronco al quale stava legato, ma Meadow non aveva assistito. Mentre la corda e i vestiti che lo contenevano esplodevano e il morto ringhiava, Meadow si era dato e pure in fretta.
Ora, sotto la Luna che illuminava quella spianata di sabbia e pietrisco bianchi, a Meadow tornò in mente quell'episodio in tutti i suoi morbosi dettagli.
«'affanculo», mormorò l'asesino nel tentativo di esorcizzare il ricordo.
Era una vita che non ci pensava e doveva venirgli in mente proprio adesso? Tanto più che quel tratto era pieno di ombre e in ognuna poteva nascondersi...
Falla finita, si disse. Non sei nell'Ell e non c'è niente dentro le ombre. Che cazzo ti piglia?
Era colpa della passeggiata al buio. Quel cazzo di tunnel... si stava suggestionando da solo.
Continuò a camminare, ignorando la pelle d'oca e scacciando l'immagine del morto che si trasformava in una specie di gigante con la pelle grigia e le ossa che premevano sotto la pelle. Ed ecco un altro particolare che aveva scordato: le ossa che premevano sotto la pelle come radici che affiorassero dalla terra. Adesso ci avrebbe pensato fino allo sfinimento. La mano scese inconsapevole al calcio della pistola. Meadow continuò a pestare la terra bianca, i tacchi degli stivali che frantumavano pietrisco e minuscoli frammenti d'ossa. Le pareti di roccia ai lati incombevano su di lui, gettando un'ombra lunga come un lenzuolo funebre, che in certi punti si ritirava come spaventata dalla luce lunare.
Chissà Abel come se la cavava, pensò.
Affrontò una lunga salita, alla fine della quale le pareti di roccia si restringevano. Meadow le vide chiudersi man mano come una bocca sdentata. Lo spazio di manovra divenne così limitato che si trovò costretto a proseguire camminando di lato. Quando iniziava a credere che sarebbe rimasto incastrato, le pareti di roccia si aprirono. Meadow accelerò l'andatura e uscì da quell'incubo nel quale si era ficcato. Spuntò su uno spunzone di roccia. Mentre ritrovava un po' il controllo di sé, notò la luce di un fuoco che illuminava solo in parte quello che sembrava un accampamento.
Meadow si mise giù, pancia a terra. Osservò l'accampamento nel mezzo della gola e i tizi che ci bazzicavano. Indossavano tutti una veste identica. Qualcuno teneva su il cappuccio, qualcun altro no. Il colore della veste cambiava a seconda che i tizi fossero accanto al fuoco o distanti. Quelli distanti erano macchie brune che si muovevano nella notte. Meadow non ebbe bisogno di guardare quelli che sostavano accanto al fuoco per capire di che colore fosse la tonaca che indossavano.
«Vi ho trovati, figli di puttana», mormorò Meadow.
L'accampamento non era molto grande. Non occupava neanche metà della gola che lo conteneva. Meadow contò dieci cristiani, anche se potevano essercene di più. Da lassù non godeva di una completa visuale. Una sporgenza della gola, che proteggeva lo spunzone roccioso dove stava acquattato, gliela ostruiva parzialmente. Riusciva a vedere solo i lati est e nord, e su entrambi c'erano due sentieri che si aprivano. La luce lunare li illuminava.
Meadow strisciò all'indietro su gomiti e ginocchia, si alzò e tornò da dove era venuto.
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