* * *
Un tunnel. Nero. Si accorse che era un tunnel e che era nero solo quando vide il cerchio di luce in fondo. Dapprima era solo un puntino, poi si allargò. Prima come il buco lasciato da un proiettile, poi come quello sulla pancia di una chitarra. Si avvicinava veloce (o forse era lui che gli andava incontro) e la luce che emanava finì per fendere le tenebre fitte di quel gorgo nero che lo circondava. Entrò nella luce e fu cieco per qualche attimo. Abbassò le mani e intorno a sé c'era una spianata verde illuminata dal Sole più grande e sfavillante che avesse mai visto. L'erba era bassa ed emanava un odore che non riconobbe. Era qualcosa di fresco e rinfrancante. Vide qualcosa agitarsi tra gli steli. Qualcosa di piccolo, che si mosse rapidamente e sparì, lasciandogli l'immagine fugace di una scia luminosa e di qualcosa di rosso.
Si guardò intorno. Non c'era nulla a parte quell'immenso prato verde, che si allungava in tutte le direzioni per quella che pareva un'eternità. Poi, molto lontano, apparve qualcosa. Era un puntino scuro che pian piano si trasformò in un essere umano. Indossava dei jeans, che erano dello stesso azzurro slavato del cielo, e una maglia gialla come un Sole. Si avvicinava senza fretta. Sembrava avere da parte tutto il tempo del mondo. Non era molto alto e aveva capelli lunghi e sottili, che gli scendevano a cascata dietro le spalle, e una barba folta.
Job lo attese mentre un senso di vertigine e un'emozione palpitante, che non comprendeva, si impossessavano di lui. Quando il tizio fu abbastanza vicino, Job vide che sorrideva. Quel sorriso lo scaldò e si accorse anche di un'altra cosa, che non aveva potuto notare prima per via della distanza: la scritta sulla maglia. JESUS IS MY HOMEBOY.
La cosa lo lasciò un po' così.
«Come andiamo?» chiese il tizio, fermandosi a un paio di metri da lui.
Aveva una voce calda.
Chi sei e che cos'è 'sto posto? avrebbe voluto chiedere Job, e invece guardò i sandali dell'uomo. Sandali un po' particolari, come non ne aveva mai visti.
«Che sono?» chiese.
Il tizio ne levò uno e glielo mostrò. «Infradito», disse.
Sulla pianta interna della calzatura c'era scritto CORONA in giallo.
«Stavo bevendo un po' di vino in spiaggia, quando i clockers mi hanno avvisato che eri arrivato.»
«I Clockers?»
«Quegli esserini che hai visto sgattaiolare nell'erba.»
«Ho visto solo un riflesso di luce e qualcosa di rosso.»
«Sono molto veloci. A volte neanche io mi accorgo che ci sono. Eccone uno.»
Il tizio puntò un dito e Job guardò. Per un attimo vide un esserino piccolo come il dito di un bambino appena nato. Aveva un cappello rosso dalla punta floscia e quello che sembrava un minuscolo orologio a cipolla in mano. Sparì subito, lasciandosi dietro una scia luminosa che scomparve come l'impronta di una ditata su uno specchio.
«Sono un'idea del mio vecchio», disse il tizio.
«E che vogliono?» chiese Job.
«Ma niente, servono a contare il tempo che resti qui. Ci avvisano quando stai per sforare.»
«Perché, che succede se sforo?»
«Certo che ne hai di domande. Se sfori finisce che non torni più indietro e resti qui con noi fino alla fine dei tempi. Il che non è malaccio. Abbiamo il mare, un chiringuito, gente con cui far baldoria... l'altro giorno Kurt Cobain si è messo a suonare. Hendrix l'ha seguito a ruota e in due secondi tutta la spiaggia ballava. Sembrava di essere a Woodstock, ma senza droghe e tizi nudi. Sto divagando, vero?»
Job fece per aprire bocca di nuovo, ma il tizio lo anticipò.
«Abbiamo poco tempo», disse, mollando l'infradito sull'erba e calzandolo. «Io devo parlare e tu devi ascoltare. Se avanza qualche minuto, te lo lascio per un paio di domande, d'accordo?»
Job si sentiva stordito e quel senso di vertigine diventava sempre più forte. Nonostante questo, annuì.
«Visto che non c'è tempo, te lo dico nudo e crudo: questa è la Radura e io sono il Messiah. Ti lascio due secondi per assorbire il colpo.»
Job riuscì solo a fissarlo. Gli venne in mente il grosso Messiah appeso in chiesa, e il tizio che gli stava davanti non gli somigliava granché. Aveva la barba, d'accordo, ma a parte quello...
«Già che non sei svenuto è un buon segno», fece il tizio. «Finite le presentazioni, possiamo passare alle cose importanti. Hai presente quando due secondi fa hai curato Carl Foster? Che, a proposito, stava fermo in mezzo alla strada a guardare la balaustra del bordello quando il carretto l'ha preso in pieno. E giustappunto, non è che potete darci un taglio con 'sta fissa a martello per le femmine? Capisco che abbiate bisogno di sfogarvi, ma dovete proprio farlo come animali? Se avessi voluto quello, per voi, ve l'avrei detto chiaro e tondo.»
Sfarfallò una mano per aria.
«Sto divagando ancora, magari ne parliamo un'altra volta. Dicevo, quel Foster è stato poco attento. È un po' che è distratto, e non solo quando cammina per strada. Ha perso la bussola. Avevo belle speranze per lui. Vedi di rimetterlo in riga. Ti starà a sentire, dopo quello che hai fatto per lui.»
Job sollevò timidamente una mano.
«Ci sto arrivando, tranquillo», disse il Messiah, come se gli avesse letto il pensiero. «Ho fatto il giro lungo, ma adesso recupero. Dunque... non voglio mentirti, anche perché non sono capace: sei in lista per diventare un Santo. Non mi svenire...»
Job non svenne, ma la vertigine aumentò.
«Forse è meglio se ci sediamo», fece il Messiah.
Job si accovacciò e dopo si lasciò cadere pesantemente sull'erba. Il Messiah lo imitò e incrociò le gambe. Poi, tenendosi le ginocchia, continuò.
«A qualcuno deve toccare, e tu fai al caso mio. Dopo quante ne hai combinate... sapevi che la maggior parte dei Santi ha avuto una vita travagliata? Ne combinavano di cotte e di crude. Poi un giorno, bum!, l'illuminazione. È un po' quello che è successo a te quando mi hai visto ascendere alla Radura. Che, a proposito, non si chiama Radura. Ma non è importante il nome. Anche mio padre ne ha diversi, ma alla fine la sostanza è sempre quella. Dicevo, i prodigi... ecco, non funzionano come un jukebox, che ci metti la monetina e scegli la canzone.»
Job non aveva idea di cosa fosse un jukebox, ma lasciò andare.
«È un po' più complicato. Serve che si combinino più elementi. La tua fede è uno di quelli. Ma anche chi ti sta di fronte deve darti una mano. Se la sua fede non è grande manco quanto un granello di senape, la cosa non funziona. Okay?»
Non sapendo che altro fare, Job annuì.
«Una cosa importante: non farti prendere la mano. Non puoi aiutarli tutti. Quella è una cosa che può fare solo il mio vecchio, e come puoi vedere non lo fa. E non perché se ne freghi di quello che succede lì da voi. La cosa è assai più semplice: è come una mamma uccello che spinge giù dal nido i passerotti, così che imparino a volare. Il cocco ammunnato e buono fa solo danni.»
Job si accigliò.
«È un'espressione in lingua franca che usano certi simpaticoni che stanno qui. Hanno un modo di dire per ogni cosa. Saggezza di strada, la chiamano. Tornando ai prodigi, non farti prendere da manie di grandezza. Va bene curare tutti i fratelli e sorelle che ne hanno bisogno, ma resta sempre nello spirito giusto. Se ti fai prendere e il tuo animo si riempie dei sentimenti sbagliati, finisce che il tutto il potere taumaturgico evapora. Puff! Come neve al Sole.» Sorrise. «Come neve al Sole... c'è una canzone che fa così. La canta uno di quei simpaticoni che ti dicevo, quelli con la saggezza di strada. C'era pure lui, in spiaggia, ma non gli piaceva granché la musica di Hendrix e Cobain, e se ne stava un po' in disparte a suonare la sua. Ha un piccolo seguito, tutta gente delle sue parti.»
Un clocker apparve per un attimo accanto al Messiah. Entrambi lo videro. Prima che sparisse, lasciandosi dietro la scia di luce, a Job parve che l'esserino battesse un ditino sul quadrante del piccolo orologio. E quando sparì, il reverendo vide una cosa che prima non aveva notato. All'interno di quella scia di luce che il clocker si lasciava dietro c'erano dei minuscoli orologi a cipolla, e le lancette giravano in senso antiorario.
«Come va la vertigine?» chiese il Messiah.
Job si accorse che ora faticava a restare dritto e che il Messiah iniziava a inclinarsi da un lato.
«Quando senti che non ce la fai più, fammi un cenno. Anche se sto chiacchierando e sto per svelarti il senso della vita, tu fammi un cenno, okay?»
Job annuì. Quel semplice gesto gli aumentò il senso di vertigine.
«Voglio che tu faccia una cosa per me», disse il Messiah. «C'è una donna, si chiama Constance Conway. Non la conosci. Sta in una cittadina, a nord-est dell'Entro-Terra, che si chiama Aurora. Mi segui?»
Job annuì appena.
«Grande, sapevo che eri uno sveglio. È incinta, ma il bambino morirà durante il parto. Tu devi fare in modo che non succeda. Va' ad Aurora e salva il bambino. Senza di lui, tutto quello che verrà potrebbe disfarsi come...»
Fece un gesto vago.
«Neve al Sole?» fece Job, rintronato dalla vertigine.
Il mondo si inclinava, tornava dritto e si inclinava dalla parte opposta.
«Esatto», disse il Messiah.
Job sollevò una mano e la vide danzare mollemente, quasi fosse fatta d'acqua.
«È il segnale?» Job annuì appena. «Okay, è il momento di tornare a casa.»
Il Messiah si sgranchì le dita, facendo crocchiare le nocche.
«Va bene, fermo così... forse è meglio se chiudi gli occhi. Il rientro è un po' traumatico.»
Job chiuse gli occhi e sentì il Messiah dire: «La memoria tornerà a suo tempo, ma non è importante. Il passato è passato.»
La vertigine aumentò ancora, nonostante gli occhi chiusi. Poi un vuoto allo stomaco e la sensazione di stare sospeso per aria lo fecero sussultare. Da lontano gli giunse la voce del Messiah.
«Ciò che eri è come un volto sull'acqua.»
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