* * *

Job pensava alle parole di Abigail quando la perpetua irruppe in casa come un piccolo tornado.

«D'accordo che sei di casa, ma potresti almeno buss...» fece Job, prima di interrompersi.

Qualcosa nell'espressione della perpetua lo mise in allarme. Dimenticò allora quello che stava per dire e si alzò.

«Che succede?» domandò.

«Carl Foster... un carretto l'ha messo sotto», disse Abigail.

Le tremava la voce e aveva gli occhi lucidi.

«Come sta?»

«Secondo il dottore non ne ha per molto.»

Job la raggiunse, le posò una mano sulla spalla e disse: «Andiamo.»

Chiuse la porta di casa e si avviò a passo svelto lungo la Via Maestra. Abigail lo portò sul luogo dell'incidente. Non era molto distante e ci arrivarono in fretta. Carl Foster giaceva nella polvere, una gamba ritorta in modo innaturale. Aveva del sangue sul petto e sulle labbra. Un capannello di curiosi stava assiepandosi intorno al moribondo e al medico, chino accanto a lui.

Quando Job e Abigail arrivarono, il dottore guardò il reverendo di Aramundi e scosse la testa con un'espressione dolente. Job si accosciò accanto a Foster, che teneva gli occhi chiusi e respirava a fatica. Sembrava un mantice mezzo scassato che provasse a pigliare aria. Tossì e sputò un fiotto di sangue che gli macchiò la camicia. Abigail cacciò un gemito e distolse lo sguardo. Poco lontano stavano il carretto mezzo sfasciato e il cavallo. Qualcuno aveva sparato al cavallo, che giaceva su un fianco.

Job posò la mano sulla fronte di Carl, che aprì gli occhi, lo vide e mosse le labbra.

«Non parlare», disse Job.

L'altro lo fissò, gli occhi lucidi e la morte in viso. Sentiva la fine avvicinarsi con sorprendente rapidità. Voleva lasciarsi prendere da quell'oscurità incipiente che già copriva i bordi del suo campo visivo.

«Non voglio morire», provò a dire, ma gli uscì un borbottio sbiascicato che gli costò un nuovo fiotto di sangue.

Girò la testa e tossì. La Via Maestra si tinse di rosso. Il capannello di curiosi gemette. Le donne sprofondarono il viso sul petto o dietro la spalla dei mariti.

Senza pensare a quel che faceva, Job prese tra le mani il volto di Carl e lo costrinse a guardarlo.

«Hai fede, Carl?» chiese il reverendo. «Tu credi?»

Foster annuì debolmente mentre un dolore che non aveva mai sperimentato gli incrinava le labbra e l'animo. Sentiva come se avesse in corpo un cimitero di roba maciullata. Il peso su petto era fortissimo, come un tumulo di pietre.

«Credi al Messiah e alle sue chiacchiere sante?»

Carl annuì. I pollici di Job calarono sugli occhi del moribondo. Foster serrò le palpebre e le grosse dita del reverendo di Aramundi vi aderirono. Job mormorò parole che nessuno udì e staccò le mani dal volto del moribondo. Foster sollevò le palpebre e si accorse che la vista non era più appannata come fino a un secondo prima. Provò a dire qualcosa e si fermò quando sentì la mano di Job scivolargli sul petto e posarsi sullo sterno. Le dita, aperte a ventaglio, prendevano più spazio di una mano normale: la mano del reverendo pareva quella del Buon Padre che cala su di un cortile. Gli occhi di Foster incrociarono quelli di Job e, per assurdo che fosse, Foster credette di vedere le iridi del reverendo accendersi di una luce sovrannaturale. Come se qualcuno, dall'altro lato del cranio, avvicinasse una torcia. Il marrone degli occhi di Job saturò all'inverosimile. Foster fu l'unico a rendersi conto del prodigio, perché il reverendo teneva la testa china e lo fissava, e di colpo il peso al petto cominciò a scemare. Job aveva un'espressone concentrata, a tratti assente, come se non fosse del tutto in sé. Foster notò tutto questo mentre riprendeva a respirare.

Il capannello di curiosi cominciò a notare una rinnovata presenza di spirito, negli occhi del moribondo, e un'espressione stupita e vigile. Abigail si avvicinò un poco, giusto un paio di passi, perché ebbe l'impressione che la manona del reverendo fosse cinta da un lucido alone, ma forse era uno strano gioco di luci.

Job ritirò la mano e la riportò sul viso di Foster, che aveva la bocca aperta e respirava di nuovo normalmente.

«Non mi fa più male», mormorò Foster e lo stupore in volto aumentò.

Job si riebbe di colpo, come da una trance. Gli occhi si rabbuiarono. Sbatté le palpebre e ritirò le mani dal volto di Foster per posarsele sulle cosce. Foster sollevò la testa, si toccò il petto, ingollò aria e la buttò fuori senza sputare sangue. Lo stupore tese le facce di quelli che osservavano. Una donna si portò la mano alle labbra e nascose la sorpresa, ma gli occhi parlavano per lei.

Job guardò la gamba sinistra di Foster, ritorta in una posizione innaturale. «Certo che è messa male», fece. Poi agganciò gli occhi di Foster. «Ti è andata bene che quel carretto non ti ha preso in pieno, sennò a quest'ora avevi più di una gamba rotta.»

Foster sbatté le palpebre. «Ma mi ha...» La sorpresa lo indusse a parlare, ma si fermò perché si aspettava di tossire sangue. Quando non accadde, ricominciò. «Quell'affare mi ha preso in pieno, reverendo.»

Job si accigliò. «Che vuoi dire?»

Lo stupore di Foster aumentò. Si voltò verso alcune facce del capannello, come in cerca d'aiuto. Non ne ottenne e tornò a rivolgersi a Job.

«Non si ricorda?»

«Che devo ricordare?» chiese Job.

L'espressione di sincera meraviglia fece capire a Foster che l'altro non fingeva.

«Stavo quasi per... ero più di là che di qua.»

Stavolta Job sorrise. «Via, non esagerare. Posso immaginare che deve fare un male d'inferno quando la ruota di un carretto ti passa su una gamba, ma addirittura che stavi più di là che di qua... il vecchio Hansel ti rimetterà in sesto.»

Job gli mollò una piccola pacca sul braccio e si alzò. Si guardò intorno. «Abigail?» chiamò.

La perpetua fece capolino alle spalle di due cristiani.

«Ah, eccoti qui. Si può sapere perché me l'hai messa giù così brutta? Sembrava che stesse per morire e invece... ma perché hai quella faccia?»

Guardò gli altri cristiani accorsi lì e si accorse che lo guardavano strano, con timore e riverenza, come facevano la perpetua e il medico. Job si rese conto che stava succedendo qualcosa. Si accorse che anche Carl Foster lo guardava in modo strambo.

«Ma perché mi guardate a quel modo?» chiese.

Abigail si fece avanti e lo raggiunse. «Reverendo... davvero non ricorda?»

«Ancora? Che dovrei ricordare?» fece Job, stavolta spazientito.

«Carl era tutto ammaccato... era in fin di vita.»

Job si voltò come per assicurarsi che Foster fosse ancora lì. C'era. E a parte la gamba mezza distrutta, stava benone.

«Lei l'ha curato.»

Job si voltò così svelto che Abigail fece un passo indietro. Aprì bocca per dire qualcosa, la richiuse. Sollevò un dito come a voler ammonire la perpetua, ma anche quell'intenzione evaporò velocemente.

Job girò i tacchi si allontanò a passo svelto, spostando con una spallata involontaria due tizi troppo imbambolati per farsi da parte. Biascicò una scusa e aumentò l'andatura. Non rallentò finché non arrivò a casa. Chiuse a chiave la porta d'ingresso, la porta che portava alla chiesa e anche gli scuri di ogni finestra, quindi si accasciò contro una parete.

Seduto nella penombra, il reverendo – che in un'altra vita si chiamava Hunter Grimes – cominciò a tremare.

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