* * *
Il ragazzo attraversò il saloon. James, il barista, gli mandò una voce: «Te la sei spassata?»
Il ragazzo gli si avvicinò. «Dove sta l'alimentari?»
«Se vuoi da mangiare, posso cucinarti qualcosa io.»
«Voglio solo sapere dove sta l'alimentari.»
«Scendi la Via Maestra, te lo ritrovi sulla destra.»
Il ragazzo batté le nocche sul bancone e girò i tacchi.
«Torna quando ti pare, siamo sempre aperti!» gli urlò dietro l'altro.
«Contaci», disse il ragazzo e uscì.
Il cielo era soffocato dal grigio. Una gabbia bassa e impenetrabile aleggiava sopra la città come un cattivo presagio. Di lì a poco sarebbe venuta giù la pioggia, se lo sentiva nelle ossa. Aveva una specie di sesto senso per queste cose, che non aveva a che fare con la magia del dissidente. Da che ricordava, le sue ossa avevano sempre reagito in quel modo.
Continuò lungo la Via Maestra fino a incontrare un'insegna con su dipinto un bel maialino rosa. Mise piede sulla passerella, cedette il passo a una donna che stava uscendo ed entrò. Will Hodgson stava dietro il bancone. Aveva la stazza che il maialino dell'insegna avrebbe avuto una volta diventato adulto. Sulle guance rotonde campeggiavano due rose, segno che l'uomo ci dava dentro col vino o era a un passo da un attacco di cuore. O entrambe le cose.
«Salve, straniero», fece Will, cordiale. «Sei arrivato ora?»
«Già», fece il ragazzo. «Lei è Will Hodgson?»
«In persona. Che ti serve? Ho della carne essiccata che se la sognano pure ad Aramundi.»
«Niente cibo, mi serve un'informazione.» Hodgson si accigliò. «Il tizio sfregiato che viene qui a fare provviste. Mi serve sapere ogni quando viene a trovarti.»
Hodgson si fece serio. Le rose sulle guance sbiadirono. Guardò fuori della vetrata, quasi temesse che il tizio sfregiato fosse appostato di fuori. Quando tornò a rivolgersi al ragazzo, era agitato.
«Qui viene tanta gente... e comunque, in città, di sfregiati non ce ne sono», disse.
«Infatti non è di qui, se ne sta appostato da qualche parte insieme ai suoi compari, i figli di Baphomet. Forse li hai sentiti nominare.»
Hodgson sbiancò. Le rose si spensero e il doppio mento tremò per un attimo.
«Che ne sai tu di questa storia?» mormorò.
«Ho sentito un tale che ne parlava», mentì il ragazzo. «E ha detto pure che questo sfregiato, amico di quegli spiantati travestiti, viene qui a fare provviste di tanto in tanto.»
«Dove l'hai sentito? Al saloon?»
«Lascia perdere dove l'ho sentito e dimmi quando lo trovo.»
«Perché?»
Il ragazzo cominciò a incazzarsi. La rabbia gli fece ribollire i succhi gastrici. La sentì raggiungere il cervello e annebbiarlo. Si impose di calmarsi e, quando ci riuscì, ricordò un particolare della conversazione con la rossa.
«Scommetto che, quando viene qui, fa il pieno di viveri e non sgancia neanche mezzo bronzo. Ci ho preso?»
Hodgson abbassò gli occhi e strinse i pugni.
Colpito e affondato, disse il dissidente.
«Non sei stufo di questi stronzi che se ne approfittano?» chiese il ragazzo. «Contando il fatto che, da quello che ho capito, non vogliono solo carne e whisky.»
Hodgson aprì le mani e le posò sul bancone. Sospirò e gli crollarono le spalle.
«Non posso farci niente. Se dico di no, quello mi manda i suoi amici e finisce che mi fanno a pezzi tutta la baracca», disse.
«E sei fortunato se non ti uccidono», aggiunse il ragazzo.
«Probabilmente», sospirò l'uomo.
«Io posso aiutarti.»
Hodgson alzò gli occhi e non poté fare a meno di squadrarlo. Stavolta il ragazzo non se la prese. Anche lui avrebbe reagito allo stesso modo e capiva quello che ronzava in testa a Hodgson. E comunque il suo sguardo era diverso da quello di Maude, che pareva sbeffeggiarlo senza riserva.
«Sei solo un ragazzo», disse alla fine Hodgson. «Che puoi fare contro venti uomini?»
«Quindi sono in venti», fece il ragazzo.
«Non lo so in quanti sono, ma vedendo le provviste e la frequenza con cui quello viene, mi sono fatto l'idea che devono essere in tanti. Almeno venti.»
Sono troppi, fece il dissidente.
Il ragazzo lo ignorò e disse a Hodgson: «Ho sentito dire che la prima volta che sono venuti, quando hanno distrutto mezza chiesa, erano tanti che si faceva fatica a contarli.»
«Perché, c'è pure qualcuno che ha perso tempo a contarli mentre razziavano mezza città?» fece Hodgson e raschiò un verso roco dal fondo della gola. «Non dar retta agli ubriaconi del saloon. Sono stati i primi a ficcarsi sotto i tavoli o sotto le passerelle rialzate quando i Figli del Re Diavolo sono arrivati in città. E stai sicuro che avevano la fronte incollata a terra mentre quelli facevano avanti e indietro.»
«E tu?»
«Io che?»
«Non eri nascosto?»
«Certo che ero nascosto, sono mica scemo, e proprio per questo non me ne vado in giro a raccontare che c'erano tanti mantelli rossi che manco potevo contarli.»
«Diciamo allora che sono in venti: sono armati?»
«Hanno pigliato tutto quello che c'era in città. Non è che avevamo le scorte dei Pistoleri reali di Aramundi, eh, capiamoci, però c'erano fucili, pistole e proiettili che bastavano a far fuori ogni cristiano in città.»
«E ti sei fatto un'idea pure di dove possono stare accampati?»
«Quando vengono qui e prendono una forwyn...»
«Una che?»
«È così che chiamano le donne da sacrificare. Quando vengono a prenderla, succede che dopo accendono un fuoco. Se la notte è limpida e luminosa, di solito si vede il fumo salire in cielo, e come ti ho detto prima mi sono fatto l'idea che devono stare verso Canyon Diablo. Il problema è che da quelle parti ci sono un'infinità di posti dove possono inguattarsi a fare le loro schifezze, quindi non ti so dare un'indicazione precisa.»
«Questo lo posso scoprire da me.»
«E come?»
«Se mi dici quando viene a trovarti lo sfregiato, lo seguo fino alla tana sua e dei suoi compari.»
Hodgson scosse la testa. «Fuori città sta sempre appostato qualcuno. Si nascondono tra le rocce in alto, a controllare la situazione, chi entra e chi esce. E se uno di noi prova ad allontanarsi dalla città, quelli lo fanno secco. Hai presente le pareti di roccia?» Il ragazzo annuì. «Stanno appostati in qualche buco lassù, mi ci gioco il coglione sinistro, e se qualcuno di noi prova a fare il furbo...»
Hodgson puntò l'indice verso il ragazzo, sollevò il pollice e lo abbassò come fosse il grilletto di una sei colpi.
«E tanti saluti. Joe Branson, Mick Fowler, Alan Stockworth e Jamie Carson ci hanno provato. Sono riusciti sì e no a superare l'arco all'ingresso che li hanno fatti secchi. Non so come hanno fatto a beccarli. Era notte, la Luna era coperta e tutti e quattro erano a piedi. O quei bastardi vedono al buio come i gatti o non so.»
Sentito che roba? 'sti qui vedono al buio, fece il dissidente.
«Ho sentito», fece il ragazzo.
Hodgson si accigliò ma non spiccicò parola. Il ragazzo rifletté. Si era fatto l'idea che fosse più facile. Non una passeggiata, ma più facile di così. Avesse avuto la magia dalla sua, sarebbe stato semplice come scoreggiare dopo un'abbuffata di fagioli. Forse, però, qualcosa poteva fare lo stesso. Ma aveva bisogno di parlare con qualcuno che avesse un certo peso. Magari il reverendo. Vista la situazione, il ministro del culto era l'unico che avesse un minimo di ascendente sulla comunità.
E che vorresti chiedergli? Sentiamo, sono curioso.
«Di radunare la gente e convincerla a scucire i quattrini», disse il ragazzo.
«Ma con chi diavolo parli?» chiese Hodgson.
Il ragazzo lo guardò dritto negli occhi. «Il reverendo è uno che sa farsi ascoltare?»
«Che vuoi dire?»
«La gente si fida di lui?»
«Direi di sì. Perché?»
«Niente, non ci pensare», fece il ragazzo. «Non mi hai più detto ogni quando viene a trovarvi lo sfregiato.»
«Una volta al mese. L'ultima è stata 28 giorni fa. Dovrebbe tornare tra due giorni.»
«Sembri molto sicuro.»
«Tengo il conto e gli preparo la roba uno o due giorni prima, così quando viene non perde tempo. Non gli piace attendere.»
Il ragazzo batté le nocche sul bancone, a mo' di saluto. Raccomandò a Hodgson di tenere per sé la loro conversazione e girò i tacchi. Uscito dal negozio, risalì la Via Maestra sino alla chiesa. Oltre la breccia vide le panche vuote, il pulpito e il grosso Messiah inchiodato alla grande croce. Il ragazzo si chiese come mai i figli di Baphomet non avessero demolito la statua. Da quel che vedeva, non aveva manco uno sfregio.
Saranno una setta progressista, fece il dissidente.
Il ragazzo non conosceva il significato della parola "progressista", ma lasciò perdere. Al momento aveva altro per la testa.
La chiesa era deserta. Il ragazzo la aggirò e vide che alle spalle sorgeva una piccola abitazione. Sembrava bella solida. Chi l'aveva messa su doveva essere un abile carpentiere. Mise piede in veranda, composta da una passerella misera e da una ancor più misera tettoia, e bussò. Udì passi pesanti dall'altra parte, poi la porta si aprì. Il reverendo apparve sulla soglia ed era anche più alto di quanto apparisse mentre salmodiava dal pulpito.
«E tu chi sei?» chiese Parris, carezzandosi la barba folta e grigia.
«Sono appena arrivato in città», fece il ragazzo.
«E che ci fai sulla mia veranda?»
«Ho bisogno di parlarle.»
«Da queste parti mettiamo ancora la buona educazione davanti al resto. Forse da dove arrivi tu si usa in un altro modo, ma qui da noi, quando qualcuno si presenta a casa di qualcuno che non conosce, usa presentarsi.»
Il ragazzo soffocò un'ondata di collera ardente, si scappellò e disse: «Mi chiamo Moose.»
«È un piacere fare la tua conoscenza, Moose. Io sono il reverendo Parris. Cosa posso fare per te?»
«Avrei bisogno di parlarle.»
«Il motivo?»
«Vuole che glielo dica qui, sotto la sua tettoia, o preferisce mettere in pratica un po' di quella buona educazione di cui parlava e mi fa entrare?»
Il reverendo accusò il colpo e si tossì nel pugno per mascherare l'imbarazzo.
Bella prova, fece il dissidente. Gli hai mandato lo sputo di traverso.
«Chiedete e vi sarà dato», fece il reverendo. «Non è così che dice il Messiah?»
«Non lo so, è lei l'esperto.»
Parris si fece da parte e con un gesto della mano lo invitò dentro. Il ragazzo mise piede nella casetta più accogliente che avesse mai visto. Non era come la casa rosada, ma ci andava vicino. Non c'erano poltrone rosa confetto, e al posto del camino c'era una stufa a legna, ma era tutto ordinato e pulito.
«Accomodati», fece Parris.
Sedettero al tavolo che dominava il centro della piccola stanza.
«Vuoi bagnarti la gola con un po' di tè? Ci metto delle erbe che coltivo io stesso, nell'orticello dietro casa.»
«Sto bene così.»
«Di che volevi parlarmi?»
«So che avete un problema con una setta di svitati, i figli di Baphomet.»
Il volto di Parris si asciugò di qualunque cortesia. «Chi te l'ha detto?»
«Le voci girano. Ho sentito che, oltre a fregarvi cibo e beveraggi, ogni tanto prendono una donna.»
«Sono stati quei maledetti ubriaconi che bazzicano il saloon?»
«Lasci perdere dove l'ho sentito, non è la parte importante. L'importante è che io posso aiutarvi.»
«Aiutarci? A far che?»
«Mi sembra ovvio: a liberarvi di quegli svitati in costume.»
«Quante primavere hai?»
«Sedici.»
Parris lo fissò nello stesso modo che aveva usato Hodgson, anche se c'era della supponenza, sul fondo di quell'occhiata, che al ragazzo proprio non piacque. La cosa lo fece incazzare. Gli venne voglia di impugnare la pistola dalla parte della canna e di calare il calcio in legno sulla testa di quello stronzo di reverendo fino a sfondargliela. Poi avrebbe pisciato attraverso la finestrella che gli aveva aperto nel cranio.
La mano gli scivolò lenta lungo il fianco e si fermò quando Parris aprì bocca.
«Ti hanno detto che quelli sono armati?»
«Me l'hanno detto», fece il ragazzo. «E mi hanno anche detto che sono in venti e stanno accampati dalle parti di Canyon Diablo, ma che ci sono tanti posti dove potrebbero essersi ficcati che è difficile capire dove trovarli.»
«E sai anche che qui da noi non ci sono piombo né armi, a parte quelli che porti addosso?»
«A-ha.»
«E nonostante questo sei convinto di farcela.»
«A-ha.»
«E come vorresti fare? Li trovi e gli chiedi se per favore si fanno sparare e restano fermi mentre tu ricarichi?»
«Parlo sul serio.»
«Anche io. Ti rendi conto di quello che dici? E poi scusa, perché vieni a dirlo proprio a me? Vuoi che ti dia l'assoluzione, così che puoi andare a suicidarti senza timori?»
«Ho visto come parlava alla gente e come la ascoltano. Lei ha un certo ascendente.»
«E anche se fosse? Non capisco dove vuoi andare a parare.»
«È semplice: convinca la gente di qui a mettere insieme una bella sommetta. Soldi alla mano, raggiungerò la città più vicina, comprerò armi e assolderò qualche pistolero. Poi torno qui e li faccio secchi.»
Parris posò i gomiti sul tavolo e giunse le mani come volesse mettersi a pregare. Avvicinò le labbra alle dita e si fissò le nocche, in contemplazione. Restò così per un po', poi spostò lo sguardo sul ragazzo.
«E credi che troverai qualcuno disposto a rischiare la pelle per noi?» chiese.
«Se ha da guadagnarci», fece il ragazzo.
«E tu? Presumo non sia animato da spirito di carità cristiana. Che ci guadagni?»
Il ragazzo fece per aprire bocca e la richiuse quando il dissidente si fece sentire.
A 'sto punto è uno spreco chiedere un pacco di soldi. Qui sono combinati quasi peggio che i villaggi su a Nord, che devono fare i conti col freddo-che-non-dorme-mai. E guarda la faccia del vecchio, sembra che abbia appena visto le nuvole aprirsi per mostrare il volto del suo prezioso Messiah. Lo teniamo per le palle.
«E che suggerisci?» fece il ragazzo.
«Prego?» chiese Parris.
Il ragazzo non badò al suo interlocutore in carne e ossa.
Invece di chiedere soldi, chiedigli di farti restare qui finché la fusione non è completa. Vitto e alloggio tutto spesato, comprese le puttane e l'alcool.
Parris vide un angolo della bocca del ragazzo sollevarsi in un mezzo sogghigno. La cosa gli provocò un brivido, e non per l'espressione scaltra che animò il volto imberbe del giovane, quanto perché vide emergere dietro quei lineamenti una personalità aliena, che si sommava a quella del ragazzo.
«Questa sì che è una grande idea», fece il ragazzo.
«Di che idea stai parlando?» chiese Parris, sciogliendo la posa riflessiva che aveva assunto.
Si allontanò persino un poco dal bordo del tavolo, trascinando la sedia con sé, quasi temesse che il ragazzo potesse saltargli addosso da un momento all'altro. Gli passò per la testa che quel giovane non avesse tutte le rotelle a posto. Forse era posseduto. Ora il suo volto era ritornato normale, ma per un paio di secondi era parso quello di un uomo adulto, con tanto di piccole rughe agli angoli degli occhi e delle labbra.
«Del mio compenso parliamo dopo», disse il ragazzo. «Per il momento pensate a raccogliere il denaro necessario per pagare le armi e gli asesinos.»
«Ti devo avvertire che già qualcuno ha avuto la tua idea, e non è finita bene», fece Parris.
«So anche questo, ma quelli che si sono fatti ammazzare erano gente di qui. Io sono uno straniero, un tizio qualunque di passaggio. E soprattutto, reverendo, non so niente dei vostri casini.»
Lasciò che quell'ultima considerazione aleggiasse sulle loro teste come uno spettro inquieto.
«Ho capito», disse Parris.
«Lo spero», fece il ragazzo. «Perché se qualcuno spiffera allo sfregiato che c'è uno di fuori che vuole aiutarvi...»
«Perché qualcuno dovrebbe farlo?»
«Perché, reverendo, in questo buco di città la paura tira più di un pelo di figa», disse il ragazzo, alzandosi. «Parli alla gente, li convinca. Non dovrebbe essere difficile, viste le circostanze.»
Batté le nocche sul tavolo, recuperò il cappello e girò i tacchi. Si fermò sulla soglia, come per un ripensamento, e parlò senza voltarsi.
«Forse sarebbe meglio aspettare che lo sfregiato vada via. Verrà qui tra due giorni, me lo ha detto il vostro spacciatore di viveri. Avevo una mezza idea di lasciare la città con lui e pedinarlo per un pezzo di strada, giusto per farmi un'idea, ma penso che lascerò perdere. Ho come una sensazione...»
Fece un gesto vago con la mano, che Parris non capì, poi uscì. Il reverendo si alzò e andò alla finestra. Lo vide allontanarsi e non poté fare a meno di ripensare a quel cambio repentino di personalità. Aveva anche notato che, dopo che era emersa quell'altra personalità, il vocabolario del ragazzo era mutato assieme al tono di voce.
Parris lo osservò mentre aggirava la chiesa e spariva alla sua vista. Non sapeva cosa pensare. Quella mattina aveva pregato con mezza città di ricevere un aiuto, ed ecco che era arrivato quel ragazzo a fargli visita. Non era il genere di aiuto che si aspettava, ma in fondo chi era lui per giudicare l'operato del Messiah? Aveva chiesto e aveva ricevuto. Chiedi e ti sarà dato. Forse, però, avrebbe dovuto aggiungere qualche dettaglio, del tipo: mandaci un aiuto, ma che sia in età per farsi la barba e non abbia il cervello cotto come un uovo sodo.
«Il Messiah opera in modi misteriosi», ricordò a se stesso Parris.
Si allontanò dalla finestra e decise di prepararsi un tè. Avrebbe parlato alla gente dopo che lo sfregiato fosse andato via. Non pensava che qualcuno in città avrebbe fatto la spia, ma forse il ragazzo non aveva tutti i torti nel suggerire cautela. La paura ti porta a fare cose stupide. E lui, visto il mestiere che faceva, ne sapeva qualcosa della paura. Dopo aver ascoltato migliaia di confessioni, si era fatto l'idea che la paura fosse il modo in cui il Re Diavolo parlasse agli uomini e li seducesse. Un modo contorto, come la sua natura. E quando la paura attecchiva, il Caprone ti sussurrava le sue promesse, proprio come aveva fatto col Messiah nel Deserto dei Bisbigli.
Preparatosi il tè, sedette al tavolo e bevve un sorso. Si alzò di nuovo e andò a recuperare la Bibbia in camera da letto. Ce l'aveva nascosta sotto un asse sconnessa del pavimento. Nessuno in città sapeva della sua esistenza. Tutti credevano che conoscesse il Buon Libro a memoria. E lui glielo lasciava credere. Non avrebbe potuto fare diversamente in ogni caso. Se avessero saputo dell'esistenza di un libro (e non uno qualunque, un libro di propaganda religiosa), a qualcuno sarebbe venuto in mente di rubarlo. C'erano belle ricompense per chi recuperava i libri, quei pochi rimasti, li consegnava alle autorità e ne denunciava il proprietario.
Chiuse a chiave la porta di casa, accostò le tende e, usando la luce di un paio di candele, cercò l'ispirazione tra le pagine dimenticate di quel pericoloso strumento di propaganda che i Quattro Despoti odiavano. Poi cominciò a imbastire un sermone. Il lavoro lo assorbì. Quando sentiva di essersi ficcato in un vicolo cieco si alzava, faceva quattro passi per la stanza, attendeva che le parole prendessero forma nella sua testa e ricominciava. Scrisse tutto su un pezzo di cuoio, usando una matita ridotta ormai a un mozzicone. Una volta terminato, provò a recitarlo come se avesse la congrega di fronte. Doveva risultare convincente e, dopo qualche tentativo, si convinse di aver raggiunto l'obiettivo. Alla fine sedette, giunse le mani e pregò.
«Mandaci i giorni buoni, guidaci attraverso la tempesta, ristora le nostre anime...»
Si fermò, perché non gli pareva giusta. Non era sentita. Ce n'era un'altra, che il suo vecchio definiva poco ortodossa e che amava mormorare quando in giro non c'erano troppe orecchie.
Con un sorrisetto sulle labbra, Parris calò il capo e recitò: «Vecchio mio, non capisco perché ma quaggiù sono tutti convinti che Tu abbia bisogno di un barbiere. Non so come facciano a sapere che aspetto hai, visto che l'unico modo sarebbe di crepare e di resuscitare per poi raccontarlo in giro, ma ti dico una cosa: anche se nessuno sa quanti peli hai sulla faccia, se sei maschio o femmina – o entrambi –, se hai tre gambe o mezzo orecchio, qui siamo tutti convinti che esisti. Perciò mandaci un po' della Tua santità, così che la piantiamo di spararci addosso e di accoltellarci per i soldi, le femmine e tutte quelle altre robe che non potremo portare all'altro mondo.» Il sorrisetto si ampliò. «E manda un po' di miele per le labbra della mia signora, così che possiamo celebrare la Tua grandezza sotto le lenzuola.»
Riaprì gli occhi. Meglio. La retorica era sopravvalutata. Il suo vecchio l'aveva capito. Anche Parris aveva colto i vantaggi del parlare spicciolo, ma la congrega non avrebbe apprezzato, ne era certo. Quando tutto il casino con i figli di Balphomet fosse finito, forse ci avrebbe provato, ma ora non era il caso. La gente aveva bisogno delle vecchie e consolidate certezze: sermoni infarciti di retorica.
Finì il tè, che nel frattempo s'era raffreddato, e restò a riflettere a lume di candela. Pensò al suo vecchio, al modo che aveva di scherzare e di cercare il lato divertente in tutte le cose, anche le più toste. Era forte. Cercava sempre di strapparti un sorriso. Parris non aveva ereditato la sua leggerezza d'animo. Lui non era capace di vedere il lato divertente delle cose.
Spense le candele e uscì sul portico. Lì sedette sul dondolo a fumare la pipa.
Due giorni, pensò. Due giorni e le sorti di Arlene sarebbero cambiate. Forse. Il ragazzo avrebbe potuto anche prendere i soldi e filarsela, per quanto ne sapeva. Anche se, a dire il vero, quel sorrisetto sul finire della conversazione faceva presagire il contrario. Aveva altri programmi.
Seduto a fumare e a guardare la chiesa, Parris pregò di non aver fatto un patto col diavolo.
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