* * *
... voleva essere presentabile per la festa. Gli abiti che aveva indossato per il pranzo dai McCoy non erano malaccio, ma ci si sentiva costretto. Probabile che anche la taglia fosse sbagliata. Tarlton era di certo un ottimo medico, ma non aveva l'occhio di un sarto. E comunque, se anche gli fossero calzati a pennello, non gli andavano a genio. Quei calzoni con la riga sulle cosce e quella camicia a righine blu lo facevano somigliare a un damerino vestito per la chiesa. Voleva qualcosa di più comodo, tipo un paio di jeans. Il problema era che non aveva il becco di un quattrino. Sapeva però dove rimediarli.
Stava appunto recandosi da Meadows, lo stalliere che gli aveva offerto un lavoro, quando incrociò il signor Perkins, che quasi lo placcò.
«Mi serve un favore», disse. «Puoi badare al negozio? La mia signora sta per sgravare e se non la raggiungo finisce che mi perdo il momento.»
Aveva gli occhi lucidi e uno sguardo implorante.
«Ma io non so...» fece il ragazzo, ma già Perkins lo pigliava sottobraccio per trascinarlo verso la bottega.
«Devi solo segnare quello che prendono, pigliare i soldi e dare il resto. Facile come mettere al mondo un pupo.»
Mandò un latrato acuto e nervoso. Lo spinse praticamente oltre la soglia della bottega, gli urlò un «Grazie!» e scappò via. Il ragazzo si ritrovò ad avere addosso gli occhi dei tre avventori che stavano facendo acquisti prima che Perkins filasse via. Si avviò quindi stranito verso la cassa. Gli pareva di sognare. Una donna si avvicinò al bancone e posò gli acquisti. Il ragazzo si rese conto di non sapere i prezzi dei singoli prodotti. Guardò la donna con occhi da pesce lesso.
«Mi fai il conto?» fece la donna.
Si sforzava di sembrare garbata e il ragazzo capì di colpo che si aspettava da lui la stessa celerità che Perkins offriva abitualmente alla sua clientela.
«Veramente io non so quanto costano...»
«Dovrebbero essere due bronzi grandi e uno piccolo, a occhio e croce», fece un vecchietto che osservava il siparietto.
Il ragazzo lo guardò, poi guardò la donna.
«Siamo sicuri?» fece lei, piccata.
«Che vengo a comprare qui saranno venti primavere», disse il nonnetto. «Conosco a memoria tutto il catalogo.»
Si avvicinò con passo strascicato e spulciò la roba sul bancone. La donna non sembrò entusiasta che l'altro si immischiasse, tuttavia non replicò. Il vecchio toccò ogni prodotto con l'indice lungo e nodoso.
«Confermo, due grandi e uno piccolo.»
La donna gli rifilò un'occhiata di traverso. La rifilò anche al ragazzo, che come un baccalà fissava la scenetta. Infine si cacciò le mani in saccoccia. Tirò fuori tre bronzi, due grandi e uno piccolo, e li posò sul bancone. Prese la roba e uscì senza degnarli di un saluto, un grazie o un vaffanculo.
«Mettili in cassa, va'», fece il nonnetto. «Il pulsante per aprirla è quello... no, quello affianco. Ecco.»
Il cassetto della cassa si aprì con un ding!. Il ragazzo posò il denaro.
«Grazie», disse al vecchio. «Ti va di darmi il cambio? Sembri sapere come funziona la giostra, qui.»
«Te la cavi bene anche da solo», fece il vecchio.
«Perché non l'ha chiesto a te?»
«Perché sono vecchio e lento come una tortuga. E mi fregano sul resto.»
Il ragazzo gli rivolse un sorriso tirato. Sbrigarono in tandem gli altri due clienti e subito ne entrarono altri. Il nonnetto spiegò che, nei giorni che precedevano la festa, l'afflusso di clientela schizzava alle stelle.
«Quando pensi che ci metterà?» chiese il ragazzo dopo aver spicciato la quinta cliente della giornata.
«Perkins? Direi un po'», fece il vecchio. «Si tratta di un pupo, e non è che scivolano fuori facile, nemmeno se metti un sonaglino tra le cosce della mamma e lo agiti.»
Il ragazzo scoppiò a ridere. I clienti si voltarono verso il bancone. Videro il vecchio che sorrideva con quei quattro denti che gli restavano e il ragazzo con le mani premute sulla pancia che ragliava.
«Tu sei quello nuovo o sbaglio?» fece il nonnetto quando l'ilarità del ragazzo si esaurì.
«Non sbagli.» Il ragazzo porse la mano. «Moose.»
Il vecchio gliela strinse. «Judas.»
«Come quello che ha tradito il Messiah?»
«Proprio lui... non nel senso che io sono quel Judas, ma che il nome è lo stesso.»
Il ragazzo bofonchiò un risolino, piccolo rimasuglio dell'ilarità di poco prima. «Non è un nome comune.»
«Qua no, ma se ti sposti verso la Regione Verde ce ne trovi un fracco, e sono talmente tanti che se ne chiami uno si girano in dieci», fece il vecchio.
«È da lì che vieni, dalla Regione Verde?»
«Avevo un po' di terra, ma giusto un'antecchia, che ci potevi riempire un vaso di terracotta. Vedessi che pomodori tiravo su. Piante alte quanto te.»
«Perché sei andato via?» chiese il ragazzo mentre spicciava una cliente.
Stava prendendoci il garbo, come avrebbe detto Bonedigger.
«Il posto è bello, ma di gente non è che ce ne trovi chissà quanta», fece Judas. «E non mi andava di crepare da solo, circondato dai pomodori e dagli animali. Allora ho lasciato quel mozzicone di terra a uno che conoscevo e sono andato via. Qui ci sono capitato per caso, un po' come te. E quando mi sono accorto che mi garbava, ho deciso di restare.»
«Garba anche a me.»
«La gente è come la vedi», disse il vecchio e il ragazzo pensò che avesse sintetizzato perfettamente quello che lui stava arrivando a pensare.
Spicciarono un tizio che aveva bisogno di una corda, chiodi e altra roba di carpenteria e rimasero soli.
«Stasera c'è il falò», disse il vecchio.
«Ci vai?» chiese il ragazzo.
«Eccerto. Tu no?»
Il ragazzo annuì. «Ho aiutato anche a mettere in piedi il banco dei baci. McCoy ha detto che, se non mi vede in giro, corre a prendermi per le orecchie.»
«Allora ci vediamo stasera», disse il vecchio, staccando il gomito dal bancone.
«Mica te ne vai?» chiese allarmato il ragazzo.
«La compagnia è piacevole, ma se passo un altro minuto in questa topaia finisce che non ci arrivo a stasera, perché mi sparo prima. E poi il dottore dice che devo stare al Sole.»
Mosse un paio di passi strascicati verso l'uscita.
«Non conosco i prezzi», disse il ragazzo.
«Hai visto quello che comprano, sono sicuro che ti sei fatto un'idea. E se proprio hai dubbi, tieniti basso. Perkins neanche se ne accorgerà. Sarà tutto rintronato per via del pupo.»
Uscì e il ragazzo si accorse solo in quel momento che s'era scordato di segnare i prodotti venduti. Si augurò che Perkins ritornasse davvero stonato come aveva detto il vecchio.
Entrarono e uscirono altri clienti. Il ragazzo li sbrigò tutti e stavolta segnò i prodotti su un pezzo di cuoio chiaro e molle. Quando posò la matita accanto al cuoio, la porta si aprì ed entrò Perkins. Aveva l'aria di un angelo che avesse passato un intero week-end con il Buon Padre.
«Devi vederla, è...» agitò le mani cercando la parola giusta. «Bellissima», si arrese infine.
«È femmina?» chiese il ragazzo.
«A-ha. È grande così.»
Perkins alzò i palmi e li distanziò per mostrare al ragazzo la grandezza del fagottino venuto al mondo. Negli occhi gli si accesero due stelle. Sembrava sul punto di piangere.
«Auguri, allora», fece il ragazzo.
Perkins aggirò il bancone tutto felice e gli batté la mano sulla schiena più volte.
«Come ha girato la giostra mentre ero via? Hai avuto grane?»
«Tutto liscio», mentì il ragazzo.
«Judas ti ha dato una mano?» Il ragazzo esitò e Perkins aggiunse: «Gli ho chiesto di restare almeno un po' e aiutarti, perché potevi avere problemi a metterti in moto.»
«Sì», fece il ragazzo, «mi ha aiutato.»
«Ah, bene», fece Perkins, menandogli pacche sulla schiena con quel battipolvere che aveva per mano.
Mi ha preso per un tappeto? pensò il ragazzo.
«Hai fatto anche l'elenco, come ti avevo chiesto. Bene... ottimo!»
Era proprio su di giri. Aprì la cassa, pigliò un paio di bronzi grandi, poi pigliò la mano del ragazzo e glieli piazzò sul palmo.
«Così stasera ti ci compri quello che ti pare.»
Il ragazzo guardò allibito il denaro. Non si aspettava una ricompensa. Anzi, si aspettava semmai che si accorgesse degli ammanchi e gli facesse un cazziatone. Ma era come Judas aveva detto: Perkins era troppo su di giri per accorgersi di qualsiasi cosa.
«Ohè, che ne dici di lavorare qui per un po'? Darma avrà bisogno di riposarsi e io dovrò badare alla pupa. Ti pagherei bene, ci puoi far conto.»
«Non so...» fece il ragazzo, avvertendo nel contempo il peso del denaro che stringeva nel palmo. «Avevo in mente di lasciare la città dopo il falò.»
«Cavolo... non puoi ritardare la partenza per un po'? Un paio di giorni al massimo. Mi daresti il tempo di trovare qualcuno che mi sostituisca. Ti do cinque bronzi grandi. Sono una bella sommetta per due giorni di lavoro.»
Il ragazzo ci pensò un secondo. Cinque bronzi grandi per pigliare denaro e scrivere su un pezzo di cuoio.
«Si può fare», disse.
«Bene!» fece Perkins.
«Devo scappare», disse il ragazzo, sottraendosi appena in tempo a una dose supplementare di pacche sulla schiena.
Perkins aveva appena alzato la mano callosa. La riabbassò quando il ragazzo lo scartò, aggirando il bancone.
«Ci vediamo stasera», disse a Perkins.
«Ci puoi contare», fece il bottegaio.
Il ragazzo uscì nell'afa mattutina. Il caldo era tale che avrebbe potuto schiudere tutte le covate della città. A lasciare una padella con dentro uova e pancetta per strada, avresti avuto la colazione bella croccante nel giro di pochi minuti.
Il ragazzo si mosse tra le ombre poco rinfrescanti dei porticati, ficcò la testa in una vasca per i cavalli e tornò alla pensione dove alloggiava. Una volta al sicuro nella sua stanza, sollevò un pezzo di carta da parati nell'angolo in basso, accanto al letto, e ficcò il denaro nel buco sottostante. Forse una volta era stata la tana di un topo. Fatto sta che l'aveva scoperto per caso e gli era tornato in mente mentre prendeva la via di casa. Si sputacchio un po' di saliva sul palmo, che passò sul retro della carta da parati, poi fece aderire il pezzo svolazzante al buco, perché lo nascondesse. Rimirò il lavoro e si disse che avrebbe retto all'ispezione veloce di un occhio estraneo. Nel corso dei due giorni successivi, quel piccolo antro si sarebbe riempito di tesori. Ben sette bronzi grandi uno sull'altro. Ci si potevano comperare un fracco di robe con sette bronzi grandi. Se non fosse stato troppo giovane, avrebbe fatto un salto alla Saddle House. Il pensiero lo ringalluzziva. Le ragazze che lavoravano lì erano tutte uno schianto, almeno ai suoi occhi. Ce n'era una coi capelli rossi che lo mandava ai pazzi. Aveva una mitragliata di lentiggini sul viso e la carnagione chiara. Nell'immaginario collettivo erano fatte così le concubine dei Druidi. Il ragazzo non sapeva perché. Non lo sapeva nessuno, a dire il vero. Era una di quelle robe che passavano di bocca in bocca e che arrivavano alle orecchie di chi aveva interesse ad ascoltare certe storie.
Il ragazzo si lanciò sul letto. Le doghe del materasso mormorarono. Dabbasso si udiva rumore di stoviglie e un chiacchiericcio indistinto. La vedova Dawson preparava il pranzo.
Comincia lo show, pensò il ragazzo. Comincia lo...
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