Il diario della strega bianca

Caro Diario...

Il gentile signore da cui ti ho comprato ha detto che si comincia così. E anche se mi sento un po' stupida a parlare con un libro, quel brav'uomo sostiene che qui in molti lo fanno e che è più economico che andare da uno strizzacervelli... qualunque cosa significhi. Penso fosse una battuta, perché ricordo che ha cominciato a ridere e poi si è tossito nel pugno per dissipare l'imbarazzo quando non mi sono unita a lui. Comunque sia, la cosa mi ha incuriosito e voglio provare.

Penso che dovrei cominciare presentandomi. Mi chiamo Iyundiasa, ma tu puoi chiamarmi Charisma, Signor Diario, così eviti i nodi alla lingua. Charisma è il mio secondo nome, quello che uso quando cammino fra gli uomini. Iyundiasa è quello scelto da mia madre. Significa Falce di Luna. Mi è sempre piaciuto. Molti di noi hanno nomi che contengono riferimenti alla natura. Tra i miei fratelli ci sono aquile, serpenti e orsi che a contarli ti verrebbe sonno, e fra le donne ci sono stelle, tramonti e lune che potresti addobbarci tutti i cieli dell'universo. Ai miei avi piaceva rendere omaggio alla Madre Terra. Dicevano che tutti noi veniamo dalla terra e che ad essa ci ricongiungeremo quando il nostro ciclo si esaurirà. È una cosa che, se ci pensi, spesso tendiamo a scordare. Tra gli uomini c'è chi conduce un'esistenza... com'è quella parola? Dissipata, forse. Affrontano i giorni come se il loro ciclo fosse eterno, o comunque tanto lungo da potarsi permettere lunghe pause.

Tirano a campare.

Scusa, Signor Diario, ogni tanto mi si intrufola in bocca un'espressione di quelle che usano qui. Da queste parti è tutto un "tiriamo a campare", "che bella guagliona" e altre cose più o meno lusinghiere che a metterle per iscritto servirebbe un altro diario. Le imprecazioni sono tra le più colorite. Non riesco a pronunciarle come fanno loro (lo slang che usano è tra i più difficili che abbia mai sentito), ma so cosa significano. Un'anziana me l'ha spiegato. Mi ha anche detto: «Come siete bella, signorina, l'uomo che vi piglia avrà una ricca ciorta.» È un augurio che usano fare da queste parti, come quando dicono (questo me lo sono fatto scrivere): «Ata campà cient anne», che tradotto sarebbe: ti auguro di vivere per cento inverni. Un po' misero come augurio. Se lo rivolgessi a uno dei miei fratelli, come minimo mi girerebbe la faccia.

Oh, e prima di congedarmi da lei, l'anziana mi ha detto: «Auguri e figli maschi», come se una femmina fosse una sciagura. Dovrebbero migliorare in fatto di auspici. Diamogli tempo, Signor Diario. C'è speranza per tutti, diceva mia madre.

Una cosa in cui sono bravi (e non me l'aspettavo davvero) è nel corteggiare le donne. Ti fanno sentire importante. Ogni tanto esagerano. L'esuberanza prende il sopravvento e sconfina lì dove un uomo non dovrebbe mettere piede, a meno di non volersi beccare un calcio lì dove non arriva la luce del Sole. Ma se vuoi la mia, Signor Diario, non lo fanno con cattive intenzioni. Hanno solo il sangue caldo. Questa gente ha passione da vendere, poco ma sicuro. Si tengono per mano, si abbracciano e si baciano in continuazione. Roba da colla sulle labbra. Dei posti che ho visitato finora, questo è quello dove mi fermerei più a lungo. Non ti nego, Signor Diario, che la pensata di sistemarmi qui l'ho fatta. Il paesaggio è da mozzare il fiato: una cartolina. Il mare è lindo che sembra finto ed è pieno di pesci. Ci sono piccole barche che vanno e vengono, reti e pescatori. Uno di loro mi ha persino presa a bordo. Abbiamo fatto una breve traversata ed è stata un'esperienza che non dimenticherò tanto presto. Il pescatore era abbronzato e quando sorrideva metteva in mostra una fila di gengive dalle quali spuntavano pochi denti. Il suo accento era talmente marcato che ogni due parole mi strappavano un sorriso.

Mi ha parlato delle isole qui intorno e mi ha invitato a visitare le bellezze di questa terra così ricca di verde e di gente. Dice che c'è un posto che chiamano Sentiero degli Dei. È una bella passeggiata, circa dieci chilometri, ma a sentire lui ne vale la pena. Dice che c'è una vista da mozzare il fiato. Vedendo quanta bellezza mi circonda, non stento a crederlo. Penso che ci andrò e poi ti racconterò. Magari ti porto con me e disegno qualche scorcio. Sono piuttosto brava. Non una Rembrandt, ma dammi tempo e ti divento abile come questi artisti di strada che ci sono qui. Vedessi che razza di opere d'arte fanno, Signor Diario. L'altra sera ne ho visto uno che faceva ritratti. Volti in bianco e nero. Aveva un cavalletto con un blocco da disegno fuori misura appoggiato sopra. La matita si muoveva con una scioltezza che, a guardarlo, m'è venuta un'invidia... era come una danza o il volo di una farfalla. E disegnava lì, davanti a tutti. Io sarei morta di vergogna. E c'era gente che si fermava a guardare. Io ero tra i guardoni e ho visto il volto di una donna bellissima prendere forma lentamente. E non aveva neanche una foto o un modello, andava a memoria! Cos' 'e pazz', Signor Diario.

La cosa curiosa era quella specie di ciotolina ai piedi del cavalletto. La gente ci metteva dentro le monete, un po' come un'elemosina. È una cosa che fanno in molti. Ho visto parecchi tizi suonare la chitarra e usare il fodero come il ritrattista usava la ciotolina.

E il cibo che hanno! Devo parlartene. È tutto talmente saporito che quando cominci non vuoi più smettere. Stamattina ho mangiato che il cameriere si sarà chiesto da quanto tempo non mettevo qualcosa nello stomaco. Quasi mi preparava un pranzo al sacco. Hanno certi dolci che chiamano babà (hanno una forma un po' equivoca, ma ti assicuro che se ne assaggi uno ti ritrovi a riempirti la pancia che devono portarti via a forza per farti smettere), e una specie di focaccia che chiamano pizza e che cucinano in mille modi diversi. Ti assicuro che è la cosa più buona che abbia mai assaggiato. Potrei mangiarne un paio al giorno. Il problema è che dopo dovrei farmi un guardaroba nuovo. Sono qui da cinque Lune, e se per le prossime due o tre continuerò a mangiare come sto facendo, mi toccherà scalare un paio di buchi alla cintura.

Per smaltire le tante abbuffate ho deciso di intraprendere quella camminata che il pescatore mi ha consigliato. Un Hynafol sul Sentiero degli Dei. È una cosa che non si vede tutti i giorni. Quando ho chiesto al barcaiolo il perché di quel nome, quello mi ha raccontato una leggenda secondo cui, per creare questa bellissima terra, il Buon Padre si convinse a donare agli uomini un pezzo di Paradiso.

Nel caso te lo stia chiedendo, Signor Diario, Paradiso è il nome con cui la gente di qui chiama la Radura.

Una leggenda interessante. Ne hanno molte da queste parti. In alcune riesco a udire l'eco del nostro quando. Probabilmente perché questi due mondi, quello al quale appartengo e questo al quale sento che potrei appartenere, hanno in comune più di quanto il mio occhio veda. E non mi riferisco solo alle leggende, che traboccano di oracoli, streghe, fantasmi e sirene. Dicono che queste coste abbiano visto passare il Ramingo. La leggenda vuole che sia passato da qui mentre cercava di tornare dalla sua sposa e che abbia trovato ad attenderlo le sirene, che col loro canto provarono a fermarlo. La nostra versione è un po' diversa, ma coincide sotto parecchi aspetti. Per come la conosco io, le sirene recitano iatture che fanno colare a picco navi e impazzire marinai. E questo perché le sirene sono le streghe del mare, o qualcosa del genere. Non ricordo bene in realtà, è una leggenda vecchia e stravecchia. Come direbbero qui: ha fatto la muffa. Mia madre me la raccontava quand'ero piccola come un fagiolino.

Ora ti lascio, Signor Diario. Bussano alla porta. Sarà il servizio in camera. Ho ordinato una pizza perché sono troppo stanca per andare fino alla locanda dell'altra sera. Oggi pomeriggio ho girato tutta la città: vicoli, vicoletti, salite e discese e ho comprato tanta di quella roba, per me e i miei fratelli, che non so come farò a portarla con me. Ho comprato, fra l'altro, una macchina fotografica. Te ne parlerò un'altra volta, che sennò la pizza si fredda, e non c'è peccato più grande, da queste parti, che far freddare una pizza.

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