4
«Poker d'assi», disse Isaiah.
Scoprì le carte con un ghigno che gli arrivava fin dietro le orecchie.
«Sto giocando con un baro e un rottinculo», fece Richie, lanciando sul tavolo le proprie carte.
Aveva una misera doppia coppia.
«E tu che c'hai, mano lesta?» chiese a Jericho.
Jericho fissava un punto alle spalle di Richie. Il curatore guardò dalla stessa parte, poi fissò Richie e alzò le spalle.
«Amico, tutto okay?» chiese Richie.
«Lo sentite?» fece Jericho.
«Il vento? E sì, mica sono sordo.»
«Non il vento.»
«E cosa?»
Jericho inclinò la testa nel modo in cui usi fare un cane. «Ѐ qualcos'altro.»
Richie e Isaiah si misero in ascolto. Il saloon era ragionevolmente silenzioso. Il vento ululava. La sabbia crepitava all'esterno.
«Io non sento...» fece Richie, ma poi il vento smise di gemere per un secondo e lo udì.
Era come l'urlo di un porco scannato. Durò un secondo, ma lo udirono tutti nel saloon. Molte facce si fissarono con aria stralunata.
«Che cazzo era?» chiese Richie.
Jericho assunse un'aria seria. «Invasati», mormorò.
Richie e Isaiah sussultarono.
«Cristo Onnipotente», fece Isaiah.
Qualcosa colpì i pesanti battenti esterni che schermavano l'ingresso. I tonfi risuonarono per tutto il saloon. I presenti saltarono sulle sedie.
«Chi è lo stronzo che se ne va in giro con questo tempo?» fece Isaac e aggirò il bancone.
«Fermo», disse Jericho.
Isaac si bloccò. «Mica posso lasciarlo fuori.»
«Fa' come dice», disse Richie.
Una gragnuola di colpi fece tremare una parete. Un sottile panico iniziò a serpeggiare tra gli astanti. Un tizio si avvicinò alla finestra e posò la mano sula maniglia. Uno sparo echeggiò nel saloon. Ci fu un fssst come il sibilo di un serpente e qualcosa bucò il legno sopra la maniglia. Piccole schegge schizzarono in tutte le direzioni. Il tizio tirò indietro la mano e fissò il foro grande come il buco del culo di un chihuahua. Si voltò e vide un uomo, seduto a un tavolo con Tootsie e il curatore, che impugnava un revolver. Un filo di fumo saliva dalla canna dell'arma.
«Posa il culo su quella sedia», disse Jericho.
L'uomo mostrò i palmi, rinculò e sedette.
«Nessuno muova un muscolo», disse Jericho. Gli occhi gelidi passarono in rassegna i presenti. «Lì fuori c'è un manipolo di invasati.»
Gli astanti e le puttane risucchiarono aria. Una gragnuola di colpi fece tremare le imposte di legno.
«Che facciamo?» chiese Richie.
«Ci prepariamo a combattere. Quante armi abbiamo?» chiese Jericho.
«Isaac ha un fucile», disse Richie e interrogò Isaac con un'occhiata.
«Ho anche una sei colpi», disse Isaac. «Ma sono a corto di munizioni.»
«Io ho una Derringer», disse Isaiah.
«Con quella ci uccidi le zanzare», fece Richie.
«Meglio che niente.»
«Qualcun altro è armato?» chiese Jericho, occhieggiando le facce nel saloon.
«Io ho un coltello», fece un tizio.
«Io pure», disse un altro.
«Pistole?»
Nessuno rispose.
«Andiamo bene», mormorò Richie.
«Ci faremo bastare le nostre», disse Jericho.
«Quanti sono?»
«Gli invasati? Più di un paio. Ma potrebbero essere aumentati strada facendo.»
«Di che stai parlando?» fece Isaiah.
Jericho gli spiegò, poi aggiunse: «Credevo di avere più vantaggio e che la tempesta avrebbe cancellato l'odore e le tracce prima che mi raggiungessero.»
«Non è che sfondano le imposte?» chiese Richie.
«Probabile. State pronti a tutto», fece Jericho. «Se entrano, come prima cosa proveranno a contaminarci. Copritevi la bocca e serrate le chiappe.»
«Come, le chiappe?»
«Se non riescono a passare dal davanti, ci provano da dietro.»
«Nel senso che ti inchiappettano?» Jericho annuì. «Mi prendi per il culo?»
«Io no, ma quelli di fuori ti assicuro che non ci pensano due volte.»
«Dobbiamo dirlo agli altri», fece Isaiah.
Richie annuì e guardò Jericho.
«I comizi non sono il mio forte», disse Jericho.
«Dopo quel colpo di precisione hanno tutti una fifa che se scoreggi si fiondano sotto il tavolo», fece Richie. «Se parli, ti ascoltano.»
Si alzò, salì sulla sedia, si infilò due dita in bocca e mollò un fischio. Tutti si voltarono a guardarlo.
«Piantatela un po' di cacarvi addosso e ascoltate», disse. «'sto tizio qui», e indicò Jericho, «ha qualcosa da dirvi, perciò aprite le orecchie.» Smontò dalla sedia. «Sono tutti tuoi.»
Jericho si alzò e raschiò un colpo di tosse dal fondo della gola.
«Quegli invasati... non so quanti sono, ma so quello che possono fare. Se dovessero entrare, state attenti a non farvi contaminare. Gli basta sputarvi in bocca e nel giro di pochi minuti vi trasformate in uno di loro.»
Un brusio si diffuse tra i presenti. Qualcuno si levò il cappello per grattarsi la testa. Qualcun altro fece una smorfia schifata.
«Sono rapidi», continuò Jericho, «e non abbiamo abbastanza armi per respingerli, ma ci faremo trovare pronti.» Si rivolse a Isaac. «Ho paura che dovrai sacrificare parte del mobilio.»
«Nel senso?» chiese Isaac.
«Qualche sedia. Prendiamo le gambe e i legni dello schienale.» Guardò gli astanti. «Useremo i coltelli di quei tizi per fare la punta ai legni. Mettiamoci al lavoro.»
«Avete sentito?» urlò Richie e batté le mani un paio di volte. «Prendete tutti una sedia e sfasciatela. Poi pigliate i legni e temperateli. Voglio dei paletti che ci si possono appizzare i coglioni di un gigante.»
I presenti si misero all'opera. Nel giro di pochi secondi il saloon si riempì del suono di legni sfasciati. Chi contro il pavimento, chi contro i tavoli, ognuno fece a pezzi una sedia. Recuperarono i legni e i proprietari dei coltelli iniziarono ad acuminarne un paio.
«Bel discorso», fece Richie, avvicinandosi a Jericho. «Ma hai mancato la parte in cui gli spieghi che se non beccano il davanti ci provano da dietro. E senza vaselina.»
«Non so cosa sia 'sta vaselina, ma ho pensato che erano già abbastanza tesi così», disse Jericho.
«Mi sa che hai ragione. Isaac, che ne dici di un giro di bionde?»
«Meglio di no», fece Jericho. «Dobbiamo restare lucidi. Ma qualcosa da masticare lo gradirei.»
«Vedo cosa c'è in dispensa», disse Isaac.
Girò i tacchi e si allontanò.
«Dici che la sfanghiamo?» chiese Richie.
«Ma come accidenti parli?» fece Jericho.
«Da dove vengo io si parla così.»
«E dove sarebbe, sulla Luna?»
«Un po' più giù. Texas.»
«Ѐ una colonia del Sud?»
«Non proprio. Era parte della Vecchiamerica.»
Jericho lo fissò a lungo. «Non puoi essere così vecchio», disse infine.
«A dire il vero non lo so manco quanto tempo è passato da quando...»
Parve incepparsi di punto in bianco.
«Da quando...?» lo incalzò Jericho.
«Ѐ successa una roba strana. Cioè, strana per i bei vecchi tempi, quando vampiri e morti viventi li vedevi solo alla tv... al diavolo, te la racconto come me la sento. Ero in veranda a fumare, bere e guardare le stelle. Mentre sono lì che cerco di sbronzarmi, ti vedo una specie di cometa. Aveva lo strascico rosso e veniva giù a razzo. La vedo fare di qua e di là come se c'era un ubriaco alla guida. Fa i suoi giri da uccello ubriaco e alla fine si schianta nei boschi. Vedo un lampo rosso e sento un botto lontano, come un pugno su una parete imbottita.
«All'inizio non so che fare, se chiamare lo sceriffo, la guardia nazionale o il fottuto esercito degli Stati Uniti. Resto lì a fissare i boschi che stanno a uno schizzo di piscio da casa mia, e alla fine mi decido ad alzare le chiappe e andare a vedere. Prima però faccio un salto dentro e piglio il canne mozze, non si sa mai, e una manciata di proiettili. Piglio pure una torcia. Ho un buon senso dell'orientamento e, andando a naso, sono riuscito a trovare il punto dove era caduta la cometa.
«La vedo da lontano che lampeggia come un semaforo a un incrocio di notte, e quella luce rossa non mi piace manco un po'. E poi c'è qualcosa di strano, che all'inizio non riesco a inquadrare ma che poi mi salta subito all'occhio: c'è troppo silenzio. Non è che mi aspettavo un festino ma, quando di sera mi mettevo di fuori, capitava sempre di sentire qualche bestia e persino di vederla. Quella sera, invece, avevo fatto un fracco di strada senza vedere né sentire un cazzo e la cosa mi mette un bel po' di strizza in corpo, mi spiego? Allora stringo il fucile, mi avvicino e vedo che quella non è una cometa manco per il cazzo. Non che ne ho mai vista una, ma penso che su una cometa non ti ci puoi mica specchiare, e io vedevo la mia immagine riflessa. Era tutta storta, come quelle che vedi negli specchi matti dei luna park. E quel bagliore rosso, che non capisco da dove cazzo viene, mi fa venire il mal di testa. E mi accorgo che mi fa male davvero, la testa, e c'ho pure lo stomaco che sembra tutto rimescolato.
«Abbasso il fucile, mi sporgo di lato e vomito la cena. La testa mi fa come un tamburo africano e allora mi siedo un secondo, pure perché le ginocchia mi tremano. E mentre sono lì, che mi chiedo che cazzo sta succedendo e che cazzo è quel coso che sembra una palla da demolizione tutta lucida come una boccia da bowling, la luce rossa si spegne e con lei pure il mio mal di testa. La palla vibra e un puntino bianco, tipo quello che vedi quando spegni certe tv vecchie come il cucco, compare sulla superficie. Diventa poi sottile come uno spillo e si allunga, sopra e sotto, e sembra come se qualcuno sta tagliando in due quella palla con un bisturi.»
«Un che?» chiese Jericho.
«Una specie di coltello», tagliò corto Richie. «E da quel taglio, dritto come l'erezione di un marmocchio, esce una luce bianca che a guardarla ti viene da chiederti che diavolo ci sta in quella palla e che ti può fare se esce fuori. E mentre me lo chiedo, un raggio sottile come la punta di una matita esce fuori e inizia a fare su e giù, destra e sinistra. Si muove in fretta e sulle prime non riesco a capire che diavolo combina, ma poi mi diventa chiaro che sta disegnando.»
«Disegnando?» chiese Jericho.
«A-ha», rispose Richie.
«E che disegnava?»
«Un ometto. Ma ha disegnato solo il contorno. Dentro era vuoto. Finito il lavoro, si è ritirata nella sfera e l'interno dell'ometto ha iniziato a riempirsi. Ho visto apparire la faccia, la pelle e il resto. Sembrava uno di quei disegni fatti con l'inchiostro simpatico, che viene fuori quando ci avvicini la fiamma di un cerino.»
Jericho non aveva idea di cosa fosse l'inchiostro simpatico, una tv o una boccia da bowling, ma tenne il becco chiuso. Richie sembrava molto preso, come se si sforzasse di ricordare ogni dettaglio prima che gli sfuggisse, e non voleva interromperlo ancora.
«E mentre diventa nitido, gli punto addosso la torcia e vedo che non è umano manco per il cazzo. Ha gli occhi tutti neri e il naso non esiste. Al suo posto ci stanno due fori piccoli come il buco del culo di un colibrì. E la bocca è una linea sottile che quasi non riesci a vederla. La pelle è di un grigio spento, come quella di un topo, ha quattro dita per mano e non un solo pelo su tutto il corpo.»
«Stai descrivendo un Grigio», disse Jericho.
«Noi li chiamavamo alieni di merda», fece Richie, «ma è lo stesso. Quello che ho visto io era alto come uno dei sette nani, ma era di sicuro imparentato con quegli altri spilungoni che vedi in giro da 'ste parti di tanto in tanto. Non ti sto manco a dire che per poco non mi prendeva un colpo quando ho capito che c'avevo davanti un alieno del cazzo, anche se all'inizio ho pensato a uno scherzo, tipo un tizio con un vestito di carnevale. Ma poi ho notato che la pelle era troppo tirata e aderiva a quelle quattro ossa come un preservativo su un cazzo in tiro. E poi era troppo magro. Mai visto nessuno così magro, manco i marmocchi dell'Africa che si vedono alla tv in quelle pubblicità strappalacrime.
«Continuavo a tenergli addosso il raggio della torcia e la mano ha iniziato a tremarmi. Lui non si muoveva. Manco pareva che respirava. Poi negli occhi è passato un riflesso e ho sentito una scarica in testa. Mi è passata davanti un'immagine, poi un'altra ancora. Mi sembrava di avere in testa uno di quegli aggeggi che sparano diapositive. Ho visto deserti, colline, cascate, città e un fracco di altre robe. La torcia mi è caduta di mano mentre quelle diapositive continuavano e non so come, ma ho capito che era quel nano grigio a spararmele in testa. Stavo vedendo cose che aveva visto lui, e per qualche motivo me le stava mostrando.
«Le immagini sono andate avanti per un pezzo, finché il nanetto non ha iniziato a barcollare, e si sono interrotte quando lui è caduto a faccia in giù. Quando è andato a terra sono rimasto lì a illuminarlo e l'ho visto cambiare colore. La pelle è diventata pallida come il pelo di un orso polare. Poi il corpo ha iniziato a dissolversi. Pezzi di pelle si staccavano e salivano in cielo, come ceneri su per lo sfiato di un camino. Quando è scomparso, mi sono alzato e mi sono avvicinato a quella palla.»
Richie scosse la testa con fare pensoso.
«Al diavolo. Non potevo farmi i cazzi miei? Quella cazzo di cosa aveva ancora quel taglio dal quale usciva la luce bianca. Quando mi sono avvicinato, una specie di ventaglio di luce è schizzato fuori e mi ha avvolto. Quello che è successo dopo non lo so. Ho aperto gli occhi e davanti a me c'era la palla, ma intorno c'era la sabbia invece che gli alberi ed era giorno.»
«L'hanno trovato a poche ruote da qui», disse Isaiah. «E per poco non ci resto secco quando vedo quell'affare tondo come una palla d'acciaio.»
«Che razza di storia», fece Jericho.
«E mica è finita», riprese Richie. «Mi hanno portato qui, e a qualcuno gli è venuto in mente di tornare indietro per vedere se riusciva a prendere la palla. Una trovata del cazzo. Gli ho pure detto che mi aveva rapito e mollato qui, ma non hanno cambiato idea. Hanno pigliato cavalli, carretti e corde e sono schizzati via, ma quando sono arrivati a destinazione, quell'affare non c'era più.»
«Tanto meglio, non credo sarebbero riusciti a spostarlo di un metro. Pareva pesare quanto il testicolo di un gigante», disse Isaiah.
«Secondo voi che fine ha fatto?» chiese Jericho.
Richie e Isaiah scrollarono le spalle.
«Una cosa è certa, le storie che raccontano sui Grigi sono vere. Possono viaggiare attraverso il tempo e le dimensioni», fece Isaiah. «Richie ne è la prova.»
«La vita che avevo non era un granché. Ero sempre in bolletta, facevo un lavoro di merda e non scopavo manco se pregavo in cinese, ma almeno non c'erano mostri smaniosi di incularmi», disse Richie.
I tizi che appuntivano i legni avevano lasciato il posto ad altri due. Presero i legni su cui avevano lavorato con tanto impegno e raggiunsero Jericho.
«Vanno bene?» chiesero, mostrandoglieli.
Jericho ne prese uno e se lo rigirò in mano. Erano rozzi ma ben appuntiti. «Perfetti», disse, restituendo il legno.
I due tizi girarono i tacchi soddisfatti.
«Ho sentito di un aggeggio», fece Jericho. «Dicono si trovi nelle Terre del Sud, al centro di un crocicchio. L'hanno costruito i Grigi, e pare lo usassero per viaggiare.»
«L'ho sentita pure io, 'sta storia», disse Richie. «Ma mica è vera.»
«Chissà. Ma se lo fosse, potresti usare quell'affare per tornare al tuo quando.»
Richie sospirò. «Mi manca, casa mia. È una baracca di merda col tetto scassato e il cesso che perde, ma mi manca come al coglione destro manca il sinistro.»
«Potrei avere bisogno di una mano, su quelle montagne», disse Jericho. «Se mi aiuti a trovare quella tomba, io aiuto te a trovare quell'affare che può riportarti a casa.»
«La tua tomba esiste – sempre che alla sciamana non gli è partita qualche rotella – mentre quel coso alieno mica lo sappiamo se c'è davvero.»
«Scommetto che pensavi lo stesso dei Grigi, prima di vederne uno.»
Richie gli mostrò il miglior broncio in repertorio.
Jericho abbozzò un mezzo sorriso. «Allora?» chiese.
«Allora che?» fece Richie.
«Affare fatto?»
«Pensiamo prima a uscire vivi da questo casino e poi vediamo.»
Gli astanti misero insieme un discreto numero di legni appuntiti. Parevano pronti per una caccia ai vampiri. Finito il lavoro, mangiarono. Isaac aveva della carne secca. Tutti ebbero di che riempirsi lo stomaco. E con un boccale di birra, scendeva giù che era un piacere.
Attesero l'evolversi degli eventi giocando a carte, scopando le puttane, chiacchierando e dormendo. Gli invasati continuavano a picchiare, prendendosi delle pause tra una scarica e l'altra. Jericho e gli altri sentivano i guaiti strozzati che si confondevano con gli ululati del vento. Era una litania che ti mandava in corto il sistema nervoso.
Il resto della giornata trascorse lenta. Quando l'orologio a muro annunciò ai presenti che erano le 22.00, pareva passato un secolo. Dopo l'arrivo degli invasati il tempo si era dilatato come una calza di nylon tirata da ambo i lati. La testa di Jericho prese a ciondolare e Richie gli propose di fare un sonnellino ristoratore.
«Non mi dispiacerebbe», fece Jericho.
«Se abbiamo bisogno, ti faccio un fischio», disse Richie.
Jericho si alzò. «Se quelli entrano, non avrai tempo di fischiare.»
Raggiunse la scala e salì di sopra. Le porte erano tutte chiuse. Dietro la porta numero uno c'erano un tizio e una puttana che si divertivano. Sentiva gemere le molle del letto e i tonfi della testiera contro la parete.
Buon per voi, pensò. Spostandosi lungo la passatoia superò la porta numero due (non sarebbe mai riuscito a dormire con quei due che facevano casino dall'altra parte) e raggiunse la porta numero tre. La aprì. Nella stanza, arredata in modo spartano, c'era un tizio. Era steso sul letto, una mano sulla pancia che si alzava e abbassava in lenti cicli. Per come ronfava avresti detto che avesse ingoiato un facocero.
Jericho si avvicinò al letto e mollò un calcio al materasso. Il tizio grufolò come una scrofa, ma non si svegliò.
Troppo stanco per le buone maniere, Jericho lo afferrò per il colletto della camicia a quadri e lo tirò giù. Il tizio atterrò di faccia, mollò una serie di grugniti e si svegliò.
«Che cazzo...» biascicò.
Sollevò il grugno e vide Jericho.
«Cazzo hai che non va?» chiese, tirandosi poi su con fare bellicoso.
Jericho estrasse un revolver e glielo spianò sotto il naso. Il tizio si congelò sul posto, alzò le mani e biascicò qualcosa che somigliava a delle scuse.
«Fuori dai piedi», disse Jericho.
Il tizio si mosse come un gambero, le mani alzate. Aggirò Jericho e schizzò via. Jericho chiuse la porta, rinfoderò la sei colpi e slacciò il cinturone. Lo appese alla testiera del letto e si lasciò cadere sul materasso, che lo accolse con un sospiro di molle. Dopo essersi calato la tesa del cappello sul viso, chiuse gli occhi e attese di sprofondare in un sonno ristoratore.
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