21
Richie aprì gli occhi e biascicò qualcosa.
«Ho come l'impressione che tu stia cercando di dirmi qualcosa», disse Jericho.
«Accosta», fece Richie.
«Che?»
«Ferma 'sta lattina del cazzo o giuro che ti rifaccio gli interni...»
Un singhiozzo lo scosse e Jericho comprese quale fosse il problema. Inchiodò e Richie si catapultò fuori giusto in tempo. Isaiah disse: «Perché ci siamo fermati?» e Richie gli rispose con una serie di conati e spruzzi di residui organici.
«Ecco perché», disse Jericho.
«Che c'ha? Sta male?» chiese Isaiah.
«È solo ciuccio. Si è scolato quasi tutta una bottiglia.»
Richie esaurì gli ultimi conati a vuoto e si ripulì la bocca col dorso della mano. Scalciò un po' di sabbia sulla pozza di vomito e si voltò a respirare con le mani poggiate sulle cosce.
«Perché diavolo ti sei bevuto un'intera bottiglia?» fece Isaiah.
«Volevo battere un record», fece Richie, e sputò un grumo di saliva.
Montò in auto e ripartirono.
«Mica hai una mentina?» chiese a Jericho.
«Spiacente, mi sa che dovrai tenere la bocca chiusa fino alla prossima sosta», disse Jericho. «Non mi aspetto che tu ci riesca, ma lo apprezzerei.»
Richie sogghignò. «Forse c'è un altro modo», disse.
L'altro modo era prendere il posto di Isaiah sul portapacchi. Richie sentiva che se avesse continuato a confrontarsi con la nuova personalità di Jericho avrebbe finito per sclerare. Un cristiano può abituarsi praticamente a tutto, se non ha alternative e gli concedi un po' di tempo, ma c'è comunque un limite oltre il quale non riesce a spingersi. E il limite di Richie erano quelle due personalità fuse in una.
Si sistemò sul portapacchi e si infagottò nel poncho. Con un po' di fortuna sarebbe riuscito anche a schiacciare un pisolino. Gli avrebbe fatto solo che bene. In testa aveva una fottuta tribù di indigeni che schiaffeggiava le pelli di un milione di tamburi.
Si lasciò cullare dal brontolio del motore e dalle vibrazioni della carrozzeria fino ad addormentarsi. Sognò un tizio con una faccia come un quadro di Picasso. Aveva due bocche, quattro occhi e due nasi che si accavallavano in un'orgia scombinata. Intuì gli occhi di Jericho, freddi e azzurri come ghiaccio, e il sorriso da bandito di zio Jacky.
Si svegliò con il cuore che scalpitava come un puledro.
Cristo, io qui ci resto secco, pensò.
Si accorse che stavano rallentando. Udiva il motore che diminuiva di giri. Si voltò e vide una di quelle formazioni rocciose a forma di arcata dentale. Jericho accostò e smontò con Isaiah.
«Perché ci fermiamo?» chiese Richie.
«Più avanti c'è una città», disse Jericho. «Ho pensato fosse meglio nascondere l'auto.»
«Grande idea», disse Richie, saltando giù. «Magari sarà una domanda scema...»
«Non preoccuparti, ci siamo abituati», disse Isaiah.
Richie gli mostrò il medio e continuò. «... ma come le paghiamo le provviste se non c'abbiamo manco il becco di un quattrino?»
«E chi l'ha detto?» fece Jericho.
Si ficcò una mano in tasca e ne cavò una manciata di bronzi grandi.
«All'anima», fece Isaiah.
«Dovrebbero bastare anche per un pasto decente», disse Jericho.
Richie si leccò le labbra al pensiero di una bistecca o di un piatto di fagioli al sugo.
Jericho nascose l'auto. La dentiera rocciosa curvava sul margine destro, dove c'era una concavità. Jericho ci infilò dentro l'auto.
Sistemata Isy, si avviarono a piedi.
«Dici che avanza qualcosa per una presa di tabacco da quel tuo malloppo?» chiese Richie, mentre la città si stagliava come un miraggio.
«Forse», disse Jericho.
La città somigliava a Golgota, ma era più grande. Al grosso arco, che era l'ingresso, ci avevano affisso un cartello di legno con su scritto BENVENUTI A FRESNO.
«'spetta», fece Richie, «Fresno in California? Quella Fresno?»
Jericho e Isaiah lo guardarono senza capire.
«Lascia perdere, fate conto che ho parlato cinese. Piuttosto, invece che guardarmi come due stoccafissi, date un'occhiata a quello.»
Indicò un secondo cartello affisso a un palo di legno. Si trattava di un'ordinanza. Chiunque entrasse in città doveva passare dall'ufficio dello sceriffo.
«Andiamo a conoscere lo sceriffo», disse Jericho.
«Sicuro che è una buona idea?» fece Richie.
«Per mezza giornata e un'antecchia che dovremo stare qui, mi piacerebbe non avere rotture.»
Entrarono in città. La Via Maestra era vivace. C'erano signore con vaporosi vestiti corredati di cappello che passeggiavano strette al braccio del marito, cavalieri che salutavano gente appiedata toccandosi la tesa del cappello, bambini che giocavano a rincorrersi e vecchi bacucchi che cazzeggiavano in veranda ruminando tabacco o fumando una sigaretta arrotolata alla buona.
«Non c'è che dire, proprio una bella cittadina», fece Isaiah.
«Vedi se gli serve un topo di biblioteca», disse Richie.
«Se è sempre così, ci metterei la firma.»
Jericho si avvicinò a un uomo barbuto e chiese di indicargli l'ufficio dello sceriffo. L'altro lo squadrò per bene, poi fece lo stesso con Isaiah e Richie.
«In fondo alla via», disse senza smettere di fare su e giù con gli occhi.
Jericho si pizzicò la tesa del cappello come ringraziamento e lo oltrepassò. Isaiah e Richie lo seguirono sentendo gli occhi dell'uomo sulle scapole.
Lungo la strada incontrarono altri sguardi curiosi. Un paio di fanciulle guardarono Jericho e una mormorò qualcosa all'altra, che sorrise maliziosa. Quando passarono nei pressi del saloon, dalla balconata del secondo piano spuntò una donna con una sottoveste e un corpetto così stretto che le tette le andavano per tonsille. Richie buttò un occhio e quella urlò: «Tesoro, ti va di divertirti?», poi si sporse dalla balaustra e allargò la scollatura del corpetto per offrire una panoramica della mercanzia.
«Scordatelo, non abbiamo abbastanza bronzi», disse Jericho all'amico.
Richie distolse lo sguardo, chinò la testa e inclinò la tesa del cappello sugli occhi.
Il portico del saloon ospitava diversi tizi. Tutti si concentrarono sui tre stranieri. Più in là, a trenta passi, c'era l'ufficio dello sceriffo con annessa gattabuia. Jericho sostò innanzi alla porta di solido ferro e bussò con la base del pugno. Venne ad aprire un vecchio con una barba bianca curata, robusto e dagli occhi lucidi come per il riflesso di una febbre in via di smaltimento. La stella sul petto era linda come l'anima del Buon Padre.
«Desidera?» chiese, guardando Jericho negli occhi.
Aveva una voce profonda.
«L'ordinanza», fece Jericho.
Lo sceriffo si fece da parte e li guardò entrare. Richie gli rivolse un tentativo di sorriso, ma l'uomo glielo cancellò inviandogli un cipiglio, poi chiuse la porta e chiese: «Come mai da queste parti?»
«Siamo di passaggio», fece Jericho.
«E quanto vi fermate?»
«Sloggiamo domani, di primo mattino.»
L'uomo annuì. Il cipiglio parcheggiato sul suo viso si inasprì quando vide la Glock che Richie teneva in cinta. Rivolse un'occhiata interrogativa a Jericho.
«Sembra una roba che potrebbe usare un Grigio, eh?» fece Jericho.
«È proprio quello che stavo pensando», disse l'uomo.
Se avesse corrugato ancora un po' la fronte, la pelle gli si sarebbe crepata come la carta di un vecchio papiro.
«Vuole che consegniamo le scacciacani?» chiese Jericho.
«Le cosa?»
«È così che chiama le pistole», spiegò Richie.
«Oh...» Lo sceriffo li soppesò con lo sguardo per qualche istante, poi disse: «Mi basta che state lontano dai guai. Ho tre celle vuote, qui dentro, e se mi costringete a schiaffarvici dentro...»
«Saremo tre angioletti», disse Jericho.
Si pizzicò la tesa del cappello e girò i tacchi. Isaiah e Richie lo seguirono. Una volta fuori decisero di fare una capatina all'hotel che avevano visto lungo la Via Maestra. Entrarono e raggiunsero il bancone. L'uomo coi baffi impomatati e il panciotto a righe li accolse con un rapido inchino del capo.
«Quanto per una stanza?» chiese Jericho.
«Due bronzi grandi», fece l'uomo.
«Perché parla come se c'avesse una scopa ficcata nel culo?» sussurrò Richie a Isaiah.
Il curatore gli mollò una gomitata.
«Ce l'avete una matrimoniale?» chiese Jericho.
L'uomo si irrigidì. Squadrò Jericho e i due alle sue spalle con le labbra contratte di chi ha assaggiato una fetta di limone.
«Perché ho come la sensazione che si sta immaginando noi tre che facciamo a cuscinate prima di inchiappettarci a turno?» mormorò Richie.
«Piantala», sibilò Isaiah.
«È solo per una notte», fece Jericho, «e mi sembra assurdo sperperare sei bronzi grandi.»
«Volete dormire tutti e tre... insieme?» chiese l'uomo.
Jericho si cavò di tasca tre bronzi grandi e li posò sul bancone. «Domattina sloggiamo alla chetichella.»
L'uomo guardò il denaro. Ci pensò un secondo, lo radunò in una mano, mise due bronzi in cassa e si ficcò quello supplementare in tasca, con una nonchalance invidiabile.
«Una firma qui, prego», disse, sospingendo il registro verso Jericho.
Jericho prese la penna accoccolata nell'incavo tra le pagine e scrisse in uno spazio vuoto. L'uomo girò il registro e lesse.
«Clint... Eastwood.»
Richie si morse il labbro inferiore, scoprì che non riusciva a trattenere un sorriso e si girò ad ammirare il mobilio e la carta da parati. L'uomo si voltò e prese una chiave tra quelle appese ai ganci.
«La camera è al secondo piano, signor Eastwood, in fondo al corridoio. Avete bagagli?»
«Due e belli grossi», fece Jericho, spolliciando verso Isaiah e Richie alle sue spalle, «ma si trascinano da soli.»
Prese la chiave e raggiunse le scale mentre l'uomo lo fissava con un sopracciglio sollevato.
«Clint Eastwood...» mormorò Richie, scuotendo la testa e senza smettere di sorridere.
Seguirono Jericho al secondo piano dell'hotel. La camera era ampia. C'erano un letto a due piazze addossato alla parete e una finestra che dava sulla Via Maestra, una vasca, uno specchio con un catino e una brocca e il vaso da notte. In un angolo c'erano anche un tavolino e una sedia. La carta da parati era di un giallo tenue, con ghirigori verde acqua intrappolati all'interno di strisce sottili dello stesso colore.
Richie diede un'occhiata in giro e fischiò. «Un cazzo di albergo di lusso. E che te ne fai del Caesar.»
«Il che?» fece Isaiah.
«Mai stato a Las Vegas?»
«E che sarebbe?»
«Conosce le automobili che guidava mio nonno in carriola ma non Las Vegas.»
Jericho slacciò il cinturone e lo buttò sulla sedia, poi si lanciò sul letto. «Mi faccio una pennica», disse.
Calò la tesa del cappello sugli occhi e incrociò le mani dietro la nuca.
«Io c'ho un certo languorino», fece Richie.
Jericho si infilò una mano in tasca. «Al volo», disse e lanciò un bronzo a Richie, che l'acchiappò prontamente.
«E mo' c'ho pure la paghetta. Certo che con un bronzo ci faccio poco.»
Jericho gliene lanciò un altro. «Aria», disse.
«Agli ordini, mein Fuhrer», fece Richie.
Fece un cenno a Isaiah, che uscì con lui. Dabbasso chiesero al tizio dietro il bancone di indicargli un posto dove poter mangiare.
«L'hotel ha un ristorante, ma non apre prima di un'ora», disse l'uomo con quella sua voce impostata.
«Fra un'ora potrei essere morto di fame. Non c'è una bettola nei paraggi?» chiese Richie.
«Prego?»
«Una locanda», disse Isaiah.
«Accanto al maniscalco. Risalite la Via Maestra. La trovate sulla destra.»
«Grande, ci becchiamo dopo», fece Richie.
Uscirono e risalirono la Via Maestra. La bottega del maniscalco non era lontana. Accanto c'era la locanda. Entrarono e si accomodarono. C'erano altri due avventori che sedevano a bere. Degnarono i nuovi arrivati di un'occhiata e tornarono a trincare. Una graziosa biondina si avvicinò e chiese a Richie e Isaiah cosa volessero.
«Una bella fagiolata», fece Richie. «Con una montagna di sugo. E vino.»
La bionda annuì, regalò loro il più dolce sorriso in repertorio e si allontanò.
«Mica male.»
«Calma i bollori, tigre», fece Isaiah.
«E che ho detto di male? È carina. E poi credo di piacerle. Visto come mi ha sorriso?»
«Si chiama cortesia.»
La ragazza tornò dopo poco con una brocca di vino e due bicchieri. Li posò e Richie le chiese del pane, coi fagioli. Lei sorrise, buttò lì un «Come no» e girò i tacchi.
«L'ha fatto di nuovo», disse Richie.
«Sei senza speranza», fece Isaiah.
«Intanto a te manco t'ha squadrato.»
«E ci credo, potrei essere il suo vecchio.»
«Appunto. Io invece c'ho l'età giusta per farle da marito.»
Quando arrivarono la pentola con i fagioli e il pane, la ragazza li poggiò al centro del tavolo. Allungò loro i cucchiai e le ciotole di legno e gli augurò buon appetito.
«Sotto», fece Richie e immerse il cucchiaio nella pentola.
Si abbuffarono come due condannati a morte. Riuscirono a ingurgitare un'intera forma di pane oltre ai fagioli. Usarono la mollica per ripulire il fondo della padella, che alla fine pareva quasi intonsa. Quando la biondina tornò a prenderla, Richie le disse: «Te l'abbiamo ripulita, così non devi sciacquarla.»
La biondina rise e disse: «Siete stati davvero gentili. Gradite altro?»
«Ce ne stiamo un po' qui a smaltire tutta 'sta roba, se non ti dispiace.»
«Fate pure.»
Portò via la pentola e Richie disse: «L'ho fatta ridere.»
«Mica è difficile, basta guardarti in faccia», fece Isaiah.
«È proprio un bel bocconcino. E c'ha pure un sacco di buone maniere.»
«Già, siete come due gocce d'acqua.»
«Secondo te li ha cucinati lei i fagioli?»
«Non lo so, certo che erano buoni. Mai mangiati di così. Manco Clara, che pure era un drago...»
Si interruppe. Richie lo guardò e sorrise malinconico. Nominare Clara, la locandiera di Golgota, ricordò a entrambi che tutti quelli che conoscevano erano morti.
«Al diavolo», mormorò Isaiah.
«Mancano anche a me», disse Richie.
Rimasero seduti un altro po' a navigare nel mare di ricordi recenti. Quando l'incantesimo svanì, pagarono un bronzo grande alla biondina.
«A che ora stacchi?» le chiese Richie.
«Prego?» fece la biondina.
«Quand'è che smetti di lavorare.»
«Dopo cena, quando il locale si svuota.»
«Che ne dici se ti passo a prendere e ci beviamo una cosa?»
«Dico che il mio ragazzo non sarebbe felice.»
Isaiah represse un sorrisetto.
«Capito», fece Richie, alzandosi. Si rivolse a Isaiah. «Andiamo, puoi sfottermi anche di fuori.»
Uscirono soddisfatti, ristorati dalla abbondante mangiata.
«Ci è rimasto un bronzo grande», fece Richie.
«Non è che dobbiamo spenderlo per forza», disse Isaiah.
«E che vuoi farci? Seppellirlo e vedere se cresce una pianta di quattrini?»
«No, ma...»
«Una mezza idea su come investirlo ce l'avrei.»
«E scommetto che ha a che fare con quella tipa del bordello.»
«Ci hai preso.»
«E io che faccio mentre tu ti diverti?»
«Vediamo se ci fanno lo sconto comitiva.»
«Credo che me ne andrò a cazzeggiare al bar dell'albergo.»
«Come ti pare.»
Fecero un pezzo di strada assieme, poi Isaiah proseguì e Richie andò verso il saloon.
«Vedi di non fare casini», gli urlò dietro Isaiah.
Richie tirò su il pugno, un gesto che Isaiah non aveva mai capito e che, per quanto ne sapeva, poteva significare tanto "farò il bravo" quanto "non rompermi i coglioni".
Augurandosi che quella mossa racchiudesse le buone intenzioni dell'amico, Isaiah s'avvio verso l'hotel.
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