20
Il Sole uscì a sincerarsi che il mondo fosse dove l'aveva lasciato e i tre si misero in marcia. Jericho voleva raggiungere le montagne e, piacendo al Buon Padre, trovare la tomba di Corcoran prima del tramonto. Capirono che la meta era vicina quando il clima afoso lasciò gradualmente il posto a un fresco pungente e ai primi banchi di nebbia.
«Ma che cazzo è? Pare di stare in Transilvania ma col deserto», fece Richie.
«Il clima è cambiato», disse Jericho.
«E da quando?»
«Da quando sono arrivati i Grigi.»
Richie mollò un sospiro esasperato. «Quei figli di una puttana aliena hanno incasinato tutta quanta la baracca.»
Isaiah se ne stava sul portapacchi, avvolto nel poncho come un bruco nel bozzolo, maledicendosi per aver ceduto il posto in auto a Richie.
Proseguirono a ritmo sostenuto finché la nebbia non si infittì. Allora Jericho rallentò e accese i fari. Ogni tanto passavano a poca distanza da una bassa formazione rocciosa e un paio di volte rischiarono di finirci contro, ma i riflessi di Jericho e la guida prudente evitarono il disastro. Più avanti la nebbia si diradò un poco e Jericho scatenò i pochi cavalli di Isy, ma tornò a ritmo di crociera quando la cortina si addensò. Poco male, perché ormai erano arrivati.
Davanti a loro si stagliavano le Montagne Gemelle, due enormi giganti di arenaria identici, con due picchi come le punte di un cappello di strega. La nebbia, lassù, era densa come zucchero filato. Il sole non riusciva a bucarla. La coltre grigia aveva una forma stramba. Si distingueva il disegno di una spirale. Dove si trovavano loro la visibilità era buona. Nessun ostacolo per gli occhi, ma parecchi per il cuore. Quello di Richie si era rintanato nello stomaco. Quello di Isaiah faceva le capriole. Anche Jericho era teso, ma il sentimento di vendetta che covava gli infondeva una dosa supplementare di coraggio.
La sua mano e il suo spirito sarebbero rimasti saldi.
Smontò dall'auto assieme a Richie e Isaiah, che presero a fissare i due giganti di roccia.
«Controllate le armi», disse Jericho.
Nessuno dei due lo udì. Jericho si chinò, raccolse un sasso e lo lanciò a Richie. Lo beccò a una spalla. Richie sobbalzò e lo fissò.
«Cazzo fai?» sbottò.
«Ti sveglio dal letargo», fece Jericho.
«Mica dormivo.»
Jericho guardò Isaiah, che si era ripreso dallo choc iniziale e osservava il siparietto.
«Controllate le armi», ripeté.
Stavolta i due fecero come gli era stato detto. Si assicurarono che le sputafuoco fossero cariche e pronte a sparare.
«I succhiasangue hanno un udito finissimo e le pareti di roccia creano una strana eco», disse Jericho. «Cerchiamo di fare meno rumore possibile. E bocca chiusa.»
«Cioè non possiamo parlare?» fece Richie.
«Meglio evitare.»
Jericho recuperò una manciata di proiettili dall'auto. Riempì le guaine del cinturone e se ne ficcò qualcuno in tasca. Gli altri due seguirono l'esempio, riempiendosi le tasche. Muovendosi come se avessero le gambe impantanate nel fango, si incamminarono verso le montagne.
Il sentiero che gli si apriva davanti era stretto. Il terreno era umido e abbondava di ciottoli. Jericho fece segno di disporsi in fila indiana dietro di lui. Richie si posizionò al centro.
Le montagne li inghiottirono. Le pareti di roccia erano opprimenti e le temperature ben distanti da quelle alle quali Richie e Isaiah erano abituati. C'era un'atmosfera cupa, e non solo per via della nebbia, che teneva alla larga la luce. Richie toccò la roccia e ritrasse la mano quando percepì il gelo che la permeava. Alzò gli occhi ì e vide una striscia grigia di cielo contenuta tra due imponenti pareti di roccia. Per farsi coraggio toccò la Glock sotto la camicia. Non si trasformò in un cuor di leone, ma il contatto con l'arma gli impedì di filarsela a gambe levate.
Proseguirono, avvolti dal silenzio mortale della non-vita che sonnecchiava negli anfratti bui e maleodoranti delle montagne, finché il sentiero non si allargò. Isaiah, che era in coda, vide la roccia aprirsi e tirò mentalmente un sospiro di sollievo. Quelle pareti strette lo atterrivano. Si accorse poi che Jericho s'era fermato. Toccò la spalla di Richie, che si voltò e fece spallucce. Isaiah gli fece cenno di andare a vedere. Richie si avvicinò a Jericho e buttò un occhio sopra la spalla dell'amico. Quello che vide lo lasciò senza respiro.
Lo spiazzo circolare che si apriva oltre il sentiero era un cimitero a cielo aperto, con ossa ammucchiate in disordine e cadaveri spellati.
Jericho si voltò. Lui e Richie si fissarono. Poi Jericho si chinò, prese il teschio ghignante ai suoi piedi e lo porse a Richie. L'altro lo guardò come se fosse impazzito e scosse la testa. Jericho compitò con le labbra: dobbiamo aprirci una via.
Riluttante, Richie pigliò il teschio. Jericho gli fece segno di passarlo a Isaiah. Quando Isaiah vide ciò che l'amico teneva in mano, sbiancò. Si spostò per guardare Jericho, che gli fece segno con le mani di prendere il teschio e di posarlo a terra con cautela, e si voltò lasciando senza risposta gli interrogativi che Isaiah gli inviava con gli occhi.
Piglia 'sto cazzo di coso, compitò Richie con le labbra.
Isaiah lo prese e lo posò dietro di sé. Jericho continuò a prendere ossa e a passarle. Cercava di fare tutto nel modo più accorto possibile, ma le ossa erano accatastate con tale disordine che era quasi impossibile spostarne una ed evitare che le altre scivolassero e cozzassero l'una contro l'altra. Un paio di volte si fermò, convinto che il rumore avrebbe attirato orde di succhiasangue dall'udito finissimo, ma non accadde. Con il sistema della catena di montaggio riuscirono ad aprirsi una via senza fare troppo casino.
Uscirono dall'ossario e si ritrovarono su un sentiero più largo del precedente, cinto da enormi pareti di roccia. I succhiasangue avevano scavato delle nicchie nella roccia per poi metterci dentro ossa umane e di animali. Erano quasi tutti crani. Molti erano piccoli. Crani di bambini. Un paio avevano la grandezza del loro pugno. Richie e Isaiah evitarono di guardarli, ma il terrore si era già fatto strada. Iniziarono a percepire un odore come di roba vecchia e stantia. Odore di cibo guasto, come quello che c'era nel retrobottega di Isaac. Solo che questo pareva promanare dalle montagne, come se i due giganti di arenaria stessero marcendo, divorati da un cancro mefitico.
In quel posto regnava la Morte come nella Regione Verde regnava la Vita.
Presero un viottolo in salita. Si lasciarono alle spalle gli stretti sentieri che gradualmente si allargavano. Isaiah ne fu contento. Continuarono finché non trovarono una galleria scavata nella roccia. Jericho si guardò intorno. Le pareti ai lati dell'imbocco e intorno a esso non offrivano appigli. Una scalata era fuori discussione. O tornavano indietro e cercavano un'altra strada – con conseguente perdita di tempo – o sfidavano la sorte.
Mentre ci pensava si sentì toccare la spalla. Si girò. Isaiah gli stava indicando qualcosa. Jericho seguì la direzione del dito, puntato verso l'imbocco della galleria. Si vedeva l'uscita. Era un punto grigio. Jericho annuì, guardò Richie e Isaiah e gli fece capire che lì dentro avrebbero dovuto muoversi con circospezione ancora maggiore.
Mettimi una mano sulla spalla e stendi il braccio, compitò Jericho, rivolgendosi a Isaiah che subito eseguì.
Poi si rivolse a Richie. Metti la tua sulla sua e stendi il braccio.
Richie lo fece e immediatamente capì che Jericho voleva creare una distanza di sicurezza, così da camminare insieme ed evitare che si pestassero i talloni.
Pronti?
Isaiah annuì. Richie compitò: manco per il cazzo, strappando un mezzo sorriso a Jericho.
Entrarono e l'oscurità li avvolse. Jericho teneva gli occhi sull'uscita e cercava di non sbandare. Camminavano con una lentezza esasperante ma necessaria. Chissà cosa poteva annidarsi nel buio. Immaginò grappoli di succhiasangue appesi al soffitto, proprio sopra di loro, che dormivano ignari di quanto accadesse. Scacciò l'immagine e il brivido che gli risalì la spina dorsale.
Uno squittio li costrinse a fermarsi. Un passeggio frenetico di zampette risuonò amplificato dalle pareti di roccia. Poi qualcosa di più grande si mosse. Una corrente d'aria puzzolente li investì e qualcosa passò sopra di loro con un rumore di lenzuola sbatacchiate dal vento, atterrando poco distante con un tonfo strascicato. I tre sobbalzarono. La bestia che aveva squittito diede fondo a tutto il fiato che aveva, poi un crack ne stroncò i versi. Udirono il mostro pasteggiare al buio, a pochi passi da loro. Nessuno si mosse. Il terrore li aveva trasformati in statue di sale.
Quando i suoni di ossicini frantumati e liquidi risucchi terminarono, le lenzuola sbatacchiarono di nuovo e un vento improvviso li colpì. Poi il silenzio. Restarono lì, l'udito teso e il cuore che batteva così forte da svegliare tutti i non-morti delle montagne. Il tempo sembrò dilatarsi come una calza di nylon.
Passata una mezza eternità, Jericho riprese a muoversi con calma e gli altri due lo seguirono. Guadagnarono l'uscita e si guardarono negli occhi, consci del pericolo scampato. Richie si piegò, le mani sulle ginocchia, e respirò profondamente. Jericho gli concesse qualche attimo, poi lo invitò a rimettersi dritto.
Leviamoci di qui, disse all'amico.
Richie annuì e, nonostante le gambe molli come gelatina, riprese a marciare.
Dopo un po' Isaiah batté sulla spalla di Jericho e, quando l'altro si girò, gli chiese se sapesse dove stava andando. Jericho annuì.
Come sai che è la strada giusta? compitò Isaiah.
Ho un presentimento, rispose Jericho, e riprese a camminare lasciando l'altro perplesso.
Continuarono a salire. Quando incontravano un bivio, Jericho si fermava e si metteva in ascolto di qualcosa che sembrava sentire solo lui, poi prendeva una direzione. Isaiah temeva che avrebbero proseguito fino a raggiungere la vetta di una delle due montagne, ma Jericho lo sorprese. Si girò e disse: ci siamo.
Isaiah si guardò in giro. Non vedeva nessuna tomba né rocce blu nei paraggi. Solo arenaria e terriccio. Jericho si mise di nuovo in ascolto, poi partì verso la parete di roccia sulla destra.
Isaiah si voltò verso Richie, che compitò: dove cazzo va?
Jericho si fermò dinanzi alla parete rocciosa e la ispezionò. Spostandosi di lato e tastando la roccia parve trovare qualcosa. Si spostò ancora, fece due passi avanti, guardò a sinistra, mosse un passo e... sparì. Richie e Isaiah sbarrarono gli occhi. Tutto quello che riuscirono a fare fu di guardarsi scioccati e guardare il punto dove Jericho era svanito. Poi la testa dell'amico fece capolino. Jericho li invitò a raggiungerli con un gesto e la sua testa sparì ancora come quella di una testuggine nel guscio.
Richie e Isaiah barcollarono fino al punto dove l'altro era svanito e scoprirono che lì c'erano due pareti rocciose che si sovrapponevano, creando l'illusione ottica di una contiguità perfetta. Nel mezzo c'era una spaccatura stretta e frastagliata, ed era lì che Jericho si era ficcato. Richie e Isaiah si infilarono nel passaggio e muovendosi di lato, come granchi, percorsero un tratto che sbucò in un ambiente largo e in penombra, rischiarato da una luce blu che emanava lente pulsazioni. Jericho era ai piedi di un monolito e fissava il blocco di pietra come in adorazione.
«Cristo santo...» mormorò Richie, e subito si schiaffeggiò la bocca.
Il paf! echeggiò all'interno dell'alcova.
«Tranquilli, non possono sentirci. L'alcova ci isola», fece Jericho.
Isaiah si avvicinò per osservare il monolito. Era alto, svettava fino a sfiorare la sommità dell'alcova ed era percorso da venature simili a vasi sanguigni che affioravano in superficie. Dentro quelle venature aliene scorreva qualcosa, una sorta di essenza blu che pulsava languidamente. Ogni volta che la luce raggiungeva la massima intensità, sulla roccia apparivano per pochi secondi delle parole che si accendevano di una luce dorata e subito s'oscuravano quando l'intensità diminuiva.
«È la cosa più assurda che abbia mai visto», mormorò Isaiah.
«A chi lo dici», fece Richie dietro di lui. «E ho visto cazzi e mazzi da tirare scemo uno scemo.»
Poi Isaiah si accorse della lapide ai piedi del monolito.
«L'hai trovata», disse a Jericho.
«Pare di sì», fece l'altro.
«Ma come sapevi...?»
Non riuscì a continuare. Sentiva la pelle brulicare. Tirò su una manica della camicia. Quando la luce blu gli illuminò il braccio, vide che aveva i capelli ritti e la pelle d'oca. La sensazione di una truppa di formiche che marciasse sopra e sotto la pelle era fortissima.
«È il Sasso Blu», disse Jericho.
«Non è che 'sto coso ci sta sparando addosso radiazioni o merda simile?» fece Richie. «C'ho i peli del culo che stanno in piedi da soli.»
Si sporse a osservare la lapide che aveva notato di sfuggita e lesse l'iscrizione sulla pietra.
QUI GIACCIONO,
SOTTERRATE DAL PESO DEI GIORNI,
LE SPOGLIE MORTALI DI
CORCORAN
«Ma come hanno fatto a scavargli la fossa?» disse Richie.
«Bella domanda», fece Isaiah. «Il terreno è duro come la testa di un gigante, e anche con un esercito di picconi è un'impresa. La lapide, poi... aspetta un secondo, non vedo segni in terra.»
Si voltò verso Jericho. Anche lui guardava la roccia sotto la lapide. Era intonsa e anche la lapide sembrava spuntata dalla roccia più che ficcata dentro a forza.
«Mo' che succede?» chiese Richie.
«Dovrei leggere le parole scritte sulla pietra ed evocare lo spirito di Corcoran», disse Jericho. «Forse è meglio se state lontani. Se le cose si mettono male, svignatevela.»
«Ci puoi scommettere le chiappe», fece Richie. «Se vedo ombra di malaparata mi faccio arrivare i talloni dietro le orecchie.»
Lui e Isaiah si posizionarono a uno sputo dall'ingresso dell'alcova.
Jericho fece un respiro profondo, posò i palmi sui calci dei revolver e attese fissando il monolito. La pulsazione blu raggiunse l'apice e le lettere dorate apparvero. Ora che le guardava meglio si accorse che non erano dorate: erano incandescenti, come se un diavolo avesse pisciato sulla pietra e usato lo zampillo per scrivere.
Jericho si accorse subito di una cosa: le parole erano sparse alla rinfusa sugli spazi vuoti del monolito, tra un fascio di vene e l'altro. Avrebbe dovuto trovare lui l'ordine giusto. Ma il problema non era quello. La vera rottura di palle era che le parole erano in una lingua che non conosceva. Si voltò e con un gesto chiamò Isaiah, che lo raggiunse.
«Purtroppo non posso fare da solo», disse Jericho.
«Qual è il problema?» chiese Isaiah.
«Guarda.»
Attesero l'apice della pulsazione. Le parole apparvero.
«Non credo di poterti aiutare», fece Isaiah.
Richie li raggiunse. «Cazzo succede? Casper non si sveglia?»
«Abbiamo un problema», disse Isaiah.
«E sarebbe?»
«Guarda ora che compaiono le parole.»
Le lettere incandescenti apparvero per pochi attimi e svanirono. Sbigottito, Richie guardò Isaiah.
«Ma che, 'sto Corcoran era italiano?»
«Tu sai leggere quella roba?» chiese Isaiah.
«Sì, ma non è che c'ha tanto senso. Sono parole sparse.»
«Dobbiamo darglielo noi un senso, mettendole in ordine», fece Jericho.
Attesero che le lettere comparissero. Richie lesse parole come tenebre, verità e giustizia. Ma ogni volta doveva attendere che la pulsazione raggiungesse la massima intensità, e non riusciva a ricordare tutte le parole, ce n'erano troppe. Così, quando sbuffò spazientito, Isaiah propose che ognuno di loro ne memorizzasse una serie. Richie, che era l'unico in grado di leggerle, gliele avrebbe suggerite.
Alla fine avevano memorizzato un fracco di parole ciascuno. Ora c'era da metterle in ordine e farne uscire qualcosa di coerente. Si misero sotto e, dopo un'interminabile sessione – e una quantità di bestemmie che avrebbe convinto il Buon Padre a fulminare Richie seduta stante, non fosse stato impegnato in faccende più urgenti –, misero insieme diverse combinazioni che avevano un senso logico.
«Resta da capire quale sia quella giusta», disse Isaiah.
«Proviamo così», disse Jericho e lesse: «SARÓ CORAZZA PER I DEBOLI. SARÓ LUCE PER COLORO CHE VAGANO NELLA NOTTE NERA. SARÓ VERITÀ PER GLI ONESTI E GIUSTIZIA PER GLI OPPRESSI. SARÓ SPERANZA PER COLORO CHE STENTANO. IO SONO UN SIDHE, L'ULTIMA DIFESA CONTRO LE TENEBRE DI QUESTO E DEI MONDI ACCANTO, E QUESTO È IL MIO CREDO.»
«Almeno ha senso. A 'sto punto conviene prov...»
La pulsazione blu aveva raggiunto la massima intensità e le parole erano marchiate a fuoco sul monolito. Le venature sulla pietra, simili a fiumiciattoli radioattivi, splendevano ora come pietre preziose. I tre se ne accorsero e fissarono quello che accadeva a pochi passi da loro. L'intensità della luce non accennava a diminuire e nel blu nuotava ora un pulviscolo come polvere d'oro. Poi il pulviscolo iniziò a scivolare attraverso le vene blu, fino alla base del monolito: una processione di cellule dorate sparate nel flusso sanguigno della roccia, come se il blocco di pietra fosse una cosa viva. Si addensò nelle vene in basso e fluì via, nel pavimento d'arenaria, come nutrimento succhiato dalle radici di una quercia.
Il pavimento borbottò: un colpo di tosse in sordina. Una crepa apparve ai piedi della pietra tombale, e dalla sottile apertura scaturì un pulviscolo dorato, che prese a roteare sempre più veloce e si addensò. Dal vortice informe prese forma una sagoma. Apparvero un volto, braccia e gambe all'inizio fumosi, ma che via via si riempirono di dettagli. Sull'ovale del volto apparvero le sopracciglia, le rughe su fronte e zigomi, le labbra sottili, il naso pronunciato e l'attaccatura dei capelli. Accadde tutto rapidamente e, quando finì, la luce dorata si attenuò e il tizio che era apparso si colorò come se il Buon Padre gli avesse scaricato addosso una secchiata di tempere.
Vestiva un paio di calzoni kaki, una camicia e una giacca di tela scure. I piedi sfumavano poco sotto le caviglie, trasformandosi in due moncherini. I tre potevano vedere il monolito attraverso il corpo diafano del tizio.
Gli occhi scuri di quello che era un uomo di mezza età, ordinario nell'aspetto come un impiegato delle poste, squadrarono minacciosi i tre. Poi si fissarono su Richie.
«Richard?» fece l'uomo, sollevando un sopracciglio folto.
Jericho e Isaiah guardarono l'interpellato.
«Lo conosci?» fece Isaiah.
Richie non riuscì a rispondere. Era sotto choc.
«Che diavolo ci fai qui?»
Richie provò a spiccicare parola, ma la bocca non si muoveva e il cervello non riusciva a formulare nulla di coerente.
«'mbè? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» Lo spettro guardò Isaiah. «Dagli un colpetto, che s'è inceppato.»
Isaiah posò una mano sulla spalla di Richie, che riuscì solo a guardarlo con aria idiota. Poi mormorò qualcosa, ma a voce talmente bassa che Isaiah non lo udì e fu costretto a chiedere: «Che hai detto?»
«Zio Jacky», mormorò Richie.
«E mo' che c'entra tuo zio?» fece Isaiah.
«È lui.»
Isaiah guardò lo spettro. «Quello è tuo zio?»
«Da parte di madre», fece lo spettro. «E voi chi accidenti siete?»
Isaiah e Jericho si scambiarono un'occhiata. Che diavolo sta succedendo? era la domanda che passò nello sguardo di entrambi.
«Qualcuno mi risponde o devo fare domanda in carta bollata?» disse lo spettro.
Jericho si fece avanti. «Siamo...»
Non sapeva come continuare. Se l'era immaginato un po' diverso, quell'incontro. Si schiarì la voce e riprovò.
«Siamo venuti perché sappiamo che qui c'è sepolto un Sidhe.»
«Quindi non eravate in giro a fare una scampagnata e siete capitati per caso», fece zio Jacky e, quando vide la faccia perplessa di Jericho, disse: «Era una battuta.» Si rivolse a Richie. «A questo gli manca il senso dell'umorismo.»
«Sei tu quell'uomo?» chiese Jericho.
«Uomo mi pare un po' una presa per il culo, visto che puoi vedermi attraverso. Comunque sì, sono io.»
«Tu sei un Sidhe?» chiese Richie.
«Ti pare così assurdo?»
«Ma come...?»
Richie sentì il proprio cervello arrovellarsi alla ricerca di una spiegazione. Qualcosa della confusione che percepiva dovette trasparire dal viso, perché zio Jacky disse: «Non è che adesso mi svieni?»
«Ho bisogno di sedermi», disse Richie, e si mise col culo per terra.
«A quanto pare funziona che un'anima rinasce finché il Grande Capo non pensa che è pronta per il trapasso. La mia si è fatta un giro da 'ste parti, nel corpo di 'sto tizio sepolto. Sono schiattato, ho visto la luce bianca, arpe, angeli e compagnia bella, e il Vecchio Brontolone mi ha subito ributtato nella mischia. Non mi ha dato manco il tempo di farmi un giro nel Suo villaggio vacanze. Mi ha solo detto che stavolta dovevo fare meglio della precedente.»
«Dio ti ha parlato?» chiese Richie, al parossismo dello stupore.
«Per essere precisi mi ha cazziato. Però non era incacchiato, solo un po' deluso, come il mio vecchio quando scopriva che ne avevo combinata una. Comunque, mi ha ficcato nella pancia di una tizia di 'ste parti e sono nato di nuovo.»
«Come sei diventato un Sidhe?» chiese Isaiah.
«'sta parte è un po' confusa, non è che mi ricordo tanto. Veramente non mi ricordo un cazzo. So solo che ero un po' diverso da come mi vedete mo'. Se vi viene lo sfizio di tirare fuori il tizio che sta sepolto qui, sicuro scoprite che non mi somiglia manco per il cazzo. Comunque, per rispondere alla tua domanda: non lo so come sono diventato un Sidhe. Però mi ricordo che sapevo fare robe che gli altri si sognavano e che hanno iniziato a chiamarmi Mago, Dewin, Alk'zam, Sidhe e in altri modi che significano tutti la stessa cosa.»
«Ma com'è possibile che ricordi certe cose mentre altre...»
«Forse è meglio rimandare a dopo le domande», fece Jericho, e Isaiah si azzittì.
«Tu devi essere il capo della combriccola», disse zio Jacky a Jericho.
«Non c'è nessun capo. Ognuno di noi è al servizio dell'altro.»
«Continua a ripetermelo, che magari finisci per convincermi.»
«Ho bisogno della tua magia. Quella che avevi in vita.»
«Vuoi i la magia de Sidhe, eh? E pensi di meritartela?»
«Dimmelo tu. Dicono che un Sidhe possa vedere cosa nasconde il cuore di un uomo.»
«Io lo so già cosa nascondono le tue frattaglie, è che voglio sentirlo da te.»
«Non ne sono più degno di te o del bastardo che ha ucciso la mia famiglia.»
«Bella risposta. Ora capisco perché sei il capoccia. Comunque, il bastardo di cui parli non è un Sidhe.»
Jericho guardò zio Jacky senza spiccicare parola.
«I Sidhe sono dei bravi guaglioni, non fanno le robe che ha fatto quello», disse zio Jacky.
«Se non è un Sidhe, allora cos...»
«Non lo so che cos'è, né come fa a fare le cose che fa, ma di sicuro non è uno dei prescelti. Forse la strega bianca può dirti di più. E mo' dimmi un po': se io ti do quello che vuoi e tu sopravvivi, che hai intenzione di fare?»
«Darò la caccia a quel bastardo.»
«E quando lo trovi?»
«Lo uccido. Ma prima ho intenzione di torturarlo. Voglio che mi implori di farlo fuori.»
La voce di Jericho era fredda come il vento del Nord. Lo sguardo di zio Jacky si indurì. La pelle della fronte era ora tutta spiegazzata, come un foglio appallottolato nel pugno e poi stirato. Sembrava cercasse di infilarsi nei pensieri di Jericho. Lo fissò a lungo, poi si rabbonì e di colpo la tempesta che celava il suo sguardo lasciò il posto al tepore di prima. Riuscì persino ad abbozzare un sorriso da vecchia lenza.
«Almeno sei sincero. I pucunari non li ho mai potuti soffrire. Non è che la storia della tortura mi faccia impazzire, ma quel figlio di puttana si merita di essere inculato da un mammut con un manganello grosso quanto la Torre Eiffel.» Incrociò le braccia sul petto e si lisciò l'accenno di barba fantasma che aveva. «Sei un tipo a posto. Devi ancora fare pace coi tuoi fantasmi, ma è questione di tempo.»
Spuntò di nuovo il sorriso da vecchia lenza.
«E va bene, mettiamoci al lavoro.» Si rivolse a Richie. «Nipote, meglio se tu e il quattrocchi fate qualche passo indietro.»
Richie si alzò e con Isaiah andò a mettersi contro a parete di roccia più distante. Zio Jacky si sciolse i muscoli spettrali, poi batté i palmi – che non produssero alcun suono – e li sfregò l'uno contro l'altro.
«Ti avverto, farà male. Non quanto il manganello del mammut di prima, ma abbastanza da farti rimpiangere tutto il casino che hai fatto per venire qui.»
«Non preoccuparti, fai quello che devi.»
«E chi si preoccupa, manco ti conosco. Voglio solo che hai ben chiaro quello che sta per succedere. Se comincio, poi non posso fermarmi. E se tu non reggi l'urto, finisce che ti friggo come una cotoletta.»
«Non succederà.»
«Io ti ho avvisato.»
Zio Jacky chiuse gli occhi. I colori che indossava iniziarono a sfumare, diventando di un blu uniforme. Il corpo etero prese a sfilacciarsi in piccoli serpenti di spettrale fumo blu, che volteggiò sinuoso verso Jericho e prese ad avviluppargli braccia, gambe, torace e testa. I viticci blu lo abbracciarono senza procurargli fastidi, poi tutto cambiò repentinamente: serrarono le fila e Jericho si sentì ardere. Mollò un grido e cadde in ginocchio.
Richie fece per lanciarsi in aiuto dell'amico, ma Isaiah lo fermò afferrandogli un braccio. Quando Richie lo guardò storto, il curatore scosse la testa e gli rivolse un cipiglio.
«Tuo zio ha detto di stare lontani. E comunque non penso che possiamo aiutarlo. Quella è magia potente.»
Richie abbandonò ogni velleità, ma strinse i pugni e incitò mentalmente l'amico.
Jericho era gattoni e tremava, scosso da chissà quali dolori atroci. L'autocontrollo che aveva dimostrato fino a quel momento era andato a farsi fottere: urlava senza ritegno e mollava cazzotti al pavimento d'arenaria con la base dei pugni. Urlava così forte che la voce gli si spezzava in certi momenti, salvo poi ritornare sotto forma di cupi ringhi e spingersi di nuovo in alto, a toccare le note più acute in repertorio.
«Lo sta ammazzando!» urlò Richie.
Guardò Isaiah, e la calma che gli vide in faccia lo fece incazzare. Possibile che non gliene fregasse un cazzo? Stava per dirgli qualcosa, quando un nuovo acuto lo costrinse a voltarsi. Jericho sembrava un coyote che ululasse alla Luna. Un alone blu lo avvolgeva e i viticci serpeggiavano inquieti, muovendosi sopra e sotto, come alla ricerca di qualcosa. Quando si stancarono di cercare, si infilarono in ogni buco disponibile. La maggior parte passò dalla bocca, ma altri si fiondarono nelle orecchie, nel naso, e qualcuno persino negli occhi. Il dolore fu atroce. Jericho si prese la testa e, mentre sentiva il corpo andare in fiamme, mollò un urlo che fece rabbrividire Richie e Isaiah. La voce si spezzò come se le corde vocali avessero ceduto, lacerate da tanto sforzo. Jericho schizzò in piedi, barcollò con la testa fra le mani e andò lungo per terra.
Richie schizzò da lui. Si accosciò e lo chiamò. Quando l'altro non rispose, lo toccò con l'intenzione di scuoterlo ma, come gli sfiorò la spalla, tirò indietro la mano. Gli abiti scottavano. E il calore che emanava... ora che gli era vicino poteva sentirlo: Jericho era un termosifone ambulante.
Zio Jacky l'aveva fritto.
«Ti aveva pure avvisato», mormorò Richie.
Non si accorse di Isaiah finché il curatore non gli mise una mano sulla spalla. Richie non si girò. Guardava il volto dell'amico. Quando il bagliore che promanava dal monolito lo illuminava, Richie ci leggeva una rassegnata serenità.
Dammi la forza di accettare quello che non posso cambiare, gli sussurrò una voce interiore.
Vaffanculo, le rispose Richie.
«Ci abbiamo provato», disse Isaiah.
Richie sbuffò, cinico. «Proprio quello che mi serviva, un pezzo di saggezza di strada di Isaiah Perkins.»
«Era consapevole dei rischi.»
«Ma falla finita.»
Isaiah gli strinse la spalla e levò la mano.
«Non lo lascio qui», disse Richie.
«Guarda che non possiamo portarcelo in spalla in quella strettoia.»
«Ho detto che non lo lascio.»
Isaiah sospirò. «E va bene, troveremo un modo.»
«Bravo. Spremi quel cervellone.»
Mentre Isaiah spremeva le meningi, Richie rimase a vegliare il cadavere di Jericho. In ginocchio, le mani sulle cosce, lo osservava con placida rassegnazione. Chissà che aveva patito. Il ricordo delle urla e la sensazione di impotenza che Richie aveva sperimentato, nell'essere a un passo dall'amico e non poter far nulla per aiutarlo, lo fecero rabbrividire e incazzare. Serrò le dita intorno ai lembi dei calzoni.
Era assurdo che fosse finita in quel modo. Erano sopravvissuti a invasati e succhiasangue e avevano trovato quel posto dimenticato dal Padreterno solo per vedere Jericho schiattare, mentre il bastardo che aveva ucciso la sua famiglia era a piede libero. E nessuno poteva fermarlo. L'ultimo Sidhe si era ficcato nel corpo di Jericho e l'aveva fatto fuori.
Richie si chiese che fine avesse fatto zio Jacky. Insomma, aveva arrostito Jericho e si rificcato in quel monolito o era andato nel villaggio vacanze sulle nuvole?
La mano di Jericho si mosse. Le dita si contrassero in uno spasmo. Richie lo vide perché la luce del monolito era sparata al massimo. Si voltò a cercare Isaiah. L'altro passeggiava nervosamente, le braccia incrociate sul petto e la mano che strofinava il mento. Richie fece per dire qualcosa, quando udì un rantolo. Guardò Jericho. Era ancora stecchito. Sentendosi un idiota, chiamò: «Anima Lunga?»
Nessuna reazione. Si allungò e sfiorò la mano che aveva visto muoversi. Era tiepida. Toccò lo spolverino. Anche quello tiepido. La prima volta sembrava in procinto di andare a fuoco.
Mentre una flebile speranza si faceva strada nel cuore di Richie, una luminescenza bluastra sbocciò dal petto di Jericho come una rosa blu e si aprì, allargandosi a macchia d'olio su tutto il corpo. Richie strisciò all'indietro, instupidito.
«Forse ho trovato», disse Isaiah. «Non è l'idea del secolo, ma...»
Si bloccò quando s'accorse che il corpo di Jericho era avvolto da un sudario blu. Le dita si contraevano, le ginocchia vibravano. Jericho spalancò gli occhi e si tirò su a sedere come se una molla sotto la schiena l'avesse spinto in su. Aprì la bocca e prese aria come un disperato: profonde boccate mentre le mani artigliavano il petto, quasi volessero aprirlo in due per permettere all'ossigeno di entrare in dosi più massicce. La luminescenza iniziò a svanire lentamente mentre gli ansiti di Jericho rimbombavano per tutta l'alcova.
Quando tornò a respirare normalmente, guardò Richie e, massaggiandosi il petto, disse: «A momenti ci resto secco.»
«Ma che cazzo...» balbettò Richie.
«Pensavi che fossi morto?»
Richie si alzò in piedi, non proprio fermo sulle gambe. «Hai urlato come un porco scannato che ti hanno sentito in tutte le Quattro Terre, poi ti ho toccato e sembravi un cazzo di formo a legna che se ti ficcavo una focaccia nel culo usciva cotta in due secondi, e sei rimasto in coma per non so quanto. Che cazzo dovevo pensare, che stavi schiacciando un pisolino?»
«Non posso darti torto», disse Jericho, alzandosi.
Neanche lui era molto stabile, ma riuscì a tenersi su.
«Come ti senti?» chiese Isaiah.
«Strano», disse Jericho, aprendo e chiudendo i pugni.
Recuperò il cappello che gli era caduto durante i contorcimenti e se lo piazzò in testa.
«Tuo zio aveva ragione, ha fatto un male cane. A un certo punto credevo di andare a fuoco. Mai provato un dolore simile.»
«Si intuiva», disse Isaiah, e sorrise quando Jericho lo guardò.
L'altro ricambiò il sorriso, come a dire che ormai il peggio era passato e potevano riderci su, poi si rivolse a Richie.
«Mi ha chiesto di dirti una cosa.»
«Ma chi?» fece Richie.
«Tuo zio.»
«E quando te l'ha chiesto?»
«Mentre ero svenuto.»
«Vi siete messi a chiacchierare?»
«Non proprio. Era più come un sogno. Mi ha chiesto di dirti che la prossima volta che vedi cadere dal cielo una roba in fiamme è meglio se non le corri incontro.»
«E come cazzo fa a saperla, 'sta cosa?»
«Perché la sapevo io.» Richie si adombrò. «Adesso che condividiamo lo stesso corpo, io so quello che sa lui e viceversa.»
«Aspè'... zio Jacky è lì con te?»
«In parte. Il grosso è andato. È rimasto solo il frammento del Sidhe, che è comunque una parte di lui. Se fosse rimasto anche il resto, probabilmente sarei impazzito.»
«Due cristiani al timone della stessa barca sono troppi», disse Isaiah.
«Mi sa di sì», fece Jericho. Si scrollò di dosso un po' di polvere. «Non so voi, ma a me tutto quel movimento ha messo fame.»
«Che tipo», fece Richie. «È appena resuscitato e pensa a riempirsi la pancia.»
«Torniamo all'auto.»
All'imbocco della spaccatura che li aveva portati nell'alcova, Jericho si fermò e disse: «Ricordatevi di tenere la bocca chiusa.»
«Ma che, ti fanno ancora paura quelle quaglie coi denti a punta? Sei un Sidhe, adesso. Li puoi arrostire con una scoreggia», fece Richie.
«Non sono ancora in grado di attingere al frammento. Ci vorrà un po' per quello.»
Jericho fece per infilarsi nella spaccatura, ma Richie lo fermò: «Come sapevi dove stava nascosta la tomba? Ci sei venuto spedito che manco un cane da tartufi.»
«Te l'ho detto, una specie di intuizione», disse Jericho. «E il marchio sul braccio mi formicolava. Quando sento quel prurito, di solito ho delle... intuizioni.»
«Forse quando quel tizio ti ha marchiato ti ha passato un po' del suo potere», disse Isaiah.
«Potrebbe essere», disse Jericho, e si infilò nella spaccatura.
Richie, che gli stava dietro, si voltò a guardare Isaiah.
«Non ti sembra diverso?» chiese.
«Cosa?» fece Isaiah.
«Lui. Anima Lunga. Quando mai ha spiccicato tutte 'ste parole in una volta sola? Di solito ci vuole un calcio in culo per aprirgli la bocca e due per farlo parlare. E mi pare pure...» Cercò la parola adatta. «... soddisfatto.»
«Ha ottenuto quello che voleva, è normale che sia soddisfatto.»
«Non è solo questo. Le facce che fa... in certi momenti somiglia quasi a zio Jacky.»
«Forse è merito di quel frammento.»
Richie ci pensò su e concluse che, visto le robe alle quali aveva assistito, non sarebbe stato poi così pazzesco. Avrebbe potuto accettarlo, insomma.
Uscì dall'alcova seguito da Isaiah. Percorsero la strettoia e tornarono fuori. Dopo il gran casino nell'alcova, trovarsi immersi nel silenzio che aleggiava sulle montagne fu come passare da un rave party a un funerale.
Tornarono indietro. La discesa fu un sollievo. Giunsero alla grotta. Jericho si voltò, abbozzò un mezzo sorriso – e sembrava proprio il modo di sorridere di zio Jacky, con quell'angolo della bocca mezzo tirato su –, distese un braccio e lo indicò con l'altra mano. Richie e Isaiah annuirono, stabilirono le distanze usate in precedenza e si prepararono alla traversata.
Entrarono.
Il buio li divorò e il fetore di merda – e chissà che altro – li investì. Muovendosi a rilento, un passettino dietro l'altro come mocciosi intenti a esplorare una casa stregata, tirarono dritto senza inconvenienti. Uscirono e Richie si voltò a mostrare il medio alle profondità buie della grotta e ai succhiasangue che vi dimoravano, strappando un sorriso agli altri due.
Fecero il pezzo di strada che li portava all'ossario. Lì la cosa si prospettava anche più facile. Il grosso l'avevano fatto all'andata, aprendo un passaggio nel mezzo del cimitero di ossa.
Richie si chinò a pigliare un teschio ghignante, ci ficcò dentro una mano e batté sulla spalla di Isaiah, Il curatore si voltò e Richie fece aprire e chiudere la bocca al teschio, che parve spanciarsi dal ridere. Isaiah scosse la testa e sorrise come se avesse di fronte un mentecatto della peggior specie. Anche Jericho vide il siparietto ed ebbe la stessa reazione del curatore. Richie ghignò e ridiventò subito serio. Voltò il teschio e lo guardò nelle orbite cave. Le dita all'interno sfiorarono qualcosa di ruvido, che aveva la consistenza di un ciuffo di setole. Qualcosa si mosse e gli morse un dito. Il dolore fu repentino. Sorpreso, Richie sobbalzò e lanciò via il teschio, che cozzò contro le ossa ai margini del passaggio che avevano aperto e rotolò per terra. Lo videro sobbalzare, battere i denti al ritmo di una nacchera impazzita e ruotare su se stesso come se fosse vivo. Dall'orbita vuota fece capolino una zampetta nera, lunga e magra come un dito e cosparsa di setole. La base del teschio si sollevò e un ragno bello grasso sgusciò fuori. Fece un breve girotondo, come se avesse perso l'orientamento, e andò a rintanarsi nell'intrico di ossa.
I tre tesero l'udito. Il silenzio si protrasse a lungo. Quando nessun succhiasangue piombò loro addosso, Jericho rivolse a Richie un'occhiataccia che avrebbe aperto un buco nella pietra. Richie ingoiò un groppo amaro e dal sapore metallico, poi prese a seguire i due amici.
Erano quasi arrivati all'imbocco del sentiero che li avrebbe portati alle pendici delle montagne, che Jericho si irrigidì. Si voltò e scrutò il cielo. Isaiah lo fissò senza capire, poi si accorse della vibrazione in sordina che scuoteva l'aria. La udì come una cosa distante anni luce, ma sentì anche che si avvicinava in fretta. E più si avvicinava, più gli parve di riconoscerla: era come se qualcuno sbatacchiasse con forza un lenzuolo.
Nella striscia di cielo che sormontava l'ossario balenò una forma scura, poi un'altra e un'altra ancora. Schizzarono via veloci e il suono di lenzuola sbatacchiate divenne più intenso.
«Succhiasangue!» urlò Jericho, e prese a correre.
Un drappello di mostri alati schizzò giù in formazione disordinata, muovendo le grosse ali da pipistrello.
«Arrivano!» gridò Isaiah.
Jericho estrasse i revolver e sparò quattro colpi in rapida successione. Il succhiasangue che guidava il drappello virò di lato, ruotando su se stesso. I proiettili beccarono il mostro alle sue spalle, che cadde in picchiata nel mucchio di ossa. Altri due colpi centrarono l'ala di un succhiasangue che perse quota mentre sbatteva convulsamente l'altra ala. Si schiantò poco distante dal compagno morto, frantumando ossa in quantità.
Isaiah e Richie estrassero le pistole con un attimo di ritardo, e il drappello ne approfittò. Un succhiasangue piombò su Richie e lo atterrò. Gli fu sopra, i canini grossi come tronchi d'albero, il muso da carlino che fremeva e la pelliccia grigia intorno al collo umida e sporca. Le costole e l'attrezzo del mostro premevano come se il succhiasangue volesse scoparsi Richie. Col suo peso lo tenne giù e squittì, ma non riuscì ad andare oltre. Isaiah spianò la Colt e gli fece un buco in testa. Il succhiasangue stramazzò su Richie, che a fatica se lo scrollò di dosso.
«Dobbiamo andare!» urlò Jericho. «Muovete il culo!»
Isaiah aiutò l'amico ad alzarsi e si infilarono nello stretto sentiero. Il suono di ali rimbalzava sulle pareti di roccia e si propagava con un'eco sinistra. Corsero come matti, ma non fecero molta strada. Un succhiasangue piombò giù a sbarrargli la strada. Si schiantò in modo sgraziato, si alzò e si sgrullò come un cane bagnato. Teneva le ali ripiegate, perché lo spazio era poco e la sua mole lo riempiva. Quel mostro era alto quasi due metri: un incrocio tra un carlino e un pipistrello che stava ritto sulle zampe posteriori.
Squittì e si lanciò su Jericho, che spianò le pistole e lo freddò con due colpi alla testa. Da quella distanza, e con nessuno spazio di manovra per il mostro, era impossibile mancarlo. Il succhiasangue andò giù e Jericho ci camminò sopra, ma non fece in tempo a scavalcarlo che un altro mostro, intento a scalare una parete di roccia come il Dracula di Stoker, si tuffò sul sentiero e gli sbarrò la strada.
«Ci stanno circondando», disse Isaiah.
Jericho alzò il mento. I succhiasangue scalavano le pareti di roccia. Uno si staccò e piombò a peso morto dinanzi a Richie, bloccandogli la ritirata. Si alzò, squittì e si lanciò all'attacco. Richie spianò la Glock e sparò mezzo caricatore. Il mostro tremò sotto l'urto dei colpi e andò giù, bucherellato come uno scolapasta, la lingua di fuori.
«Fanculo», mormorò Richie, tremando.
«Che facciamo?» chiese Isaiah.
Il succhiasangue che sbarrava loro la via si lanciò su Jericho, che lo freddò. Un altro mostro si scollò dalla parete e si tuffò giù, ma Jericho fece in tempo a incrociare le pistole. Il mostro lo atterrò e snudò i denti Vide le pistole incrociate e sbarrò gli occhi, neri come ametiste, squittì e si drizzò arretrando, un'ala membranosa tirata davanti al volto.
Jericho si chiese che diavolo fosse successo.
«Le croci», disse Isaiah, che non aveva fatto in tempo a freddare il mostro.
Jericho si alzò. «Di che stai parlando?»
«I succhiasangue hanno paura delle croci.»
Jericho guardò le pistole e pensò al modo in cui le aveva incrociate per difendersi dall'assalto del mostro. Le mise di nuovo una sull'altra per formare una croce e le spianò. Il succhiasangue soffiò come un gatto, arretrando. I suoi compari, acquattati sulle pareti, si unirono a lui.
«Funziona», disse Jericho.
Avanzò mentre il mostro arretrava. Era come se tra i due si fosse frapposto un campo magnetico. Richie e Isaiah gli andarono dietro, spianando le pistole in alto. Scavalcarono il corpo del succhiasangue freddato e tallonarono Jericho fino all'imbocco del sentiero.
«Adesso dobbiamo correre», disse Jericho. «Vi do io il segnale.»
«Quando vuoi», fece Isaiah.
Jericho fece una rapida conta dei mostri. Spianò le pistole e sparò al succhiasangue che arretrava, aprendogli due buchi in fronte, poi schizzò fuori dal sentiero scavalcandolo con un salto.
«Mi sa che era quello il segnale», fece Richie.
«Corri, scemo!» urlò Isaiah.
Si lanciarono all'inseguimento di Jericho, che cercava di ricaricare i revolver mentre correva. Lo raggiunsero e Jericho si lasciò superare. Quando udì lo sbatacchiare di ali, frenò e disse a Isaiah: «Montate in auto, cerco di rallentarli.»
«Sono in troppi», fece Isaiah, fermandosi.
«Mi inventerò qualcosa.»
Il curatore tergiversò, indeciso sul da farsi.
«Hai sentito cosa ti ho appena detto?» fece Jericho, intento a riempire il tamburo di un revolver.
Il tono freddo e autoritario non lasciava spazio a obiezioni. Isaiah si girò e corse via. Raggiunse Richie, che era intento a filare come una gazzella inseguita da un branco di leoni, e insieme arrivarono l'auto. Quando montarono, la voce tonante delle pistole di Jericho li raggiunse.
Isaiah mise in moto e ingranò la marcia. Isy partì sollevando una nuvola di polvere. Quando giunsero dove Isaiah aveva mollato Jericho, trovarono i succhiasangue ammucchiati uno sull'altro, in quella che aveva l'aspetto di un'orgia grottesca. Le ali erano spiegate e i mostri immobili. Ce n'erano almeno una decina, ed erano alti come Andrè The Giant. Isaiah e Richie smontarono e corsero a pistole spianate verso il mucchio selvaggio. Un paio di schiene erano bucherellate. Un ruscello di sangue scuro colava fuori dai buchi.
«Anima Lunga?» chiamò Richie.
Un succhiasangue si mosse. Richie e Isaiah gli puntarono addosso le pistole e le abbassarono quando una mano, quella di un essere umano, fece capolino dal mucchio. Corsero a spostare il succhiasangue e Jericho emerse come un morto dalla tomba. Lo aiutarono a tirarsi fuori dall'orgia.
«Pensavo che c'eri rimasto», disse Richie.
«Ci sono andato vicino», fece Jericho.
Aveva lo spolverino e i pantaloni sporchi di sangue.
«Ti hanno ferito?» chiese Isaiah, guardando le macchie.
«Non è mio», disse Jericho.
«Ma come cazzo hai fatto a non restarci secco?» chiese Richie.
«Sembra quasi che ti dispiaccia.»
«Cazzo dici? È solo che eri solo e quelli ti stavano sopra come se a un certo punto gli fosse passato per la testa di mettere su un'orgia interrazziale.»
«Mi hanno circondato e, anche se la croce gli metteva paura, alla fine hanno preso coraggio e mi hanno attaccato insieme. Sono riuscito a colpirne un paio, poi uno mi ha fatto volare via le...»
Si voltò come se avesse ricordato qualcosa di importante e tornò al mucchio. Spostò un paio di corpi, ispezionò gli spazi vacanti e pescò le pistole. Se le ficcò nelle fondine e tornò indietro.
«Come li hai fatti fuori? A forza di barzellette sceme?» chiese Richie.
«È successa una cosa strana», fece Jericho. «Uno mi stava sopra e io lo tenevo per il collo. Gli altri gli stavano intorno ma non potevano raggiungermi, perché quel bastardo mi copriva con le ali, come se volesse impedire agli altri di partecipare al banchetto. Stavo per raccomandare l'anima al Buon Padre e ho pensato a Mary e ad Eva, al fatto che le avrei riviste, quando ho sentito qualcosa qui.»
Si toccò lo stomaco.
«Che hai sentito?» chiese Isaiah.
«Hai presente quando ti scoli un sorso di whisky e quello ti infiamma tutto?» Isaiah annuì. «Una cosa simile. Mi sono sentito bruciare come in quell'alcova, ma è durato solo un secondo. Ho sentito formicolarmi tutto il corpo e poi un odore come quello che precede un temporale. Poi è esploso un lampo blu che mi ha accecato per qualche momento, e quando ho riaperto gli occhi erano tutti stecchiti.»
«Ma che, li hai fritti con un fulmine?» chiese Richie.
«È chiaro che ho fatto qualcosa.»
«Sei riuscito a usare il potere dei Sidhe», fece Isaiah, ammirato. «E guarda che roba, nei fatti secchi una dozzina in un colpo solo.»
«Se è andata così, mi piacerebbe tanto sapere come ho fatto», disse Jericho.
«Magari succede quando ti mettono con le chiappe al muro», fece Richie.
«Mmm... non credo. Dev'essere qualcos'altro.»
«Non è che possiamo pensarci mentre ci leviamo da qui?» fece Isaiah.
«Grande idea», disse Richie.
Montarono in auto. Isaiah prese posto sul portapacchi. Richie tirò fuori la testa dal finestrino e gli disse: «Se vedi qualche sorcio volante fai un fischio.»
«Se gli amici di quelli arrivano per l'aperitivo, stai certo che mi sentiranno fino all'inferno», disse Isaiah.
Jericho mise in moto e si allontanarono. Si aspettavano di vedere un altro gruppetto di succhiasangue planare giù dalle montagne, pronti a dar loro la caccia, invece niente. Si infilarono nella nebbia, Jericho accese i fari e rallentò per non rischiare di incocciare qualche formazione rocciosa a forma di dentiera.
«Strano», disse poi.
«Cosa?» chiese Richie.
«Quello che è successo prima, quando tutti quei mostri mi stavano addosso.»
«Ci vorresti capire qualcosa, eh?»
«Non mi dispiacerebbe. Ho un potere che non so usare, che viene fuori quando gli pare e che può uccidere una dozzina di cristiani.»
Cristiani, pensò Richie. Prima mica parlava così.
«Sono come un cieco che gira in una stanza piena di esplosivo con un fiammifero acceso in mano», disse Jericho.
«Io non ci capisco un cazzo di 'ste cose. La magia per me era il prestigiatore che tira fuori conigli dal cappello. Poi sono piombato in questo manicomio e ne ho viste di tutti i colori: mostri, fantasmi, gente morta che morta non è e se ne va a spasso come niente fosse, negri che vanno a caccia di bianchi... è come Alice nel Paese delle Meraviglie, ma scritto da Stephen King.»
«Chi?»
«Lascia perdere. Il punto è che quando ho visto quella pietra con le vene blu come quelle sul cazzo di un gigante, ho pensato che 'sto mondo è pieno di robe che proprio non posso capire. Mi sforzo, ma mica ci riesco. E zio Jacky è stata la ciliegina. Per poco non mi piglia un coccolone. E quelle robe che ha detto sulla morte e l'anima che zompa da un colpo all'altro dopo che sei morto?»
Scosse la testa come scacciare via la confusione o per sparpagliare i pensieri che si accavallavano.
«Come si fa a non scapocciare dopo certe robe? Tu e quell'altro sembrate quieti come il Dalai Lama e il papa che si fanno una scampagnata.»
«Forse siamo solo abituati», disse Jericho.
«Su questo non ci piove.»
«La magia è una risorsa, se la usi nel modo giusto.»
«E qual è 'sto modo?»
«C'è un sacco di gente che ha bisogno d'aiuto.»
«E tu vuoi aiutarli tutti?»
«Più che posso... non appena riesco a scoprire come usare questo potere.»
«Ce l'avessi io, 'sto potere, cacherei lampi e tuoni su un fracco di gente che mi sta sui coglioni.»
«E avresti i peli del culo sempre in fiamme.»
Richie sbarrò gli occhi. Jericho aveva appena fatto una battuta.
L'altro sogghignò al modo di zio Jacky e Richie visse un intenso momento di déjà vu che gli provocò un leggero capogiro.
«Adesso che hai i poteri di un Sidhe, che si fa?» chiese, ma solo per distrarre la mente da quella sensazione di deriva.
«Andiamo dalla strega bianca», disse Jericho.
«È un bel po' di strada.»
«Hai altri impegni?»
«Le scorte di carne secca sono quasi finite.»
«A proposito, passamene un po'. Ho una fame d'inferno.»
Richie si allungò, pigliò qualche striscia di carne e la passò a Jericho. Usando la mano libera, Jericho se le ficcò in bocca, strappò brani di carne e li masticò con foga. Richie si godeva la scena. Mai possibile che quello fosse lo stesso tizio che aveva fatto tappa a Golgota?
Che diavolo gli è successo in quella grotta? si chiese.
Jericho accelerò e Isy sputò un po' di fumo.
«Non preoccuparti per il cibo», disse Jericho. «Ci fermiamo alla prima città.»
Masticò l'ultimo pezzo di carne, lo buttò giù e chiese: «Da bere?»
Richie, tra il divertito e lo stordito, si allungò dietro per prendere una bottiglia di torcibudella. La stappò e gliela passò. Jericho buttò giù un sorso senza togliere gli occhi dalla strada, come se temesse di mettere sotto qualcuno. La cosa era talmente assurda che strappò a Richie un sorrisetto idiota. Jericho restituì la bottiglia e Richie ne approfittò per farsi un goccetto.
Facciamo due, si disse. Che poi si sa, il secondo chiama il terzo.
«Fatti una pennica, chissà quanto manca alla prossima città», disse Jericho.
Una pennica, pensò Richie. Mi sa che questa è la mia battuta d'uscita.
Continuò a bere fino a stordirsi.
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