* * *
... il suo volto cambia: un secondo prima è lì e quello dopo non c'è più, sostituito da un unico ed enorme lembo di pelle che va dall'attaccatura dei capelli corvini fino al mento. Lui pensa che sia un effetto ottico, la luce della Luna che alle spalle di lei si diverte a fargli paura, creando perverse illusioni. Per un istante pensa persino di essere piombato in uno di quegli incubi creati dai fantasmi di Golgota. In qualche modo lo hanno seguito, hanno superato la barriera dell'arco esterno, gli si sono intrufolati in testa e ora lo faranno impazzire. Oppure (e questa è di gran lunga peggiore) non si è mai mosso da Golgota. È disteso su di un letto al secondo piano del saloon di Isaac e dorme beato un sonno infestato. Tutto quello che è accaduto, dal momento in cui hanno abbandonato Golgota fino all'incontro con Nuvola Rossa e soci, è frutto di un'illusione sapientemente orchestrata, un arazzo variopinto e dettagliato tessuto da Jebediah e compagni.
Intanto lei continua a muoversi e a lui non è del tutto sgradita quella ginnastica. Riesce a mantenere l'erezione nonostante la stranezza, e allunga persino una mano per carezzare il seno nudo della bella pellerossa. Lei reagisce aumentando il ritmo e per un attimo lui si chiede come mai non mugoli di piacere, salvo poi ricordarsi che non può mugolare, né cantare, né ululare alla Luna o blaterare filastrocche, perché non ha labbra. Lui può e non si fa certo pregare. Comincia a muoversi seguendo l'indiavolato ritmo della pellerossa senza volto, e il piacere sotterra l'iniziale sgomento, almeno fino a che il viso di lei non cambia ancora.
Questa volta lo fa con una lentezza che potrebbe essere metodo o sadico piacere. O entrambi, chi può dirlo. Fatto sta che due fessure si aprono in corrispondenza degli occhi. Sembra che un invisibile bisturi tagli la pelle, in quei punti, per lasciar spuntare due grosse biglie opache simili a
(palline da golf)
perle. Sembrano Lune in miniatura, ma hanno venature rosse come ragnatele che percorrono il bianco. È poi la volta del naso, adunco e lungo come un dito, che come il becco di un volatile appena nato spinge se stesso fuori, prima tendendo la pelle e poi lacerandola. Frattanto lui ha smesso di dimenarsi e le mani non potrebbero essere più lontane da quelle due sode colline che, a proposito, sono sprovviste di capezzoli. Vorrebbe scappare, scrollarsela di dosso e rotolare giù per la collina sassosa, e chissenefrega se si ammazza o ci va pericolosamente vicino. Meglio un coma che starsene lì a farsi scopare da quella cosa.
Frattanto un nuovo taglio si va aprendo, stavolta sotto il naso. Da quella piccola faglia orizzontale emergono due labbra, carnose e bruciacchiate, come se esposte a lungo al caldo dei Giorni di Fuoco. Le labbra si aprono in un grottesco sorriso gonfio di denti storti e marci, macchiati di una sostanza bruna che potrebbe essere
(sangue)
qualsiasi cosa. Poi anche le pietre tombali che ha per denti si separano e viene fuori una lingua forcuta, che sculetta e dà una bella spolverata alle labbra. La cosa che lo cavalca molla un verso di piacere che suona come l'ansito di un essere morente, ed è a quel punto che la pelle ancora intatta si sgretola come un puzzle di terracotta e mostra un volto ricco di crateri, cicatrici profonde e bubboni che esplodono spargendo pus sul volto e sul petto di Richie, che ora ha smesso persino di respirare. Il suo affare, rigido fino a pochi secondi prima, si è ridotto alle dimensioni di una lumaca. La creatura sembra essersene accorta, perché si ferma di colpo e su quel volto crepato e pieno di piccoli vulcani che eruttano compare sincero sconforto e più di una punta di biasimo.
Nonostante la situazione, Richie non può fare a meno di sentirsi ferito nel suo orgoglio di maschio, ma il biasimo che prova dura solo un secondo. Si accorge che quel volto tremendo cala su di lui come una maledizione e tutto il resto passa in secondo piano. La punta del becco tocca quella del naso di lui, tutto sommato gradevole nonostante la piccola gobba. Un bubbone sulla curva del becco erutta e un fiotto di pus si spalma tra gli occhi di Richie, che vorrebbe dare di stomaco. Ne ha scopate di brutte, ma quella che lo fissa senza vederlo è un autentico sacrilegio. È umana, ma è anche qualcos'altro.
Come a voler dare conferma a quel pensiero, la lingua forcuta esce dalla bocca della pellerossa, si allunga e solletica le labbra sottili di Richie, poi inizia a spingere. Richie serra i boccaporti e prova a scrollarsi di dosso il
(demone)
mostro, senza peraltro riuscirci. Gli occhi ciechi lo fissano e lui si sente risucchiato da quel bianco venato di rosso. Le ragnatele rosse si agitano, sembrano scariche elettriche a basso voltaggio. A Richie ricordano le scariche che si aggrovigliavano intorno al corpo del gigantesco negro col sudario. È talmente preso da quello spettacolo che quasi non si accorge della lingua forcuta che gli entra in bocca. Quasi. Perché una parte di lui, quella che vede e sente in tanti modi, è cosciente. L'altra parte, quella che regola le funzioni dei muscoli, è momentaneamente in standby. L'unica cosa che riesce a fare è rilasciare lo sfintere e permettere a Richie di bagnarsi i calzoni.
E mentre un caldo rigagnolo di piscio scurisce i jeans stravecchi e rattoppati, la lingua di quel demonio va in esplorazione, giù in gola, come un serpente che strisci nella tana di un coniglio...
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