* * *
Richie montò sul portapacchi, Jericho alla guida e Isaiah accanto al Sidhe. Per un po' si erano preoccupati che, mettendo piede all'interno della dentiera di pietra, avrebbero scoperto che qualcuno aveva saccheggiato o vandalizzato l'auto. Il pensiero che l'avessero rubata non li sfiorò. Senza la chiave e i rudimenti della guida potevano far poco. Tanto più che per uscire dalla rientranza avrebbero dovuto far retromarcia.
Fu Isaiah a effettuare la manovra. Poi Jericho si mise alla guida.
«Mi dispiace che andiamo via», disse Isaiah.
«Ci torneremo», fece Jericho. Una pausa. «Nessuno vi costringe a seguirmi. Ho trovato il Frammento e la strega bianca mi insegnerà a usarlo.»
Isaiah già scuoteva la testa a metà frase. «Mi sentirei peggio di un coniglio a lasciarti proseguire da solo. E lo stesso vale per Richie. Non è che ce lo siamo detti, eh, ma se lo conosco – e lo conosco – pensa anche lui lo stesso.»
Jericho sorrise.
«E poi hai bisogno di noi. Chi te le salva le chiappe, sennò?»
«Siete stati molto coraggiosi. Affrontare un intero villaggio di tuniche non è da tutti.»
«Li abbiamo colti di sorpresa. Erano distratti e Richie è stato lesto come un gatto. Non ci hanno potuto fare niente.»
«Contingenze», disse Jericho.
Il sapore di quella parola aleggiò per un secondo nell'abitacolo.
«L'ho pensato anch'io», fece poi Isaiah. «Se così fosse, vuol dire che siamo legati a doppio filo come la Dama e il Prode.»
«Chi?»
«La favola per bambini.»
«Mai sentita.»
«Racconta di una donna rinchiusa in un labirinto, la Dama. Lei sa che il Prode verrà a salvarla, ma sa anche che gli sarà difficile trovarla in quel dedalo di svolte. Quindi sfilaccia la veste, lega l'estremità di un filo al polso e, mentre la conducono al centro del labirinto, srotola il resto alle sue spalle. Così al Prode basterà seguire il filo per trovarla e per fare la strada a ritroso.»
«Non può semplicemente aspettarlo all'ingresso del labirinto?»
«Mica è così semplice. C'è un mostro che la tiene in ostaggio. Un mutaforma, simile a quelli che trovi al Nord, dalla testa di toro e il corpo di un uomo.»
«E come finisce la storia?»
«Il Prode segue il filo sino al centro del labirinto, uccide il mutaforma e libera la Dama.»
«Quindi, se ho capito bene, secondo te i nostri destini sono legati come quelli dei due amanti?»
«Detta così sembra una cosa da gay, però sì. Pensaci: insieme abbiamo attraversato le montagne coi succhiasangue, fatto irruzione nel villaggio dei negri e siamo tornati indietro tutti interi. Tu hai addirittura fatto fuori i mostri alati e quel gigante sfregiato. Dimmi di un altro terzetto che ha fatto meglio.»
«Ho avuto fortuna. E anche voi.»
«Contingenze», disse Isaiah, sicuro.
Jericho non ribatté. Rifletté però sul fatto che le credenze sono un'arma a doppio taglio. Riporvi estrema fiducia rallentava i riflessi e i pensieri. Gli henoed della sua città lo ripetevano spesso durante le ore di lezione. Cercavano di inculcarti la disillusione necessaria a scalzare il romanticismo che certe madri inculcavano nei propri pargoli a forza di fiabe. Nel mondo reale l'eroe non sempre salvava la dama di turno. Spesso finiva ammazzato.
Ma il Prode non era un Sidhe, pensò Jericho, e gli scappò di sorridere.
«Perché ridi?» fece Isaiah.
«Il tizio della fiaba...»
«Il Prode.»
«Pensi che fosse un Sidhe?»
«La favola non lo dice, ma io credo di no. Un Sidhe avrebbe raggiunto il centro del labirinto buttando giù le pareti. E comunque, se fosse stato un Sidhe, la fiaba non avrebbe senso.»
«E perché?»
«Perché le fiabe devono infondere coraggio nel cuore di chi le ascolta. Ma il coraggio di un Sidhe è diverso dal coraggio di un tizio comune. Pensa a un marmocchio mentre ascolta di un Sidhe che in due secondi asfalta muri e fa fuori un mutaforma come niente fosse. Che insegnamento può trarre da una storia così? Che se non sei un Sidhe e un mutaforma tiene in ostaggio la tua donna, meglio faresti a dimenticartela perché tanto non c'è speranza che la riacchiappi, debole come sei.»
«Non l'avevo vista così.»
«Forse perché non hai letto le fiabe che ho letto io, dove i protagonisti sono uomini o ragazzini che non hanno magia nel sangue. L'unica magia è il coraggio. E mica ce l'hanno sempre. Per la maggior parte sono spaventati a morte. Ma quando c'è da tirarlo fuori, il coraggio, stai sicuro che non si risparmiano. Le fiabe insegnano ad avere paura del mostro sotto il letto, ma anche ad affrontarlo quando quello caccia fuori una zampa e prova a prenderti.»
«Dovresti fare lo strizzacervelli.»
«Non si è mai visto un matto che ne cura un altro», scherzò Isaiah e tutti e due risero.
«Non sei poi così matto», fece Jericho.
«Mi sono imbarcato con te in questo casino. Direi che sono schizzato quanto il Cappellaio Matto e la Regina di Cuori messi insieme.»
«Chi?»
«È un'altra storia.»
«Raccontamela.»
Isaiah fece mente locale, radunò le idee e raccontò a Jericho la storia di una bambina che un giorno vede un coniglio in panciotto correre tutto affannato mentre getta occhiate ansiose all'orologio a cipolla che ha in mano. Gli racconta di una terra fuori da ogni logica, coi suoi personaggi fuori di testa e ai limiti della malattia mentale. Jericho ascoltò affascinato mentre guidava. E a un tratto gli parve di vederli, tutti riuniti intorno a un fuoco, che si raccontavano storie folli, festeggiavano non–compleanni e si passavano a turno la pipa del Brucaliffo. Li vide arrostire carne sul fuoco da bivacco e mangiare mentre in cielo una mezzaluna dentata, che era il sorriso dello Stregatto, si allargava nella notte.
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