Capitolo 5 - Un buon soldato
Byron non aveva chiuso occhio. Ogni volta che la stanchezza aveva minacciato di farlo crollare l'idea di ritrovarsi con un topo enorme sulla faccia gli aveva impedito di addormentarsi; per questo quando l'istruttore era arrivato a svegliare le reclute in malo modo si era semplicemente alzato a sedere sulla branda fissando il vuoto davanti a sé, senza strillare o protestare come molti pensavano che avrebbe fatto. Aveva un disperato bisogno di sonno. Gray, vicino a lui, sbadigliò e si alzò svogliatamente. Byron si chiese se fosse riuscito a dormire o se fosse ridotto come lui.
«Avanti, muovetevi, mezze calzette! Non c'è tempo da perdere!» gridò il Tenente Bradley. «Vi voglio pronti fra cinque minuti!» aggiunse, e uscì sbattendo la porta.
Byron osservò la divisa che gli era stata assegnata il giorno precedente: almeno quella sembrava pulita. La indossò, e sentì subito la mancanza di uno specchio per sistemarsi. Non che importasse molto avere un aspetto decente in quel momento: alcuni compagni gli avevano riferito che le donne venivano addestrate separatamente e non c'era modo di riuscire ad avere contatti con loro. Byron pensò che fosse un vero peccato.
Guardò Gray allacciarsi le scarpe e sistemarsi l'uniforme: sembrava un vero soldato, con i muscoli più pronunciati dei suoi, i capelli cortissimi e la carnagione olivastra. Byron, invece, sapeva di essere un pesce fuor d'acqua in un posto del genere: la sua pelle chiarissima e il suo fisico asciutto lo distinguevano dalla maggior parte dei suoi compagni più di quanto facesse il suo cognome da nobile.
«Sei riuscito a dormire?» gli chiese. Non voleva allontanare l'unica persona che non lo odiava lì dentro, motivo per cui doveva riallacciare i rapporti con Gray il prima possibile.
«Un pochino.» rispose distrattamente il compagno, mentre seguiva gli altri verso la porta. Byron, memore del freddo del giorno prima, era piuttosto restio all'idea di uscire, ma si convinse a farlo senza lamentarsi: non aveva intenzione di scaldarsi con un'altra serie infinita di flessioni.
Una volta fuori, l'aria pungente gli colpì il viso, e Byron cercò di scaldarsi con le braccia. Se fosse tornato a casa vivo, avrebbe certamente trovato un modo per farla pagare a suo padre. Si guardò intorno, mentre l'istruttore aspettava tutti per iniziare a parlare, e non vide altro che sguardi torvi rivolti verso di lui. Sapeva che il campo era abbastanza controllato da fare in modo che non lo aggredissero, ma se i superiori lo odiavano quanto i suoi compagni era in guai seri.
Il tenente li aveva condotti di fronte a un percorso a ostacoli simile a quelli presenti nei film di guerra. Byron lo guardò per cercare di capire quando finisse, e concluse che era decisamente troppo duro per lui: aveva una rete su cui bisognava arrampicarsi, una parete da scalare, del filo spinato sotto cui strisciare e altri ostacoli in lontananza. Probabilmente avrebbe fatto fatica a concluderlo in condizioni normali, in più in quel momento il digiuno e la mancanza di sonno lo avevano indebolito.
«Allora, ora vi spiegherò cosa dovete fare. Se serve anche due volte, nel caso qualcuno di voi sia particolarmente duro di comprendonio.». Byron avrebbe giurato che lo sguardo del Tenente Bradley, in quel momento, fosse rivolto verso di lui. Non doveva avergli fatto una buona impressione. Mentre l'istruttore spiegava le regole, nessuno fiatò: tutti erano occupati ad ascoltare e a guardare le varie parti del percorso. «Chi arriva per ultimo farà quaranta piegamenti. Devo ripetere?»
La risposta fu un coro di "no, signore!", e il tenente si preparò a dare il via. Byron sperò per le sue povere braccia di non arrivare ultimo.
Appena il Tenente Bradley diede il via, tutte le reclute iniziarono a correre verso il primo ostacolo, e Byron sentì subito il peso della stanchezza. Non aveva comunque intenzione di arrendersi: accelerò quanto bastava per superare poche altre reclute, anche se questo comportava per lui un enorme sforzo. Scalò a fatica la parete alta un paio di metri, lasciandosi poi cadere dall'altra parte; nell'atterrare gli scivolò un piede, ma si rimise subito in piedi per correre. Quando arrivò davanti alla rete su cui si sarebbe dovuto arrampicare era già quasi senza fiato. Iniziò a percorrerla con i muscoli che tremavano per lo sforzo e le mani che bruciavano, strinse i denti e continuò. Si fermò in alto, per prendere fiato, e si guardò intorno: solo un altro paio di reclute era ancora dietro di lui. Scese dall'altra parte, a fatica, e si posizionò con la pancia a terra per passare sotto il filo spinato. Nonostante strisciasse più veloce che poteva, anche chi era dietro di lui lo superò. Byron inveì mentalmente contro sé stesso, ma non si diede per vinto.
Quando si rialzò si accorse subito che tutti gli altri avevano concluso il percorso e imprecò, lasciandosi cadere a terra. La testa gli pulsava e una dolorosa sensazione di fallimento si faceva strada nella sua mente. Era troppo occupato a riprendere fiato per notare i passi dei Tenente Bradley che gli si era avvicinato fino a fermarsi a meno di un metro da lui.
«A questo punto è ovvio che sarai ultimo.» disse, semplicemente. «A dire il vero, lo è da ieri sera, quando hai stupidamente rifiutato la tua razione di cibo.»
Byron non fiatò, limitandosi a uno sguardo sorpreso: la sera prima aveva lasciato la sua parte a Gray, sperando che il suo gesto passasse inosservato.
«Mettiti in testa una cosa, contino: qui non siamo nella tua villa lussuosa, non puoi fare tutto quello che vuoi.»
Byron avrebbe voluto ricordare al tenente che il cibo scadente e le condizioni delle brande gli avevano già fatto venire questo sospetto, ma si trattenne. «Sì, signore. Lo so.» si limitò a dire.
«Proprio ieri mi hai detto che tuo padre si sbagliava su di te. Se pensi che sia così, dimostralo. Finisci questo percorso. Obbedisci agli ordini e diventa un buon soldato.»
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