Smarrimento


Hai paura di me?

Dovrei averne?

Draco non aveva fatto altro che rimuginare, seduto sulla poltrona accanto al letto, su cui Hermione ancora dormiva priva di sensi, sulla discussione tenutasi poche ore prima. Ricordava vividamente e dolorosamente quegli occhi terrorizzati. Era stato così sollevato, felice nel costatare che a provocare tutto quel rumore fosse stata solamente la sua Hermione e non qualcuno di più sgradito.

Sua. Lo era ancora?

Quella domanda non aveva fatto altro che torturarlo da quando l'aveva riportata nella sua camera. I suoi occhi caldi e gentili non avevano mai mostrato terrore nei suoi confronti e l'idea di dover nuovamente sostenere quello sguardo lo portò a stringere convulsamente i braccioli della poltrona. Gli aveva riservato di tutto in passato, odio, disprezzo, orgoglio, superiorità, indifferenza ma mai paura. Lei era stata l'unica ad averlo guardato con occhi diversi rispetto a tutti gli altri dopo la guerra. C'era chi lo disprezzava, chi lo odiava, chi provava addirittura pena e pietà per lui ... E poi c'era Hermione. Quella bambina saccente che per lui valeva ancor meno di un elfo domestico, quella petulante ragazzina che voleva solo annientare, distruggere per non confrontarsi con se stesso, per non sentirsi maledettamente inferiore, per non essere messo in cattiva luce agli occhi del padre. Proprio lei tra tutti gli aveva offerto un appiglio a cui aggrapparsi per non farsi sommergere dai pregiudizi di cui adesso gli altri lo ricoprivano e a cui cominciava a credere. Lo aveva salvato dal naufragare in se stesso, gli aveva impedito di andare alla deriva. Il suo era stato un sincero interesse nei suoi confronti mosso da qualcosa di così profondo e coinvolgente da esserne stato completamente sommerso. Non fu niente che avesse a che fare con la pietà e forse fu per quel motivo che le aveva permesso di avvicinarsi a lui.

Ricordò con un sorriso amaro la giornata ventosa, fredda e uggiosa che gli cambiò radicalmente la vita.

Quello non era affatto un giorno qualunque ma la dimora del tutta spoglia e priva di decorazioni gli avevano fatto quasi dimenticare la ricorrenza tanto attesa da tutti e tanto inutile e sopravvalutata per Draco. La Vigilia di Natale in passato non gli dispiaceva, anzi ... Apprezzava molto gli addobbi, l'atmosfera che si veniva a creare ma se c'era qualcosa per cui lui attendeva con ansia quel giorno erano la montagna di regali costosi e le feste lussuose, a cui venivano invitate le famiglie purosangue più importanti. Si inorgogliva quando suo padre lo presentava come l'erede dei Malfoy, importante per il preservamento della loro stirpe che si ristringeva sempre di più. Con il passare del tempo quella data perse sempre di più il suo valore, si ridusse ad un evento di circostanza e quando, dopo la guerra, suo padre fu condannato ad Azkaban e la madre si ammalò gravemente, essa non fu degna per lui né di memoria né di celebrazione. Si ritrovò, senza sapere neanche lui come, confinato, a prendersi cura della madre e ad evitare contatti con l'esterno, al Manor.

Il suo nascondiglio, la sua prigione.

Paradossalmente la Vigilia di Natale acquisì nuovamente significato e importanza per lui in seguito. Quello fu il primo giorno in cui usciva dal Manor da quando era finita la guerra. Fino ad allora non aveva mai visto la luce del sole se non dalla finestra o dal giardino ormai pieno di erbacce e rovi da quando sua madre non se ne prendeva più cura.

Era avvizzito come lei.

Nonostante lui fosse stato assolto al processo e fosse libero di tornare nel mondo magico, egli aveva deciso di isolarsi da tutti.

Il motivo? Vigliaccheria.

Sembrava essere questa la parola chiave della sua vita, delle sue scelte. Si era chiuso in se stesso , e temette seriamente che avrebbe vissuto quell'incubo in eterno, con sua madre in quelle condizioni e con l'oscurità che aleggiava nella sua casa e nel suo cuore. Quella pelle innaturalmente pallida, quegli occhi spenti e privi di vita, lo sguardo con cui lo implorava di alleviare le sue sofferenze non le avrebbe mai rimosse dalla sua mente. Si era abbandonata a se stessa e lui ricordò vividamente quanto si sentì perso, spaesato nell'affrontare il proprio dolore e quello della madre. Ricordò la morsa allo stomaco, che lo sorprendeva ogni volta che entrava nella camera della madre sdraiata scompostamente sul letto, che diventò tanto insopportabile per lui da mandare solo l'elfo domestico al suo posto. Ma furono le sue condizioni aggravate la causa per cui Draco aveva superato la sua codardia. La madre era troppo debole per spostarsi dal Manor e nessun medimago aveva risposto alle sue richieste di intervento via gufo, così si era ritrovato lui a curare la madre con le pozioni come meglio poteva, ma gli ingredienti per le pozioni scarseggiavano così non aveva avuto altra scelta che uscire e andare a Diagon Alley per acquistarli. Appena superò il cancello e si materializzò nella sua destinazione invece di essere invaso da una sensazione opprimente e soffocante, come pensava, inavvertitamente tornò a respirare, a vivere. Le strade erano innevate, tutto era ricoperto da uno strato bianco che gli comunicava pace, purezza e camminare in mezzo a tutto quel biancore gli fece quasi dimenticare quanto fosse sporco lui dentro, come il marchio deturpava la pelle diafana. Ricordò come si fosse fermato improvvisamente con i piedi affondati nella neve a fissare gli alberi spogli che si stagliavano contro il cielo plumbeo inorridito di se stesso nel rendersi conto che l'inverno sembrava quasi essere in sintonia con lui.

Freddo, arido, morto.

Tutti erano così indaffarati per i loro acquisti che neanche si accorsero della sua presenza, grazie anche al cappuccio del mantello che nascondeva il suo viso. Lo disgustò tutta quella finta bontà a cui assistette quando si ritrovò a passeggiare per le strade gremite di maghi e streghe. Invidiava e odiava la loro felicità, odiava se stesso per essersela preclusa e detestava la sua vita. Provava un moto di disgusto per il mondo e per tutti coloro che lo abitavano senza rendersi conto che quello che attribuiva all'esteriorità apparteneva alla sua interiorità. Tirò un sospiro di sollievo per non essere stato riconosciuto mentre entrava nel negozio, infreddolito per il vento gelido, e prendeva il necessario per la pozione. Quando però andò a pagare con ciò che rimaneva al patrimonio Malfoy danneggiato dalle confische da parte del Ministero accadde ciò che Draco temeva.

<<Non è Draco Malfoy quello, mamma?>> chiese una bambina nel negozio facendo voltare tutti nella sua direzione. Draco si ritrovò a fissare quegli occhi che adesso sgranati guardavano con insistenza il suo capo. Si toccò la testa per controllare di avere ancora il cappuccio e impallidì quando sotto le sue mani avvertì solo la morbidezza dei propri capelli. Si ritrovò a maledire mentalmente il vento, la sua distrazione e i propri capelli, un tempo sfoggio della propria famiglia di appartenenza, segno di distinzione tra sé e gli altri maghi e adesso solo motivo di vergogna. Desiderò in quel momento poter avere un colore comune per poter dire che si sbagliavano, che l'avevano scambiato per qualcun altro. Ma quel biondo platino spiccava attirando un'attenzione che adesso rifuggiva.

Con grande sforzo e anche per orgoglio ricambiò il loro sguardo con una maschera di indifferenza che aveva imparato a sfoggiare fin da piccolo e diede loro le spalle posando gli ingredienti sul bancone per pagare. Il silenzio creatosi venne interrotto bruscamente dal proprietario del negozio.

<<Non voglio mangiamorte nel mio negozio!>> disse questi facendo sgranare gli occhi di Draco per la sorpresa anche se per una frazione di secondo.

<<Posso pagare>> rispose prontamente. Era questo uno dei primi insegnamenti impartitigli dal padre. Si può ottenere tutto pagando. In quel momento scoprì quanto ciò fosse sbagliato.

<<Non voglio i tuoi soldi! Fuori da qui!>> iniziò a dire il proprietario mentre a questi si univano tutti coloro che erano nel negozio. Draco era così concentrato nel trovare una soluzione, anche a costo di rubare quei maledetti ingredienti, che non sentì un'altra persona entrare.

<< Posso pagare il doppio!>> ritentò digrignando i denti quasi urlando per sovrastare le parole ostili di cui tutti lo stavano ricoprendo.

<<Non vogliamo i tuoi soldi! Lurido Mangiamorte!>> Gridò una voce tra la calca che si stava formando e lo stava spintonando.

Draco stava per uscire la bacchetta non sapendo in che altro modo procurarsi quegli ingredienti per la madre quando una voce lo fece desistere e fece zittire tutti.

<<Li compro io. Spero che i miei soldi siano ben accetti>> disse una voce femminile che lui riconobbe all'istante. Incredulo si girò verso la fonte di quel suono come a voler provare a se stesso di non essere pazzo e fu in quel momento che la vide: l'eroina del mondo magico. Hermione Granger guardò tutti coloro che erano nel negozio, in cui regnava il silenzio, eccetto Draco e si avvicinò al bancone dove erano posati gli ingredienti con grande stupore di tutti i presenti. Ricordava come fosse rimasto stupito in quel momento nel comprendere come una donna così minuta e all'apparenza fragile potesse far zittire tutti con un semplice sguardo per niente docile. Era combattivo, invece, e sembrava sfidare chiunque a contraddirla. Colei che aveva davanti era forte, era una guerriera, era una vincitrice.

<<Pago io questi, se non le dispiace>> disse Hermione gentile ma allo stesso tempo talmente autoritaria che non fu permesso al proprietario di replicare. Draco ricordava ancora la sua perplessità per quel gesto, il suo timore che il suo fosse solo un modo per umiliarlo. Non aveva mai fatto deduzione più sbagliata. Ricordava con chiarezza il lieve cenno con la testa che gli fece in un silente invito a seguirla e non poté non obbedire non avendo il coraggio di affrontare di nuovo quegli insulti. Draco si coprì il capo con il cappuccio prima di uscire e seguirla, fissando con insistenza il sacchetto che aveva in mano.

<<Perché lo hai fatto?>> le chiese sospettoso quando si fermarono in un angolo più riparato e lontano dalla folla.

<<E' la vigilia di Natale, Malfoy>> rispose lei eludendo la domanda. <<Questi sono tuoi, immagino>> continuò porgendogli il sacchetto con gli ingredienti.

Draco prese con cautela il sacchetto e si fermò a osservare la donna, non più la ragazzina che ricordava, che aveva di fronte. Aveva sempre quei capelli gonfi che le facevano sembrare il viso più scarno di quanto non fosse. Si accorse che aveva iniziato a nevicare quando dei fiocchi di neve si impigliarono tra i capelli che le incorniciavano il viso. Era così pura, lei.

<< Tipico di voi grifondoro>> commentò con una smorfia <<Dimmi quanto hai speso>> continuò mettendo la mano libera in tasca per prendere i galeoni.

<<Non c'è bisogno che tu mi paghi, Malfoy>>lo fermò Hermione con calma.

<<Non voglio avere debiti con te, Granger>> rispose Draco punto nel'orgoglio. Nessuno doveva fargli l'elemosina, era ancora un Malfoy dopotutto.

<<Nessun debito, vedilo come il mio regalo di Natale>> rispose lei con un sorriso appena accennato.

<<Non voglio la tua pietà!>> si ritrovò a dire infastidito e stanco per come veniva trattato.

<<Se pensi che io abbia pietà di te, sei davvero fuori strada>> rispose leggermente spazientita.

<<E allora perché l'hai fatto? Non siamo amici, non siamo niente>> ribadì gelido mentre fissava i propri occhi nei suoi.

<<A cosa ti servono quegli ingredienti?>> chiese lei ignorando palesemente alla domanda.

<<Gradirei che si rispondesse alle domande che pongo>> rispose indispettito e autoritario per poi continuare dato il suo ostinato silenzio <<Davvero non riesci a immaginarlo? Li leggi i giornali?>> chiese ironico Draco sapendo che la notizia della malattia della madre era finita in un articolo della Gazzetta del Profeta.

<<Non credo quasi mai a quello che leggo sulla Gazzetta del profeta, soprattutto adesso, in cui cercano un capro espiatorio per ogni danno causato dalla guerra. Quindi te lo richiedo, a cosa servono gli ingredienti?>> chiese Hermione imperturbabile.

<<Mia madre sta morendo, Granger! Ha bisogno di cure e io cerco di fare quel che posso con le pozioni. E' troppo debole per andare al San Mungo e nessun medimago verrebbe al Manor>> rispose esasperato sperando nel profondo del cuore che lei lo aiutasse senza doverglielo chiedere e subire un'altra umiliazione. Era davvero caduto in basso.

<<Fatevi trovare pronti per domani sera>>disse dopo aver annuito con apprensione prima di voltargli le spalle.

<<Cosa stai dicendo?>> farfugliò Draco, ponendosi davanti a lei, temendo di esserselo immaginato.

<<Dico che domani notte arriverò con un medimago al Manor, Malfoy>> rispose Hermione sollevando il viso per guardarlo negli occhi.

<<Perché?>> sussurrò spiazzato e con voce tremula, non capendo il motivo di così tanta bontà nei suoi confronti, mentre sentiva il cuore battere in modo incontrollato.

<<Perché so cosa significa perdere una madre>> rispose con voce sicura che si spezzò verso la fine.

Lei non si aspettò ringraziamenti ma il suo sguardo che si illuminava e la guardava con gratitudine le bastarono. Lo salutò con un cenno per poi dargli le spalle e smaterializzarsi.

Draco ancora ricordava come il sorriso che gli nacque in quel momento fosse il primo dopo mesi.

E adesso lei era lì sdraiata su quel letto, testimone muto dei loro sentimenti, delle loro confidenze, confessioni sussurrate nel cuore della notte, momento in cui riuscivano a trovare la pace. Cosa ne sarebbe stato di tutto quello che avevano passato? Draco sapeva che non sarebbe riuscito a sopportarlo, che si sarebbe spezzato e che non gli sarebbe rimasta altra scelta che raccogliere i cocci. Non aveva mai avuto un carattere forte, aveva sempre seguito la corrente senza soffermarsi a riflettere, senza chiedersi se per lui fosse giusto o sbagliato. E adesso capiva che perderla avrebbe significato perdere il proprio faro in mezzo alla tempesta, non sarebbe stato migliore senza di lei.

Ad interrompere i suoi pensieri fu il suo elfo domestico che gli comunicava l'arrivo del medimago. Gli era stato infatti raccomandato da quest'ultimo di avvisarlo del risveglio di Hermione in qualsiasi ora e così lui aveva fatto. Si alzò dalla poltrona per scendere al piano inferiore ed accogliere il medimago che aspettava in salotto. Era un uomo di almeno quarant'anni, dai capelli brizzolati e dagli occhi vispi e attenti che in quel momento osservavano la stanza quasi in allerta come si poteva notare dalle labbra sottili ridotte ad una linea dura e dalla mascella serrata.

<<Prego, si accomodi>> lo accolse Draco prima di stringergli la mano <<Le posso offrire qualcosa?>> gli chiese dopo che entrambi si sedettero sulle due poltrone di pelle nera, poste l'una di fronte all'altra.

<<No, la ringrazio, signor Malfoy>> rispose cordialmente il medimago <<Prima di visitare la signorina Granger devo sapere com'è stato il suo risveglio, cos'ha fatto>> continuò mentre estraeva dalla valigetta una penna d'oca e una pergamena.

<<Appena si è svegliata è uscita dalla sua stanza ed è andata in giro per il Manor, stavo finendo la preparazione di una pozione nel mio laboratorio quando ho sentito dei rumori strani e sono andato a controllare. L'ho trovata nel salone, era sconvolta e penso che credesse di essere ancora in guerra e ... >> si interruppe per poi quasi sussurrare << ... e di essere ancora prigioniera in casa mia>>

<<Ha notato se provava dolore in qualche parte del corpo?>> chiese il medimago senza distogliere lo sguardo dalla pergamena su cui stava appuntando le sue parole.

<<Si, aveva delle fitte molto forti alla testa, è svenuta per il dolore>> rispose Draco torturandosi le mani per l'agitazione.

<<Comprensibile, si è sforzata troppo>> commentò atono il medimago.

<<Crede che Hermione abbia perso definitivamente la memoria di questi ultimi tre anni?>> chiese esprimendo la domanda che lo aveva tormentato in quelle ore.

<<Probabile ma per darle delle certezze devo visitarla, può essere che fosse solamente disorientata e presa troppo dal panico>> rispose il medimago mentre si alzava dalla poltrona e prendeva in mano la valigetta.

<<Le faccio strada>> disse Draco speranzoso mentre lo accompagnava nella stanza dove Hermione ancora dormiva priva di sensi <<Non si è ancora svegliata >> lo informò quando entrò nella camera.

<<Non sarà un problema signor Malfoy>> rispose prima di chiudersi la porta alle spalle ed escludere Draco dalla visita.

Il medimago, una volta solo, si sedette sul bordo del letto accanto ad Hermione,accese una candela per poi, puntandole la bacchetta, recitare <<Reinnerva>> .

Il risveglio avvenne in un modo del tutto inaspettato. Prima ancora che il medimago finisse di pronunciare l'incantesimo gli occhi di Hermione si erano spalancati e fissati nei suoi. Era riuscita con uno scatto fulmineo a sfilare la bacchetta dalla presa, momentaneamente allentata per la sorpresa dell' uomo che si trovava di fronte a lei, e a puntargliela contro. Hermione si lasciò sfuggire un sorriso trionfante per essere stata capace di disarmare un mangiamorte e di aver trovato un modo per fuggire dal Manor. In quel momento pensò di aver ritrovato quella parte di sé che aveva perso quella notte, quella parte furba, intelligente, che trovava sempre soluzioni anche in situazioni difficili. Si mise a sedere cautamente memore del dolore alla testa che l'aveva fatta svenire, rendendola vulnerabile continuando a puntare la bacchetta contro l'uomo, che adesso aveva assunto un'espressione apprensiva. Non si soffermò su quel dettaglio mentre finalmente riuscì a sedersi e ad avvicinare così tanto la bacchetta alla sua gola che la punta sfiorò il pomo d'Adamo leggermente tremante. Solo quando spostò lo sguardo verso la bacchetta si accorse che a tremare non era il pomo d'Adamo ma la sua mano che non le permetteva di avere una mira precisa e di apparire sicura di ciò che faceva. Strinse la presa così forte da spezzare quasi il legno di quel piccolo bastoncino mentre puntava i suoi occhi contro quelli scuri e calmi dell'uomo. Quello sguardo così schietto, sincero e buono la destabilizzò causandole uno scatto involontario alla mano che le fece affondare la bacchetta nella gola dell'uomo che aveva serrato le labbra trattenendo un lamento di dolore. Allontanò di poco la bacchetta dal suo collo per poi tornare a fissarlo negli occhi e ordinare a voce bassa in un improvvisato e forzato tono autoritario e minaccioso:

<< Fammi uscire dal Manor e non ti accadrà nulla>> sussurrò mentre strizzava più volte gli occhi per controllare il dolore alla testa che era tornato a tormentarla con fitte violente.

<<Non sono un Mangiamorte, sono un medimago>> cercò di tranquillizzarla e di farle comprendere la realtà in cui si trovava gradualmente.

<<Dimostramelo ! Alza la manica sinistra!>> rispose mentre stringeva in modo ancora più convulso l'unica arma di cui poteva disporre.

Il medimago la assecondò e fece come richiesto mostrandole il braccio sinistro completamente pulito per dimostrarle la veridicità delle sue parole.

<<Adesso mi crede, signorina Granger?>> chiese con calma mentre Hermione sollevava il suo braccio con la mano libera all'altezza del viso per non farsi sfuggire nessun suo movimento.

Rimase perplessa al pensiero che i Mangiamorte volessero in qualche modo curarla. Il sospetto si insinuò nella sua mente, viscido, strisciante e spaventoso.

<<Cosa volete farmi?!>> chiese con voce più stridula mentre scendeva dal letto e portava la mano, che un attimo prima teneva il suo braccio, alla fronte per controllare un capogiro che le aveva fatto perdere quasi l'equilibrio <<rimani dove sei>> gli intimò quando lo vide avvicinarsi per aiutarla.

<<Nulla, sono qui solo per aiutarla>> rispose con le mani dietro la schiena ed una espressione imperturbabile.

<<Non credo proprio che sia verosimile il fatto che i Mangiamorte chiamino un medimago solo per aiutarmi>> ironizzò con un sorriso freddo e allo stesso tempo sofferente.

Il medimago non ebbe il tempo neanche di rispondere che Hermione gli intimò di aprire la porta e di precederla verso l'uscita dal Manor mentre adesso gli puntava la bacchetta alla nuca. Lo seguì un po' barcollante per poi fermarsi quando, una volta varcata la soglia della porta, incontrò gli occhi dello stupido bambino viziato che adesso si era trasformato nel suo carceriere, nel suo peggiore incubo. Era appoggiato alla parete di fronte alla sua camera con le braccia conserte e lo sguardo fisso su un punto imprecisato della parete opposta, assorto nei suoi pensieri come se aspettasse l'uscita del medimago. Nonostante una esitazione iniziale, durata comunque pochi secondi, si riprese e puntò la bacchetta contro Malfoy gridando uno schiantesimo.

<<Stupeficium!>> ripetè più volte e con un tono sempre più alto e disperato mentre si rendeva conto che dalla bacchetta non usciva neppure una scintilla e che Malfoy era rimasto in piedi illeso e con gli occhi sgranati, che esprimevano sorpresa e un altro sentimento che non riuscì a decifrare.

Aveva perso la propria magia.

Si sentì in trappola quando si ritrovò il medimago e Malfoy a bloccarle l'uscita dalla camera in cui era costretta a tornare per allontanarsi da loro anche se per poco.

Aveva perso la propria magia.

<<So che è difficile da credere, ma qui lei è al sicuro, non le faremo nulla>> cercò di rassicurarla il medimago mentre riprendeva la bacchetta dalle mani tremanti di Hermione che a testa alta continuava a fronteggiarli.

Aveva perso la propria magia.

<<Perché mai dovresti proteggermi, Malfoy? Cosa vuoi in cambio? Che ti consegni Harry?!>> gli urlò contro con gli occhi lucidi, lo sguardo combattivo e forte in netto contrasto con il volto pallido e disperato e il respiro affannoso e sofferente.

<<Non mi interessa niente dello sfregiato!>> rispose a tono Draco, provando un'immotivata rabbia nei confronti di Potter , per poi guardare il medimago non sapendo cosa fosse più consono rivelarle.

<<Rientriamo in stanza e le spiegherò la situazione, non dovrebbe sforzarsi così tanto>> le disse il medimago entrando per primo nella camera per poi farsi seguire da una Hermione riluttante e da Draco che non perdeva ogni suo minimo movimento. Hermione era malferma sulle sue gambe, troppo scossa dalla scoperta appena fatta, i movimenti scoordinati e proprio quando si era incantato a fissare l'ondeggiare dei suoi capelli vaporosi vide le sue ginocchia cedere ed in quel momento non potè che ringraziare i suoi allenamenti di quidditch. Con un riflesso che temeva di aver perso da quando non giocava più la sostenne prima che rovinasse a terra immergendo per la seconda volta il viso nei suoi capelli in un gesto intimo che gli era mancato in quei mesi. Hermione non riuscì a reprimere lacrime di disgusto e odio nei suoi confronti, per averla reputata inferiore e per averla privata della cosa più preziosa che avesse: la sua magia. A Draco non sfuggì quella espressione ed avvertì un senso di vuoto e dolore pervaderlo.

<<Attendo spiegazioni>> disse Hermione mentre si sedeva e continuava a tenere d'occhio Draco che si era appoggiato alla parete di fronte al baldacchino, lontano da lei incapace di starle vicino e gestire il dolore che gli stava provocando. Era un vigliacco. In quel momento realizzò che non aveva speranza di cambiare.

<<Da quello che ho potuto appurare, temo che lei abbia perso la memoria di un considerevole periodo di tempo>> iniziò con cautela il medimago.

<<Se è un modo meschino per ingannarmi e farmi abbassare la guardia ... >> iniziò a protestare Hermione scettica.

<<Crede che se fossimo ancora in guerra lei vivrebbe in condizioni così agiate ? Sbaglio o non ha visto né sentito alcun Mangiamorte?>> incalzò.

<<Quanto tempo ho dimenticato?>> chiese Hermione lentamente, ancora scettica.

<<Considerando che il suo ultimo ricordo al momento riguarda la guerra direi che ha dimenticato all'incirca tre anni>> rispose.

<<Cosa mi è successo?>> chiese con voce ferma contraddetta del viso che era impallidito e Draco ammirò ancora una volta la sua forza.

<<Sappiamo solo che è stata colpita da un incantesimo ma non ne conosciamo la natura né chi l'ha lanciato. Dovrò tenerla in osservazione per scoprire quali altri effetti esso può provocarle>>

<<Cosa è successo in questi anni? Abbiamo vinto la guerra?>> chiese agitata mentre guardava Malfoy.

<<Si, avete vinto e se te lo stai chiedendo Potter e Weasley sono  vivi>> rispose Draco con voce atona.

<<Allora perché sono al Manor invece di essere con i miei amici?>> chiese Hermione di nuovo sospettosa.

<<Questo è uno degli effetti su cui ancora stiamo studiando io ed i miei colleghi. E' rimasta per un mese priva di coscienza ma il corpo rimaneva in vita senza alcun nostro intervento come se si stesse alimentando dello stesso incantesimo che ha subito. Abbiamo provato a portarla fuori dal Manor ma andava istantaneamente in arresto cardiaco per poi riprendersi dopo essere tornata dentro. Quindi abbiamo deciso di lasciarla qui>> intervenne il medimago.

<<Quindi mi sta dicendo indirettamente che sarò costretta a soggiornare qui finché non avrete capito quale incantesimo mi ha colpito e mi avrete curato?>> chiese con voce stridula quasi sull'orlo di una crisi di nervi.

<<Esattamente, adesso devo solo visitarla e darle una pozione per riposare>> le disse il medimago in un chiaro invito a collaborare.

<<Ho altra scelta, forse?>> chiese retorica. Non si era mai sentita così vulnerabile in vita sua.

<<Lo so che è difficile ma deve fidarsi, noi vogliamo solo aiutarla>> le disse il medimago e le sorrise quando lei annuì seppur a fatica e tremante.

<<Signor Malfoy devo chiederle di lasciare la stanza>> continuò riferendosi a Draco che a capo chino usciva senza fiatare.

<<No aspettate!>>esclamò alzandosi in piedi e richiamando l'attenzione dei due << Se è vero tutto ciò che mi avete raccontato, voglio vedere i miei amici prima di sottopormi a qualsiasi visita e cura>>

<<Weasley e Potter sono in missione ma dovrebbero tornare nella mattinata>> le rispose Draco << Sono diventati Auror due anni fa>> spiegò.

<< Mi basta che venga Ginny>> rispose imperterrita Hermione non riuscendo ancora a fidarsi della loro parola.

<<Temo sia impossibile, si trova al San Mungo al momento>> rispose Draco guardandola in quegli occhi che non riusciva quasi più a riconoscere. Erano spenti, diffidenti e spaventati.

<<Perché si trova lì? Sta male?>> chiese avvicinandosi a lui con gli occhi sgranati.

<<No al contrario, è in stato interessante>> rispose mentre la guardava con apprensione e cercava di capire cosa pensasse in quel momento.

Per la prima volta abbassò il capo e stette così tanto a lungo in silenzio ed immobile che Draco temette che potesse svenire da un momento all'altro. Poi alzò la testa con decisione ed andò a sedersi sul letto.

<<Aspetterò che tornino Ron ed Harry>> comunicò loro con calma.

<<Non puoi! Potrebbero anche ritardare e tu sei troppo debole per rimanere qui senza cure!>> esclamò Draco avvicinandosi al letto.

<<Non mi interessa, voglio vederli prima>> rispose testarda.

<<Ma non capisci che così starai male ? Stupida!>> continuò arrabbiato.

<<Non osare darmi della stupida!>> rispose con veemenza alzandosi dal letto per fronteggiarlo.

<<E' quello che stai dimostrando di essere con questo atteggiamento!>> ribattè avvicinandosi a lei facendola indietreggiare << Dovrai fidarti di me che tu lo voglia o no>> proseguì continuando ad avvicinarsi.

<<Voglio i miei amici!>> esclamò con tono esasperato e Draco avrebbe voluto rispondere "Hai me" , ma si morse la lingua per trattenersi.

<<Verranno ma al momento non è possibile, lo capisci?>> rispose addolcendo il tono e ciò invece di rassicurarla la allarmò ancora di più.

<<Signorina Granger>> si intromise il medimago <<le lascerò aspettare i suoi amici ma ad una condizione. Il signor Malfoy dovrà starle vicino durante l'attesa. Accetta?>>

<<Posso accettare il compromesso>> rispose Hermione rimanendo in piedi.

<<Bene, tornerò non appena arriveranno i suoi amici, nel frattempo non faccia sforzi>> raccomandò il medimago salutandola e uscendo dalla stanza involontariamente spense la candela.

<<Prego, la accompagno>> gli disse Draco, mentre chiudeva la porta, facendogli strada fino al punto in cui ci si poteva smaterializzare e per tutto il tragitto rimasero in silenzio.

<<Può già fare qualche ipotesi su cos'abbia Hermione?>> ruppe infine il silenzio Draco ansioso una volta arrivati a destinazione.

<<Non molto a dire la verità, dovrei visitarla per poter fare una diagnosi accurata, ma le confesso che temo abbia perso la magia, se è veramente così non porterà a nulla di buono. L'unica cosa che le posso raccomandare è di non farla agitare e di andarci piano e gradualmente con la rivelazione di eventi che non ricorda. In particolare mi riferisco a notizie che la possano addolorare, come lutti e ...>> iniziò il medimago per poi interrompersi, distogliere lo sguardo cercando le parole giuste per continuare.

Draco capì, con una fitta al petto, che si riferiva alla loro relazione e al fatto che al momento una notizia simile l'avrebbe solo sconvolta più di quanto già non fosse<< Va bene, ho capito, la ringrazio>> concluse congendandolo.

Dopo averlo visto smaterializzarsi si voltò a guardare il Manor e il giardino rigoglioso così diverso da quell'ammasso di rovi e rami secchi che avevano accolto, in modo sfacciato e irriverente a parer suo, Hermione quando era venuta a prestare soccorso a sua madre, accompagnata da un medimago, esattamente tre anni prima.

Aveva mantenuto la promessa, non riusciva a crederci. Era appena tramontato il sole quando dalla finestra della madre sofferente aveva visto avvicinarsi al cancello due persone, una delle quali aveva quei capelli folti e indomiti, simili ad una criniera che avrebbe riconosciuto tra mille. Ricordò come il cuore gli si fosse gonfiato di speranza e di emozione. Batteva. Il suo cuore così mortalmente calmo finalmente batteva e la vita sembrava essere tornata. Aveva attraversato tutto il Manor e il selciato di ghiaia che portava al cancello sentendosi come liberato da un peso, dall'oscurità che lo opprimeva e non gli permetteva di respirare. Sentiva che stava per iniziare qualcosa di importante, un cambiamento che gli avrebbe stravolto la vita. Mai ebbe intuizione più giusta.

<<Sei venuta>> fu l'unica cosa che era riuscito a dire Draco ancora incredulo e senza fiato mentre con un colpo di bacchetta apriva il cancello.

<<Ne dubitavi, forse? Io mantengo sempre le promesse>> aveva risposto allora una Hermione sicura di sé e sorridente mentre cominciavano ad avviarsi verso il Manor.

Come avrebbe fatto ora ad affrontare quella Hermione così uguale ma allo stesso tempo diversa da ciò che era tre anni fa? Non aveva mai avuto l'occasione di vederla così fragile, vulnerabile, sul punto di rompersi in mille pezzi, non era assolutamente preparato a questa eventualità. Lei, certo, si era lasciata andare allo sconforto in sua presenza ma era sempre stata padrona di se stessa e anche se era importante il proprio aiuto e supporto lei si alzava sempre da sola, trovava la forza dentro di sé. Ma ora... non l'aveva mai vista così persa, alla deriva, alla ricerca di un appiglio. Questo era il momento per lui di prendere le redini della situazione, di essere la sua forza. Ma c'era qualcosa che lo bloccava e lo gelava: erano i suoi occhi freddi, spaventati e disgustati. Sentiva di non poter sopportare tutto questo e ancora una volta si sentì un dannato codardo e si odiò profondamente per questo. Con andatura rigida e quasi meccanicamente tornò dentro e alla fine decise di chiamare un elfo.

<<Poppy vai da Hermione e non lasciarla sola neanche un momento, non farle fare sforzi e non farla uscire dalla sua stanza. Se dovesse riuscire ad eludere la tua sorveglianza avvisami subito>> ordinò conoscendola bene e sapendo che se avesse voluto sarebbe riuscita a fare comunque ciò che voleva lei.

《La padroncina si è svegliata, si è svegliata! Poppy va subito》esclamò l'elfo saltellando per la gioia.

《Lei non ricorda chi siamo per lei quindi non le devi rivelare nulla, chiaro? E non la chiamare padroncina, ricordare le può fare solo male》gli disse Draco deciso e perentorio sperando che l'elfo eseguisse i suoi ordini. Da quando Hermione l'aveva liberato infatti a volte faceva di testa sua ma sapeva per certo che l'elfo non avrebbe fatto nulla che la potesse danneggiare. La adorava.

Dopo aver visto l'elfo annuire e, con atteggiamento servile, eseguire l'ordine andò nel suo studio e pensieroso avvisò Potter e i Weasley del risveglio di Hermione legando i messaggi al Barbagianni che subito spiccò il volo stagliandosi contro il cielo plumbeo.

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