Capitolo IX
Furono le giornate più belle della mia vita, tutto ciò che avevo sempre desiderato.
In quei giorni il cielo sembrava più limpido, la terra più stabile, i colori più vivaci.
C'era un'unica nota stonata, qualcosa che non andava come doveva e che mi rimbombava sempre nelle orecchie, come un fischio acuto e perenne: Dee e io non avevamo ancora fatto pace e ogni giorno che passava era un giorno in più in cui il nostro rapporto si incrinava.
Mi sembrava quasi di vederlo, quel nastro iridescente che ci univa e che si andava assottigliando col passare delle ore.
Noi due non litigavamo da anni, mi resi conto, sin da...
L'incidente.
Io e Dee non litigavamo da più di quattro anni!
Capirlo mi fece sentire ancora peggio, tanto da non riuscire più a reggere, da cercarla nel primo momento in cui fossimo rimaste sole.
Accadde così che l'ultimo giorno della gita, mentre Lara era ancora fuori con Malcolm, costrinsi Dee a parlare. Per tutta la settimana lei aveva fatto in modo da non restare da sola con me ed era rimasta in camera solo lo stretto necessario, ma quel pomeriggio non poteva scappare.
Di solito quando capitavano diverbi fra noi lasciavamo le cose in sospeso, limitandoci a non vederci per un paio di giorni e riprendendo, dopo poco, a vivere la nostra quotidianità di sempre.
Quella volta però le cose non sarebbero andate così, non si sarebbero risolte con tanta facilità, ne ero fin troppo consapevole.
“ Hai intenzione di tenere in ostaggio la mia pochette per tutta la sera?”
Dee alzò gli occhi al cielo, spazientita dalla prospettiva di non finire la valigia fin quando non mi fossi arresa. Era sempre stata un'instancabile perfezionista e quel giorno questo suo fastidioso aspetto giocava a mio favore.
“ Non la riavrai finché non mi avrai detto perché sei arrabbiata con me.”
La mia amica sbuffò incrociando le braccia, in viso un'espressione a metà fra il fastidio e la rabbia.
“ Sul serio vuoi avere questa conversazione, Cecy? Ne sei sicura?”
Alzò il sopracciglio con fare altezzoso, come a sfidarmi. Notai che non mi aveva chiamata '' tesoro '' come faceva di solito e sentii un leggero tuffo al cuore, dispiaciuta quando mi resi conto di quanto amassi quel nomignolo nonostante a volte lo deridessi.
Quelle parole mi confusero: cosa intendeva dire?
Avevo sempre pensato che il nostro rapporto funzionasse perfettamente e che non ci fossero segreti fra noi, ma a quanto pare mi sbagliavo.
“Quale conversazione, Dee, non capisco. Abbiamo avuto un piccolo bisticcio, perché stavolta è diverso?”
La mia bambina interiore mi consigliò di abbracciarla, ma immaginai che ciò che andava detto sarebbe comunque uscito fuori prima o poi.
Dee sbuffò ancora una volta e un altro pezzo di me si infranse nell'udire quel verso di scherno.
La mia amica sembrò prendere una decisione e, come a volerla confermare, lascio finalmente andare la pila di vestiti che stava piegando.
“Se è proprio questo ciò che vuoi, Cecy, allora sarò molto diretta: Lucien mi tradisce.”
Quella notizia mi colpì come un pugno in pieno stomaco; Dee e Lucien erano fidanzato da così tanto tempo che immaginarli con altri era praticamente impossibile, eppure non capivo per quale motivo se la stesse prendendo con me.
“Oh mio dio Dee, mi dispiace tanto, non ne avevo idea!” esclamai e, come guidata dell'abitudine,mi sporsi per confortarla. Quando si allontanò da me, senza permettermi di sfiorarla, il cuore mi si spezzò in mille pezzettini frastagliati e gli occhi mi riempirono di lacrime.
Anche lei se ne accorse e piegò le labbra verso il basso, forse accorgendosi di avere esagerato.
“ Però non capisco ancora cosa c'entri Lucien con questo, insomma sarebbe bastato dirmelo” dissi con tanta confusione quanta vergogna mentre prorompevo in singhiozzi.
“ È proprio questo Cecy, come fai a non capirlo? Sono uno straccio da più di un mese e tu non te ne sei accorta!” La sua voce si stava alzando pericolosamente di tono e avevo timore che il tutto degenerasse.
“ Ma se me lo avessi detto...” dissi con un tremito nella voce.
“ Come avrei mai potuto lamentarmi del mio ragazzo traditore con te, la ragazza che si contorce di dolore nel letto per tutta la notte e mi chiama all'alba in lacrime, che non riesce a tenere abbastanza le braccia in alto per acconciarsi i capelli!” esclamò furiosamente e subito dopo sul suo volto guizzò un'espressione di puro rimpianto per ciò che mi aveva appena rivelato.
A quel punto le lacrime iniziarono a sgorgarmi copiose dagli occhi e mille pensieri mi si affastellarono in mente.
Avevo sempre creduto di essere una buona amica, non pensavo che Dee non si sentisse a suo agio con me. Mi sentii tradita e traditrice allo stesso tempo, manipolata ed egoista contemporaneamente.
“ Scusami, non intendevo dire...io-” continuò Dee abbassando la voce a un cupo bisbiglio.
“ Quello che intendevo dire era che non sarebbe cambiato nulla, Cecy, perché io non volevo essere compatita da te. Mi andava bene anche che non mi consolassi ma...ma non riesco a digerire che tu non te ne sia accorta.”
Sospirai e cercai il suo sguardo, all'improvviso rendendomi conto di tante, TANTE situazioni del genere nel nostro rapporto.
“ H-hai ragione Dee, sono un'egoista”
Presi ad abbracciarmi con le braccia tremanti, un'abitudine che avevo preso dopo l'insorgere del dolore cronico.
Qualcosa mutò sul volto di Dee, come se fosse passato improvvisamente da furioso a sconvolto.
“No! Tu non sei egoista, Cecy, è stata una mia scelta far sì che le cose andassero in questo modo.”
Dopo prese un largo respiro, mormorando a bassa voce:” Cavolo, sto facendo proprio un casino.”
“ È solo...è solo che sono stufa di dover vivere per entrambe.” disse di getto, ma nel soffio di un istante si mise un mano sulla bocca come a volersi rimangiare le parole che aveva appena pronunciato e mi lanciò un'occhiata carica di significato.
Cercai di darmi un po' di contegno impedendo alle lacrime di venire fuori.
“ È tutto a posto.”
Tirai su con il naso “ continua Dee, spiegami, per favore. Ci tengo davvero.”
Dee si asciugò una lacrima, gli occhi arrossati che bramavano di versarne delle altre.
Si sedette sul letto, invitandomi ad accomodarmi di fianco a lei. Mi prese una mano e se la portò in grembo, cullandola dolcemente.
“ T-tu ti stai sgretolando sotto i miei occhi, tesoro, ogni giorno cerco di rimettere i pezzi al loro posto e spero che il mio affetto li tenga insieme, ma ho la sensazione di dimenticare sempre un minuscolo frammento e t-tu...t-tu mi stai scomparendo davanti.”
Dee scoppiò a piangere e mi abbracciò, incuneando il viso fra la mia spalla e il mio collo.
“Mi dispiace tanto tesoro” singhiozzò” Credevo che se mi fossi allontanata un po' avresti iniziato ad accettarti per come sei, che avresti smesso di maledirti per la malattia e che avresti ripreso in mano la tua vita. Volevo solo che ricominciassi a vivere.”
Il cuore, stretto in una morsa nel petto, mi sprofondò ancora di più. Ero quasi certa che i suoi cocci si fossero ormai ridotti in polvere senza vita, eppure continuavo a sentire il suo battito furioso contro la cassa toracica.
Strinsi a me la mia migliore amica, passandole una mano fra i riccioli, le nostre lacrime che inzuppavano i rispettivi vestiti.
Fu in quel momento che resi conto di qualcosa di così catastroficamente enorme da rischiare di seppellirmi sotto il suo peso: non avevo mai accettato di essere malata.
Avevo dimenticato i miei sogni, mi ero rassegnata al dolore, ma non avevo mai veramente smesso di cercare la me del passato.
Per la prima volta dopo anni, mi permisi di accorgermi del sussulto che mi scuoteva quando vedevo le occhiaie o del senso di sconfitta quando capivo di non poter tenere più gli stessi ritmi.
Capii perché continuassi a far allungare i capelli nonostante desiderassi un semplice taglio corto e perché ogni mattina, prima di andare a scuola, fuggissi dal riflesso nello specchio.
Era tutta stata un'illusione.
Per più di un quarto della mia giovane vita avevo vissuto nella menzogna, aggrappandomi a Dee e Val e vivendo attraverso di loro.
Il tabù di non parlare mai della Fibromialgia non era nato da Dee, ero stata io a costruirmi delle pareti intorno.
Ero stata io a vivere nell'aspettativa, a sperare di guarire miracolosamente da un giorno all'altro, e nel frattempo avevo rischiato di portare con me i miei amici.
E quando avevo litigato con Val...
Oh mio Dio.
Dopo aver chiuso con lui mi ero immediatamente legata a Vincent, possibile che...
No.
Vincent e Val erano imparagonabili, era totalmente impossibile che i miei sentimenti per lui non fossero reali.
Fui colta dal panico, le ginocchia che tremavano e il respiro mozzato.
Noi ci amavamo, o almeno stavamo iniziando a farlo, eppure un'unica temibile frase continuava a rimbombarmi nella testa, a tempo col cuore: la persona giusta, al momento sbagliato.
Insieme, ci saremmo distrutti a vicenda.
Io avrei cercato di tenerlo in piedi, lui di raccogliere i miei cocci spezzati e alla fine, provando a sostenerci l'un l'altra, non saremmo mai guariti.
Piansi, piansi tanto, ma nonostante questo ormai sapevo ed era impossibile ignorarlo.
Quella verità mi scavava dentro e si depositava fra i miei organi stanchi, penetrava a fondo nella mia mente e si ancorava alle mie consapevolezze.
Prima di esserci per l'altro, dovevamo esserci per noi stessi, dovevamo accettarci e riuscire a restare saldi, solo dopo avremmo potuto guarirci l'un l'altra.
Quell'ultima tessera del puzzle era andata al suo posto, regalandomi un quadro completo che non avrei mai voluto vedere, qualcosa che desideravo soltanto far scomparire per sempre.
La verità bruciava come mille tizzone ardenti, come un'infinità di spade che mi trafiggevano la carne, eppure era lì, reale e tangibile.
Per questo quella sera, quando Vincent mi attirò a sé e le nostre bocche si incontrarono, soffocai una lacrima solitaria e cercai d’imprimere nella mente il nostro ultimo bacio.
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