Capitolo II

“ Ma quello è Vincent?!”

Dee si strozzò coi popcorn che avevamo acquistato al chioschetto prima di entrare. Abitando in un paesino come il nostro, anche una semplice partita del campionato di pallavolo in cui la squadra locale si era qualificata era un evento, perciò eravamo tutti ammassati nel palazzetto dello sport del paese.
Strabuzzai gli occhi.

“ È vero, sembra proprio lui”.

A un tratto fui felice di aver indossato un abito a fiori rossi invece dei soliti jeans.

“ Oh mio dio!” Dee si girò verso di me con un sorriso a trentadue denti.

“ Ti ha guardata sorridendo, ne sono sicura!”

“ Bugiarda” la accusai con sguardo truce“  È piu probabile che mi stesse sghignazzando contro”.

“ Tesoro, ti assicuro che so cosa ho visto”, mi rispose lei piccata, prima di voltarsi per guardare di nuovo le azioni della partita.

La nostra squadra, quella in cui giocava anche Vincent, stava vincendo e dagli spalti arrivavano esclamazioni sorprese e felici, ma anche qualche fischio da parte degli avversari.

“ Vado un attimo in bagno” mi disse Dee prima di scomparire fra le gradinate.

Val arrivò in quel momento e prese il suo posto accanto a me. Quel giorno era vestito in maniera molto più elegante del solito, con una camicia di lino in tinta agli occhi verdi bosco.

“ Chi sta vincendo?” mi chiese accomodandosi.

Gli risposi che la nostra squadra era in vantaggio, poi mi voltai a guardarlo, non più interessata alla partita. I capelli biondi, come sempre tirati indietro nel suo tipico codino, gli lasciavano scoperte le orecchie. Gli avevo sempre detto che con un orecchino avrebbe elevato il suo aspetto da '' carino '' a '' attraente'', tuttavia lui non aveva mai voluto ascoltarmi. Rinnovai il suggerimento ancora una volta e lui, gli occhi ancora fissi sul campo, si avvicinò a me in maniera deliziosamente lenta.
Sentii il suo fiato sull'orecchio quando, con un sussurro rauco, mi rispose insolente:

“ Assolutamente no.”

Quando Dee ritornò, dopo diversi minuti,  aveva la faccia spenta e lo sguardo stravolto. Avevo attribuito il suo attardarsi a una lunga fila per il bagno, invece quando la vidi intuii che avesse vomitato.

“  Credo di non stare molto bene. Vi spiace se vado a casa?”

Mi mossi agitata sul sedile di plastica.

“ Vuoi che ti accompagni?”

Lei mi guardò stranita e per un attimo sembrò stare meglio.

“  Tesoro abito qui accanto, lo sai, non preoccuparti. E poi non voglio che poi tu debba ritornare da sola, dopotutto ha gia fatto buio.”

“  Se io non posso tornare da sola allora neanche tu puoi andare senza nessuno ad accompagnarti” la rimbeccai apprensiva.
Dee sbuffò rumorosamente e spostò lo sguardo su Val.

“ Allora mi accompagni tu, per favore?”

Il nostro amico sembrò rifletterci ma quando vide lo sguardo implorante che gli stavo rivolengendo acconsentì.

“  Perfetto allora” mi rivolsi nuovamente a Dee.

“  Mi raggiungi stasera o resti a casa?” le chiesi riferendomi alla festa a cui saremmo dovute andare insieme.

“ Non credo, tesoro. Mi dispiace tanto non poterti accompagnare”.

Risi di fronte a quell'esagerato utilizzo del termine '' tesoro'' , già di per sè molto usato dalla mia migliore amica.
Val colse la palla al balzo allungandomi un braccio sulle spalle.

“  Andiamo insieme, Cecy.”
Io mi girai nuovamente verso Dee.

“ Hai visto, puoi stare tranquilla, posso andare con Val e Lara”.

Guardai la nostra compagna di classe Lara, una rossa con gli occhi azzurri che a volte usciva con noi.
In verità non eravamo molto legate, ma almeno mi credeva quando dicevo di sentirmi male.
Dee mi baciò la fronte e, con un ulteriore '' tesoro'', si congedò seguita a ruota da Val.
Poco dopo, quando la nostra squadra segnò il punto decisivo, la folla proruppe in grida e acclamazioni di felicità. Rimasi ad osservare la squadra mentre Lara parlava con alcuni suoi amici.
Un momento, non riuscivo a vedere...

“  Ehi Bella Addormentata, sicura di non svenirmi di nuovo davanti?”

Vincent mi stava guardando sorridendo, una scintilla maliziosa negli occhi di ghiaccio.

“  Non dovresti essere coi tuoi compagni squadra?” gli domandai alzando le sopracciglia.

Lui mi si parò di fronte e incontrò i miei occhi castano miele.

“  Li conosco da due giorni, per ora basta un batticinque”.
Sorrise ulteriormente pensando a ciò che stava per dire.

“ Dov'è la tua dolce metà, comunque”.

“ Parli di Val, suppongo, perché io non ho una dolce metà, cioè intendo...” mi fermai per riprendere fiato e, soprattutto, per bloccare quel fiume di parole insensate.

“ Dee non si sentiva bene e lui la sta accompagnando a casa” conclusi.

Un soffio di vento attraversò il palazzetto proveniente dalla porta aperta e improvvisamente sentii la mia massa di capelli scuri precipitarmi sul collo e l'elastico della coda alta cadermi in grembo. Imprecai sottovoce, consapevole che non sarei riuscita a rifarla.
Mentre raccoglievo le ciocche ribelli che mi erano ricadute sul viso, percepii Vincent prendere repentinamente il mio elastico.

“ Ehi ridammelo, mi serve”, gli dissi innervosita.

Se credeva di prendermi in giro per una cosa così sciocca, allora aveva capito veramente poco sul mio conto.
Contrariamente a tutte le mie aspettative, però, lui si limitò a sedersi accanto a me e a iniziare a giocare con un ciuffo dei miei capelli.
Arrotolandoselo sulle dita, fuggì il mio sguardo e accostò le labbra al mio orecchio
Fuochi d'artificio mi divamaparono nel petto, facendomi arrossire violentemente sotto il suo sguardo indagatore.

“ Avvicinati”, mi incitò con voce roca.

Intimidita, quasi spaventata dalle sensazioni che mi stava scatenando quel semplice scambio di battute, feci come mi aveva detto.
Sorprendendomi ancora una volta, lui raccolse la mia intera chioma in una mano e la divise in tre grosse ciocche che iniziò lentamente a intrecciare.
La palestra si era svuotata quasi completamente e all'improvviso il silenzio assordante che vi regnava, interrotto solo dal mio cuore impazzito, mi intimorì ulteriormente. Mi rimproverai per la libertà che gli stavo concedendo nonostante fossimo praticamente due sconosciuti l'uno per l'altra, ma con lui accanto il mio lume della ragione sembrava essersi totalmente spento.
Temevo che, se anche avessi mosso un solo muscolo, quell'istante meraviglioso mi sarebbe potuto scivolare fra le dita.
Curiosamente però, fu proprio lui a spezzare il silenzio, mormorandomi all'orecchio:

“ Hai dei capelli bellissimi, Bella Addormentata” mi sussurrò, il suo fiato caldo sul collo.“ le mie due sorelle più piccole non li hanno così lunghi”.

“ Sai”, ripresi coraggio io “ potresti anche smettere di chiamarmi così e iniziare a usare semplicemente '' Cecily '', il mio vero nome”.

Intrecciando le punte dei miei capelli lui strabuzzò leggermente gli occhi, come se avessi detto qualcosa di assolutamente stupido.

“ E poi che divertimento ci sarebbe?”sbuffò, fermando la treccia con l'elastico che si era messo al polso.

Poi si alzò e, data una rapida occhiata al lavoro svolto, incrociò i miei occhi con uno strano scintillio.

“  Ora devo andare.A più tardi Bella Addormentata”.

“ Tesoro quel vestito è proprio da nonnetta”.

Dee mi guardava torva attraverso lo schermo del mio cellulare. In realtà pensavo che mi stesse guardando torva, perché l'unica cosa che vedevo chiaramente erano le lenzuola color ciclamino del suo letto.

“ Perché non metti quello blu?” Mi chiese mentre si soffiava il naso.

Nonostante fossimo state insieme fino a due ore prima, la mia amica era molto peggiorata e occhiaie scure le segnavano gli occhi castani.
Sbuffai sonoramente.

“ L'ho prestato a mia sorella ed è tornata con una grossa, enorme macchia arancione proprio sul corpetto!”

Mentre terminava la frase, Dee si lasciò andare a un eccesso di tosse, chiuso in bellezza da uno starnuto.
Mi si strinse il cuore a vederla malata.

“ Forse dovresti riposare”, le dissi, “ Scusa se ti ho trattenuta”.

In tutta risposta lei mi lanciò un'occhiattaccia degna di nota.

“  Un po' di tosse non mi impedirà di aiutare la mia migliore amica a conquistare il ragazzo più figo della Terra” esclamò scioccata.

Sono quasi certa di essere diventata un peperone in quel momento, perché arrossii fino alla punta dei capelli.

“  E poi tu stai sempre peggio di me”concluse con un sorriso tirato.

Trasalii leggermente a quell'eccesso di sincerità, ma non me la presi con Dee.

“ Questo?” le suggerii invece, indicando un top scollato rosa cipria che intendevo abbinare ai jeans.

“ È perfetto!” esultò lei “  Ma non te lo lascerò rovinare coi jeans, dovessi anche venire a casa tua”.
Mi guardò coi suoi occhioni scuri.

“  E tu non vuoi che la tua migliore amica malata”, simulò un colpo di tosse, “ esca e rischi di ammalarsi ancora di più, vero?”

Evidentemente colse un segnale di cedimento, perché esultò rumorosamente e per un attimo non sembrò nemmeno più stare male.

“  Sì! Devi metterlo coi cargo in pelle, non hai scelta”.

La fulminai con lo sguardo.
Avevo indossato quei pantaloni soltanto due volte e li avevo sempre considerati uno dei miei peggiori acquisti di sempre.
Li indossai sotto il suo sguardo vigile e Dee si produsse in un fischio d'apprezzzamento.
Era sorprendente l'energia vitale che emanava nonostante fosse a letto malata.

“ Stai benissimo! Adesso è l'ora del trucco”.

La fermai prima che la situazione degenerasse.

“  Assolutamente no, grazie ma no grazie. A dopo Dee”.

Lei mi guardò stizzita: “ Se lo dici tu, a dopo”.

Rimasi sola nella mia stanza e mi guardai allo specchio. Effettivamente il top e i cargo stavano veramente bene insieme, la linea delicata dell'uno era evidenziata da quella decisa degli altri.
Misi gli orecchini,  una collana argentata e una quantità spropositata di anelli e bracciali, infine mi dedicai ai capelli.
Rimuginai un po', per poi decidere di tenere la treccia e limitarmi a scambiare l'elastico con un nastro in tinta col top. Per finire aggiunsi un sottile strato di lucidalabbra brillante.
Uscendo sulla strada fui travolta dal fresco venticello della primavera inoltrata.
Il sole era già tramontato da un po' e la luna splendeva nel cielo senza stelle.
Incontrai Lara a metà strada e insieme ci dirigemmo alla festa, organizzata da un amico comune.

Durante il tragitto non parlammo minimamente e, mentre quest'aspetto sembrava non darle nessun fastidio, io ero molto a disagio.
Quando arrivammo a destinazione tirai un profondo sospiro di sollievo.
Lara, il miniabito con paillettes che brillava alla luce delle lampade, si allontanò velocemente e ben presto la persi tra la folla.
Più avanti intravidi alcune mie compagne di classe, così decisi di raggiungerle. Mi mossi in mezzo a quella schiera di ragazzi; in quella casa era praticamente stipata l'intera popolazione sotto i venticinque del paesino. Fra tutti, però, Val era l'unico a non essere ancora arrivato.
Due amiche mi schiavarono con veemenza e contemporaneamente una coppia mi venne addosso.

In quel trionfo di gambe e piedi, inciampai.
Mi preparai mentalmente e fisicamente a finire a terra con violenza, nonché a l'umiliazione che mi avrebbe procurato.
Sarebbe successo tra tre, due, uno...

Un momento, perché ero ancora in piedi?

“  Bella Addormentata, credevo che avessimo tacitamente concordato che non mi saresti più svenuta davanti”.

Vincent mi teneva per le spalle, un sorriso insolente sul volto e un luccichio malizioso negli occhi. Le mie mani erano poggiate sul suo petto e toccavano gli addominali attraverso la sottile camicia.
Mi staccai da lui, stizzita.

“  Per tua informazione, sono i-n-c-i-a-m-p-a-t-a ”, esclamai scandendo bene l'ultima parte, come se stessi parlando con un bambino anziché con un diciottenne.

“ E comunque non sono svenuta per te, sono svenuta per..” mi fermai cercando d'inventar euna bugia convincente.
Non volevo rivelargli la mia malattia, sapevo già che non mi avrebbe creduto.

“ Per...?” mi stuzzicò lui, squadrandomi dall'alto del suo metro e ottanta.

“   Per un calo di pressione”.

Sventolai la mano come a voler scacciare la conversazione e lui rise ancor di più.
Poi a un tratto, mentre ancora rideva, parve captare qualcosa dalle altre conversazioni che ci circondavano e la faccia gli si fece improvvisamente seria.

“ Scusa Cecily, devo risolvere una questione. Ci vediamo in giro”.

Ebbi appena il tempo di accorgermi che mi aveva chiamata col mio vero nome che lui scomparve in mezzo a tutti quei corpi ammassati a ballare.
Per fortuna, Val arrivò poco dopo.
Mi porse un drink e si sedette su un divanetto, invitandomi accanto a lui e circondandomi la schiena con un braccio.

”Che ragazzo strano, quel tale Valeriev” disse sprezzante e io annui in risposta.

Perché per quanto strano potesse essere, avevo già capito di esserne stata stregata.







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