trentuno
Nell'angolo della cucina c'è un'ombra minacciosa che ti osserva. Colin non sembra vederla quando ci passa davanti, eppure è lì. Ti tornano in mente le parole di Eden e James, i loro racconti su tua madre: "vedeva incubi dove non ce n'erano, teneva con sé trofei che certificassero la morte di chi la tormentava. Così quando Tom saltava fuori – ad esempio – e le dava noia, lei cercava il ricordo della sua dipartita e lui scompariva, la lasciava in pace." Ad avertelo raccontato era stata Eden, senza mai specificare quale parte del corpo di questo "Tom" Vasilisa conservasse nel barattolo di formaldeide. Poi James, che vent'anni fa le faceva da terapista, aveva aggiunto, "Fu un effetto collaterale dell'elettroshock. Non è poi così comune, in realtà è difficile anche rimanere in vita a seguito di tali torture, ma chi gliele ha inflitte sapeva ciò che stava facendo e come tenerla in vita. E da quel giorno cambiò tutto... il mondo percepito e il mondo del suo inconscio si unirono costringendola a vivere costantemente circondata da presenze che lei definiva ombre. A mano a mano, mi ha detto che si sono schiarite fino a diventare estremamente reali."
L'idea che sia ciò che succede a te ora, ti sfiora la mente. Ma non vuoi assecondare il tuo inconscio e dargliela vinta. Così neghi, a te stessa e a Colin, di vedere qualcosa in quel punto della stanza. Temi che se glielo chiedessi, l'ombra si potrebbe schiarire anche per te.
"Tutto ok?" Domanda lui, alzando gli occhi scuri dal coltello e puntandoli su di te. Nemmeno lo degni di risposta, anzi, gli rifili una domanda a tua volta, cambiando argomento e ammettendo tra le righe che forse tanto ok non ti stia andando.
"Dunque, qual è il piano?"
I tuoi piedi battono sull'isola della cucina. Come una ragazzina indisciplinata siedi a fianco al tagliere, sopra il quale Colin affetta la carne come un macellaio. James ti avrebbe subito fatta scendere, ti avrebbe persino rimproverata, ma Colin sembra essere indifferente a quell'atteggiamento puerile.
"Ho trovato tua madre. È in città, come immaginavamo, e voglio che ci raggiunga."
Ti aspettavi tutto, ma non questo.
Per un attimo perdi l'equilibrio, ti senti spingere giù da un dirupo; sei su uno scoglio e un'onda ti travolge in pieno. Contraendo l'addome ti immobilizzi, torni sull'isola della cucina e punti gli occhi sulle labbra di Colin. Non può averlo detto. Quella risposta paralizza il dondolio delle tue gambe, la bocca si schiude in una sottile fessura e per qualche secondo smetti di respirare. Ha sganciato quella bomba con una tale naturalezza... come sono uscite quelle parole da quelle labbra?
Inconsciamente avevi compreso la verità, davanti a quel bambino del supermercato in particolar modo. Non aveva visto te, non avevi cambiato katana. Quel marmocchio aveva incontrato tua madre.
Per non parlare del fatto che ti fosse già stato accennato da Colin, svelandoti il piano di sua madre. Eppure non gli avevi dato ascolto. Non hai voluto crederci a pieno. Chissà perché poi. Forse hai davvero paura di incontrarla, di rimaner delusa.
Il piccolo dei Kray, inoltre, aveva evitato minuziosamente di farti incappare nella registrazione della tua tortura. L'avevi intravisto, a dir la verità, ma non hai insistito nel guardarlo. L'ultima cosa che ti serve ora è ricordare quel dolore lancinante percorrerti il corpo, soprattutto se fosse tornato con frequenza ad ogni spot pubblicitario.
"Cosa?" Chiedi in una sorta di trance. Gli occhi ancora fissi sulle labbra di Colin, si sollevano appena per seguirle quando lui ti presta attenzione. Poi altre due sillabe ti sfuggono in un sussurro. "Come?"
"Tramite un'amicizia in comune." Ti risponde dopo un breve silenzio, corrugando la fronte. E tu finalmente chiudi la bocca, deglutisci e incroci il suo sguardo con aria confusa.
"Vedrò mia madre?!"l'ennesima domanda giunge all'esterno quasi come un'affermazione. Non sei pronta, decisamente non lo sei sebbene tu abbia sperato che arrivasse quel momento per tutta la tua vita. Ti sfugge il motivo per cui però proprio lui voglia aiutarti in quella missione. Cosa ne ricaverebbe? E perché non riesci a fidarti dell'unica persona ch'è stata in grado d'aiutarti? Forse per come ti guarda da giorni?
L'hai colto in flagrante diverse volte; hai poi finto indifferenza, ma i suoi occhi addosso riescono a turbarti e non poco. Non hai ancora ben compreso se il suo sia studio o se i suoi pensieri siano altri. Talvolta credi voglia ucciderti, farti del male e concludere quel capitolo della sua vita nel modo più semplice. Ti sei già confrontata con lui: non è facile batterlo, ti troverà sempre ed è questa la tua unica certezza.
Poi però quel ragazzo dimostra gentilezza, nonostante non ne trasparisca dall'espressione. Che fosse anche lui in uno stato di guardia? Che abbia i tuoi stessi pensieri? Che creda che tu voglia ucciderlo da un momento all'altro?
"Perché lo fai? Qual è il tuo obiettivo?"
Colin non riflette troppo a lungo, la risposta è così immediata da risultare sincera. Mancano i filtri, manca la costruzione mentale delle frasi che pronuncia. E tu sei di nuovo disorientata: è onestà o un'incredibile performance attoriale, la sua?
"Rivoglio la mia città. Non appartiene a Dwight, non sa gestirla. Non a caso se l'è presa con la forza... nostro padre non gliel'avrebbe ceduta così facilmente. E una volta ottenuta vi farò scappare da qui. Non voglio la Yakuza nel mio territorio. Dove la combattiate è un problema vostro."
È un sorriso quel che appare sul tuo volto? Le tue labbra si curvano accennando una strana smorfia, tra lo smarrito e l'apprezzamento. La verità è che stai pensando a quanto meravigliosa sia la schiettezza di quel ragazzo: "dove la combattiate è un problema vostro", ha detto. Non mostra alcun interesse nel proteggerti, nel tenerti bloccata in quella città, anzi, vuole che tu e tua madre ve ne andiate e che vi portiate appresso quella che potrebbe essere per lui una pesante palla al piede. Ti sta usando, lo aveva premesso... e a te sta bene, non spetta a lui prendersi carico delle tue faide familiari.
"Sei un gran bastardo." Affermi distendendo un sorriso. Colin ricambia istantaneamente, contagiato dall'espressione fanciullesca che illumina il tuo volto. Non ha bisogno di domandarti il perché, lo si evince. Ma non lasci cadere la conversazione lì e, prima che possa risollevare la lama dal tagliere e riprendere ad affettare il trancio di carne al tuo fianco, porti una mano sulla sua, all'altezza del manico del coltello, interrompendo qualunque sua intenzione. Colin lancia un'occhiata alla sottile mancina che preme sul suo dorso e poi torna scrutare i tuoi occhi. "Ho ancora qualche dubbio." Ammetti con tono innocente e curioso.
Lui irrigidisce appena la linea della mascella – sembra riflettere su quella che per te non è nemmeno una richiesta ma una convinta affermazione di ciò che succederà a breve – e poi, finalmente, ti dà il via libera... come se necessitassi della sua gentile concessione. "Chiedi." dice lui. E dunque ricominci col tuo interrogatorio, interessata a mettere assieme pezzi di un puzzle che non coincidono, a trovare tessere mancanti di cui suo fratello non t'ha degnata.
"Cos'è successo a Dwight in quell'hotel?"
Il moro non esita, di nuovo. Onesto replica senza batter ciglio. "L'ho fatto arrestare. Era un mio ordine."
"Ma è evaso... e si è portato dietro le ragazze di West Town. E Bobby." protesti tu.
"Robert è sempre stato in buoni rapporti con lui. Credo che il suicidio di Molly me l'abbia messo contro più di quanto non fosse già."
La cieca rabbia e il sadismo che avevi visto sul lato sud di villa Kray quel giorno, ora trovano una spiegazione più che valida. Pur non conoscendone le dinamiche, o almeno non dettagliatamente, non ti riesce difficile immaginare persino Bobby preso da una ragazza adorabile come Molly. Che ne fosse innamorato? O che il rapporto tra loro andasse ben oltre quella semplice natura? Non vuoi domandarlo, non vuoi essere invadente nei confronti di quello che avevi letto negli occhi della bestia essere un sentimento puro, causa di un tremendo dolore.
Passi dunque alla domanda più importante, quella che ti ha tormentata per giorni ma a cui non hai avuto tempo di cercar risposta. Dwight non t'aveva nemmeno dato una versione, non un accenno. È forse Colin a saperne di più? "Come sono uscita dalla tenuta Kray? Come m'ha portata fuori?" Ma a quella tua richiesta senti sbuffare sul tuo viso una piccola risata. Nemmeno t'eri accorta, fino a quel momento, di quanto vi foste avvicinati l'uno all'altra. Puoi letteralmente sentirlo respirare e lui può sentire te. Quand'è successo? Come? Ma soprattutto cosa fa tanto ridere del tuo lecito dubbio? La tua espressione perplessa, il modo in cui chini di lato la testa e il conseguente silenzio danno il "la" di un ricordo che ti viene narrato dalla calda voce di Colin.
"Dwight ha creato un diversivo. Niente di così grande, in realtà, ma sufficiente ad attirare la mia attenzione e di conseguenza quella di nostro padre. Quel che ci era giunto era l'informazione che ci fossero degli infiltrati e che operassero con te, che fossero parte del tuo piano. Abbiamo creduto fossero membri della Kirova, l'organizzazione sotto cui lavora tua madre – o lavorava, non so. E poi..."
Un boato ha squarciato il classico vocio in casa Kray. Uno degli uomini a servizio della famiglia è corso tempestivo da Colin, informandolo del pericolo imminente. "C'è stata un'esplosione sul perimetro, lato est. Parte del muro è andato distrutto e due uomini sono rimasti gravemente feriti. Sembra siano membri della Kirova. Attendo comandi, signore."
A quel punto il ragazzo ha dato l'ordine di sorvegliare il confine, trasportare in infermeria i due uomini e contrattaccare qualora fosse possibile. Lui avrebbe avvisato suo padre e avrebbe atteso istruzioni più dettagliate sul da farsi. Roger non avrebbe sopportato una sottrazione di potere da parte del suo figlio minore, per quanto affidabile e capace fosse... per quanto l'ammirasse e fosse fiero di lui. Ognuno deve stare a suo posto, è sempre stata questa la regola. I ruoli in casa Kray sono importanti fin dall'alba dei tempi.
Così il moro ha salito le scale a tre a tre, con le sue gambe chilometriche, fino a raggiungere l'ufficio del padre. A seguito di quello scoppio si è potuto sentire al di là della porta la voce di Roger Kray imprecare in ogni lingua conoscesse. E poi l'entrata di Colin ha fatto piombare la stanza nel silenzio più totale.
"Servono istruzioni. È stata fatta esplodere la parete est del confine. Sembra sia mano della Kirova, ma non mi hanno dato informazioni certe. Ciò ch'è sicuro è che stiano cercando di sconfinare."
Roger se n'è lamentato come un vecchio scorbutico – qual è – e ha dato ordine ai presenti di seguirlo per sistemare la faccenda personalmente. Quando si trattava di Yakuza impazziva e se la faceva nei pantaloni e così accadeva anche con Vasilisa Yoshima in persona, ma da quand'era girata voce della sua morte Roger non ha fatto altro che sottovalutare la potenza armata della Kirova. Peccato non fossero loro a combattere sul perimetro. Peccato che nessuno in quella villa fosse al corrente di quel diversivo ideato da un membro interno alla famiglia.
Una volta rimasto solo nella stanza, Colin nota sul pavimento e dimenticata da chiunque avesse abitato fino al suo arrivo quell'ufficio, una piccola copia di Vasilisa Yoshima giacere sanguinante e priva di sensi. È confuso da tale presenza, non perché non ne fosse al corrente... la tua entrata in scena non è stata nemmeno così silenziosa da passare inosservata. Inoltre, aveva visto Bobby portarti in giro per la villa come un sacco di patate. Ma Colin è smarrito per via di quella sensazione di turbolenza che lo coglie senza ragione alcuna. Dinanzi alla minaccia riferita pocanzi al padre, il minore dei fratelli Kray non aveva provato null'altro che un puerile e arrogante fastidio. E ora, nel posare lo sguardo su di te, avverte chiaramente il sangue scorrergli come lava nelle vene. Attratto da quella nuova emozione, il ragazzo s'avvicina al tuo corpo, steso su plastica nera in una posizione che sa esser dovuta a uno svenimento e non al colpo di un proiettile. Flette le ginocchia, si accovaccia e con due dita preme sull'esile collo.
Ne sente il battito. Sei ancora viva.
E ora? Dovrebbe finirti? Neutralizzare il nemico da bravo sicario? O forse suo padre n'è conscio e ha intenzione di giocare con te ancora un po'?
No... non avrebbe chiamato i becchini in quel caso. E poi Colin ti conosce di fama: Nana Yoshima, la figlia di Vasilisa, una kitsune proprio come la madre, sfuggita alla morte più volte in quella città, nonostante vi fossi prigioniera. Un'ottima guerriera, camaleontica ed estremamente fortunata... fortunata a non averlo mai incontrato prima. Fossi stata tra i suoi target non avrebbe esitato a strangolarti.
Il fatto che tu fossi figlia di uno dei più grandi nemici di Roger, ti rendeva una facile preda. Conoscendo il padre, Colin può affermare certamente che il suo obiettivo sia stata la tua morte immediata e non la rischiosa tortura. Una come te si libera se le dai tempo di farlo. E infatti, anche stavolta, sei stata baciata da una sfacciatissima fortuna, colpita al petto e non in mezzo a quei giganteschi occhi blu, ora chiusi in un sonno profondo.
La mano di Colin scivola sul tuo collo seguendone le linee, per poi staccarsi e lasciarti riposare a un passo dalla morte. La pozza di sangue attorno a te si fa a mano a mano più larga, ma non è compito del piccolo Kray garantirti la sopravvivenza.
"Non ho incrociato Dwight quando sono uscito dalla stanza, ma credo sia arrivato poco dopo. Ero quasi certo che ti saresti salvata."
Quasi certo. Di nuovo insensibilità da parte del ventiquattrenne, di nuovo schiettezza priva di qualunque filtro. Non ha indorato la pillola, non ha reso più gentile il messaggio, nemmeno con lo sguardo. Ha solo raccontato una storia. E apprezzi quella descrizione, apprezzi persino il fatto che t'abbia lasciata su quel pavimento, quasi a metter alla prova la leggenda che aleggia su di te. Un ragionamento che appare masochista da parte tua, ma che in realtà è sintomo di una profonda dignità da guerriera. È stato così che t'hanno cresciuta, come Vasilisa voleva, con storie di eroi giapponesi il cui orgoglio va ben oltre i sentimenti. Certo, non t'avesse salvata Dwight saresti indubbiamente morta, ma il fatto che Colin abbia messo in pratica quel cinico pensiero ti rasserena mille volte di più.
Folle. Folle sarebbe il termine adatto per descriverti ora.
"Potevo morire." Affermi in un sussurro.
"Piuttosto, avrei potuto ucciderti."
"Avresti rovinato i piani di Dwight e avresti fermato la guerra prima di cominciarla. Sarebbe stato conveniente. Sei stato debole."
Quell'accusa inarca le sopracciglia del ragazzo, sorpreso di sentirtelo dire. Forse perché sa che non hai torto. La probabilità che lui t'abbia lasciata agonizzare per non sporcarsi le mani, perché non rientrasse nei suoi ordini o per cinica curiosità è alta. Ma entrambi sapete che se non ha deciso di eliminarti è per via di quella sensazione che ha provato. Così com'è accaduto nel vostro scontro nella camera d'hotel. Colin non ha interesse a ucciderti perché si diverte a combatterti e, inconsciamente, la stima nei tuoi confronti è diventata segnale di un legame più profondo che lui stesso conferma dopo una lunga e silenziosa riflessione.
"Forse è vero." Confessa la fragilità. "Ma sono contento di non averlo fatto. Roger meritava di morire, tu meritavi vendetta e io merito questa città. Doveva andare così."
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