trentatré
Perché gli strumenti di comunicazione, in una città che si finge democratica, dovrebbero esser sfruttati a pieno solo per far propaganda sulla famiglia Kray? Vasilisa se l'è domandato quando ha trovato quella registrazione: perché mai non dovrebbe approfittare della fitta rete di comunicazione interna ai confini, infiltrandocisi come un virus? D'altronde anche il suo messaggio è propagandistico, seppur pronto a seminar un terrore a cui gli abitanti della città di polvere non sono abituati.
Henry il mariolo smanetta sulla tastiera del suo computer, col gufo appollaiato alla sua spalla. Matthew non stacca gli occhi dallo schermo, pur non capendone molto di tutti quei codici. È Henry – l'incosciente tenero Henry – a tentar d'aprire una conversazione con lui per conoscerlo più a fondo. Non sta ficcanasando, il piccoletto: è solo ingenuamente interessato a unirsi a quella banda di folli. In fin dei conti, se proprio se la deve rischiare spera almeno di rimanere nelle loro grazie.
"Posso azzardare una domanda?" Azzarda la prima, senza nemmeno accorgersene. Si morde la lingua poco dopo, accennando una risatina goffa. Ma Matthew appare immobile. Se Henry sapesse che non è assenso e né la vecchiaia ad avergli portato via l'udito... se solo potesse sbirciare nella sua mente e sentire il conto che tiene. Da uno a dieci e anche oltre, ma non basta, non è sufficiente a far dimenticare a Matthew la presenza di quel moscerino. "La farò lo stesso. Tu e Vasilisa siete sposati?"
Replica con tempismo eccellente, tanto rapido da far sobbalzare il ragazzino sulla sedia. Eppure, a Winston non sembrava d'esser stato duro, né d'aver alzato la voce. Tutt'altro, aveva utilizzato un tono così pacato da sentirsi appena. Peccato fosse stato quel mormorio a strizzare la vescica di Henry.
"No niente, è che penso siate una bella coppia."
Matthew reprime un ghigno fiero. Lo sa. D'altronde ha sofferto per starle al passo o anche solo per esser notato da lei. Fortuna ha voluto che fosse masochista e terribilmente testardo, altrimenti non avrebbe avuto alcuna speranza di sopravvivere a una tale tortura e avrebbe abbandonato prima ancora che lei potesse capire che provasse dei reali sentimenti nei suoi confronti. "Lavora e taci."
Così Matthew conclude la conversazione – o almeno ci prova – ripensando a quanto abbia rischiato pur di non abbandonarla. Eppur ci aveva pensato, anni addietro, facendosi convincere dal suo amico Dallas a trasferirsi in Texas, in una contea a malapena conosciuta e decisamente bigotta, per dimenticarla.
Inutile dire che fu tutto inutile. Vasilisa non gli è mai uscita di testa. Mai c'era riuscito, nemmeno quando sacrificando sé stesso per preservare il lavoro della sua amata, vent'anni fa, finì in coma. Avrebbe potuto vedere chiunque o qualunque cosa; il famoso tunnel, i suoi genitori, il suo più bel ricordo d'infanzia o tutti i suoi peccati. Ma nella sua paradisiaca casa di campagna in Sicilia – dove viveva la nonna – vide lei... e Dio se era bella! Non si sarebbe mai svegliato.
Fu quando riaprì gli occhi che il temuto sentimento che provava divenne concreto, fino a tormentarlo giorno e notte, a non dargli via di fuga. Non avrebbe più amato nessuna come ama lei.
"Ogni tanto divento pettegolo, lo so. Vorrai scusarmi l'invadenza. Sei davvero un bell'uomo, tutto d'un pezzo... si vede. E lei è chiaramente scesa dall'Olimpo. Ha un profumo..."
"Ti faccio un buco in fronte se non chiudi quella bocca."
Henry deglutisce, butta giù quella minaccia prima di renderla realtà. Certo, forse parla troppo e come una mitragliatrice, tirando fuori commenti inopportuni, ma non credeva di aver detto qualcosa di così irrispettoso. Matthew ciononostante sembra imperturbabile, anche se le sue parole e lo sguardo killer fanno dedurre il contrario. E difatti, la frase che segue quel breve silenzio perplime il mariolo, ormai convinto di aver sulla spalla un folle più folle degli altri due, vittima di un'irascibilità non indifferente.
"E non respirare più in sua presenza."
"Così morirò." si lamenta il ragazzino sollevando entrambe le sopracciglia per la sorpresa di quella richiesta. Ciò che riceve in risposta lo convince a tacere.
"Ma in modo indolore."
Il cuore di pietra di Matthew e la sua faccia da poker, però, s'ammorbidiscono appena dinanzi a un vivido ricordo. Henry, non volendolo, aveva rovistato tra le memorie del cinquantenne facendo riemergere in lui le sensazioni frustranti provate quando la sua vera lotta per ottenere Vasilisa ebbe inizio.
Il sole si sta alzando nel cielo della sua amata Italia, al di là di quei campi fioriti e curati di sua proprietà. La nonna è sempre lì, non si schioda dalla sua sedia a dondolo neanche di mattina presto, neppure ai primi raggi di luce. Lavora la sua maglia neanche stesse creando maglioncini per tutto l'esercito italiano. Ma se nella nonna Matthew può trovare a malapena qualche silente occhiataccia, in Vasilisa trova una splendida compagna di avventure. Un tornado biondo che travolge tutto ciò che incontra, carica ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette, persino mentre dorme parla con qualcuno e si agita. Dov'è ora? Cucina, mettendo a rischio l'intera proprietà pur di preparare per il suo amato dei pancake per colazione.
"Hai deciso di far esplodere tutto, vero?! Non vuoi bene alla povera nonna?"
"Adoro tua nonna." ha risposto lei a quella battuta, mostrandosi entusiasta persino di una vecchietta che fa la maglia e la muffa sulla stessa sedia da giorni. "Devi sentire come parla di te."
Ah, perché? Parla? Matt si guarda alle spalle, s'affaccia alla finestra che dà sul giardino e sua nonna è ancora lì, mummificata e che dondola per inerzia. Non sembra nemmeno reale, ora che ci pensa, somiglia a un manichino meccanico: le mani si muovono allo stesso ritmo di sempre, nello stesso esatto modo, la maglia continua ad accumularsi ai suoi piedi e l'espressione spenta della vecchia non muta mai. Dir che sia confuso è riduttivo, ma in fondo a lui che importa? Ha con sé Vasilisa, la donna dei suoi sogni, colei che ha negato di desiderare fin dal loro primo incontro.
"Che dice di me?" domanda Matt.
"Ah no, sono confidenze."
"Ora abbiamo segreti? Siamo o non siamo amici?"
"Noi due non siamo amici."
Una frase che lo spiazza e che gli fa comprendere con quanta leggerezza abbia posto quella domanda, come se a lui fosse mai andata bene. La verità è che ci ha fatto l'abitudine, pur di non perdere quella donna dalla propria vita se l'è fissato in testa con tutte le forze. Ma no... loro due non sono amici e stupisce che sia lei a dirlo. Glielo farebbe notare, le chiederebbe cosa intende, eppure Matt non riesce: è rimasto a bocca aperta come un baccalà, incapace persino di emettere suoni.
Bellissima, pensa. Bellissima con quel piatto di pancake, cucinati alla perfezione, tra le mani. Lo posa dinanzi allo sguardo incredulo di Matt, ora più di prima. La sua camicetta nera svolazza in quel silenzio a causa delle correnti d'aria che passano da una finestra all'altra della casa. È una leggera brezza che tantomeno rimuove le goccioline di sudore dalla fronte dell'uomo e lo fa rinsavire.
"Hai visto? Non ho bruciato nulla."
Soddisfatto, senza dubbio, ma sconvolto dalla sua bravura comincia a chiedersi se quello non fosse davvero un sogno. Da anni ormai è Matthew a cucinare in casa pur di non dar modo a Vasilisa di distruggere le pentole o non far esplodere l'abitazione. C'è qualcosa di strano in tutto ciò, qualcosa che non lo convince del tutto: per non parlare di come la luce sottolinei ancor di più i meravigliosi lineamenti della donna, così... naturali e morbidi, ben disegnati. Ricorda una di quelle rappresentazioni del paradiso che ha visto in televisione, in qualche film.
"Tu sei..." reale? Avanti! Glielo chiedesse se ne possiede il coraggio. Mostrasse i suoi dubbi, dicendole a cosa lui stia pensando, dicendole che lei è... "Bellissima."
E lei lo sa, dannazione se lo sa. Dondola a destra e a manca come una bambina, con quel finto imbarazzo che riesce a trasformarsi in rossore sulle sue gote. Se Matthew non sapesse quanto sia bugiarda non ci troverebbe nulla d'attraente, ma quella malizia celata gli fa letteralmente perdere la testa. "Dio, cos'hai creato?" domanda all'onnipotente, prima di darsi una risposta. Un'arma divina, la causa di tutte le guerre, la donna più bella del creato e la più pericolosa.
Lei gli si avvicina come si era avvicinata sul tavolo della sala visite del manicomio, luogo del loro primo incontro. Un posticino romantico, uno come tanti, si direbbe. Due anni prima, quando la vide sporgersi su quella superficie e provocarlo, lo faceva per distrarlo e cercare una via di fuga da quella maledetta struttura. Ma ora... ora lo fa per intrappolarlo, legarlo a sé per sempre. Ma Matt si sente così fortunato ad esser stato scelto che lascia che lei si avvicini senza contestare in alcun modo. Porta solo una mano sul proprio volto, lo stropiccia quanto basta per comprendere che lei si trovi davvero lì davanti a sé. E quando riapre gli occhi la vede: la camicia sbottonata parzialmente, le lunghe gambe nude, il profumo sempre più intenso da fargli girare la testa. È quanto di più potesse chieder dalla vita; il suo respiro contro le sue labbra, quello sguardo felino, le affusolate mani sul proprio corpo, il seno quasi completamente scoperto. Una visione celestiale.
"Non siamo amici?" il moro trova finalmente la forza di parlare, di ripetersi in cerca di una conferma, di farle quella domanda speranzoso di ricevere la giusta risposta. Lei pronuncia un piccolo mugolio, le scivola tra le labbra due volte in segno di negazione e per sottolineare le sue intenzioni scuote la testa. "Cosa siamo?" chiede Matthew.
"Tu sei il mio giocattolino preferito." una risposta così da Vasilisa che gli si spezzerebbe il cuore se solo fosse uguale agli altri, se solo a dominare la sua mente non ci fosse quel disperato gemito che la supplica di giocare con lui, di usarlo come più desidera. A differenza degli uomini a cui è stato concesso il lusso di una storia con lei, Matt non ha mai visto quella parola come una minaccia, un'umiliazione. Per quanto non sia sano quel rapporto e per quanto lui stesso ne comprenda l'insulto, ha sempre desiderato che lei lo vedesse in quel modo... perché è semplicemente Vasilisa: una bambina cresciuta troppo in fretta, che ad oggi custodisce l'infanzia come il bene più prezioso pur di non appartenere mai al mondo degli adulti. Lei è il caos fatto carne. Essere il suo giocattolo significa ricevere le sue attenzioni, significa completarla, significa riempire quel vuoto che l'annienta quando sta troppo sola con sé stessa. Significa amarla fino a desiderare solo di compiacerla. Quel che Dallas – il suo miglior amico – chiamerebbe un "sottone"... e non è che abbia torto, ma Matt la conosce abbastanza da sapere che lei ha solo bisogno del miglior giocattolo della storia, un giocattolo che la stimoli, che non l'annoi mai, che le consenta di fare capricci, che sia abbastanza forte da sopportare ogni ferita e da fargliene altrettante. Perché sì, è anche questo, Vasilisa è puro masochismo. Vuole un gioco che la compiaccia, che la conosca, che abbia visto tutto di lei, che la intrattenga, che non si stanchi mai.
"Vuoi giocare con me?"
Glielo chiede ad un soffio dalla bocca. È così inebriante quel respiro che potrebbe vivere esclusivamente della sua anidride carbonica. Diamine se vuole giocare con lei, si strapperebbe il cuore a mani nude dal petto pur di non staccarsi mai da quella donna. E quella passione, così repressa da farlo fremere d'impazienza, lo porta ad avanzare di un passo in attesa dello sparo di partenza. È lei a dare il via con un lento, studiato, straziante e delizioso bacio sulle labbra. Matt non se lo fa ripetere due volte; affamato, rinnegato dalla donna per tutti quegli anni, ora che ne possiede l'opportunità si avvinghia a lei circondandone il busto con entrambe le braccia, sollevando una delle sue gambe da terra e dandole a malapena modo di prender fiato in quel famelico bacio.
E quando esso, lungo ed estenuante, si consuma allora i due si fermano; lei per la prima volta con l'intenso respiro di chi non si aspettava un simile gesto. Guarda le labbra dell'uomo con aria confusa, rapita, confermando ogni dubbio, spingendolo ad avanzare ancora, a sollevarle la gamba rimasta incollata al suolo, a stendere il suo fragile e segnato corpicino coperto di cicatrici sul tavolo per la colazione, tutto così in fretta che la casa intera non sta dietro alla loro frenesia; si distorce, si modella attorno ai loro corpi. E fanculo anche i pancake, fanculo la camicia, fanculo tutto. Il moro non desidera altro che sentire finalmente il suo nome lasciare con violenza quelle fruttate labbra. Nessun altro, nessun ex, nessun fidanzato, nessun'altra distrazione, niente di niente e solo Davide... il suo reale nome, Davide, parlando direttamente con quel bambino fin troppo cresciuto e arreso all'idea di non meritare amore.
Un filo di luce orizzontale apre il soffitto. Stesi sul duro tavolo, Matt guarda quel fascio luminoso dilaniare la realtà, risucchiare gli oggetti che lo circondano, persino le pareti che li proteggono. Finché anche lei, l'unica àncora che riesce a tenerlo ben saldo in quel vuoto e infinito bianco che li avvolge, non sparisce nel nulla.
Solo. Privo di difese, confuso, spaventato, in qualunque direzione lui guardi trova solo quel bianco lucente che si espande. Terribile è la violenza con cui ha ingoiato tutto ciò che Matt conosce. E pian piano rapisce anche lui. Come se fossero mani, si sente avvolgere con crescente forza, fino a impedirgli di respirare. È un pugno capace di fargli esplodere le budella, qualcosa di talmente inspiegabile da sembrare biblico, apocalittico. Un Dio che raggiunge il suo corpo con le sue immense mani, strappandolo dal suo splendido sogno per lanciarlo sul letto di un estraneo.
Le palpebre si aprono lentamente, impercettibili e pesanti come se non le usasse da secoli. Si sveglia, pian piano quella luce si affievolisce ed è improvvisamente su un morbido materasso. Una mano tocca la sua spalla. Va subito alla sua ricerca, desiderando di conoscere il mittente di quel contatto fisico, sperando di vedere Vasilisa al suo fianco e scoprire che quella luce sia stata un brutto sogno e nient'altro, che lei sia lì pronta a consolarlo.
"Vasilisa..." la chiama, ma a malapena sente la sua stessa voce.
"Lo stiamo recuperando."
Il tono femminile e familiare annuncia con grande allegria quella notizia. Ma non è la sua voce. Apre un po' di più gli occhi, giusto quel che serve per inquadrare la persona che si piega su di sé, scoprendone l'identità. È Jane.
Che diamine succede? Come li ha raggiunti in Italia? Che abbiano fatto un incidente? Vasilisa sta bene? Il suo ultimo ricordo la vede risucchiata dalla luce bianca. Ricorda... una porta. Una porta molto pesante che lo schiaccia riparandolo dal calore delle fiamme alle sue spalle. Eden! Dov'è Eden? La stava cercando nel caos del nightclub.
"Matt, mi senti?" riprende quella voce, cercando di riportarlo alla realtà. "Sei stato in coma due settimane."
Coma? Un fischio gli perfora le orecchie non appena comprende ciò che dice, non appena collega le sinapsi e prende coscienza di quel che ora reputa più importante: era tutto un sogno, Vasilisa non era reale.
Matt stringe nel palmo destro lo schienale della sedia su cui sono incollate le chiappe di Henry da ormai una trentina di minuti. Ne ha messo di tempo quel moccioso, a sufficienza da non interrompere il tuffo nel passato del criminale. Matthew accenna una smorfia di rabbia, reprime il ricordo dell'emozione provata anni fa. Da quel giorno si arrese alla realtà, al sentimento che aveva negato di provare. E ora ne porta un ricordo bello ma doloroso.
Maledetto Henry! Cosa gli ha riportato alla mente.
"Insomma, quanto ci vuole?"
È Matt a rimproverarlo distruggendo il silenzio attorno a loro. E finalmente, Henry con l'ultimo tasto premuto dà la lieta notizia.
"Ci siamo! Video e audio andranno in onda tra dieci... nove... otto..."
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