quindici

Due anni prima

Trovare una gelateria a Dustville non è un'impresa da poco. Ed è anche piuttosto chiaro il motivo; nessuno crescerebbe i propri figli in un luogo tanto corrotto dal peccato. Tranne tua madre. Be', lei è sempre stata controcorrente e aveva scelto quella città per poterti proteggere. Ironico? No, non se si conoscono i veri nemici della vostra famiglia.

Quando gli Yokumura, tra le più stimate famiglie della malavita giapponese, hanno scoperto dove Vasilisa Yoshima si rintanasse, non hanno esitato a farle visita e costringerla a tornare in patria. Il patto prevedeva anche te, appena una neonata incapace di intendere e di volere, ma ossessivamente desiderata da Gonshiro, colui che potremmo dire sia per te una sorta di nonno adottivo. E per quanto sconsiderata fosse, tua madre non avrebbe mai acconsentito: non avrebbe inflitto il suo stesso destino al sangue del suo sangue e, pur di salvarti dall'eterno limbo in cui si è infilata lei fin dalla più tenera età, ha preferito darti in pasto al luogo più corrotto che l'umanità abbia conosciuto.

Dustville è caratterizzata da una cappa pesante di nebbia, quella che gli abitanti stessi chiamano polvere, capace di nascondere agli occhi del mondo tutto ciò che alberga tra i suoi confini. Appare spettrale, quasi un luogo disegnato da un fumettista: un'apparente metropoli civilizzata, che però si muove sui binari della violenza e della perdizione.
Vasilisa, tua madre, aveva avuto a che fare con Dustville anni addietro. Per questo motivo aveva deciso di nasconderti lì. I suoi trascorsi le davano la convinzione che la Yakuza nulla avrebbe potuto nella città di polvere, consapevole di aver acceso una fiamma di rivalità tra loro e i Kray di non poco conto. Era stata proprio lei a metterli uno contro l'altro dopo aver sottratto, per errore, un carico di armi agli Yokumura. Informata del danno, con la stessa noncuranza di una bambina che nasconde le mani sporche di marmellata, si è affrettata a puntare il dito contro i Kray. Non è che li avesse presi di mira, ma era venuta a conoscenza dei solidi confini che governavano, di come Dustville fosse quasi un luogo nascosto dalle mappe, della spettralità e del surreale clima noir che caratterizzava la città. "Non è un portale magico. Le armi non spariranno, si faranno domande. Lo sai, vero?!" L'aveva avvisata Josh, il suo braccio destro. Ma lei non diede peso alla situazione e scatenò una guerra tra le due fazioni, portando i giapponesi ad una serie di testardi tentativi di presa del territorio. Da quel momento, inutile dirlo, i Kray rafforzarono ancor di più il perimetro. Dustville divenne una fortezza rischiosa, ma ideale per proteggere ciò che si possiede di più caro. Sempre che una volta dentro si impari a sopravvivere.

Sei cresciuta tra le leggende e i ricordi dei tuoi tutori Eden e James McCabe, senza mai vedere né la tua eroina, né l'uomo che hanno ironicamente rinominato il "mangia-hamburger". Questo rende Vasilisa, per te, quanto di più simile ci sia ad un supereroe.
Lì a Tokyo, però, tua madre ha conosciuto Enmei. Il ragazzo, apparentemente identico a tutti i membri dell'organizzazione criminale a cui appartiene, le ha salvato la vita più e più volte fino ad aiutarla a liberarsi degli Yokumura e nasconderla in un luogo lontano dal tuo. Sarebbe stata una misura temporanea... sì, una misura che va avanti da più di dieci anni ormai.

"Vuoi la mia cialda?" Domanda Enmei sedendosi sullo sgabellino della gelateria. È venuto a trovarti, a passare del tempo assieme a te e a darti le ultime notizie su tua madre. Quel ragazzo ricopre il ruolo di vostro tramite.
"Sai che voglio la tua cialda." Affermi con un sorrisone, entusiasta dinanzi a quella proposta. Ma gli angoli della tua bocca cedono ben presto ad una smorfia di tristezza. Enmei conosce il motivo e il sospiro che scivola tra le sue labbra ne è la prova. Il fatto è che, per quanto ti faccia piacere condividere con lui una vaschetta di gelato, vederlo ti ricorda il motivo per cui lo hai conosciuto.
"Vuoi vederla, non è vero?" Ti dice lui, facendoti abbassare la testa per nascondere l'espressione imbronciata.
È troppo tardi, sai che l'ha notata, eppure vuoi comunque riparare al danno. "Purtroppo non è ancora sicuro. Ma Matt e Josh si stanno prendendo cura di lei, sai che ci si può fidare."

Matt e Josh. Quanto avresti voluto conoscerli. Da come ne parla Eden sembrano gli uomini più belli e astuti dell'intero universo. Da come ne parla James sembrano due spilungoni silenziosi e temibili. Quel su cui entrambi sembrano concordare è l'amore che provano per tua madre. Sei cresciuta nella speranza di trovare qualcuno come loro, disposto a vivere per te anche se il tuo orgoglio e i tuoi capricci gli remano contro. Eden lo disse più volte in passato: "tua madre si arrabbiava quando la proteggevano, non voleva esser trattata da bambina." ma lo era, deducevi dal modo in cui descriveva il suo broncio infantile paragonandolo al tuo. A Matt e Josh però piaceva, ne andavano matti seppur in modi differenti. "Josh è... il miglior partner in crime che si possa desiderare. Sono rari i rapporti come il loro, si amano ma senza alcuna malizia. Matt è più un protettore silente, taciturno al punto che tutt'ora fatico a ricordare la sua voce. E ama tua madre come si ama solo una volta nella vita. Andrebbe in capo al mondo per vederla felice. Spero che lei lo abbia finalmente capito." Così Eden ha descritto i due uomini, lasciandoti a bocca spalancata e con sguardo sognante. "Fortunati a trovarsi." Ha poi concluso con un sospiro. "Fortunata io a trovare loro e tutto il gruppo. Ti piaceranno, vedrai. Sono una bella famiglia." Lo ha detto con la certezza che si tratti di un evento già scritto. Ti ha messo molta speranza quel giorno. Una speranza che però man mano senti abbandonarti.

"Quanto dovrò aspettare?" Un silenzioso urlo, il tuo, che ti rimbomba furioso nella testa, ma ch'esce flebile e innocuo all'esterno. Sei così stanca, dopo più di vent'anni, ancora lì ad aspettare di avere il diritto di conoscere il sangue del tuo sangue, colei che ti ha messa al mondo.
"Credimi, Nana. Vorrei anche io che foste libere. E neanche ti dico quanto spesso mi chiede di te."
Puoi immaginarlo. Eden non c'era mai riuscita, ma James ti aveva raccontato dell'aborto che tua madre aveva subìto. Kira, sarebbe stato il suo nome, colei che ha avuto un destino peggiore del tuo, seppur sempre a causa degli Yokumura. Vasilisa non la prese affatto bene e allontanarsi da te, a pochi mesi dalla tua nascita, dopo ciò che ha passato pur di averti, è stata la decisione più difficile della sua esistenza. Ma la più saggia. In fondo, sei viva e vegeta.

Enmei ti porge la cialda e tu l'addenti direttamente, provocando un sorriso sul volto del giapponese.
"Ingorda." Commenta prendendoti in giro.
Poi il campanello della porta suona, facendo entrare due nuovi clienti. E da quel momento le lancette rallentano.

Le percepisci, quasi il tempo si dilatasse davvero, ma non capisci il perché fino a quando non vedi gli uomini estrarre le pistole. Una di loro punta alla testa di Enmei. Il tuo amico, il tuo unico ponte con tua madre è in pericolo. Trovi la forza di sbloccarti dell'immediata paralisi emotiva che sopraggiunge; quella situazione va risolta senza riflettere, te lo aveva insegnato Eden. È così che d'istinto afferri il contenitore metallico di tovaglioli per lanciarlo contro la faccia del malvivente. Lo prendi in pieno, dieci punti in un colpo, lo fai indietreggiare e dai tempo a Enmei di individuare la minaccia. Aggredisce il secondo uomo, gli salta addosso mentre fa scivolare fuori dalle maniche le sue armi bianche. Nel caos generale che travolge i civili attorno a voi, lo scontro si fa infuocato e rapido. Una pallottola volante colpisce persino una ragazza sulla soglia della porta che, vanamente, ha tentato di fuggire. Ma non hai fatto in tempo a reagire, ad aiutare il tuo amico, che il secondo s'accanisce. E risollevatosi dal tuo colpo, ripunta la canna contro la nuca di Enmei. Per lui è l'unica cosa che conta, l'unica a dover esser portata a termine.
Stavolta ce la fa. Raggiunge il suo obiettivo. Enmei crolla a terra creando una pozza di sangue tanto scuro da somigliare all'inchiostro.

•••

Hai corso chilometri senza mai fermarti. Col fiato in gola hai divorato la strada senza accorgerti dell'ovvia meta: casa tua. Non avresti potuto scegliere luogo più banale. Eppure, forse è il tuo istinto ad averti portato lì. Senti che qualcosa non va, che c'è nell'aria una tensione innaturale, un silenzio insolito, pesante e frastornante come pochi. Hai mosso i tuoi passi fino alla porta dell'appartamento, per poi trovarla aperta. Eden è ossessionata dalla sicurezza, non avrebbe lasciato mai libero accesso a casa vostra. E James men che meno avrebbe messo in pericolo la donna che più ama a questo mondo.

"Oh cielo!" È la voce della vicina, Jean. La signora esce dal tuo appartamento con le mani sporche di sangue e il volto umido di lacrime. Tenta di fermarti, ti urla contro "Non entrare! Nana, tesoro, ti prego!" Ma è tutto inutile, la sua voce è ovattata dalla paura che fa pressione sui tuoi timpani. Sai ancor prima di voltare l'angolo cosa avresti trovato, ma devi constatarlo con i tuoi occhi o non ci crederai mai.
Superi Jean. Un tappeto rosso intenso si stende dall'ingresso fino al salotto. Ed è lì che trovi il corpo di James accasciato su quello di Eden, a mo' di scudo. Riesci a vedere solo il sorriso della bruna e puoi giurare di sapere cosa si siano detti i due amanti prima di esalare l'ultimo respiro. Deve aver desiderato di morire tra le sue braccia, tanto quanto James desiderasse spegnersi per sempre assieme a lei, consapevole che senza non sarebbe riuscito a vivere.
"È stato Kray. Ha mandato qui i suoi uomini, te lo giuro." Si scagiona subito Jean, spaventata all'idea di esser presa per colpevole solo perché macchiata di sangue. Ma tu lo sai. Non sei stupida, lo hai sempre saputo, hai sempre saputo di esser osservata e seguita dalle ombre della città. Sai ch'è Roger Kray il mandante, sia di quella strage a casa McCabe che della morte di Enmei.
E avresti avuto la tua vendetta, anche a costo della tua stessa vita. Gli avresti ricordato perché ha tanto temuto una Yoshima.

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