quarantanove
Nessuno di voi è rimasto indifferente a quella visione. Che fine avesse fatto è stata una domanda piuttosto gettonata a seguito del vostro emotivo primo incontro. Uvula era rimasta nei pensieri di tutti, questo è certo, eppure eravate convinti l'avessero ammazzata.
"E se fosse scappata?" chiede Josh, preoccupato per la sua alleata. È comprensibile che sia quello più fiducioso.
"E se invece la stessero usando?"
È un dubbio lecito che aleggia nell'aria da quando l'avete vista acciaccata e dolorante sul ciglio della strada, a cui dà voce Colin ormai vincitore del premio cinico dell'anno. E, per una volta, tua madre non lo contraddice. D'altronde è stata la Yakuza a catturarla... chi può sapere meglio di Vasilisa cosa significa esser nelle mani di quei bastardi gialli?
"L'hai detto tu stesso che abbiamo bisogno di alleati."
"Sì. Non di spie." Colin controbatte pronto alla replica di Josh.
"Uvula ha onore, a differenza tua." Risponde quest'ultimo, stizzito e contrariato dall'insensibilità dimostrata dal moro. Confida nella sua amica, nella sua storica partner. "V. Dobbiamo trovarla e portarla qui."
E sebbene lei voglia rispondere, l'esitazione con cui mantiene un quieto silenzio lascia a Kray il tempo di contraddirlo ulteriormente. "Non sarete voi a decidere chi portare nel mio rifugio, rischiando di compromettere l'unico posto sicuro di Dustville." L'espressione accigliata e determinata del ragazzo, la postura fiera e tesa in avanti, di sfida, il dito puntato verso il pavimento a sottolineare il fulcro del discorso e di quali fondamenta si stia discutendo... tutto fa intendere quanto il potere e l'imposizione dello stesso siano dalla sua parte. Il dorso della mano, il palmo aperto, il mento sollevato: è un no perentorio all'ingenua richiesta di Joshua. E se tanto non fosse sufficiente, le parole che seguono mettono ancor più in discussione l'idea del cinquantenne. "Sto cercando di proteggere la nostra posizione e lo sto facendo anche per tenere al sicuro Nana. Improvvisamente sono l'unico a cui importa? Vuoi andare a salvare la tua damigella in pericolo? Va bene, ma portala altrove."
Di nuovo quel anche, di nuovo trattata come una mera complicazione in più, una sorta di conseguenza necessaria al raggiungimento di uno scopo più grande. Eppure, è assurdo come le sue priorità ti rassicurino piuttosto che offenderti o farti sentire in pericolo. La responsabilità di ciò che ti potrebbe capitare ricade comunque più sulle tue spalle che su quelle di Colin... è liberatorio, dignitoso. È quanto di meglio potessi desiderare in una situazione difficile come quella, in cui non puoi permetterti di mostrare debolezze e affidare la tua incolumità a qualcuno all'infuori di te.
Questa è la sensazione che tamburella nella tua testa, ciononostante un pensiero in tema e lucido ti sovviene. Non esiti a prender in mano la situazione, mediando tra le due proposte e assecondando ancora una volta il desiderio di Colin. "Chiunque abbia ragione, credo che Uvula tornerà nel West Side." Affermi maledicendoti mentalmente nel godere dell'approvazione del Kray. Vorresti prenderti a schiaffi in questo esatto istante. "Che stia scappando dalla Yakuza o che sia loro alleata, quella rimane la sua unica salvezza. Inoltre, conosce il quartiere come le sue tasche. Se andassimo lì, tempo che torni e ci troverebbe."
"Ha ragione." Risponde Colin accompagnando quelle parole con un cenno affermativo del capo. Lo odi, ora paradossalmente più di prima. E lui so sa, se ne accorge ogni volta che incrocia il tuo sguardo.
Vi siete dunque divisi in due gruppi: uno formato dalla coppia Joshua e Vasilisa, l'altro con i rimanenti. Ciò avrebbe significato spendere del tempo lontana da tua madre, ancora, ma vicina a Matthew e ossessionata dalla costante presenza di Colin. Ha scelto Josh. Ignori la ragione, ma dal tono che ha utilizzato per imporre quella regola a entrambe voi Yoshima deduci ci sia del non detto su cui dovresti indagare. Detesti rimanere all'oscuro di ciò che ti riguarda tanto da vicino.
La dinamica che si è costruita tra voi tre ha un che di insolito; nessuno è a proprio agio in quella situazione, mentre immagini che Vasilisa e Josh siano nel pieno della loro routine cercando Uvula per le strade del West Side e guardandosi le spalle. Voi tre invece avete deciso di attenderla in casa, lì dove ti aveva accolta appena qualche giorno prima per discutere del piano e del messaggio da far arrivare a tua madre. Sembra passata un'eternità.
Colin è inspiegabilmente nervoso. Non sta un attimo fermo e, anche quando si siede, cercando riposo su delle sedie fin troppo piccole per le sue gambe chilometriche, percepisci il suo animo inquieto tormentarsi e ribellarsi ogni volta che Matthew Winston ricorda la sua presenza con un movimento, un sospiro o una parola. Lui dal suo canto vi osserva con sospetto, ma non osa aprire conversazioni più lunghe o profonde di un "avrà del caffè?". Tu, l'unica più incline allo sproloquio, ti ritrovi ingabbiata in un misero appartamento con due degli uomini più noiosi, irritabili e tormentabili sul pianeta.
"Tu hai conosciuto gli Yokumura. Dico bene?" domandi a Matt, nella speranza di dar il via a una conversazione interessante e passare il tempo in qualche modo. Lui annuisce, costringendoti a tirargli fuori le parole di bocca. "E come sono?"
"Appiccicosi."
"Solo?"
"Lui non li conosce?" chiede a sua volta, indicando il Kray con un sopracciglio inarcato. Colin scuote la testa in cenno di dissenso.
"Diamine, speravo parlassi di più."
Sorride. I suoi occhi brillano di quel lampo di riconoscimento, quella scintilla che scocca ogni qualvolta vediamo qualcosa o qualcuno a cui teniamo. Non ci arrivi subito, nemmeno perdi tempo a domandartelo, ma è ben chiaro chi stia riconoscendo Matthew in te. E tanto basta a rilassare i suoi muscoli e assecondare la tua intenzione di chiacchierare. "Quanto ti hanno raccontato?"
"La storia la conosco. So cosa pensavano James e Eden riguardo il nipote, Sōsuke, ma voglio anche la tua opinione."
"Ebbene. Io li ho conosciuti entrambi. Sono molto simili tra loro, il nipote cerca di emulare Gonshiro, di prendere il suo posto, questo lo rende ossessionato come lui nei confronti di Vasilisa... e tuoi. Sono due cancri da eliminare dalla società, non c'è modo di salvarli. Sono abili manipolatori, se e quando li incontrerai – e spero invano che ciò non accada – scoprirai cosa intendo. Sanno essere molto amabili, sono dei serpenti velenosi, contaminano tutto ciò che toccano e sapere di non esser riusciti a ottenere il totale asservimento di Vasilisa li manda fuori di testa. Non sanno nemmeno cosa sia l'amore di cui parlano. Desiderano solo il controllo assoluto. Sono bambini viziati, cresciuti nel lusso e nella violenza."
Non negherai di aver disegnato via via nella tua immaginazione l'aspetto di Colin. Non sei l'unica ad aver trovato punti in comune con lui, però: quando hai spostato lo sguardo da Matthew al giovane dei Kray, ti sei sentita colta in fallo. Colin aveva già da tempo incollato i suoi occhi su di te, in attesa di beccarti sul fatto. E quando ha trovato riscontro, gli angoli della sua bocca si sono sollevati, le labbra tese hanno scoperto appena la bianca dentatura e una risata incredula è morta sulla punta della sua lingua. D'altronde, sei stata prevedibile dopo i dubbi espressi sulle leggende che lo riguardano.
"Credi che mia madre sia ancora legata a loro?" domandi a Matthew, assorta nei tuoi ragionamenti.
"Lo sarà sempre. È una testa calda, è capricciosa, ha quella vena masochista che la spinge verso il pericolo. Spero tu non l'abbia ereditata, ma questo non posso saperlo."
"Forse un po' ce l'ho." Affermi mantenendo il contatto visivo con Colin, distogliendolo solo infine, prima che Winston possa seguire quel filo conduttore tra te e il moro. La verità, che non hai riconosciuto perché troppo distratta dai tuoi pensieri, è che Matthew sa già cosa ti passa per la testa e dove sia volta la tua attenzione: ha scelto meticolosamente di non intromettersi per non lasciar spazio alla propria irascibilità. Non si fida di Colin, neanche un po'.
"Beh, l'hai ammesso con un anticipo di vent'anni. Vasilisa ha impiegato una vita intera a illudersi, a negarsi la verità. Andava da McCabe per questo motivo: farsi dire chi fosse. Ma gliel'hanno detto molti psicologi prima di lui, semplicemente non era disposta ad accettarlo."
Segue l'ennesimo silenzio, ma stavolta ognuno ascolta la voce nella propria testa. Se tu e Colin seguite la strada imboccata dalla conversazione sulla Yakuza, scambiandovi qualche occhiata di tanto in tanto nel ricordo di ciò che vi siete detti in solitaria, Winston parte però per tutt'altri binari correndo pericolosamente su un treno che Josh aveva fatto partire a vostra insaputa.
"Posso farvela io una domanda?" riprende Matthew, riempiendo la stanza con tono deciso. È come se avesse buttato giù una barriera molto solida prima di decidersi a parlare, sputa quasi quella frase, lanciandosi in una conversazione che lo mette a disagio... glielo leggi in faccia.
"Quelle che vuoi." Tu dal tuo canto rispondi entusiasta, finalmente assecondata e felice del suo interesse.
"Mi sento sfrontato a farvela, è un po' fuori luogo, ma vorrei approfittare dell'assenza di Vasilisa... sapete, potrebbe non prenderla molto bene. Io non fiaterò, lo prometto."
Sebbene Colin si sistemi sul posto e stringa le mani a pugno trasmettendoti ansia, tu dimostri confusione e curiosità. Lo sproni a continuare con un debole "Ok.", provocando in Colin un respiro profondo. È come se sapesse cosa sta per chiedere, come se volesse evitare la domanda ancor prima di sentirla. E poi arriva; Matthew sgancia la bomba e si costringe a mantenere il contatto visivo per non dimostrare debolezze. Eppure è lampante quanto sia da lui stesso disprezzato l'argomento che intavola.
"C'è qualcosa tra voi?"
Il silenzio che segue è dei più tesi che tu abbia mai udito. La tua confusione è palpabile, l'espressione accigliata e pensierosa è un chiaro messaggio che porta Matthew a rispondersi da solo. Chiude quella parentesi all'istante, schiarendosi la voce e tornando a guardare la tazzina di caffè quasi vuota. "Capisco. Be', lo prendo per un no."
È Colin a tornare su quei binari, condannando Matthew per aver scelto di porvi quel quesito. "Quanto c'era in palio?"
Il cinquantenne è sorpreso, ma in cuor suo se lo sentiva. Se sapessi che quella discussione era avvenuta sotto i vostri nasi, proprio poco prima di ricevere aggiornamenti dal telegiornale... "Ci hai sentiti?" indaga voltandosi in direzione del giovane.
"Sono un tipo intuitivo."
La risposta risuona nella tua mente per qualche secondo prima che tu possa connettere i pochi pezzi di puzzle a disposizione. Poi prosegue. "Qualche dollaro. Niente di che." Risponde Winston con una scrollata di spalle, palesemente preda di una vergogna che tenta invano di nascondere.
"Cos'è? Un segreto?" ti intrometti, alternando lo sguardo tra i due. È Colin a toglierti il dubbio.
"Ha scommesso con Fitzgerald che tra noi due non ci fosse niente. E ha vinto, direi."
Un deboleverso di sorpresa e smarrimento ti sfugge tra le labbra schiuse. Lo trovi... "Unpo' offensivo." E non ti limiti a pensarlo, lo affermi creando ancor piùvergogna nel cinquantenne, forse proprio in vista della sua età e dell'infantilitàdi quell'azione.
"Lo so, mi dispiace, era una scommessa stupida. Ma il dubbio era lecito. Ammetto che il pensiero abbia sfiorato anche la mia mente... sembrate così simili."
"Ecco, questo mi offende ancora di più: somigliare a un Kray."
"Oh no, no." Si affretta a riparare a quel fraintendimento, portando una mano avanti e negando con ogni cellula del suo corpo. "Tu a tua madre e lui a..." lo osserva, tituba, ma è Colin stesso a giungere alla conclusione.
"Agli Yokumura?" domanda affatto sorpreso, inarcando ironicamente le sopracciglia. "Tranquillo, sono certo lo pensi anche lei. In fondo, li descrivete come demoni."
Che se la sia presa? Che si stia dimostrando ferito e permaloso dinanzi a una leggenda che lui stesso non si è affaticato a smentire? Si è legato al dito la tua accusa, il dubbio in merito alle leggende che lo riguardano, alle sue similitudini con i serpenti e nello specifico con il diavolo in persona.
"Credevo avessimo messo in chiaro che tu non fossi interessata a rubarmi l'anima, né che avessi nove vite. Mio fratello dovrebbe averti dimostrato quanto le voci di corridoio siano poco affidabili, d'altronde." Sfacciato, arrogante, non ti vengono termini più adatti a lui e al sorriso da schiaffi che gli si è stampato in faccia. La proposta che segue non fa altro che aumentare la temperatura del sangue che ti scorre nelle vene. Stai bollendo dal desiderio di alzarti per prenderlo a pugni e togliergli la soddisfazione con la forza. "Chiedile se c'era qualcosa con lui, prima che le aprissi gli occhi."
"Non c'era nulla." Rispondi direttamente a Matthew, quasi più preoccupata che possa dirlo a Josh o, peggio, a Vasilisa. Il sorriso finto e l'espressione scocciata che esibisci causano un leggero cambiamento nella cinesica dell'uomo seduto al tuo stesso tavolo. Sembra apprendere sempre più informazioni che non avrebbe mai immaginato di sentire. Chissà che delusione!
"Perché non hai avuto abbastanza tempo, ma ti stava chiaramente raggirando. Sei ingenua in questo campo." Colin ti prende in giro, umiliandoti ulteriormente. Incredibilmente il nervosismo l'ha abbandonato nel momento in cui sei diventata la vittima del dibattito.
"Ma che t'importa?"
"Niente." Replica pronto, con tono duro e faccia da poker. "Mi interrogo semplicemente sul tuo metro di giudizio."
"Non mostravi tutto questo disprezzo l'altra volta. Ora vuoi che ti veda come un angioletto?"
"Non ho mai detto questo. Ma non sai giudicare i tuoi alleati."
"Temporanei. Rimani mio nemico."
"Questo è certo."
Eppure, mettere i puntini sulle i non ti è sufficiente. Matthew vi osserva con occhi di sospetto e sei quasi certa stia regolando il respiro per non perdere il controllo. Che lo stiate agitando?
Ma la tua reputazione dinanzi al tuo patrigno è più importante della vena gonfia sul collo. Dunque non taci, anzi, riprendi ad attaccare Colin come se questo tirasse acqua al tuo mulino.
"Poi non è che ti sia dimostrato distante dalle voci... stai usando mia madre. Stai usando me. Hai ucciso Molly."
"Io non le ho torto un capello."
"Sei comunque responsabile. E in ogni caso, sul resto non hai niente da contestare."
"No, nessuna contestazione. Non l'ho mai negato; il fine giustifica i mezzi."
"Non sono un mezzo."
"Tu mi vedi come tale. No?" Sì. Ma ingoi il rospo. Non puoi mica ammettere che abbia ragione. È lui stesso a non perdere occasione di farlo. "Dunque è equo. Sei uno strumento."
"Solo perché vedermi come alleata ti fa paura." Riporti la sua mente al ricordo di quello stesso dialogo, una discussione così sterile, fine al solo scopo di ispessire il velo di tensione che vi tiene separati.
"Potresti pugnalarmi alle spalle." Afferma lui, cogliendo la citazione. La cascata di parole rallenta il ritmo fino a consumarsi completamente.
"Quanto lo vorrei."
"Oh, lo vedo." Conclude lui.
È lampante agli occhi sbarrati di Matthew. Ora che prende la tazzina, butta giù l'ultima goccia di caffè e si alza alla ricerca di una bottiglia d'alcol, con quell'elegante imprecazione che borbotta tra sé e sé ammette la sua sconfitta, lasciando che vi guardiate in cagnesco. Come si dice, lontani dagli occhi lontani dalla vena in procinto d'esplodere.
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