38. SACER INTRA NOS SPIRITUS SEDET

Il silenzio che per lunghi giorni aveva circondato la spedizione era un chiaro segnale degli umori che albergavano nel cuore di quegli Uomini: la maggior parte di loro era scontenta di essere stata assegnata a quell'impresa. Alcuni avrebbero preferito restare a servire la causa diretta del proprio generale, altri credevano invece di andare incontro a una morte certa. Nessuno di loro aveva osato dire che quel desiderio di dama Silanna era senza speranza di riuscita, ma tutti l'avevano pensato, accettando a malincuore l'ordine di scortarla.

Silanna cavalcava il suo palafreno a testa alta. Guidava la fila lungo un cammino noto solo a lei, che conosceva a memoria le strade migliori e più veloci per giungere a destinazione attraverso quelle terre che gli altri non avevano mai visto.

Aidan avanzava al suo fianco. Non chiedeva nulla e non obiettava sugli ordini di lei. A dispetto della sua abituale loquacità, il giovane arciere parlava poco persino con il gemello.

Edhel, dal canto suo, si comportava come se tutto ciò che lo circondava gli fosse indifferente. Perso in pensieri indicibili, si limitava a imporre l'andatura al gruppo ogni volta che la spedizione sembrava rallentare. La sua mente era concentrata su un solo obiettivo: avrebbe salvato Valkano, anche a costo di sacrificare soldati e cavalli, uno a uno.

Lo scenario che li accompagnava cambiava in fretta. Prima gli altipiani erbosi di Foroddir, poi le montagne brulle e gli stretti passaggi prima di entrare nelle terre di Helegdir. Il paesaggio cominciò a imbiancarsi man mano che il confine si avvicinava, quindi apparvero le alte vette strette in una corona, le rupi ingentilite alla sommità dal ghiaccio rilucente. Le altezze incombevano sempre più su di loro, ma il tempo era clemente e i valichi potevano già essere attraversati da un gruppo che viaggiava leggero. Dopo sei giorni di viaggio percorrevano già i sentieri che costeggiavano le alte vette di Lossmir, il gioiello di ghiaccio.

Silanna si fermò e scrutò le montagne che aveva di fronte, mentre il suo respiro si condensava in una nuvola leggera e i ferri dei cavalli lasciavano la loro impronta sul terreno.

"Eccolo", disse soltanto.

Con un unico movimento, i due giovani al suo fianco levarono lo sguardo verso il punto che lei stava fissando. Sopra un'alta cima sorgeva il monastero, addossato alla parete dell'altura. Una parte dell'edificio era scavata nella roccia e abbracciava con le sue stanze il cuore della montagna. L'altra facciata guardava la vallata sottostante, dove i campi erano stati coltivati con scrupolo per provvedere alle esigenze degli abitanti. Dal basso si indovinava un sentiero che, sfruttando le anse della montagna, conduceva fino a quel luogo di studio e meditazione.

Dal punto in cui si erano fermati per osservarlo, Valkano sembrava una scultura cesellata con maestria e quindi abbandonata. Non si scorgeva alcun segno di vita. Non c'erano contadini né armenti, e le costruzioni sovrastanti, offuscate dalla nebbia, sembravano disabitate.

Silanna temette di non aver fatto in tempo e chinò il capo con un sospiro. Nonostante continuasse a non nutrire simpatia per lei, Aidan provò compassione per il suo sconforto e avvicinò il cavallo al suo.

"Non disperate", le disse, chinandosi verso il suo orecchio. "Forse si sono già messi in salvo, in qualche luogo sicuro".

Edhel, invece, non disse nulla. Pensò soltanto che la struttura appariva integra, quindi esisteva ancora qualche possibilità che i libri fossero in salvo. Senza attendere oltre, spronò il cavallo per iniziare la salita e tutti gli andarono dietro.

Mentre proseguivano lungo il sentiero, capirono con sgomento di non essersi ingannati: i campi erano davvero deserti, gli aratri erano stati spezzati e il bestiame rubato. Quando furono più vicini alla meta, Edhel si accorse che il velo, che avevano scambiato per bruma montana, era in realtà un fitto fumo biancastro che si levava dalle mura esterne.

I Nani erano penetrati nelle terre degli Elfi da un valico più a Sud, dove i confini tra Helegdir e Lossmir si facevano incerti. Non avevano incontrato alcuna resistenza, quindi avevano invaso e conquistato quel territorio. Mentre occupavano i villaggi indifesi, era giunta al loro orecchio la leggenda di Valkano, il luogo dove gli Elfi conservavano tutte le loro ricchezze. Non potevano immaginare che il monastero custodiva un genere di tesori ben diverso, così una spedizione era partita per conquistarlo. I maestri e gli incantatori elfici avevano provato a difendersi, utilizzando contro gli assalitori le loro conoscenze arcane. I soldati nemici, per tutta risposta, avevano messo sotto assedio l'edificio, e fu in quelle condizioni che il contingente di Arthalion lo trovò.

Appena fu in grado di distinguere i dettagli nascosti dal fumo, Edhel vide che lo scontro era nel vivo della sua azione. I Nani cercavano di accedere all'interno. Dall'alto, gli Alti Elfi si difendevano lanciando incantesimi, mentre i giovani adepti rovesciavano sui nemici un liquido che sembrava in grado di sciogliere le armature di metallo e che alimentava i vapori che avvolgevano la costruzione.

Non occorreva, tuttavia, grande esperienza militare per capire che quell'assedio non sarebbe durato a lungo. Nonostante l'efficienza della loro magia e la robustezza delle mura, il numero ridotto poneva gli Elfi in netto svantaggio: di fronte all'incalzare di lance e di spade, la loro sapienza era destinata, prima o poi, a venir meno.

Il giovane elfo comprese la situazione con un solo sguardo e frustò il cavallo che arrancava, impedito dalla neve. Il cuore gli stava esplodendo nel petto: l'ansia di arrivare, il desiderio di distruggere, la rabbia per i mezzi limitati di cui disponeva gli affannavano il respiro e gli congestionavano la testa, mentre sfiniva la sua cavalcatura.

Giunto in prossimità dell'edificio, senza nemmeno riflettere sull'avventatezza delle sue azioni, smontò da cavallo. Gli stivali affondarono nel nevischio e una raffica di vento lo accolse sulla sommità dell'altura, ma Edhel sembrava non sentire nulla. Con passo deciso, avanzò di qualche metro. Da quella distanza, la facciata principale era perfettamente visibile, scurita dal fumo acre che rendeva l'aria irrespirabile, e le urla di entrambe le fazioni giungevano a ferire le sue orecchie. Lo scricchiolare sinistro delle pareti, aggredite dalle macchine d'assedio, si faceva più insistente. Le mura, minate dalle fondamenta, rischiavano di crollare, seppellendo per sempre millenni di studi e di sapienza.

Edhel vinse la tentazione iniziale di voltarsi indietro per non assistere a quello spettacolo. Si obbligò a fissare con sguardo desolato Valkano che si sgretolava davanti a lui e una lacrima di rabbia gli sfuggì dagli occhi azzurri.

"Davanti agli dei, Galanár!", urlò con rabbia contro il cielo. "Sei stato cieco, dannazione!"

Mentre il suo grido si ripercuoteva contro il fianco della montagna, trascinato dall'eco, un lampo squarciò l'etere, seguito da un cupo rombo di tuono, e una pioggia di fuoco scese sul monastero: incapace di contenere la propria ira e vincolato soltanto ai suoi desideri, Edhel aveva iniziato a rovesciare fiamme implacabili sopra il nemico.

A quella vista, gli uomini della scorta si terrorizzarono. Nessuno avrebbe osato avanzare di un passo, e men che meno provare ad avvicinarsi al principe. Aidan, però, conosceva il suo gemello e sapeva come l'Arcano del Fuoco si scatenava in lui quando l'ira gli avvampava il sangue, perché l'aveva già visto accadere. Non aveva mai avuta paura di toccarlo, nemmeno nei momenti peggiori. Senza perdere altro tempo, lo raggiunse al galoppo, gridando il suo nome a squarciagola. Appena gli fu da presso, smontò da cavallo con un balzo, lo afferrò per un braccio e lo tirò a sé, strappandolo all'estatica ammirazione del flagello di fuoco che si abbatteva dal cielo.

"Edhel, fermati! Così distruggerai ogni cosa!"

Le parole del fratello lo svegliarono da quel cattivo sogno. Edhel spalancò la bocca, sorpreso, poi mise a fuoco i lapilli che precipitavano senza discriminazione sopra assedianti e assediati. A quella vista gli mancò il fiato e la pioggia smise di cadere.

Aidan tirò un sospiro di sollievo, poi gli lanciò un'occhiata fugace, prima di trascinarlo verso il resto della compagnia.

"Vuoi proprio farti ammazzare?", mormorò. "Vuoi farci ammazzare tutti!"

A Edhel era bastato scorgere la lucidità nei suoi occhi e avvertire l'incrinatura nella voce, per tacere e piombare in uno stato di remissiva obbedienza. Doveva averlo spaventato a morte, una volta ancora, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere.

Il fratello tornò indietro verso il drappello, che si era fermato al riparo di una piccola macchia boscosa che fronteggiava il monastero.

"Arcieri, in formazione!", gridò. "Schieratevi sulla prima linea di tiro utile e restate pronti. I soldati dietro".

Gli uomini si disposero secondo il suo comando, pronti a intervenire nello scontro. Edhel aveva rivelato la loro presenza, l'attesa sarebbe stata breve. Aidan si dispose di fianco e lanciò al gemello uno sguardo che conteneva una precisa richiesta. L'elfo acconsentì con un cenno del capo e l'arciere scandì l'ordine. Gli archi si tesero, le punte dei dardi si indirizzarono al cielo e le frecce partirono con uno schiocco. Nel momento in cui si piegarono nella parabola discendente, Edhel chiuse gli occhi. Le punte si accesero con una fiammata e la pioggia ferale colpì, quella volta, soltanto gli aggressori.

Silanna era rimasta indietro, immobile. Aveva sentito sfrecciare al fianco della sua cavalcatura gli arcieri di Aidan, aveva udito i suoi comandi secchi, ma si era fermata a fissare la scena a distanza, senza vederla. Aveva ancora negli occhi i lampi fiammeggianti che scendevano dal cielo. La sua mente era incatenata al pensiero della magia di Edhel.

Aveva già osservato il suo potere in battaglia e Galanár lo aveva accolto nel consiglio di guerra come Daimonmaster, ma su quel punto Silanna continuava a sentirsi confusa. Edhel era molto più forte di lei, lo intuiva per esperienza, ma quell'energia le era sempre apparsa imbrigliata, trattenuta. In quell'occasione, invece, aveva avuto l'impressione che fosse emersa senza freni, ed era così immensa nella sua forza, così devastante nel suo cieco furore, da averle tolto il fiato.

Quando la prima pioggia di frecce infuocate cessò, Silanna si riscosse. Smontò da cavallo e raggiunse Aidan. Quasi rispondendo a un comando meccanico, l'arciere si voltò e le sbarrò il passo.

"Vi prego, signora", esclamò frettoloso. "Restate indietro".

"Combatto da più tempo di voi, principe Aidan", replicò l'elfa con una smorfia di disappunto.

Il giovane sobbalzò, come se avesse appena realizzato quanto fossero vere le parole di lei. Suo malgrado, si trovò costretto a guardarla negli occhi e a prestarle attenzione: quella donna sembrava pronta a dare battaglia persino a lui, se fosse stato necessario. Scosse il capo, rassegnato.

"Andate a parlare con Edhel allora, non con me".

Lei fece per ribattere, ma poi decise di ignorarlo. Non aveva mai avuto alcun interesse nel migliorare i suoi rapporti con Aidan e, in tutta sincerità, non avrebbe cambiato disposizione d'animo nemmeno di fronte al fatto che lui l'aveva scortata fin lì. Sapeva bene che l'arciere avrebbe preferito piuttosto abbandonarla al suo destino, se l'ordine non gli fosse giunto da Galanár. Si girò a cercare l'incantatore con un gesto nervoso. Tollerava a stento l'idea di dover obbedire a chicchessia, ancor meno se si trattava di uno di quei due ragazzini o, peggio, di tutti e due al contempo.

Dovette subito rimangiarsi quella considerazione quando si affiancò a Edhel: non sembrava affatto intenzionato a darle ordini. Il suo era piuttosto l'atteggiamento remissivo di chi è sul punto di chiedere consiglio e, visto che esitava, Silanna lo anticipò.

"Le mie magie di cura non arrivano così lontano. Non potrò aiutarli fin quando non saremo entrati", dichiarò, mentre la voce le si addolciva. "Volete che, nel frattempo, supporti i vostri incantesimi?".

Edhel annuì senza troppa convinzione. Dopo l'accesso d'ira che aveva messo in pericolo tutti, si era rabbonito di colpo.

"Allora creiamo un cerchio magico", lo invitò.

Lui la guardò sorpreso.

"Un cerchio magico? Ma siamo soltanto in due".

L'incantatrice si trattenne dal levare gli occhi al cielo e dal rispondergli come meritava... quell'elfo, alle volte, sembrava davvero sprovveduto!

"Sarà meno potente, ma di sicuro sarà molto stabile", ribatté severa, come se avesse dovuto rimbrottare un apprendista. "Concentratevi!"

Chiusero gli occhi e le loro palme sollevate si sfiorarono.

Nell'attimo in cui Silanna penetrò la mente di Edhel, il suo intelletto arcano rimase smarrito di fronte alle forze brutali che si agitavano nell'animo dell'incantatore. Vide turbini violenti, lingue di fuoco che ruotavano vorticose in cerchi concentrici e sempre più accelerati, lampi e fiamme ardenti. E, spingendosi oltre, pareti d'acqua che si infrangevano con violenza e cascate che precipitavano da altezze insondabili. Quel vortice di Elementi si aggirava confuso in uno spazio senza luce e senza suono. Soprattutto, senza ordine alcuno. Fu obbligata a ritrarsi e il cerchio si spezzò.

Edhel la guardò stupito. L'aveva sentita entrare in risonanza con il suo spirito, poi allontanarsi in fretta. Aveva percepito la sua forza che scivolava via e si sottraeva al contatto con una rapidità che lo aveva prima sorpreso, poi avvilito.

Silanna, invece, lo fissava sempre più perplessa: nello spazio sacro dei Daimon che avevano condiviso non aveva trovato ciò che si aspettava.

Eppure Edhel è un Daimonmaster... o non lo è?

Tutti i severi insegnamenti che aveva ricevuto a Valkano le avevano imposto un rigore e un'efficienza nel controllo del proprio potere di cui lui sembrava sprovvisto. Era di certo un bel problema, ma non era da lei tirarsi indietro di fronte alla prima difficoltà.

"Riproviamo", disse soltanto, e chiuse gli occhi.

Quella volta, affrontò il contatto con decisione. Agganciò gli Elementi con la forza della propria volontà e cercò subito di domarli. Lui oppose resistenza solo un istante, poi si rilassò e la lasciò fare, così Silanna ebbe libero accesso alle sue visioni.

La magia di Edhel era grande, ma altrettanto grandi erano i suoi sogni e le sue passioni, e lui non sembrava possedere alcuna disciplina, né alcun controllo su di loro. Ciò spiegava in parte il caos che l'aveva investita al primo tentativo: l'elfo era costantemente distratto dai suoi desideri e il suo potere fluttuava instabile e capriccioso da un pensiero all'altro.

Silanna fece uno sforzo sovrumano per afferrare il Fuoco a mani nude, bloccare la sua spinta centrifuga e incanalarla verso un'unica direzione, quindi fece lo stesso con l'Acqua. Edhel si adattò docile al suo tocco e il cerchio magico cominciò a ruotare, trasportando l'energia arcana dall'uno all'altra. Così il vento rinvigorì le fiamme e spinse i lapilli infuocati contro le macchine d'assedio; la cenere si arroventò e si sollevò dal suolo, accecando i nemici. Aidan ne approfittò per fare scoccare l'ultimo, violento tiro ai suoi arcieri, poi lanciò gli armigeri contro i fanti del nemico.

Un grido di gioia e di sollievo insieme si levò dagli spalti mentre lo scontro esplodeva sotto le mura di Valkano.

NOTA DELL'AUTORE

Sacer intra nos spiritus sedet: uno spirito sacro risiede dentro di noi.

Con questa bellissima frase, tratta dalle Epistole a Lucilio, Seneca introduce uno dei temi a lui più cari, quello del "dio interiore": l'uomo (soprattutto quello che vive nella saggezza e nella bontà), guardando dentro di sé, si scopre parte del principio divino generatore dell'universo, quindi si scopre egli stesso dio.

L'ho scelta per presentarvi la prima scena in cui abbiamo una visione dello "spazio sacro dei Daimon", una sorta di piano "mistico" che avremo occasione di esplorare ancora in futuro, grazie ai nostri Daimonmaster 💛

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