26 - Fucking peanuts
Ho una voglia improvvisa di andare sottopalco. Non mi importa se c'è ressa, non m'importa nemmeno che ci sia Giulia lì, a sbavare per Adam. Desidero solo godermi il sound, smettere di pensare, stordirmi di musica. Non ho bisogno di parlare per farmi capire da Pollice. Gli tocco un braccio per richiamare la sua attenzione e gli indico con un cenno del capo la direzione che voglio prendere. Lui annuisce e ci spostiamo. La temperatura è scesa parecchio e fa un freddo boia, ma stretti nella calca delle prime file si sta meglio. Le ragazze qui intorno hanno tutte le giacche annodate alla vita. Giulia addirittura è in canottiera. Mi tengo a distanza, non sia mai che pensi che voglia avere ancora qualcosa a che fare con lei. Ormai è un'estranea per me, le auguro felicità e una bronchite accompagnata da febbre alta.
Ballano tutti, grandi e piccini, mentre Adam saltella e barcolla a petto nudo, con una spalla marchiata dalla bretella della chitarra. Ha i capelli zuppi di sudore e gli occhi sbarrati, perduti in chissà quale visione mistica.
Arriva fin sul bordo del palco e sono così vicino che se solo allungassi un braccio potrei toccarlo. Si ferma con le punte dei piedi che sporgono nel vuoto. Un altro centimetro e cade di sotto.
Due tipi della security sono diventati parte integrante dello show: lo rincorrono impacciati, cercando di non invadere il suo spazio personale, ma pronti a intervenire per salvarlo. Non riesco a capire quanto tempo sia passato dall'inizio del concerto, sono in una sorta di trip sciamanico e uno spirito guida mi sta dicendo che sono stato io ad accendere la miccia che ha fatto accadere tutto questo.
L'atmosfera si rilassa con la melodia di Friends of mine. Adam si piega sulle ginocchia come per scaricare la stanchezza e fa fatica a spingere la voce. Quando il pezzo finisce, rimane impalato ad ansimare mentre gli piove addosso un lunghissimo applauso.
È mezzo morto, però non molla. Guarda in basso, tra il pubblico, nella zona in cui si trova Giulia.
«Please, come here!» dice e accompagna l'invito con un gesto suadente della mano.
Sento qualcosa che mi si tuffa nello stomaco, il rospo che ho ingoiato forse, e non sono per niente sorpreso quando vedo Giulia arrampicarsi lungo una scaletta laterale e capisco oltre ogni ragionevole dubbio che è proprio a lei che si è rivolto.
Non appena Giulia lo raggiunge, Adam la prende per la vita e le mormora qualcosa all'orecchio che nessuno riesce a sentire. Lei si stringe al suo corpo e lo lascia fare, quando lui le posa un bacio sul collo e quasi cade addormentato con la testa sulla sua spalla.
Lei gli accarezza il viso e glielo solleva dolcemente.
Sì, brava. Sveglialo, va'.
Si avvicina alla bocca il microfono che Adam impugna debolmente, senza toglierglielo, ma guidandogli la mano.
«Grazie a te» dice, con un accenno di timidezza sulle guance e nella voce che frega tutti, ma non me. Non me!
Gli volta le spalle e si allontana col passo docile e al contempo orgoglioso, come quello di una bambina che ha appena ricevuto la prima comunione. Lui si imbambola a guardarla, è come se fosse sotto incantesimo, e continua a seguirla con gli occhi mentre scende dal palco per la scaletta laterale.
Giulia è lontana ormai, quando Adam ha un fremito vistoso, come se avesse preso una scossa. Riporta lo sguardo davanti a sé e avviene qualcosa in lui: una metamorfosi.
In un istante la sua faccia si trasforma in una maschera di follia.
Salta su un amplificatore a piè pari e ribalta gli occhi all'indietro come se fosse sotto un attacco di possessione diabolica. Un 'Oh' lunghissimo e omogeneo si leva nella piazza, come se la folla si fosse svegliata solo adesso da un viaggio lisergico, per realizzare che Adam è fuori come un canguro e rischia di svenire da un momento all'altro o persino di farsi venire un infarto.
Si sente un fischio, problema audio, mentre la chitarra traccia delle note distorte.
«This is the last song» dice Adam, ansimando.
L'intro strumentale plasma un'eden selvaggio: un luogo fatto di sostanza impalpabile, ma più vivido del mondo reale. Le prime strofe ci corrono attraverso, prendendomi per mano:
Baby's gonna be alright
Baby's gonna be alright
Sento il peso di una lacrimuccia sulla mia guancia. Il mio pezzo preferito, il pezzo più punk di Adam, più punk di tanti pezzi veramente punk di artisti punk.
https://youtu.be/_xghdyI7VTQ
Baby's gonna be alright
Adam torna in bilico sul ciglio del palco e oscilla, tanto che i due tizi della sicurezza adesso gli stanno letteralmente addosso con le braccia tese pronte ad afferrare il suo corpo instabile.
Sbarra gli occhi talmente tanto che sembra uno di quei pupazzetti gommosi che se li schiacci spingono fuori del mou dagli orifizi.
Poi li serra. Il ritmo esplode e lui si mette a cantare in un modo che la voce sembra venirgli dalle viscere:
And it don't mean I don't love you,
When I put a gun to your face
It just means I wanna get rough with you
Il ritmo cresce, si espande, ingloba l'etere e tutti quanti. Esalta una metà del pubblico, annichilisce l'altra metà. Chi salta e balla e chi è in stato catartico. Giulia è in visibilio, Pollice pure. Io piango, perché la sento pulsare nelle vene l'energia di questo pezzo così controverso, con una metafora cruenta che allude all'essere duri verso qualcuno affinché impari a cavarsela da solo. Though love, così si dice nei paesi anglosassoni. Un testo pieno di dolore, rabbia e forza insieme.
Di colpo una forza di natura ignota mi si abbatte addosso, mi scaraventa di lato e mi fa andare a sbattere contro Pollice. Mi aggrappo al suo petto per non cadere a terra, e non faccio in tempo a capire come ci sia finito in questo abbraccio di fortuna, che qualcuno mi ritira indietro per il giubbotto di pelle, afferrandomelo dietro la schiena. Compio una mezza rotazione con la testa e vedo Aladino. Mi lascia la giacca e mi prende per il busto. Mi fa voltare verso di lui, maneggiandomi come se fossi un manichino, un manichino con cui è incazzato nero.
«Guarda che girano le balle anche a me» strillo, pensando che stia sbarellando perché gli rode per Giulia.
Accanto a lui ci sono due ragazzi vestiti come becchini. Ma che è venuto con l'intenzione di farmi il funerale?
Uno dei beccamorti se ne sta defilato, come se si trovasse qui per caso e non volesse immischiarsi.
L'altro invece ha il volto paonazzo di rabbia e il suo guardo feroce spicca nella cornice di lunghi capelli che gli cadono cespugliosi tutt'intorno al viso.
«What the fuck did you...» mi urla contro quest'ultimo, ma Aladino lo spinge via per tornare alla carica.
«Stronzocoglionemaledetto» mi abbaia a un palmo dal volto, sputacchiandomi ben bene. Mi passo un dito su un occhio, che è stato centrato da uno schizzo di saliva.
«Che cazzo c'hai in testa? Ti rendi conto di cosa hai fatto? Hai preso per culo un paese intero. E quel povero zi' Peppe! Che cazzo c'hai nel cervello, i criceti morti?» sbraita ancora.
Il tizio coi capelli lunghi affianca Aladino e mi ingiuria in maniera più coincisa: «Fucking idiot!»
Ha un viso conosciuto e mi metto a frugare nella memoria in cerca di qualche riferimento utile sul suo conto. Assomiglia a qualcuno. Ma a chi? Il taglio degli occhi, la forma delle sue labbra, il naso... tutto di lui mi è familiare. All'improvviso mi si accende un piccolo lume nella testa: è online che ho visto questo ragazzo! Ho trovato alcune sue foto qualche tempo fa, mentre facevo delle ricerche su Adam e sulla sua famiglia per aiutarmi a costruire un albero genealogico credibile che avrebbe potuto ricondurlo a zi' Peppe.
È Joel, suo fratello!
Mi sento mancare. Perché, perché è qui? Destino boia.
Baby's gonna be alright , continua a cantare Adam mentre Aladino e Joel iniziano a spintonarmi.
Pollice, che di sicuro non ha ancora capito niente, non mi abbandona e si frappone fra me e loro per cercare di difendermi. Lo aggiro per dare uno spintone ad Aladino che ha tutte le ragioni, ma non doveva azzardarsi a mettermi le mani addosso. Lui mi spinge a sua volta e mi fa finire addosso a Pollice, che alla fine si stufa e gli si lancia contro con una spallata. Io invece mi scaglio verso Joel, che sta arrivando alla carica, e ci scontriamo di petto. Nel parapiglia, senza volerlo, colpiamo le persone vicine. Qualcuno capisce che non è aria qui e si allontana, ma molti altri invece si alterano e iniziano anche loro a dare spintoni.
Adam continua la performance da vero mattatore. Sudando, ballando, sbandando, fino alla fine del brano, quando un rullo di batteria si impone sugli altri strumenti e lui torna in bilico sul bordo del palco.
You gonna die, Baby's gonna die, urla, sputando fuori un'energia senza pari, tutta quella che ancora, non so come, possiede.
To-niiiiiiiight, urla ancora, forte, vibrante, epico.
Guarda di sotto, verso il punto in cui ci stiamo azzuffando.
Lascia cadere il microfono a terra e apre le braccia a volo d'angelo.
Oddio, che cazzo ha capito?
No! Non è un pogo, non è un pogo, non...
Si lancia come se possedesse una tuta alare, con una fiducia folle in sé stesso e in noi che stiamo di sotto. Io cerco di allungare le braccia per prenderlo, Aladino scappa, Pollice rimane fermo come una statua, Joel allunga anche lui le braccia. Adam ci rovina addosso e finiamo tutti stessi sul pavimento. Uno intrecciato all'altro, come in una opera d'arte estemporanea.
Epilogo
Quando riapro gli occhi vedo un cerchio di figure irte sopra di noi: gente spaventata che con ogni probabilità sta cercando di capire quanto ci siamo fatti male, prima di azzardarsi a soccorrerci. C'è un silenzio di tomba nella piazza, un gelo surreale, lo spavento di chi ha temuto una tragedia. Adam solleva il viso da terra. Ha un lato della faccia costellato di frammenti di gusci di noccioline. Si passa una mano sulla guancia staccandosene alcune.
«Fucking peanuts!» dice.
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