20 - Aladdin
Ancora incredulo, assisto al miracolo reso possibile dall'intuizione più folle della mia intera esistenza: Adam Green è davanti ai miei occhi, sta scendendo dal pulmino che lo ha raccattato all'aeroporto.
Io e Aladino siamo ai piedi della breve scalinata che introduce all'Eden, l'unico hotel di Villagaia. Tutti e due osserviamo quel ragazzo smilzo, dallo sguardo curioso, che salta giù dal vano passeggeri tenendosi premuto sulla testa un cappello borsalino color verdone.
Dietro di lui scendono altri quattro ragazzi. Li riconosco, sono Parker, Chris, Nathan e Steven. In ordine: batteria, chitarra, tastiera e basso.
Aladino si aggiusta la cravatta e mi guarda carico di aspettativa. Normalmente si sarebbe subito fatto avanti per dare il benvenuto agli ospiti, ma il suo pessimo inglese gli impedisce di comportarsi da primadonna. Mi gusto questo momento, in cui è palese che abbia bisogno di me.
Non che io sia più rilassato di lui, ho un tamburo dentro al petto, ma quando Adam mi punta addosso i suoi occhi vispi, ogni mio timore si dissolve e allargo le braccia in segno di benvenuto.
«Welcome everybody!» esclamo.
Le voci dei ragazzi si sovrappongono: «Thank you!», «Hi!», «Nice to meet you!»
Mi presento, stringo mani e chiedo com'è andato il viaggio.
Mi dicono che hanno avuto un volo tranquillo e che il pulmino era comodo. Lamentano solo di essere affamati.
Spiego che all'Eden hotel si mangia benissimo, ma preciso che sarò lieto di accompagnarli da qualche altra parte, se preferiscono. Aggiungo che farò da interprete per loro e che sarò a disposizione per qualunque cosa di cui abbiano bisogno.
Il mio accento british fa colpo su Adam, che si complimenta con me e mi chiede se abbia vissuto in Gran Bretagna. Gli dico che ho vissuto a Londra e che ho esposto le mie opere nella stessa galleria in cui lui sta esponendo le sue. Da qui ci parte una chiacchiera da vecchie comari. Mi scordo persino dove mi trovo e perché, fino a che non sento un colpo di tosse forzato alle mie spalle e mi accorgo di Aladino, che è rimasto in attesa di essere presentato. Ormai sono calato nella parte di quello brillante e gli metto il braccio intorno al collo come se fosse un carissimo amico.
«This is Aladino, Proloco's President. It's thanks to him that every year we can plan wonderful gigs.»
Aladino inizia a stringere mani. Sulle labbra ha un sorriso insicuro e il motivo non è un mistero per me: non ha alcuna idea di cosa abbia appena detto sul suo conto. Avrei potuto dire che è lo scemo del villaggio, uno scippatore di vecchiette o persino un terrapiattista, sa bene che ne sarei capace. Come se non bastasse, a turbarlo ci si mette anche Adam, che inizia a fissarlo con un'espressione ilare. Gli scappano degli sbuffetti di riso dalla bocca e le guance gli diventano rosse come ciliegie. Aladino mi lancia uno sguardo talmente bieco da farmi paura, di sicuro pensa che io c'entri qualcosa.
Faccio spallucce perché sono innocente, non lo so davvero cosa gli sia preso ad Adam. Capisco che stiamo per scoprirlo quando, dopo aver cercato invano di trattenersi, scoppia a ridere piegandosi sulle ginocchia. Si toglie il cappello e mima il gesto di asciugarsi le lacrime.
«Aladino? Serius?» dice. «What a coincidence, do you know I directed a film called Aladdin? My version of the genie has a 3D printer instead of the lamp.»
«Ah?» è tutto ciò che esce dalla bocca di Aladino, mentre mi guarda con gli occhi che parlano e, nello specifico, chiedono 'Che cazzo ha detto questo?'.
La consapevolezza di essere la sua unica chance di capirci qualcosa mi fa godere da matti. Vorrei lasciarlo con la curiosità, ma poi mi muovo a pietà e traduco. Non appena termino di spiegargli del film Aladdin, vedo le sue spalle rilassarsi come se si fossero appena scaricate di un enorme peso. Dal petto gli esce una risata talmente fragorosa da farmi rabbrividire.
«Oh, yes, yeah!» dice e sventola l'indice come una maestrina che rimprovera i bambini.
Anche gli altri sembrano perplessi, come me, così decido di insistere sul pranzo per lasciarci alle spalle questa parentesi imbarazzante.
I ragazzi della band si consultano e decidono di pranzare qui in hotel, subito dopo il check-in.
Io e Aladino li seguiamo dentro.
Mentre sbrigano le formalità con la reception, noi andiamo nel salone da pranzo e occupiamo un tavolo.
Una cameriera con i capelli raccolti in uno chignon ci chiede se vogliamo qualcosa da bere mentre aspettiamo, ma entrambi rifiutiamo.
Quando rimaniamo soli, l'uno di fronte all'altro, inizio a scandire il tempo tamburellando con le dita. Alla compagnia di Aladino preferirei quella di Annibal Lecter.
«E così ti stai vedendo con Giulia» mi fa all'improvviso.
Schiodo gli occhi dal cigno formato con un tovagliolo dentro il mio piatto e li sposto sul volto aggrottato di Aladino.
Non so se sia corretto dire che ci stiamo vedendo perché ci sono uscito soltanto una volta con Giulia.
«Sì, è vero, abbiamo un sacco di cose in comune io e quella ragazza.»
Faccio per passarmi una mano tra i capelli, ma le dita si incastrano tra i nodi e si bloccano nel mezzo della chioma. Le estraggo abilmente senza strappi, minimizzando l'incidente.
Aladino sorride come una iena che ha appena trovato una carcassa con della carne ancora attaccata alle ossa.
«Un sacco di cose in comune» dice, ripetendo le mie parole. «Ti illudi. Lei ha l'esuberanza della gioventù, però ha i piedi per terra. Non come te, che non sai ancora cosa vuoi fare da grande.»
Rieccolo con gli attacchi personali, non ce la fa proprio a perdersi un'occasione per sminuirmi.
Raccolgo la palla e rilancio: «Forse ti senti saggio, eppure ti sfugge una cosa importante: la differenza tra il non sapere cosa si vuol fare della propria vita e il cercare di fare quello che ci rende felici. Vedi, tu appartieni a quel genere di persone che si accontenta della prima portata che viene servita. Non ti chiedi se c'è qualcosa di più saporito in forno. Tu ti limiti a nutrirti, io invece voglio gustare. Capisci la differenza?»
«Certo che capisco: tu rimarrai con la bocca asciutta, ecco la differenza.»
Scatto in piedi e mi lancio di pancia sul tavolo che ci divide. Cerco di agguantargli la cravatta bordeaux che gli poggia sulla pancetta da alcolizzato, ma lui salta giù dalla sedia e così lo manco.
«Here we are! Oh, oh, is everything ok here, guys?»
I nostri ospiti hanno fatto presto e si sono messi anche in libertà: sono tutti in infradito e Adam ha la camicia completamente sbottonata. Dal modo in cui ci mostra i palmi delle mani, tipico di chi attende una risposta, capisco che è stato lui a parlare. Viene verso di noi con un'andatura che somiglia a una danza, come se fosse già sul palco.
Mi ricompongo.
«We are just kidding» dico, prodigandomi in un ampio sorriso.
Giro intorno al tavolo per avvicinarmi ad Aladino.
«Isn't it, Aladdin?» domando e gli mollo uno scappellotto tra capo e collo.
Aladino non capisce niente di ciò che abbiamo appena detto, poco ma sicuro, però fa una faccia da burlone. Fingendo di scherzare, una sberla me la restituisce, in piena faccia.
Ridiamo tutti quanti, io senza gusto, e ci mettiamo seduti.
Aiuto gli ospiti a ordinare, spiegando i piatti indicati nel menù. Poi, mentre aspettiamo di essere serviti, ci mettiamo a parlare del più e del meno.
Aladino mi chiede continuamente cosa stiamo dicendo, ma io gli traduco una minima parte della conversazione, lo stretto necessario per non sembrare scortese.
«Ma gli hai detto di zi' Peppe?» fa a un certo punto.
«No, non ancora».
«E diglielo, no?» insiste.
Un profumo di ragù ci giunge alle narici anticipando di poco la cameriera con i piatti ricchi e fumanti.
«Wow!» esclamano tutti in coro i ragazzi della band.
Si fiondano sugli spaghetti e iniziano a mangiare schizzando sugo ovunque. Nessuno al mondo sa affrontare in maniera dignitosa la pasta lunga oltre agli italiani perché l'arte dell'arrotolamento l'abbiamo coltivata solo noi.
«Allora? Glielo dici o no?» mi ricorda Aladino, fastidioso come una zanzara.
Adam si accorge che Aladino ha accennato a lui.
«What is he saying?» mi domanda.
Ecco, adesso non posso più procrastinare.
«He says he's your fan and he wants you to know that when he broke with his ex girlfriend he cryed and cryed so many days, listening repeatly to your song 'We're not supposed to be lovers'. This helped him to go trought the thing and to accept the endind of his relationship.»
https://youtu.be/y3qhqQJegIY
Adam lo guarda in un modo tanto tenero.
«Oh, I'm sorry. I sincererly hope you are feeling better now.»
«Allora, che dice?»
«Adam dice che è molto dispiaciuto per zi' Peppe, per il fatto che non stia bene.»
Aladino annuisce.
Adesso che mi sono divertito però, mi tocca davvero occuparmi di questa cosa di zi' Peppe. E ho bisogno di tutto il sentimento possibile per convincere Adam perché, semmai dovesse opporsi alla mia richiesta, sarei davvero fottuto.
Adam ha la testa gettata all'indietro e le fauci spalancate. Tenta di farci cadere dentro un ciuffo di spaghetti che penzolano dalla forchetta.
Ci riesce a stento, sporcandosi tutto il muso e affrontando un combattimento finale a colpi di risucchio con uno spaghetto ribelle che gli si è appeso sul mento.
Vittorioso, si pulisce col tovagliolo.
«Yes!» esulta.
«Adam, there's a thing we didn't talk about, yet» dico.
«Tell me.»
«Well, there's a man in Villagaia, an old man, who is a great fan of yours.»
Adam annuisce scrutandomi con i suoi occhioni profondissimi color verde mare.
«He is sick, so he will miss your gig. He's very sad about this. We don't know how much he has still to live, so we think it would be a very nice thing if you accept to meet him. You could give him a really big joy.»
Adam spalanca gli occhi così tanto da somigliare a un felino in procinto di attaccare una preda. Scatta in piedi e butta il tovagliolo sul tavolo. Cavolo, posso capire che non abbia voglia di far visita a uno sconosciuto invece di riposarsi prima di un live, ma che reagisse così non me l'aspettavo proprio. La vista mi si offusca, mi aumenta la salivazione. Sprofondo in una dimensione surreale in cui mi sgretolo insieme a tutto ciò che mi circonda. E adesso che faccio?
«Of course! What are we waiting for?» esclama.
Il suono di quelle parole mi riporta nel mio corpo, come una scarica di defibrillatore dopo un arresto cardiaco. Gli occhioni di Adam sono ancora più grandi e luminosi di quanto già non siano di natura. Non sarei quasi collassato se solo fossi rimasto focalizzato su quelli, invece di farmi fuorviare da un cazzo di tovagliolo scagliato in un moto d'impeto.
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