16 - Il nipote è servito

Uno sbuffo di polvere mi ingloba come un banco di nebbia. Miriadi di minuscoli granelli riflettono la luce del primo pomeriggio che penetra dalle finestre. Mi vorticano intorno e si adagiano lievi, su di me e sul divano nel quale sono sprofondato. Zi' Peppe fa avanti e indietro sulla sedia a rotelle lasciando tracce di gomma sul pavimento opaco del soggiorno.

«Mio nipote» dice.

«Tuo cugino» rispondo.

«Nipote.»

«Cugino, Peppe. È tuo cugino, l'ho trovato.»

Prendo l'angolino di carta fotografica che sporge dalla lettera ripiegata con cura, tra le mie mani, e tiro fuori la foto che ho scaricato dal PC. Guardo quei due bambini con le labbra carnose e i musetti buffi che se ne stanno a gambe incrociate dentro una vasca di sabbia, e penso a quanto mi è costata la stampante fotografica che ho acquistato apposta per questo unico, fortunato, reperto.

Estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans, non ho il numero della persona con cui voglio parlare, ma risolvo con Messenger. Sfioro la cornetta azzurra accanto al nome. Il telefono squilla a lungo e temo che all'altro capo non ci sia intenzione di rispondermi, ma alla fine sento il tono stupito di uno che non si sarebbe mai e poi mai aspettato una mia chiamata.

«Pronto?»

«Ehi, ho una cosa importante da farti vedere.»

«A me?»

«No, a te!»

«Mi prendi per il culo?»

«Forse, ma c'è davvero una cosa che dovresti vedere. Mi puoi raggiungere?»

«Scusa, perché dovrei essere io a scomodarmi? Se hai bisogno, raggiungimi tu.»

«Sono a casa di zi' Peppe, è una cosa che riguarda lui. Se potessimo incontrarci qui, sarebbe meglio.»

«Che ci fai da zi' Peppe?»

«Sono venuto a trovarlo. Passo a salutarlo ogni tanto e gli faccio un po' di compagnia. È così strano?»

«Bah! Sto staccando adesso dal lavoro. Ti raggiungo. Ma, Giacomo, spero che sia una cosa seria, perché non ho tempo né voglia di scherzare.»

«Ti aspetto» gli dico e mi lascio andare addosso allo schienale. Accavallo le gambe. Questo è il momento della partita in cui hai in mano carte vincenti, ma sai che non bastano ad assicurarti la vittoria: devi giocarle bene. L'euforia è una fragranza speziata che ti inebria e ti confonde, e tu devi cercare di non farti fottere dal piacere effimero che ti offre. Io voglio tutto il piatto, Aladino.

Quando sento il suono del citofono non aspetto che sia il padrone di casa ad andare alla porta. Del resto zi' Peppe risponde allo scampanellìo guardando verso il soffitto, come se avesse sentito un allarme antiaereo, e un caccia nemico potesse attraversare in volo il salotto. Vado io. Premo il tasto che apre il cancelletto e mi affaccio sulla soglia. Lui è rigido come un traliccio dell'alta tensione, ma poi si muove e avanza lungo il vialetto, mentre Peppe mi tampona ripetutamente con la sedia a rotelle cercando di farsi strada sull'uscio che sbarro col mio corpo.

«Mio nipote!» urla zi' Peppe.

«No, Peppe, non è lui, guardalo bene.»

Peppe torce il collo da un lato mentre scruta la figura che ormai è di fronte a noi.

«Ciao, Peppe. Sono Aladino. Mi riconosci?»

Il volto grinzoso sprofonda nelle spalle, come se la delusione pesasse tanto da far cedere i muscoli parzialmente atrofizzati che sostengono quel testone vecchio e vivace. Sembra che l'abbia riconosciuto, o comunque, per fortuna, non ha visto in lui suo nipote. Ops, suo cugino... cugino!

«Entriamo dentro», dico. «Irina è uscita a fare un po' di spesa e Peppe è solo in casa.»

Lo conduco verso il soggiorno. Peppe ci scorrazza intorno, scuote la testa e sembra che i suoi nervi stiano cedendo.

«Nipote, cugino!» ripete ossessivamente e mi fa venire il primo rimorso di coscienza da quando ho maturato questa follia. Perché mi rendo conto che adesso non sono più in ballo da solo e se qualcosa dovesse andare storto, ci andrebbero di mezzo i sentimenti di un pover'uomo. Forse domani non ricorderà più nulla di tutto questo, forse addirittura se ne dimenticherà molto prima, non appena io e Aladino saremo fuori di qui. Ma non posso essere sicuro che questo mio gioco non lasci tracce nella sua memoria e nel suo cuore, anziano e solo.

Ah, ma perché essere paranoico? Se sarò abbastanza bravo, non accadrà nulla di male, anzi. Zi' Peppe sarà felicissimo.

A braccia conserte e gambe divaricate, Aladino mi si piazza avanti e non dice una parola, come se non meritassi nemmeno un suo semplice fiato. Tiene il mento sollevato e sembra che mi guardi ancora da più in alto di quanto faccia di solito.

Gli sbatto contro il petto la lettera, convinto che la reazione sarà quella di prenderla per vedere di che si tratta. Ma Aladino rimane impalato. Lascia cadere i suoi occhi sul foglio ripiegato, poi li proietta su di me che gli arrivo circa a metà collo.

«Dà un occhiata a questa» dico.

Aladino sbuffa e mi sfila la lettera dalle mani.

Poggia il suo culo flaccido su una sedia rivestita di velluto e, per prima cosa prende la foto contenuta nel piego. La osserva con aria confusa, ma al tempo stesso curiosa, come se cercasse di capire che tipo di interesse potesse avere per lui.

Si passa una mano sulla bocca, e si decide ad allargare la lettera che accompagna la fotografia.

Mi metto accanto a lui e lo osservo mentre scruta quelle poche righe scritte a penna con una calligrafia dall'eleganza antica, morbida e curata. Che manina d'oro che ho.

June 23, 1988

Dear Giuseppe,

Thank you for letting us know that your beloved wife, our beloved cousin, Rachel, passed. Could she rest in peace.

Our past moved our families away, but it's nice to know you are still thinking about us.

We offer our sincere condolences, and wish you'll be strong going through your lost.

Thank goodness, we all are fine. My daughter gave life to two beautiful boys, Adam and Joel. I've sent you a picture of them. Adam is the one playing whit the scoop, Joel is the one with the toy truck.

Well, I hope to hear again about you,

and wish we will see again sooner, or later.

Best wishes,

Heinz Moritz

«Che cazzo vuol dire?» fa Aladino.

«Come, non hai ancora capito? Significa che abbiamo trovato il nipote, cioè i nipoti, o meglio: i cugini di zi' Peppe!»

«Ma che cazzo stai dicendo? Brutto stronzo, lo sai che con l'inglese non ci vado d'accordo. Se vuoi farmi capire, traduci e basta. E poi che storia è? Nipoti, cugini... Che vuol dire?»

Sospiro e mi mostro seccato mentre gli levo la lettera dalle mani e inizio a tradurla ad alta voce.

Sono stato proprio bravo, mi compiaccio mentre scorro gli occhi lungo le parole vergate su carta stropicciata con una penna a sfera. Anche questa è arte, mi dico.

Non appena termino la traduzione, mi gratto il naso.

«Me l'ha mostrata Peppe questa lettera, la stringeva tra le dita e mi ha chiesto di leggergliela, perché lui ha dimenticato l'alfabeto. Così mi ha detto» mento.
«E adesso ho capito tutto: quando si riferisce al nipote, si riferisce a uno di questi due ragazzi. Non importa a quale dei due, magari non lo sa nemmeno lui. Il fatto è che nella sua memoria non c'è un nipote vero e proprio, ma l'ultimo anello di un lontano legame parentale a cui non sa come riferirsi. Lo chiama nipote perché è quello il modo in cui la sua mente ha scelto di rappresentarlo. Ma in realtà è un lontano cugino. Vedi?»

Indico un punto preciso della lettera.

«Qui Heinz si riferisce alla moglie di Peppe come a sua cugina. Quindi Peppe si riteneva un cugino anche lui, di Heinz. E il nipote di un cugino cos'è, se non un cugino di secondo grado?»

Aladino si gratta la testa e ha l'espressione di un pesce che boccheggia in un'ampolla, ma poi si rianima.

«E tu mi hai chiamato per questo? Perché pensi che Peppe abbia scambiato dei cugini di sua moglie per nipoti, o meglio, per un nipote solo, dato che ne nomina soltanto uno?» mi agita la lettera davanti al muso.

«Certo! Cugini o nipoti, uno o più di uno... Cosa importa? Ciò che conta è che Peppe ha qualcuno al mondo. Capisci?» Esulto, eccitato.

«E che cazzo c'entro io?» sbraita Aladino saltando dalla sedia.

Gli metto una mano sulla spalla:

«Molto. C'entri tu, c'entro io, c'entriamo tutti. E sai perché?»

«Perché?» domanda con le labbra tremule, adesso.

«Perché io so chi sono questi bambini ritratti in foto. E perché abbiamo la possibilità di fare una cosa bellissima. Per Peppe, e anche per Villagaia.»

«E sarebbe?»

Aladino continua a grattarsi la testa, tra un po' un po' finisce che si porta via quei quattro capelli che gli sono rimasti. Non ci sta capendo un tubo, altrimenti mi avrebbe già rimbeccato.

«Guarda, adesso ho davvero fretta. Te lo spiego domani alla riunione della Proloco, così vediamo un po' che ne pensano anche gli altri.»

Gli riprendo lettera e foto e le ripongo nel cassetto di una vecchia credenza.

«Ah, no. Altro che domani, mi devi spiegare adesso» protesta.

«No, davvero, non posso, dai.»

Saluto Peppe e accelero il passo verso l'uscita. Aladino mi viene dietro e cerca di acciuffarmi, ma non ho nessuna intenzione di dargliela vinta.

No, bello. Non ti offro nessuna anteprima, lo spettacolo lo vedrai insieme a tutti gli altri.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top