Capitolo 40
Conan's POV
La squadra dei giovani detective si era riunita a casa del dottore, dato che aveva dichiarato di doverci annunciare qualcosa. Aspettammo impazienti e curiosi che varcasse la porta del suo laboratorio, quando finalmente ciò avvenne.
-Ecco a voi la mia ultimissima invenzione!- esclamò orgoglioso, tenendo in aria delle spille con il logo della squadra -sono delle spille ricetrasmittenti- ci spiegò quando posò lo sguardo sui nostri faccini confusi.
-Ah- dicemmo in coro, capendo subito di cosa stesse parlando.
Il dottore ne distribuì una ad ognuno, e iniziò a spiegarci le varie funzionalità di quelle spille.
Dopo piu di mezz'ora terminò di spiegarci il tutto, e dovetti trattenermi dal tirare un sospiro di sollievo: sentivo le orecchie ronzare.
-Noi dobbiamo andare- dissero tristemente i bambini -i nostri genitori ci aspettano per cena- sospirarono affranti, quindi ci salutarono ed uscirono.
Mi preoccupai di mettere la spilla in tasca, e aggrottai inconsciamente le sopracciglia quando Shiho non fece lo stesso, posandola sul tavolino in vetro del salotto.
-Se la tenessi con me potrebbero rintracciarmi in ogni momento- rispose con calma alla mia domanda silenziosa.
Capii all'istante, non avendo nemmeno bisogno di sapere a chi si riferisse.
-In effetti è vero...- concordai titubante, anche se sentivo una starna sensazione farsi largo nel petto.
-Comunque sia, anche io devo tornare a casa, altrimenti Ran mi urlerà contro fino a quando non mi esploderanno i timpani- sospirai passandomi una mano tra i capelli -ci vediamo- la salutai prima di uscire e dirigermi all'agenzia investigativa di Goro.
Ai's POV
Mi svegliai stanca e indolenzita: un altro incubo si era fatto largo nel mio sonno, quella notte.
"Per fortuna è sabato" pensai massaggiandomi le tempie dolenti.
Posai i piedi a terra, andando al bagno e cercando di rendere il mio aspetto per lo meno decente.
Quindi andai in cucina con l'intenzione di fare colazione, ma una cosa me lo impedì: la mancanza di latte.
-Che palle- sbottai silenziosamente.
-Dottore!- chiamai a gran voce, ma non mi rispose, probabilmente ancora profondamente addormentato.
Sbuffai andando in camera per mettermi un cappotto addosso e le scarpe, data la fredda aria di novembre, quindi scesi le scale e recuperai un po di soldi dal cassetto con doppio fondo del comò posto nella camera del dottore.
"E' inutile chiamare Shinichi, devo solo comprare una bottiglia di latte" mi dissi aprendo la porta di casa e richiudendola alle mie spalle "è troppo protettivo, dovrebbe darsi una calmata. Pensa che l'organizzazione possa spuntare dal nulla e rapirmi quando meno me lo aspetto. Probabilmente e paranoico"
Espirai una nuvoletta di vapore, fissando curiosamente la neve che danzando si posava sui marciapiedi candidi. Sfregai le mani tra di loro, quindi cominciai a camminare verso il supermercato. Comprai velocemente il latte, quindi pagai ed uscii con il sacchetto in mano, guardando il modo in cui le mie scarpe sprofondavano leggermente nella neve.
All'improvviso il fiato mi si mozzo in gola, e una devastante fitta mi colpi al petto, costringendomi a lasciar cadere a terra il sacchetto per poter portare entrambe le mani a stringere quel punto.
La bottiglia atterrò sulla neve, non rompendosi, e presto venne seguita da me, dato che, non riuscendo più a tenermi in piedi, caddi in ginocchio; gli occhi sgranati e la bocca socchiusa dal dolore.
Il rombo di un motore ruppe la quiete di quel posto ancora deserto dato l'orario, e appena un istante dopo un panno bagnato mi venne premuto davanti al viso.
"Eì cloroformio" dedussi, trattenendo il respiro e facendo finta di svenire.
Appena il panno fu lontano dal mio viso espirai con una lentezza dolorosa, facendo lo stesso quando inspirai. Sentii una corda robusta legarmi le braccia al busto, quindi cercai di gonfiare il più possibile i muscoli delle braccia, così come tentai di allontanare impercettibilmente gli arti dai lati del mio corpo, creando un minimo di spazio tra me e la corda, spazio che mi affrettai a colmare rigonfiando i miei muscoli, così che colui che mi stava rapendo non lo notasse.
Lasciai che mi prendesse a mo di sacco di patate, per poi buttarmi dentro quello che mi sembrò il retro di un furgone. Quando le portiere si chiusero e la persona mise in moto, sollevai cautamente le palpebre, rilasciando un lieve sospiro di sollievo quando notai che nessun altro si trovasse lì con me.
Come prima cosa mi affrettai di riempire i miei polmoni d'ossigeno, quindi lentamente mi alzai in piedi e scossi il mio corpo, facendo scivolare la corda lungo la mia minuta figura, fino a farla cadere a terra. Quindi mi misi in ascolto.
-Si, capo. Ho la ragazza- disse una voce a me fastidiosamente familiare.
-E' lo scimmione- realizzai, riconoscendo subito quella voce come quella di Vodka -di certo sta parlando con Gin-
"Certo che però la mia sfiga è qualcosa di invidiabile: l'unica volta in cui esco da sola, vengo rapita" mi trattenni dallo sbottare.
Cercai con lo sguardo qualcosa che potesse fungermi da arma, ma l'unica cosa disponibile era la corda che Vodka aveva utilizzato per legarmi.
Quindi mi avvicinai alle ante del furgone, scoprendo che, mio malgrado, erano sigillate tra di loro, non lasciandomi la minima via di fuga.
"L'unica cosa che posso fare è aspettare che venga a prendermi, per poi colpirlo e scappare" mi dissi affranta, dandomi della stupida per non avere per lo meno lasciato un biglietto di avviso per il dottore, così che, non vedendomi tornare, capisse che qualcosa non andava.
Invece avrebbe di certo pensato che fossi con i giovani detective o con il mini Sherlock, non dando peso alla questione.
Quando, dopo quelle che mi sembrarono ore intere, le porte del furgone si spalancarono, mi misi all'istante in posizione di attacco, pronta a scattare in avanti e tirare un calcio a Vodka; ma non riuscii a fare un solo passo.
L'ultima cosa che vidi prima di svenire fu un dardo tranquillizzante conficcato nel mio braccio sinistro.
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