Capitolo 36
Conan's POV
Un nuovo giorno di scuola era iniziato, per la precisione un venerdì, ed è inutile dire che ero al settimo cielo dato il fine settimana che mi aspettava con le braccia spalancate: avrei dovuto sopportare soltanto un ultimo giorno per poterne avere due di piena liberta.
O almeno, così pensavo...
Arrivai a scuola quasi trotterellando dalla gioia, entrando in classe e salutando tutti con un sorriso sul volto. La maestra non era ancora arrivata, quindi poggiai lo zaino sulla mia sedia, notando un esemplare di Shiho depresso che giaceva sul banco di fianco al mio con la testa sepolta fra le braccia.
-Ehi, Shiho, come va?- la salutai con un mormorio, ottenendo un grugnito sommesso da parte sua.
-Vai via e non rompere le palle- mi disse a voce abbastanza bassa da non lasciare che nessuno oltre a me udisse le sue parole.
-Ehi, che hai?- mi preoccupai, abbassandomi alla sua altezza.
-Vai a cagare- mi rispose cordiale come sempre.
Titubante mi allontanai, andando dai giovani detective.
-Ehi, ragazzi, buongiorno- li salutai -sapete che cos'ha Shi... cioè, Ai?- mi corressi appena in tempo.
Ormai ero abituato a chiamarla con il suo vero nome, e spesso dovevo trattenermi dal farlo in pubblico.
-No- scossero la testa all'unisono -quando è arrivata ci ha salutati come sempre, poi, dopo un po, è andata al suo banco ed è rimasta in quella posizione- mi informarono confusi quanto me.
"Forse le è successo qualcosa mentre veniva a scuola" ipotizzai preoccupato "lo sapevo che non dovevo accettare di lasciarla venire qui da sola" mi rimproverai, andando a sedermi al mio banco quando la maestra fece il suo ingresso.
Sentendo la presenza dell'adulta, la sbadigliona alzò lentamente il capo, facendomi sgranare gli occhi.
-Cavolo, hai un aspetto orribile!- esclamai piano, fissando i suoi capelli scompigliati e le marcate occhiaie che giacevano sotto ai suoi occhi color ghiaccio, rese ancora più evidenti dalla sua pelle lattea.
Non mi rispose, limitandosi a prendere a scribacchiare disordinatamente su un quaderno, ma si vedeva lontano un miglio che non stava prestando attenzione alla lezione.
Ad un certo punto della seconda ora, spalancò di scatto gli occhi e si mise diritta.
-Merda- imprecò in un sussurro impercettibile.
Catturo il proprio labbro inferiore tra i denti, come se fosse indecisa su cosa fare, ma alla fine si alzò in piedi e richiamo l'attenzione della signorina Kobayashi.
-Maestra, posso andare al bagno?- esclamò talmente forte da far calare il silenzio in aula.
-C-certo- sorrise confusamente la diretta interessata, dandole il permesso di andare.
Shiho non le lasciò neanche il tempo di finire di parlare, che si fiondò fuori dall'aula con una velocità impressionante, lasciando tutti i presenti basiti.
"Ma che ha?" mi chiesi stranito, sentendo crescere a dismisura la voglia di chiederlo direttamente a lei.
Si fece vedere solo un quarto d'ora dopo, ma non sembrava affatto meglio, anzi: aveva il viso più pallido di prima, e si teneva la pancia con una mano, come se le dolesse. Le vidi colare lungo la fronte una goccia di sudore, ma si affrettò ad asciugarla con la manica della maglia grigia che portava.
-Maestra, non mi sento tanto bene, posso andare a casa?- chiese con voce leggermente tremante, ma nessuno sembrò notarlo.
-Si- annui sempre più confusa la signorina -fammi sapere quando starai meglio-
Dopo che tutti le ebbero fatto gli auguri di pronta guarigione, afferrò lo zaino e si fece velocemente strada fuori dall'aula, non prima di lanciarmi un'occhiata preoccupante. Nei suoi occhi glaciali lessi dolore, e la cosa non mi fece stare per niente meglio.
"E se nella faccenda centrasse l'organizzazione? E se fosse la spalla?" cominciai ad ipotizzare mentalmente, desiderando solo seguirla e tempestarla di domande fino allo sfinimento.
Passai il resto delle lezioni in ansia, lanciando continue occhiate al mio orologio da polso, ma il tempo non sembrava scorrere. Appena fu suonata l'ultima campanella, come un razzo buttai alla rinfusa i libri nello zaino, lo chiusi e, salutando con un confuso "ciao" gli altri, uscii come una furia da scuola.
Mentre correvo verso la casa del dottore, in un momento di lucidità, mi chiesi se non dovessi chiamare Ran e avvertirla che non sarei tornato subito a casa; e lo feci.
Appena rispose al telefono, non le lasciai il tempo di pronunciare nemmeno una sillaba.
-Ran, ora sto andando dal dottor Agasa, tornerò più tardi- dissi distrattamente, chiudendo subito dopo la chiamata.
-Lo sapevo che doveva andare all'ospedale per farsi curare la ferita nella spalla- dissi tra i denti mentre aprivo la casa con la copia delle chiavi che mi ero fatto qualche giorno prima.
Non mi tolsi nemmeno le scarpe mentre buttavo lo zaino sul divano e cercavo con lo sguardo Shiho, non trovandola ne in salotto, ne in cucina.
Quando però scorsi il dottore ai fornelli, mi tolsi velocemente le scarpe e lo raggiunsi, cominciando a fargli domande a cui probabilmente non sapeva neanche rispondere.
-Dottor Agasa!- lo chiamai con il fiatone, facendolo sobbalzare e girare verso di me con il mestolo colante di brodo inforcato come fosse un arma.
-Shinichi, un giorno mi farai prendere un colpo- sbuffò massaggiandosi la base del naso tra il pollice e l'indice.
-Dottore, come sta Shiho?! Cosa le succede?! Gli uomini in nero si sono fatti vivi?! La ferita alla spalla le fa di nuovo male?!- domandai a raffica, ed avrei avuto tanto altro da chiedere, ma lui mi bloccò.
-Ferita alla spalla?- ripete con un cipiglio sul volto.
"Cacchio" imprecai mentalmente "lui non sa nulla di quel fatto, non gli abbiamo detto niente" mi ricordai, iniziando a cercare una soluzione per rimediare al mio stupido errore.
-Beh, si... tempo fa mi stava inseguendo e... ha sbattuto la spalla contro l'armadio- buttai sul momento, non riuscendo a trovare una scusa migliore.
-Perché non mi avete detto nulla?- chiese di nuovo, socchiudendo gli occhi con fare sospettoso.
-Perché non volevamo farla preoccupare- sorrisi innocentemente, sentendo nel frattempo il cuore battere a mille.
-Mh...- borbottò non convinto, ma per mia fortuna lasciò cadere l'argomento.
-Allora? Che ha?- saltellai sul posto, ansioso.
Contro ogni mia aspettativa, il dottore si mise a ridere sonoramente.
-Non c'e niente da ridere!- esclamai indignato -non capendo il suo comportamento -potrebbe essere qualcosa di grave!-
-Shinichi, la nostra Shiho è nel suo... come dire... periodo rosso, se capisci che intendo- rispose vago, con un sorriso divertito stampato in volto.
-Oh...- dissi soltanto -allora... visto che qui non avete bisogno di me... io andrei...- balbettai nervosamente, cominciando ad indietreggiare, pronto ad afferrare lo zaino e scappare via.
Non mi ero affatto scordato ciò che Shiho mi aveva detto quando l'avevo definita scorbutica: "quando ho le mie cose, sono molto peggio, fidati..."
Ma un urlo interruppe il mio tentativo di fuga.
E no, non era il solito urlo terrorizzato della protagonista perennemente cagasotto dei film horror, era molto peggio...
-Shinichi!- tuonò la voce potente di Shiho, facendomi rabbrividire da capo a piedi.
"Come cavolo fa a sapere che sono qui?!"
-Ragazzo, mi dispiace dirtelo, ma ricorda sempre: se una ragazza ti chiama deficiente, è divertita; se ti chiama cretino, è innamorata; ma se ti chiama per nome, passami il termine, ma è incazzata- mi batte una mano sulla spalla mentre annuiva comprensivo.
-Ma quando ero nel mio corpo normale, Ran mi chiamava sempre per nome, e non era arrabbiata- corrugai la fronte, impaurito e confuso.
-Credi davvero che Shiho sia come Ran?- inarcò un sopracciglio.
-No, direi di no- ammisi terrorizzato.
-Shinichi!- gridò di nuovo la diretta interessata -vieni qua, tanto non ti uccido! Finirei in galera, ma ho ancora troppa nutella da mangiare, non me lo posso permettere! Però non ti assicuro niente se non ti presenti davanti a me entro cinque secondi!- mi avvertì con una voce spaventosa.
Mi feci il segno della croce, alzando lo sguardo verso il cielo.
-Ti prego, fai che mi lasci vivere, sono troppo giovane per morire; ho ancora tante cose da fare nella vita- pregai a bassa voce, consapevole che quella forse sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto il mondo.
-E' stato bello conoscerti, ragazzo- mi salutò il dottore con un'altra pacca sulla spalla, tornando poi a cucinare.
-Dottore, mi aiuti!- supplicai disperato.
-Mi dispiace, figliolo, ma non voglio finire in una bara prima del dovuto-
Presi un respiro profondo, quindi avanzai con passo lento lungo le scale, e, una volta arrivato davanti alla sua porta, la aprii cautamente.
Scoprii così che Shiho, spettinata, in pigiama e raggomitolata in posizione fetale con le mani strette attorno alla pancia, stava gemendo di dolore, con gli occhi serrati e la bocca contratta in una smorfia di sofferenza. Notai tuttavia che la sua mano destra scattava a intervalli, ma non riuscii a spiegarmi il motivo.
La mia paura scemò di colpo, venendo sostituita dalla preoccupazione, quindi mi affrettai ad andare al suo fianco. La osservai non sapendo come farla stare meglio, quindi feci la prima cosa che mi salto in mente: la alzai delicatamente afferrandola da sotto le ginocchia e le spalle, per poi sdraiarla di nuovo sul materasso.
Rilasciò un sospiro di sollievo, calmandosi e sciogliendo i muscoli contratti.
Mormorò un flebile "grazie" restando ad occhi chiusi, quindi mi lasciai andare a mia volta seduto sul suo letto, scrutandola con fare attento.
"Mi serve aiuto, è la prima volta che ho a che fare con questo tipo di situazione, e non sono pronto!"
-Che hai alla mano?- le chiesi curioso, notando che l'arto si era improvvisamente calmato.
-E' un tic- sussurrò in risposta -mi viene quando sono incazzata-
-Perfetto- mormorai, tornando a pregare mentalmente.
Dopo qualche secondo, però, mi chiesi una cosa, quindi espressi il mio dubbio ad alta voce.
-Ehi, Shiho, ma il ciclo non dovrebbe venire attorno ai dieci anni o giù di lì?- corrugai le sopracciglia, confuso.
-Ai, e allora?- schiuse un minimo le palpebre, lasciando che i suoi lucidi occhi color ghiaccio si posassero sulla mia figura.
-In questo momento tu ne hai solo sei- le ricordai.
-Anche se si rimpiccioliscono, gli organi continuano a svolgere le loro naturali funzioni. In pratica sono una diciassettenne, ma con un corpo molto più piccolo della media- mi spiegò stancamente.
-Ah- dissi solamente.
"Come diavolo sono finito a parlare di ciclo con questa ragazza?!"
-Quindi non c'entra l'organizzazione o la ferita che avevi alla spalla- sospirai di sollievo.
-No, tranquillo. Come ti ho già accennato tempo fa, quando sono in questo periodo non sono molto... come dire... gestibile-
-"Non gestibile" non mi sembra l'aggettivo corretto per descrivere la bestia di Satana che prende il controllo del tuo cervello quando hai le tue cose- borbottai contrariato, facendola ridere di gusto.
"Qui non c'è niente da ridere, anzi: mi viene da piangere" mi trattenni dal dire.
Chiacchierare sembrava distrarla dalle fitte alla pancia, quindi continuai a farla parlare e ridere per evitare che il diavolo si impossessasse nuovamente di lei e decidesse che la mia ora fosse giunta.
-Merda- imprecò però dopo un po, avvolgendosi la pancia tra le braccia.
"Ora che faccio?!" mi chiesi in preda al panico "non voglio morire" mi lamentai, cercando una soluzione.
Usai quindi il metodo più efficace di tutti: le coccole.
Infilai titubante una mano tra i suoi capelli, cominciando ad accarezzarle delicatamente e con movimenti circolari la cute. Passai anche un dito lungo la pelle liscia e morbida del suo avambraccio, causandole numerosi brividi che fecero spuntare un sorriso intenerito sul mio viso: faceva tanto la dura, ma evidentemente le coccole erano il suo punto debole.
Continuai a scherzare con lei fino a quando la luna si fu levata alta nel cielo, per evitare che eventuali sbalzi d'umore negativi la portassero ad appostarsi sotto casa mia in attesa che io uscissi, pronta a torturarmi e poi uccidermi con mille e più metodi che conosceva attraverso libri, film, serie TV, o forse anche per esperienza.
Tutto sommato ci divertimmo molto a spettegolare, fare battute idiote o anche a scambiarci utili consigli che ci sarebbero serviti durante eventuali indagini che avremmo svolto; confermandomi il fatto che fosse una detective brava quanto me.
Mio malgrado dovetti ammettere che non era così male, ma una cosa era certa: non lo avrei confessato nemmeno sotto tortura. Sarebbe stata una soddisfazione troppo grande per lei e un colpo all'orgoglio altrettanto profondo per me.
Avrei tenuto quel piccolo segreto nell'angolo del mio cuore dedicato esclusivamente alle persone per me speciali, quelle a cui tenevo di più; perché ormai era inutile negarlo: quella scorbutica sbadigliona dallo sguardo truce si era già guadagnata un posto speciale in quel piccolo angolo fatto di amore ed affetto.
Angolo autrice:
Ok... lo ammetto, non sono riuscita a resistere dalla tentazione di scrivere altri capitoli, quindi i miei piani solo praticamente saltati.
Ho deciso che continuerò ad aggiornare come al solito, e ogni tanto revisionerò una o due parti.
Fatta questa piccola premessa, spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto.
Avrei una piccola domanda da farvi: secondo voi è troppo mieloso?
Perché mi sono accorta che, in tutti i capitoli precedenti, mi sono lasciata prendere la mano e ho scritto scene davvero piene di diabete; ma tranquilli, ho intenzione di rimediare presto: la nostra Shiho (quella vera, non i sosia XD @IMIEIANIME) è tutt'altro che diabetica.
Detto questo, ci vediamo! X3
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