Capitolo 31

Conan's POV

I giorni passarono fino a diventare settimane ma, comunque, dopo quindici giorni, il dottore non era ancora tornato da Osaka. Ci chiamava almeno una volta al giorno per sapere come stavamo o se era successo qualcosa, ed è inutile dire che non gli dicemmo niente riguardo lo scontro con il membro dell'organizzazione degli uomini in nero.

Tutto andava perfettamente, fin troppo perfettamente.

Infatti dopo qualche giorno dall'avvenimento, una discussione scombussolò la quiete che si era formata tra me e Shiho.

Flashback:

-E' meglio se torniamo a scuola, o qualcuno potrebbe iniziare a sospettare qualcosa, visto che siamo entrambi praticamente scomparsi- disse Shiho, sorseggiando una tazza di cioccolata calda.

In effetti avrebbe voluto bere del caffè, ma ovviamente le impedii di farlo, offrendole però come alternativa la cioccolata. Per fortuna non obbiettò più di tanto, rassegnandosi molto più velocemente di quanto credevo, ma sicuramente avrebbe trovato il modo di bere del caffè senza che io lo venissi a sapere.

-Non se ne parla- replicai duro, stringendo la tazza bollente tra le mani per scaldarmele.

Anche se era solo il tre ottobre, il clima si stava raffreddando molto in fretta, obbligandoci a vestirci più pesantemente e accendere i riscaldamenti.

-Perché?- inarcò un sopracciglio, nascondendo quello che sapevo essere un ghigno divertito dietro la tazza.

-Non sei ancora completamente in forma, ciò che è successo ti ha scombussolata troppo-

-E allora? Non è una grande fatica andare a scuola e fare dei calcoli degni di poppanti dell'asilo-

-Ti ho detto di no- ribattei, facendola irrigidire e assumere un aspetto più freddo.

-Credi che non riesca a sopportare di stare qualche ora fuori di casa? O forse pensi che possa prendere un infarto da un momento all'altro, se continuassi la mia quotidianità?-

-Penso che tu sia ancora troppo debole per ricominciare a uscire. In più l'organizzazione potrebbe essere in gir...-

-Io... sarei debole?- mi interruppe, sbattendo con abbastanza forza la tazza sul ripiano in vetro del tavolo -ti ricordo che quando tu imparavi a dire "devo fare la cacca", io risolvevo già equazioni di terzo grado- disse riassumendo la sua solita espressione glaciale, ogni traccia di calore affettivo svanita.

-Io, invece, vorrei ricordarti che sei una semplice umana, non un robot, e che in questo momento sei sia fisicamente che emotivamente instabile- ribadii duro -appena qualche settimana fa hai ucciso un uomo a sangue freddo, e non credo che quattordici giorni bastino per superare la cosa-

-Non è la prima volta che uccido qualcuno- disse con una voce così fredda da farmi venire brividi lungo la schiena.

-E' vero, forse sei abituata a stroncare vite e fare come se niente fosse accaduto, ma io no- esclamai battendo le mani sul tavolo talmente forte da far vibrare il vetro, ma lei non si scompose di un solo millimetro.

-Credi veramente che io sia fiera di ciò che ho fatto?-

-Non lo so!- esclamai infine, mettendomi le mani tra i capelli, esasperato da suo tale comportamento, e solo quando vidi qualcosa rompersi nel suo sguardo mi resi conto di ciò che era uscito dalla mia stupida bocca.

Cominciai a balbettare, cercando di rimediare in qualche modo, ma non ne ebbi il tempo; però, anche se lo avessi avuto, ero certo che sarebbe suonata come una scusa inventata sul momento.

-Bene- disse soltanto, alzandosi dalla sedia e non incontrando nemmeno una volta i miei occhi -tu sei libero di non andarci, ma non hai nessun diritto di dirmi cosa devo o non devo fare- e detto questo cominciò a salire le scale, evidentemente diretta verso la sua camera.

-Invece il diritto ce l'ho eccome!- gridai, fermandola -devi ancora trovare l'antidoto all'aptx, e non permetterò che per colpa del tuo stupido orgoglio io non torni alla mia normalità!- urlai infuriato.

Lei esitò, ma, senza ancora girarsi verso di me, parlò nuovamente.

-Se è per quell'antidoto che ti preoccupi, puoi anche stare tranquillo, cercherò di trovarlo al più presto e farti riavere la tua vita, così non dovrai avere più a che fare con me- disse con voce palesemente rotta e tremante.

Prese a salire le scale con maggiore fretta, ma riuscii comunque ad udire un triste "lo sapevo..." uscire dalle sue rosee labbra.

Una porta si chiuse, dopo di che una serratura scattò, segno che si fosse chiusa in camera. Restai lì, imbambolato, con le labbra socchiuse, ripetendo mentalmente ciò che avevo detto, non riuscendo nemmeno a crederci.

"Perché sono così idiota?! Dov'ero quando Dio distribuiva il tatto e l'intelligenza?!" crollai in ginocchio con le dita che strattonavano ciocche di capelli corvini, serrando quasi dolorosamente gli occhi e dandomi del cretino per non so quante volte.

"Non voglio che vada di nuovo a scuola perché non si e ancora ripresa dallo shock. Sono preoccupato che qualcuno dell'organizzazione si faccia di nuovo vivo per rapirla, ferirla o, nel peggiore dei casi, ucciderla. Voglio averla sempre a portata di vista, così posso proteggerla. Ho assistito a molti dei suoi crolli emotivi e, anche se sono felice che abbia voluto condividere le sue esperienze e le sue sofferenze con me, non voglio che ne abbia un altro. Con gli altri si comporta sempre freddamente, mettendo su una maschera che la rappresenta solo in parte; ma ha anche un lato dolce, indifeso e giocoso, e ha deciso di farlo vedere solo a me. Lei mi ha salvato la vita, letteralmente, e non riuscirò mai a esprimere la gratitudine che provo nei suoi confronti. Non voglio che sia in pericolo, perché non se lo merita. Perché non le ho detto questo, invece di quelle parole intrise di rabbia?! Lei ha fatto tanto per me, e io come la ripago?! Facendola soffrire. E non è nemmeno la prima volta che lo faccio... mio dio, sono un fottutissimo idiota!"

Fine flashback

E così finimmo per tornare a scuola entrambi. Shiho per conto suo, io per tenerla d'occhio. Tornai ad utilizzare la camera del dottor Agasa ma, per qualche strano motivo, non mi trovavo per niente a mio agio a dormire lì, senza il familiare profumo di Shiho a inondarmi dolcemente le narici.

Non ci parlavamo per niente, nemmeno per lo stretto indispensabile: era già un grande traguardo se ci scambiavamo un paio di sguardi al giorno.

Io continuavo a darmi dell'idiota, non solo per le mie parole, ma anche per il mio orgoglio, il quale mi impediva di dare voce ai miei pensieri.

Lei, invece... non sapevo cosa le passasse per la testa, dato che aveva riassunto il suo solito comportamento freddo e menefreghista; ma sapevo che fosse ferita, e non potevo di certo biasimarla.

Il giorno dopo la nostra accesa discussione, ovvero un lunedì mattina, tornammo entrambi a scuola, ricevendo innumerevoli domande da parte dei nostri compagni di classe.

"Cacchio, e ora come rispondo?! Non mi sono inventato niente per giustificarci!" iniziai a sudare freddo dal nervoso, mentre l'orda di bambini che ci circondava pendeva dalle nostre labbra.

-Io mi sono presa un brutto raffreddore e, purtroppo, quando Conan e venuto a trovarmi, gliel'ho attaccato. Per questo ci siamo ritrovati entrambi malati, ma ora stiamo molto meglio, siamo già guariti- rispose calma fingendo un sorriso rassicurante.

I bambini a poco a poco si dispersero, evidentemente soddisfatti da tale spiegazione.

Andammo a sederci ai nostri soliti banchi, uno accanto all'altra.

"Chissà perché non si è seduta da un'altra parte, sono certo che lo vuole disperatamente... forse perché gli altri diventerebbero sospettosi, vedendo che all'improvviso ci evitiamo. Certo che pensa proprio a tutto, è incredibile..." pensai poggiando la guancia su una mano e scrutandola con la coda dell'occhio.

Non ebbi molto tempo a disposizione per guardarla, visto che appena qualche secondo dopo la porta della classe si apri, rivelando la figura della maestra.

-Buongiorno, bambini!- ci salutò sorridente.

Tutti ricambiammo disordinatamente, creando per qualche attimo un gran baccano.

-Prima di iniziare la lezione vorrei dirvi una cosa- richiamò la nostra attenzione sedendosi alla cattedra -questo mercoledì, ovvero dopodomani, faremo una gita- ci svelò, ottenendo urla estasiate in risposta.

-Silenzio, altrimenti non andiamo da nessuna parte!- ci rimproverò giocosamente, e tutta la classe tacque d'un colpo -andremo nel bosco, e il nostro compito sarà cercare quante più specie di animali e piante possibili- disse sorridente, posando gli occhi da un viso infantile all'altro.

-Voglio soltanto che domani portiate i permessi firmati dai vostri genitori- aggiunse poi, iniziando a distribuire dei foglietti a ciascuno di noi.

Presi il mio con indifferenza, sicuro che Goro lo avrebbe firmato senza esitazioni, pur di farmi levare dai piedi.

-Partiremo alle otto in punto e ritorneremo qui a scuola verso le sei di sera, quindi vi consiglio di portarvi un pranzo al sacco. Chi vuole può portarsi il proprio cellulare, ma vi avviso: state attenti a non perderlo o danneggiarlo, perché sarebbe una vostra responsabilità; quindi sarebbe meglio che prima vi consultaste con i vostri genitori. Comunque tutti i dettagli sono scritti sul foglietto, così non correte il rischio di dimenticarvi qualche informazione- ci spiegò, rispondendo pazientemente a tutte le domande che i bambini le porsero.

-Sono sicura che ci divertiremo!-

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