Capitolo 23
Conan's POV
-Non posso credere di averlo detto davvero, sono un cretino!- imprecai scompigliandomi i capelli con entrambe le mani -lei ha bisogno di supporto morale e di buoni amici, e io che faccio? Le rinfaccio che ha tolto la vita a non so quanta gente! Sono un fottutissimo idiota!-
Nonostante la pessima situazione in cui mi trovavo, però, non potei fare a meno di pensare alla forza con cui aveva tirato quel pugno al muro:
"Neanche Ran potrebbe competere con quella potenza, in più ha pure un corpo da bambina, immaginiamoci se tornasse normale! E' semplicemente incredibile!" pensai sbalordito.
"Quella ragazza mi sorprende sempre di più..."
Scossi leggermente la testa per riscuotermi dai pensieri, e pensai ad un modo per farmi perdonare.
"Non le farò nessun regalo o robe del genere, questo è poco ma sicuro, sarebbe la peggior scelta che potrei fare: sarebbe come comprarla. Voglio solo farle capire che di me si può fidare cecamente, e che... le voglio bene. Ma per ora non posso fare nulla, di certo è incazzata nera, quindi aspetterò il momento giusto per porgerle le scuse che le spettano"
Feci per andarmene ma l'istinto mosse le gambe verso l'edificio da cui ero uscito da poco, e sentii dei forti tonfi provenire dalle pareti all'interno della struttura.
"Altro che incazzata nera, se mi vede mi sbrana vivo e lascia i miei resti nell'acido!" rabbrividii.
Titubai a lasciare il laboratorio, mentre la mezza idea di scusarmi in quel momento mi attraversava la mente, ma decisi che fosse meglio aspettare che fosse calma, quindi mi incamminai verso la casa che mi ospitava da ormai alcuni mesi.
Non potevo di certo sapere che sarei dovuto rimanere...
Ai's POV
Lentamente la tristezza si trasformo in rabbia, e tornai incazzata come poche volte prima di allora.
Sbriciolai la lettera contenente la minaccia in pezzettini piccoli come granellini di sabbia, lasciando che un'improvvisa ventata di vento li portasse lontani da me.
-Che vadano a farsi fottere. Vogliono uccidermi? Che lo facciano. Non me ne frega più di niente- ringhiai mentre il tic si impossessava nuovamente della mano destra.
"Devo prendere a pugni qualcosa"
Mossi le dita consapevole di tale esigenza del mio corpo, e iniziai ad ispezionare minuziosamente l'ambiente che mi circondava, cercando qualcosa su cui sfogarmi, preferibilmente non un muro.
Non vidi nulla che mi soddisfasse pienamente, quindi mi accontentai del tavolo di legno con le condizioni migliori.
Feci qualche passo indietro, poi presi la rincorsa e feci un roteamento in aria, sbattendo poi il piede esattamente al centro di quel pezzo di legno.
"Fai che non si spacchi" pregai, sentendo la voglia di colpirlo ancora, ripetutamente.
Il mio desiderio si esaudì, quindi preparai i piccoli pugni che avevo e li scagliai violentemente contro il mio bersaglio, ammaccandolo pesantemente in più punti.
Quella povera vittima non dotata di vita ricevette molti altri colpi, e con un ultimo calcio si arrese, spezzandosi (letteralmente) alla mia volontà.
Osservai i pezzi di legno finire a terra mentre ansimavo in cerca dell'ossigeno di cui mi ero privata durante quella specie di sfogo.
Il sangue aveva ripreso a sgorgare attraverso le cicatrici che si erano riaperte. Mi ero anche ferita la pancia, data la lametta che evidentemente aveva bucato la tasca durante i miei movimenti bruschi.
Mi sedetti contro una parete per rilassarmi e riprendere fiato, ma inconsciamente mi addormentai. La stanchezza sia fisica che mentale ebbe la meglio su di me, quindi mi lasciai cullare fra le braccia di Morfeo.
Mi svegliai di scatto per colpa dei soliti incubi, con il cuore che batteva a mille e la fronte madida di sudore. Mi calmai subito, però, ormai abituata a tali risvegli improvvisi.
Guardando attraverso il solco che rimaneva lì dove un tempo si trovava una finestra, scoprii che stava facendo buio, e il sole stava iniziando a lasciar spazio alla fredda e tranquilla notte, guidata come sempre dalle brillanti luci emanate dalle stelle e dalla luna, la quale diveniva sempre più visibile grazie al buio che si stava impadronendo del cielo.
-Forse è meglio tornare a casa, il dottore sarà preoccupato- sospirai alzandomi.
Le mani mi dolevano terribilmente, a causa dei colpi che avevo sferrato in precedenza, ma non mi lamentai: era già tanto che non si fossero rotte. Avevo ogni singolo muscolo in fiamme ed irrigidito, e neanche quando provai con tutta me stessa a rilassarli ci riuscii. Era come se il mio corpo voleva che stessi in allerta da qualcosa, o forse da qualcuno...
Uscii dal laboratorio dopo aver rimesso a posto il microscopio nella cassaforte, non volevo rischiare di non ritrovarlo più.
Mi incamminai verso casa cercando di stare tranquilla, ma i ricordi mi affollarono la mente. Nitide scene si sovrapposero fra di loro nella mia testa, e non riuscii a fare nulla per fermare quella ondata di negatività che mi stava opprimendo sempre di più: tutte le innocenti persone che avevo ucciso con le mie stesse mani, la creazione dell'aptx4869, e la morte che essa portò a milioni di vittime. Avevo ucciso innumerevoli persone in tutta la mia vita, anche se alcune erano state causate indirettamente da me, ma mi sentivo responsabile per tutte allo stesso modo.
I ricordi negativi portarono di conseguenza la solita ombra al lato dell'occhio.
L'attacco di panico quella volta non mi colse di sorpresa: con tutto ciò che avevo provato quel giorno, il minimo era averne almeno uno.
Quando Gin si materializzò davanti a me, come sempre persi lucidità e mi misi a correre, cambiando involontariamente direzione e allontanandomi sempre di più dal piccolo viale di ciottoli che portava a casa.
Come se non bastasse iniziò a diluviare, e presto mi ritrovai zuppa d'acqua dalla testa ai piedi.
Corsi fino ad arrivare sotto un grande arbusto che, su di se, ospitava una piccola casetta in legno; quindi mi arrampicai e mi rifugiai all'interno di essa.
Mi sedetti contro la porta che chiusi con uno scatto veloce e forse troppo forte, dopo di che mi strinsi le ginocchia al petto cercando di calmare il tremore che dominava ogni singolo centimetro del mio piccolo corpo da bambina di sei anni.
Il vento che riusciva a passare attraverso i buchi delle pareti mi si infiltrò fino alle ossa, facendo tremare ancora di più i miei arti bagnati e congelati.
Il sangue ancora presente sulle mie mani era stato leggermente lavato via dalla pioggia, sotto la quale ero stata per più di un quarto d'ora; invece, le macchie rosse che erano ben visibili sui miei vestiti, si erano allargate per la stessa causa.
Il mio cuore era un groviglio contorto di emozioni: rabbia, tristezza, dolore, disperazione; nessun sentimento che provavo in quel momento si poteva definire positivo.
La mia testa era un miscuglio di pensieri contrastanti, un nodo che non riuscii a sciogliere.
"Meglio restare un pò qua, poi andrò a c..." non riuscii a terminare il pensiero che mi addormentai.
Non capii mai come, anche avendo un casino incredibile sia nella mente che nel cuore, riuscii a farmi cullare fra le braccia di un sonno senza sogni.
Angolo autrice
Ciao a tutti!
Spero come sempre che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto!
Mi scuso per l'enorme ritardo con cui ho aggiornato, ma sono stata poco bene, e preferivo non pubblicare affatto piuttosto che postare un capitolo fatto alla ben e meglio.
Questo è solo un capitolo di passaggio in cui volevo descrivere un pò i pensieri della nostra Shiho, e soprattutto le sue emozioni, dopo che Shinichi ha fatto la cretinata del secolo. XD
Spero di aggiornare presto una nuova parte scritta come si deve.
Detto questo,
Ci vediamo! X3
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top