Capitolo 20
Ai's POV
Non dormii per niente quella notte, presa com'ero a pensare e a ripensare a tutto ciò che era accaduto nella mia vita: l'organizzazione, la morte dei miei genitori e poi quella di Akemi, le torture subite in silenzio, ma, soprattutto, al mio incontro con Kudo. Con lui mi ero aperta per la prima volta, avevo condiviso la mia vita e i miei timori, i miei dubbi e le mie emozioni. Neanche con Akemi ero riuscita a parlare apertamente di così tante cose nel giro di due sole settimane.
Avevo iniziato ad essere più emotiva, a lasciar spazio ai miei sentimenti e a mostrarli. E dire che tutte quelle novità erano dovute ad un ragazzino rompipalle ed impiccione... incredibile ma vero. Stavo cambiando, di questo ne ero certa, ma non sapevo se in meglio o in peggio...
"Meglio andare a svegliarlo, sono già le cinque meno un quarto" pensai accantonando l'idea di restare a guardare per la prima volta nella mia triste vita l'alba di un nuovo giorno incombere sul mondo.
"Sarà per un'altra volta..." mi rassegnai infatti.
"Come lo potrei svegliare? Sberle in faccia? Nah... metodo troppo aggressivo. Secchio d'acqua gelata in testa? Nah... l'ho già usato. Mh... bingo!"
Mi accostai di soppiatto davanti alla sua tenda e lentamente abbassai la zip che la chiudeva. Entrai furtiva senza fare il minimo rumore. Lo osservai con un ghigno malevolo sul volto mentre ronfava beato. Mi avvicinai e mi sedetti accanto al suo sacco a pelo blu per stare più o meno alla sua stessa altezza.
Sollevai una mano e con uno scatto silenzioso gli tappai il naso. Passarono più di cinque minuti e lui non dava segno di essere sveglio, non aveva nemmeno aperto istintivamente la bocca per poter respirare, cosa che tutti avrebbero fatto spontaneamente, e questa cosa mi rendeva dubbiosa. Strinsi leggermente di più le dita sul suo naso dopo averle tolte per un secondo pensando di non averlo tappato bene, e passai un altro paio di minuti cosi.
"Non è che l'ho rotto?" pensai confusa.
Notai un impercettibile rossore sulle guance del diretto interessato, e capii subito ciò che stava accadendo.
"Sta trattenendo il respiro... però devo dire che è molto bravo. Credo che abbia ispirato quando ho tolto le dita dal suo naso. Vediamo che succede se sto al gioco..." repressi un sorriso furbo.
Iniziai la recita togliendo la mano dal suo naso e fingendo di iniziare a preoccuparmi. Misi una mano sul suo petto, all'altezza del cuore, come per controllare il suo battito cardiaco e rilasciai un finto sospiro di sollievo quando constatai che non era crepato.
-Credo che tu ti stia scordando che anche io sono un detective, mia cara sbadigliona- aprì un solo occhio per squadrarmi.
-Oh, non l'ho dimenticato, tranquillo- ghignai -ma direi che abbiamo appurato che nelle messe in scena tu hai più talento di me, anche se ti sgamo sempre-
-A cosa devo questa tua visita notturna? E perché ti sei svegliata così presto?- chiese trattenendo uno sbadiglio che invece io non nascosi, mentre lui usciva dal sacco a pelo e si stiracchiava strofinandosi gli occhi.
-In realtà non ho dormito, ma dettagli- mormorai pensando di non essere stata sentita da lui.
Ma, ovviamente, quella volta fu lui a sgamarmi, data l'inquietante calma che regnava in quel piccolo campeggio improvvisato.
-Stai scherzando?! E da dove le prenderesti le forze per la giornata?!-
-Sei caffè al giorno tolgono il sonno di torno- gli feci l'occhiolino.
-Quindi tu bevi sei caffè ogni giorno?!- esclamò contrariato.
-Taci, se non vuoi svegliare pure le capre di Heidi- sbuffai roteando gli occhi al cielo.
-Rispondi-
-Non li bevo ogni giorno. Quando sono a casa del dottore un paio di ore di sonno me le faccio, e in quel caso di caffè ne bevo solo 3; quindi puoi stare tranquillo, dottore dei miei stivali-
-Col cacchio che sto tranquillo! Oggi te la faccio passare perché dovevamo comunque svegliarci molto presto e ora dobbiamo prepararci per andare, ma la prossima volta che ti ritrovo a saltare ore necessarie di sonno te la vedrai brutta- mi rispose serio.
-E' una minaccia?- inarcai un sopracciglio incrociando le braccia al petto con un'aria di sfida.
-Si. Puoi prenderla come una minaccia-
-E dovresti farmi paura?-
-La risposta te la darai da sola quando ti ritroverai con i piedi per aria ridendo per il solletico- assottigliò lo sguardo.
-Sono più pericolosa di te, e credo che tu sappia che non mi limito solo al solletico- socchiusi gli occhi a mia volta.
-Non mi fai paura- mi avvertì.
-Neanche tu- ribattei.
-Vedi? E' per questo che siamo ottimi partner- sorrise divertito.
Inarcai un sopracciglio come a chiedere il motivo.
-Perché tra noi non ci sono un Holmes ed un Watson, ma ci sono due Holmes che non si lasciano abbattere dalle ipotesi dell'altro- mi spiegò cercando di trovare le parole adatte.
-Già. Ma io sono l'Holmes più intelligente-
-Te lo sogni-
-Si, certo. Convinto tu, contenti tutti- scossi una mano.
-Comunque complimenti, sai trattenere il respiro abbastanza a lungo-
-Grazie- mi sorrise.
-Svegliamo gli altri?-
-Beh, direi di si visto che ormai sono le... cinque- controllai l'ora sull'orologio.
Io mi occupai di svegliare i bambini, mentre il mini Sherlock si preoccupo di far alzare il dottore.
Entrai nella loro tenda silenziosamente, sorridendo dolcemente alla vista di tre piccoli faccini angelici che dormivano beatamente l'uno accanto all'altro. Mi inginocchiai vicino ad Ayumi ed iniziai ad accarezzarle delicatamente il capo.
-Ayumi... svegliati, torniamo a casa- le dissi a bassa voce quando si svegliò.
Annuì sbadigliando, quindi feci la stessa cosa con Mitsuhiko e poi con Genta.
Dovevo ammetterlo, adoravo con tutto il cuore i bambini piccoli: anche se mi atteggiavo da dura, amavo la loro innocenza e spensieratezza, per non parlare di quanto erano carini.
Quando tutti furono in piedi, li aiutai a sistemare le loro cose.
-Sai, Ai, quando mi hai svegliato avevi tutta l'aria di una mamma che svegliava il proprio bambino- disse Mitsuhiko.
Genta ed Ayumi annuirono trovandosi d'accordo con la sua opinione.
-Davvero?- ridacchiai nervosamente.
-Già! Sono sicuro che sarai un'ottima mamma quando sarai grande!- annuì lui arrossendo lievemente.
"Non credo diventerò mai una madre. Chi mi vorrebbe anche solo come sua ragazza con il passato che ho alle spalle e la reputazione da assassina che mi sono guadagnata?" pensai amareggiata, ma non dissi nulla ad alta voce, avrei scatenato troppe domande, e loro non potevano capire il perche di tali frasi.
Quindi non risposi all'affermazione di Mitsuhiko, mi limitai a fingere un sorriso nella sua direzione ed andare nella mia tenda per sistemare la mia roba. Non avevo molto da mettere in ordine: il sacco a pelo non era stato nemmeno lontanamente toccato, e lo zaino era chiuso con tutto ciò che avevo portato al suo interno. Quindi me lo misi in spalla e, uscita dalla tenda, iniziai a smontarla.
O almeno, a cercare di farlo. Non sapevo infatti da dove iniziare e, non volendo spaccare nulla, aspettai un aiuto dal cielo, il quale si rivelo con il nome di Shinichi Kudo. Lui mi aiutò infatti a smontarla e a metterla nel bagagliaio della macchina del dottore.
Dopo aver messo tutto a posto ed esserci preparati a partire, entrammo in macchina mentre il sole iniziava a far vedere i propri raggi dorati che riscaldavano ciò che era rimasto freddo dalla notte appena terminata.
I giovani detective appena entrarono in macchina mettendosi ai posti che avevano occupato alla partenza, si addormentarono subito. Decidemmo di non svegliarli, quindi sollevai delicatamente Genta e lo posai sul sedile posteriore dell'auto, ritenendolo più comodo di quello davanti per una dormita.
Il problema era che i tre bambini avevano occupato tutto il posto posteriore, e ciò obbligo me e Kudo a schiacciarci tra di noi nel sedile accanto a quello del dottore.
"Che scocciatura" sbuffai mentalmente appiccicata come delle sardine in scatola al mini Sherlock.
Come al solito ero leggermente rigida, ma non lo facevo apposta: quando entravo in contatto con un maschio, il mio corpo reagiva da solo diventando una statua vivente.
Almeno una cosa positiva in tutta quella situazione c'era: i bambini non chiesero che fine avessero fatto le loro merendine, risparmiandomi di dire una bugia.
Kudo si trovava dalla parte del finestrino gentilmente offerta da me visto che all'andata c'ero stata io. Lui stava con la faccia attaccata al finestrino per un qualche motivo che scoprii quando mi chiese:
-Perché non guardi di qua? Sta sorgendo il sole! Per quante volte io l'abbia visto nascere, non mi stancherò mai ad assistere all'inizio di un nuovo giorno-
-Io invece non l'ho mai visto- dissi continuando a tenere lo sguardo incollato davanti a me.
Voltai la testa verso il dottore visto che non lo sentivo fiatare, ma mi calmai quando vidi che stava ascoltando con attenzione la radio, non riuscendo quindi a sentire la nostra "piccola discussione".
-E questa non dovrebbe essere una ragione in più per spingerti ad assistere a questo meraviglioso spettacolo?- mi chiese confuso girandosi verso di me.
-E' una cosa stupida ed infantile, lo so, ma vorrei conservare il momento in cui vedrò l'alba per la prima volta per un evento speciale- arrossii lievemente per colpa della stupidaggine che avevo appena confessato.
-Non è affatto stupido, anzi, è molto dolce. Tipo il primo bacio-
-Esatto, con la sola differenza che quello non lo darò mai- sussurrai.
-Perché non dovresti?- domandò stranito.
-Lascia stare...- sospirai chiudendo gli occhi e appoggiando la testa al sedile.
Lui decise di fare come detto appena vide lo stato d'animo che mi ritrovavo in quel momento: depressione pura.
Ma di certo l'argomento sarebbe "casualmente" spuntato fuori di nuovo dalla sua bocca: sapevo che non avrebbe lasciato perdere la questione.
Passammo il resto del viaggio in silenzio: tra chi dormiva, chi ascoltava le notizie del giorno, chi guardava fuori dal finestrino e chi rifletteva sulla sua triste vita; nessuno spicciò parola.
Inizialmente portammo i bambini alle loro case e, durante il tragitto verso la casa di Goro, presi una decisione difficile e drastica:
"Quando avrò finito di aiutare Kudo a sbattere quelli dell'organizzazione dietro le sbarre così da saldare il mio debito verso il mondo, o forse anche prima di tale avvenimento, porrò fine alla mia vita, perché non ho nessun'altra cosa o persona per cui vivere, e ormai non ce la faccio più ad andare avanti..."
Dopo tale decisione, ripresi inconsciamente la mia aria da persona fredda e senza cuore quale ero, e mi preparai per passare un nuovo giorno a fingere di essere felice di esistere ancora in quel mondo che non aveva più nulla da offrirmi per cambiare la mia opinione.
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