Capitolo 19
Premessa:
Ciao a tutti! Vi volevo solo avvisare che quello sottostante è un mega- capitolo-super-diabetico-e-dolcioso, quindi vi consiglio di godervelo finché c'è ancora della dolcezza nell'aria... Fangirl/Fanboy avvisata/o, mezza/o salvata/o...
-----------------------------------------------------------
Conan's POV
Non riuscivo proprio a prendere sonno. Per quanto mi muovessi e cambiassi posizione, non riuscivo ad addormentarmi come avrei tanto voluto poter fare.
Forse era colpa delle storie che avevamo raccontato. Forse era colpa delle domande che morivo dalla voglia di porre ad Ai. Forse erano entrambe le ragioni di tale problema.
Controllai l'ora sul telefono, scoprendo che era solo l'una di notte. Sbuffai indispettito e decisi di alzarmi e fare una passeggiata, sperando di stancarmi e di poter dormire. Mi sistemai la maglia e la tuta ed aprii la tenda, uscendo all'aria fredda della notte. Non portai nemmeno gli occhiali, ritenendoli inutili in quanto mi servivano solo a celare la somiglianza del mio viso a quello di Shinichi quand'era piccolo. Camminai fino ad arrivare nello spiazzo in cui prima tutti ammiravamo Ai alle prese con il piccolo scoiattolo.
Neanche a farlo apposta, un'altra persona stava sdraiata su quel morbido prato, immersa nei propri pensieri.
Ovvero Ai.
Senza emettere un sospiro, mi sdraiai affianco a lei, volgendo lo sguardo verso l'alto. Lei neanche si voltò a guardarmi, sapendo che ero io, quando sussurrò:
-Sai, a volte mi chiedo come sarebbe essere una stella. Un piccolo ed insignificante puntino in confronto all'universo. Ma poi ricordo che sarebbe la stessa cosa: un puntino insignificante nella galassia quando sei una stella, e una persona insignificante rispetto a tutto il mondo quando sei un essere vivente-
Mi sorpresi dalla verità che quelle parole celavano, ma mi limitai ad annuire. Stemmo sdraiati a contemplare il cielo che si poteva vedere particolarmente bene da laggiù, e nessuno aggiunse qualcosa. Poi, dopo una decina di minuti, mi ricordai delle domande che volevo farle, quindi mi misi seduto:
-Ehi, Ai, posso farti un paio di domande che ti riguardano?- chiesi pacatamente, sperando di non metterla a disagio.
-Spara- si alzò a sua volta mettendosi a gambe incrociate.
-Come ti chiami?-
-Ai- mi rispose stranita.
-No, non intendo il tuo nome ora che sei bambina. Intendo il TUO nome- le spiegai.
-Mi chiamo Sherry-
-Wow... è un nome... particolare-
-Perché lo sarebbe?-
-Beh, perche è il nome di un alcolico-
-Mi sembra ovvio! Dovresti sapere che tutti i membri dell'organizzazione vengono chiamati col nome di un liquore!-
-Quindi "Sherry" è il nome che ti hanno dato quando sei entrata a far parte degli uomini in nero?-
Lei annuì in risposta.
-Ma io volevo sapere il tuo vero nome!- sottolineai l'aggettivo.
Si stupì a quella domanda.
-Perché sei sorpresa?-
-Beh... nessuno mi aveva mai chiesto il vero nome. Alla gente bastava sapere quello che usavo nell'organizzazione- mormorò con gli occhi ancora spalancati.
-Con "nessuno" intendi nessuno nessuno?-
-Nessuno nessuno- scosse la testa cercando di riprendersi.
"Quanto ha patito nella sua vita per colpa di tale indifferenza da parte di tutto il mondo?"
-Niente di grave, tranquillo- sembrò leggermi nel pensiero.
-Tu capisci sempre tutto, eh?- ridacchiai.
-Te l'ho detto, è il nostro lavoro, o sbaglio?- mi fece l'occhiolino seguendomi a ruota.
-Comunque mi chiamo Miyano. Shiho Miyano- assunse un tono da James Bond.
-Shiho, eh?-
-Già-
-E quanti anni hai?-
-Ma non lo sai che è maleducazione chiedere gli anni ad una signora?!- sbuffò nascondendo goffamente il suo evidente divertimento.
-Scusa- mi grattai la nuca imbarazzato.
-Aspetta un attimo... signora?!- esclamai realizzando le parole che erano uscite dalla sua bocca.
-Sta zitto!- rise, alludendo al mio tono di voce.
-Sei una vecchia?!- le chiesi cercando di calmarmi.
-Maleducato! Almeno potresti dire "anziana"!- fece la finta offesa incrociando le braccia al petto.
-Lo sei o no?!-
Non capivo la causa di tale disappunto nel sapere che potesse essere un pò in la con l'età.
-No, ho 18 anni. O meglio, li compierò il 22- mi spiegò.
-Di questo mese?!-
-Bingo!- esclamo ironica.
"Perfetto. Il mio piano ora può essere messo in atto. Devo solo contattare mamma e papà" pensai nascondendo un ghigno furbo.
-Ora che sai che sono più grande di te, mi devi rispettare, piccolo marmocchio moccoloso!- esclamò stringendomi leggermente il collo con un braccio e chiudendo il pugno dell'altra mano, iniziando poi a strofinarlo non troppo forte sulla mia testa.
-Dai! Shiho!- la chiamai ridendo e cercando di fermarla.
-Come mi hai chiamata?- si arrestò d'un tratto.
-Shiho, ovviamente. Perché?-
-Mi fa strano-
-Perché mai il tuo nome dovrebbe stranirti?- le chiesi ridacchiando.
-E' dalla morte di Akemi che non lo sento uscire dalla bocca di qualcuno- mormorò.
-Tu ora vieni con me- esclamai all'improvviso afferrando dolcemente il braccio di Shiho, sorprendendo, oltre a lei, anche me stesso.
Si lasciò tirare, e questo lo sapevo bene perché con la forza che si ritrovava poteva darmi un bel calcio in culo come aveva già fatto e mi avrebbe fatto baciare il suolo. Letteralmente.
"Quindi ha la mia età... solo qualche mese più grande di me..." ragionai continuando però a camminare verso l'accampamento.
-Dove andiamo?-
-Lo vedrai fra pochissimo...- sussurrai in risposta, piantandomi davanti alla tenda dei giovani detective.
-Ho capito. Io mi occupo di loro, tu vai nella mia tenda. Nello zaino ci sono circa due pacchi di marshmallow. Prendili. E non provare a fregarmi l'antidoto provvisorio, sennò te la vedrai brutta. Ti dico solo questo- mi fulminò iniziando ad abbassare lentamente la cerniera della tenda dei bambini.
Mi sbrigai a fare come detto e scappai in direzione della sua tenda.
"Certo che Shiho dovrebbe darsi una calmata" sbuffai mentalmente "non credo mi abituerò mai al suono che fa il suo nome quando viene pronunciato, anche se solo nella mia testa" sorrisi mentre aprivo alla svelta la tenda della diretta interessata ed entravo in essa.
Avvistai il suo zaino sul sacco a pelo e, aprendolo, iniziai a frugare dentro di esso. Quando trovai i pacchi di marshmallow li estrassi dalla borsa e la chiusi in fretta e furia, per evitare che la tentazione prendesse il sopravvento facendomi prendere i farmaci e segnando così la mia fine. Uscii dalla tenda, la chiusi, e corsi silenziosamente davanti a quella dove si trovava lei.
Restai ad aspettare solo un paio di secondi prima che la mano di Shiho spuntasse da una fessura della cerniera, e capii che il piano era riuscito quando vidi il suo pollice alzarsi. Subito dopo tutta la sua figura uscii, chiuse la zip della tenda e mi ghignò vittoriosa, alzando in alto il bottino composto da patatine, bibite e merendine varie. Ridacchiando sotto voce corremmo verso lo spiazzo dove ci trovavamo in precedenza, e ci lanciammo sull'erba fresca scoppiando finalmente in una risata vera e propria.
-Sai che questo nostro atto si può chiamare violazione di privacy e furto di averi altrui?-
-Me ne faro una ragione- rise mentre apriva un pacco di patatine.
-Cosa diremo ai bambini dopo?- diventai dubbioso.
-Tranquillo, mi inventerò qualcosa sul momento: non sai quante volte ho rifilato scuse ai prof per quando ero assente o marinavo la scuola- mi spiegò.
-Hai marinato la scuola?!- chiesi allibito.
-Ovvio! Perché, tu no?-
-Beh... direi di no...-
-Allora non si può chiamare vita quella che stai vivendo. Appena torniamo normali ti farò provare il brivido che ti attraversa mentre scappi dall'inferno, chiamato dai comuni mortali "scuola"- ridacchiò.
"A proposito di brividi..." mi ricordai.
-Ehi, ma la risata che ho sentito nel bosco?-
-L'ho scaricata da internet per farti cagare sotto- fece spallucce.
-E ci sei riuscita, ma non grazie alla risata: è per colpa della tua storia che mi sono pisciato sotto-
-Letteralmente- disse lei ridendo.
Arrossii di botto ed iniziai a borbottare:
-Non è colpa mia... te l'ho detto. E' colpa della storia che hai raccontato-
-Tranquillo, mica giudico una persona solo perché è facilmente impressionabile. In più ora che siamo poppanti, un modo lo puoi trovare per giustificare la cascata del Niagara nelle tue mutande. A proposito, si sono asciugate?-
-Non lo so, me ne ero scordato. Aspetta un attimo- le dissi prima di alzarmi e dirigermi verso i miei boxer stesi ad asciugare vicino al fuoco.
-Per fortuna...- sospirai quando constatai che erano completamente asciutti.
Li presi e spensi il falò. Andai poi da Ahiho, mostrandole trionfante le mutande. Lei rise di gusto alla mia vista, girandosi poi dal lato opposto a dove mi trovavo io, invitandomi a metterle. Titubai un pò, ma dopo sentii la sua voce:
-Tranquillo non sbircio, non muoio dalla voglia di vedere un mini coso-
Sentivo che mentre diceva quelle parole stava ghignando, ne ero sicuro, ma comunque tolsi i pantaloni e mi misi i boxer, rilasciando subito dopo un sospiro di sollievo. Misi velocemente la tuta e mi rivolsi alla sbadigliona:
-Fatto, puoi girarti-
Si voltò tranquilla e, sdraiandoci nuovamente a pancia in su a guardare il cielo, cominciammo a sgranocchiare il nostro bottino.
-Che palle- sospirò lei -non riesco a mangiare se sono sdraiata-
-Neanche io- sbuffai.
Notai che iniziò a girarsi intorno alla ricerca di qualcosa.
-Bingo!- esclamò silenziosamente ghignando.
Seguii confuso il suo sguardo e capii subito che cosa stava adocchiando: un albero che aveva tutta l'aria di essere secolare.
Ormai il motivo per cui lo stava fissando con un sorriso sul volto era ovvio, quindi mi girai verso di lei, la quale mi fece un cenno verso il grande tronco. Ci dirigemmo verso di esso con i pacchetti di merendine e dolciumi vari stretti tra le braccia e ci sdraiammo per l'ennesima volta, questa volta pero con la schiena contro quel grande arbusto. La folta chioma dell'albero impediva ai raggi lunari di infastidirci gli occhi.
-Ora si che si ragiona- sospirai chiudendo gli occhi e beandomi della calma e tranquillità che quel posto emanava.
-Non credo che le tue domande siano finite, sbaglio?-
-Sei mrs. Holmes, come potresti sbagliarti su qualcosa di cosi ovvio?- sbuffai ironico.
-Ottima osservazione, Watson-
-Ouch! Colpito e affondato!- mi portai una mano alla fronte teatralmente.
Speravo non notasse che l'ultima parola della frase da lei pronunciata avesse nuovamente colpito il mio orgoglio, ferendolo profondamente. Ma, come sempre d'altronde, per me sperare si rivelò inutile: infatti dopo che ebbi detto quelle parole intrise di una mezza verità, lei non cercò neanche di nascondere un sorriso divertito.
-Perché "Ai"?- le chiesi ingozzandomi di dolciumi.
-Potrei dire che non c'è un motivo in particolare per cui ho scelto questo nome, ma mentirei. E tu mi hai detto di non mentire- mi rivolse un ghigno girandosi verso di me e facendomi arrossire.
-"Ai" è un nome che mia sorella amava, e ripeteva in continuazione che, quando avrebbe avuto una bambina, l'avrebbe chiamata così. "Ai" vuol dire sia indaco, il colore preferito di Akemi, sia amore, l'emozione che più desiderava provare. Ma comunque non so neanche io per l'esattezza il perché mi sono assegnata questo nome... forse perché volevo sentirmi più vicina a lei...- concluse sussurrando e rivolgendo lo sguardo alle stelle che illuminavano l'intenso buio della notte.
Aprii la bocca per dire qualcosa in grado di confortarla un minimo, ma lei mi precedette con un sorriso:
-Ti prego, ora non dire che lei rimarrà per sempre nel mio cuore o robe simili. Odio queste frasi perché vengono dette da persone che non sanno il dolore che si può provare dopo tale avvenimento. Le persone che invece lo possono capire non dicono nulla, perché non c'è niente da poter dire per poter neanche minimamente colmare il vuoto che si prova-
-Allora posso abbracciarti?-
-E' inutile, tanto non piangerò di nuovo-
-E chi ha detto che devi piangere?- inarcai un sopracciglio -dai, vieni qui, sono caldo- mossi su e giù le sopracciglia spalancando le braccia.
-Idiota- rise scuotendo la testa, ma appoggiando comunque la testa sulla mia spalla, diventando, come le volte precedenti, leggermente rigida.
Avvolsi istintivamente un braccio intorno alle sue spalle e poggiai delicatamente il mento sulla sua testa.
-Hai ragione, non so cosa si prova, perché non ho mai passato ciò che hai dovuto sopportare tu; ma, in qualche modo, vorrei comunque aiutarti-
-Non puoi- sospirò.
-Senti- mi staccai da lei, portandola di fronte a me e tenendole le braccia -il passato non si può cambiare. Per quanto una persona possa desiderarlo, è impossibile. Quello che possiamo cambiare è il nostro futuro. Ma prima di poterlo fare, dobbiamo cambiare il nostro presente. So che non hai molti ricordi felici, e i momenti che non hai potuto vivere non possono essere rimpiazzati con qualcos'altro, ma puoi crearne di nuovi. Se il tuo presente è felice, anche il tuo futuro lo sarà, e il passato non ti opprimerà più così tanto-
-Ormai che se senso avrebbe? Non ho la forza per andare avanti. Forse dovrei finirla e basta. Da quando sono nata causo solo problemi-
Cercai di trattenere la rabbia provocata da tali parole.
-Spesso la soluzione più semplice ed efficace sembra quella che tu stai prendendo in considerazione. Ma perché non dovresti lottare...?-
-Per chi dovrei lottare?!- sbottò alla fine con gli occhi lucidi -per i miei genitori morti?! O per mia sorella?! Non ho neanche avuto la fottuta occasione di vederla un'ultima fottutissima volta! Sai perché?! Perché il suo corpo è scomparso nel nulla! Quella merda di bara che si trova in quel cazzo di cimitero è vuota! Stessa cosa per i miei genitori! I loro corpi sono divenuti cenere dopo l'incendio! Cenere che è stata buttata nel cesso senza il minimo tatto! Quindi ora spiegami per chi cazzo dovrei lottare, perché io non lo capisco!-
Nel frattempo che gridava quelle parole dettate dalla disperazione, si era alzata e stava facendo avanti e indietro con le mani occupate a strattonare i corti capelli ramati.
Mi alzai con uno scatto andandole incontro e l'avvolsi tra le braccia.
-Per te stessa- mormorai vicino al suo orecchio -Non devi lottare per gli altri, ma per te e solo per te. Devi rivendicare la liberta di cui sei stata privata sin da piccola. Devi ricostruire la tua vita. Devi prendere a calci in culo quelli che te l'hanno distrutta. O hai intenzione di picchiare solo me fino alla fine dei tuoi giorni?- ironizzai.
Sbuffò una risata.
-Quei giorni potrebbero essere più vicini di quanto pensiamo...-
-A che pro vorresti morire? Scappare dall'inferno che è questo mondo? Rincontrare la tua famiglia? Non pensi a tutto quello che ti lasceresti dietro? Tutte quelle famiglie che vogliono che sia fatta giustizia per i loro cari defunti? Cosa penserebbe Akemi?-
-Che sono un'idiota testa di cazzo patentata-
-Esat...! Aspetta... testa di cazzo?!- chiesi stranito.
-Poteva anche sembrare un angioletto, ma bestemmiava più di me. E questo basta a descriverla-
-Porco cacchio...- sussurrai sorpreso.
-Comunque... ritorniamo a noi...- scossi la testa -tu devi continuare la tua vita. Se non vuoi farlo per te, fallo per quelle persone che ti hanno lasciato, perché è questo che vorrebbero per te, di questo ne sono certo- le sorrisi dolcemente.
Una lacrima fugace scappò via dai suoi occhi arrossati e gonfi a causa delle lacrime trattenute.
-Merda- impreco asciugandola con foga -mi ero giurata di non piangere più- farfugliò continuando a strofinare con forza, come a voler eliminare ogni singola traccia lasciata da quella goccia salata.
-Basta- ridacchiai fermando la mano e allontanandola dal suo viso -così peggiori solo la situazione-
-Giusto. Non devo più piangere come un'idiota-
-Non mi riferivo alle lacrime, sai come la penso al riguardo. Mi riferivo alla tua mano che ti stava letteralmente cavando l'occhio- puntualizzai.
-Povere merendine, le abbiamo lasciate al loro crudele destino- sussurrai realmente dispiaciuto dopo che Shiho si fu calmata, fissando i pacchetti aperti.
-Non per molto...- sghignazzò lei fiondandosi su di esse.
"Per fortuna sta cominciando a mangiare come si deve" pensai felice.
Mi sedetti di fianco a lei ricominciando a sgranocchiare cibi vari.
"Chissà se le ho fatto cambiare idea... spero di si, altrimenti la fermerò comunque. Non la lascerò morire- pensai deciso.
-Ehi, Shiho! Posso chiederti perché ti irrigidisci ogni volta che ti tocco?-
-Io?! Non mi sono mai irrigidita!- ridacchiò nervosamente.
-Ah si?- inarcai un sopracciglio.
-Si- annuì sicura di se.
-Bene...- come un fulmine la abbracciai e, come previsto, divenne una statua.
Mi allontanai scrutandola divertito mentre riprendeva colore.
-Visto? Non mi sono irrigidita-
-Certo, e io sono la regina Elisabetta-
-Ave a lei, mia regina dalla lieve apparenza maschile ed infantile!- si inchinò.
-Dai, Shiho!- sbuffai.
-Si, è il mio nome- ribatte sarcastica.
-Non farmi usare le maniere forti-
-Le quali sarebbero...?-
-Vuoi vederle?-
-Avanti, non mi fai paura-
Assumemmo le pose di due cowboy che si stavano preparando per uno scontro, e una folata di vento completo l'opera.
-Mio dio... che cacchio siamo arrivati a fare...- sospirai passandomi una mano sulla faccia.
-Paura, Potter?- chiese con la voce di Malfoy, incrociando le braccia al petto.
-Hai letto Harry Potter?-
-Ovvio! Se esiste, vorrei conoscere quello stupido che non lo ha mai fatto per prenderlo a botte-
-Con chi shippi Hermione?- assottigliai lo sguardo.
Quella era la domanda definitiva che avrebbe segnato per sempre il nostro rapporto, in bene o male che fosse.
-Con Draco, ovviamente- rispose annoiata, come se fosse la cosa più palese del mondo.
-Batti qua, sorella!- le diedi il cinque che ricambiò prontamente.
-Comunque sia... posso sapere perché diventi un blocco di marmo appena vieni a contatto con una persona?-
-E' una lunga storia...- cercò di deviare l'argomento.
-Abbiamo più di tre ore a disposizione- le ricordai.
-E' complicato spiegarlo...- cercò nuovamente di evitare di rispondere.
-Shiho- la richiamai, facendole cenno di continuare.
-Ma farti gli affari tuoi no, eh?- sbuffò.
-Sono affari miei- marcai il verbo -e se non proprio miei, della mia partner-
-Da quando sono la tua partner?- inarcò un sopracciglio.
-Beh, entrambi siamo rinchiusi in questi corpi da poppanti, entrambi vogliamo distruggere gli uomini in nero, entrambi siamo ottimi detective, e, quando vogliamo, sappiamo andare d'accordo. Quindi è meglio essere partner, il lavoro diventerebbe più facile visto che verrebbe diviso in due- le spiegai.
-Hai appena detto che sono un'ottima detective?- ghignò.
-Non sperarci troppo, non lo ripeterò- distolsi lo sguardo dal suo arrossendo lievemente.
-Sei bravo con le parole, eh, mini Sherlock?- chiese retoricamente.
-Comunque ci sto-
-Davvero?- chiesi sorpreso.
-Se non ci fossi io, chi ti impedirebbe di bestemmiare in presenza di bambini?-
-Guarda chi parla...- alzai gli occhi al cielo.
-Ma me lo vuoi spiegare o no? Ah, e non accetto un no come risposta-
-Va bene!- si arrese sbuffando e alzando gli occhi al cielo.
-Beh... ecco... come ti ho già detto prima, i novellini dell'organizzazione non vengono trattati molto bene: hanno mille lavori in più degli altri, vengono trattati un pò come dei servitori, questo è vero, ma nessuno di loro viene danneggiato fisicamente-
-Ma tu mi hai detto...-
-Lasciami finire, per favore. O parlo ora, o mai più, perché non trovero più il coraggio di farlo- mi interruppe.
-Dicevo, nessuno di loro veniva ferito, ma io ero "speciale", per così dire... i miei genitori erano due dei primi membri che entrarono a far parte degli uomini in nero, quindi, giustamente, tutti li conoscevano, e conoscono me di conseguenza. Io sono nota anche per essere un genio con un QI molto più alto della media, quindi venivo sfruttata per creare tutti i vari farmaci, intrugli chimici, e altra roba del genere che serviva ai pezzi grossi e non solo. Akemi non serviva ad altro se non per ricattarmi e minacciarmi di ucciderla se non avessi svolto il mio lavoro e se avessi aperto bocca con qualcuno su quello che succedeva fra quelle mura. Mia sorella non si sapeva difendere fisicamente e, visto che non si allenava giornalmente come tutti gli altri, era molto più debole di loro; per questo avevo molta paura che l'avrebbero ferita. Di conseguenza non dissi niente a nessuno e patii in silenzio per circa tredici anni. Ma non si limitavano certo a cercare di uccidermi con armi mortali-
-Che vuoi dire?- iniziai ad allarmarmi.
-Beh... Gin... ecco...- non riusciva a dirmi dove voleva andare a parare, e ormai la sua fronte era imperlata di sudore nervoso.
-Ti prego, Shiho... ti prego, non dirmi quello che sto pensando...- spalancai gli occhi avanzando tremante di qualche centimetro verso di lei.
-No, tranquillo- rilasciai un sospiro di sollievo.
-Ma decine di volte ci è andato vicino-
-In che senso?!-
-Certo, non lo ha mai fatto, ma ho rischiato innumerevoli volte di essere...- mi spiegò non riuscendo però a dire quella parola.
-Oh mio dio- la abbracciai stritolandola.
-E' per questo che penso che tu sia una persona forte. Una normale ragazza della tua età si sarebbe suicidata dal dolore e dalla disperazione, ma tu no- le sussurrai affondando il viso nei suoi capelli profumati di cocco, vaniglia e nutella.
-Ti sbagli, ho cercato molte volte di porre fine alla mia misera vita- replicò stringendo i pugni contro i fianchi fino a lacerarsi la carne dei palmi con le sue stesse unghie.
-Ma non lo hai fatto-
-Lo avrei fatto, ma all'ultimo venivano sempre quelli dell'organizzazione e mi curavano-
-Tu puoi pensarla così, ma non credi che qualunque altra ragazza e non solo sarebbe diventata pazza stando lì dentro? Non pensi che avrebbe cercato in tutti i modi di fuggire? Non pensi che, anche se minacciata, avrebbe raccontato il tutto a qualcuno? Tu non lo hai fatto per il bene di tua sorella. E guardati ora, sana come un pesce e forte come pochi- la guardai negli occhi, non riuscendo a distogliere lo sguardo.
I suoi occhi erano come il mare in tempesta: se non sapevi affrontarli, rischiavi di affogarci all'interno. Quei occhi racchiudevano un'anima che gridava aiuto in silenzio, gridava a squarciagola, gridava fino a strapparsi le corde vocali per riuscire ad essere sentita da qualcuno, per riuscire ad essere soccorsa; ma fino ad ora nessuno aveva prestato attenzione al suo silenzioso richiamo d'aiuto.
-Non stiamo facendo altro che sederci e alzarsi, manco fossimo in palestra- tirò su col naso Shiho, sedendosi contro quel benedetto albero per l'ennesima volta.
-In più la vogliamo mangiare sta roba o no? Mi sentirei in colpa ad averla rubata per poi sprecarla- seguii il suo esempio sdraiandomi.
-Non si chiama rubare, si chiama prendere in prestito per sempre- puntualizzò lei sgranocchiando un pò di patatine.
-Ehi, ma se stavi sempre nell'organizzazione, come hai fatto a diventare una detective?- chiesi incuriosito.
-Avevo anche del tempo libero, ovviamente! Circa cinque ore al giorno. Però non si poteva neanche chiamare tempo libero, visto che mi imbattevo sempre in dei casi di ogni genere che richiedevano l'intervento di qualcuno, ovvero me. Io non posso resistere al richiamo di essi, è come una specie di dipendenza, quindi, risolvendone più di un centinaio, mi sono guadagnata il titolo di mrs. Holmes-
-La stessa cosa succede a me: se cerco di evitarne uno, inizio ad avere un mal di testa incredibile-
-Esattamente- mi punto un dito contro.
-Aspetta...- iniziai un ragionamento contorto.
-Tranquillo, non vado da nessuna parte- mi disse sarcastica.
-Tu lavoravi nella sede principale dell'organizzazione, vero?-
-Si, e so dove vuoi andare a parare. Però, mi dispiace deluderti, non so dove si trovi il covo degli uomini in nero-
-Cosa?!-
-Hai sentito bene- annuì amareggiata -quando cerco di ricordare dove si trova, e credimi, l'ho provato innumerevoli volte, ho un vuoto. Mi inizia un mal di testa insopportabile, alcune volte ho rischiato di svenire- mi spiego calma.
-Ma è impossibile!-
-Neanche io me lo so spiegare. Mi dispiace... questa è l'ennesima prova del fatto che sono un essere inutile-
-Non intendevo quello- ribattei -volevo dire che è impossibile far dimenticare una sola e specifica cosa ad una persona- dissi convinto che quel "vuoto di memoria" fosse dovuto a Gin&Company.
-Non so più che dire o fare...- abbassò lo sguardo.
-Per ora nulla... godiamoci la calma e speriamo che la tempesta ritardi ad arrivare...-
Ognuno perso nei propri pensieri mangiammo il resto dello spuntino di mezzanotte ammirando le stesse che splendevano rispetto al tetro sfondo su cui albergavano. O almeno, fino a quando mi sorse un dubbio:
-Ehi, Shiho- la chiamai infatti.
Lei mi rivolse un cenno inteso come uno sprono a continuare a parlare.
-Perché mi racconti così tante cose su di te e sulla tua vita? Potresti rifiutare di farlo e basta, ma invece rispondi ad ogni domanda che io faccia -
Ero molto curioso della sua risposta, perché non me lo riuscivo a spiegare.
-Beh, io so tutto su di te, quindi il minimo che io possa fare è placare i tuoi dubbi su ciò che so e che mi riguarda- pece spallucce.
-Ah...- dissi solamente.
Una strana sensazione si fece sentire dentro di me, ma la ignorai credendo che fosse solamente un mal di pancia dovuto alle merendine mangiate che avevo alternato: prima dolci, poi salate, e viceversa.
-Che c'è, sei deluso?- ghignò lanciandomi uno sguardo furbo.
-Cosa? Certo che no!- risposi calmo.
O meglio, apparentemente calmo. Avevo letto infatti (e scoperto grazie a Lie to Me) che più ti agitavi mentre rispondevi mentendo ad una domanda, e più evidente sarebbe stata la bugia.
-Bel metodo...- mi disse enigmatica lei, e pregai in lingue che neanche conoscevo che lei non avesse capito che stavo "mentendo". Ma ovviamente dentro di me sapevo che mi aveva sgamato. Come sempre, d'altronde.
Si strinse le ginocchia al petto e, incrociando le braccia sopra di esse, poggiò il suo mento in cima, nascondendolo leggermente con l'avambraccio:
-In realtà te le ho dette anche perche un pò mi fido... ma solo un pò...- farfugliò goffamente non guardandomi nemmeno.
Notai pure che era arrossita, rendendola ancora più tenera di quanto già non sembrasse.
Sorrisi intenerito davanti a tanta dolcezza racchiusa in profondità, molto in profondità, di una persona.
Era quella la frase che volevo sentire, perché voleva dire che Shiho mi considerava un amico. Ero rimasto un pò deluso dopo la sua prima risposta proprio perché pensai che si era confidata solo per non sentirsi in debito, ma a quanto pareva mi sbagliavo di grosso.
-Sai- iniziò lei tenendo lo sguardo fisso davanti a se -a volte vorrei prendere un treno o un aereo ed allontanarmi da tutto e da tutti per evitare di causare altri problemi alla gente-
-Ma questo non significa che lo faresti... giusto?-
Non mi rispose, e questo mi preoccupo un pò.
-Scappare non è sempre la soluzione- tentai calmo di farle cambiare idea.
Si girò verso di me e mi sorrise in un modo enigmatico.
Questo mi rassicuro, ma nel petto sentivo una specie di brutta sensazione; speravo solo che si rivelasse un falso allarme.
-Beh, io vado a dormire. Se non ti dispiace, potresti svegliarmi alle cinque?- domandai alzandomi e battendomi le mani sui pantaloni per togliere i fili d'erba e la terra che si era posata su di essi.
Iniziai ad incamminarmi non attendendo una risposta.
"Lo dico o non lo dico?! Lo dico o non lo dico?!" mi scervellai cercando di darmi una risposta.
"Fanculo! Lo dico"
-Ah, Shiho- mi girai da sopra una spalla senza fermare la camminata e attirando la sua curiosa attenzione-dovresti tenerli lunghi, i capelli intendo. Ti starebbero bene-
La vidi prendersi una ciocca tra le mani iniziando a studiarla pensierosa, e, con questa immagine impressa in mente, mi addormentai ripensando alla fantastica giornata appena finita.
O, per meglio dire, appena iniziata.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top