Capitolo 16

(Importante: Leggere l'angolo autrice alla fine del capitolo)

Conan's POV

Stavo correndo come non avevo mai corso in vita mia. Continuavo a seguire le orme lasciate da Ai senza fermarmi neanche un attimo. Le fitte al fianco che avevo quando correvo più del dovuto si fecero sentire, ma non fu quello a fermarmi. Infatti mi fermai solo quando le tracce da seguire terminarono.

Confuso mi guardai intorno con il fiatone nella speranza di scorgere qualche altra impronta, ma niente da fare, non ne trovai. Iniziai a creare varie ipotesi, una peggiore dell'altra; fino a quando non venne l'illuminazione:

"Le tracce finiscono sotto questo albero, quindi dove potrebbe essere, se non sopra all'albero?"

Mi allontanai un pò per avere una visuale migliore della cima di esso e poggiai lo zaino della sbadigliona su un grande masso. Mi si fermò il cuore quando vidi che Ai, bianca come un lenzuolo e con gli occhi sbarrati, stava indietreggiando in piedi su un ramo che di certo non avrebbe retto il suo peso ancora a lungo. Davanti a lei c'era...

Il nulla?

Di fronte a lei non c'era assolutamente niente, ma lei continuava ad indietreggiare. Sentii un rumore sordo, e capii subito cosa lo aveva creato: il ramo si era spezzato.

Il ramo su cui c'era Ai si era spezzato.

Il mio povero cuore, che prima era fermo, in quel momento prese a battere talmente forte che avrebbe potuto fare concorrenza ad un tamburo, alla vista di Ai che cadeva da 30 metri di altezza. Non so neanche come, ma mi lanciai sotto i lei e riuscii a fermare la sua caduta:

-Presa...- dissi mentre atterrava tra le mie braccia, poco prima di vedere le sue palpebre abbassarsi e il suo corpo diventare meno rigido: segno che era svenuta, probabilmente dallo shock.

Constatai che era davvero leggera, non poteva pesare più di 15 chili. Sospirai sollevato nel vedere che non aveva ferite e la sdraiai sul masso dove in precedenza avevo messo lo zaino, che ora giaceva a terra insieme al mio. Ero molto confuso da quella strana faccenda: per quale motivo stava indietreggiando spaventata se davanti a lei non c'era niente? Volevo delle risposte al più presto possibile, quindi, anche un pò per vendicarmi dello spavento che mi aveva procurato, frugai nel mio zaino alla ricerca di una bottiglietta d'acqua che fortunatamente trovai piena fino all'orlo. La stappai e con un ghigno spaventoso avanzai fino a trovarmi al suo fianco, impugnai saldamente la bottiglia e...

-Ti conviene non farlo se ci tieni ad avere eredi.-

"Cacchio, mi ha sgamato! Che palle, meglio metterla via... anzi... sai che c'è?! Me ne frego altamente" pensai mentre lei si stropicciava un occhio, ancora sdraiata sul masso gigante.

Non badando alla sua avvertenza, rovesciai l'acqua dritta sulla sua faccia che aveva ripreso il solito colorito. Lei si alzò di scatto urlandomi:

-Sei deficiente o cosa?!-

Scoppiai a ridere alla vista della sua espressione minacciosa resa esilarante dai capelli completamente appiccicati alla faccia.

-Ti avevo avvertito...- sibilò con voce sadica.

Un solo occhio era visibile attraverso delle fessure tra i suoi cappelli, mentre l'altro era completamente coperto da essi. Non mi resi conto di nulla, mi accorsi solo di un dolore lancinante al di dietro e di Ai comodamente seduta con le gambe accavallate.

-Come cacchio hai fatto?!-

-Segreti del mestiere... ma sappi che la prossima volta la posta in gioco non sarà più il tuo culo, sarà molto più alta... penso che tu abbia capito a cosa mi riferisco- mi disse facendomi gelare il sangue nelle vene.

-Perché a me?!- piagnucolai massaggiandomi delicatamente la zona che sembrava colpita da un mattone di 100kg.

-Avevo bisogno di sfogarmi, ma non vedo nessun'altro nei paraggi. Però anche se ci fosse stato qualcun'altro, tu sei un bersaglio più soddisfacente: la tua faccia sarebbe stata da immortalare- ridacchiò.

-Sei cattiva!- piagnucolai nuovamente come fossi stato un vero bambino.

-Se quello è stato doloroso, pensa ad un calcio ben assestato là sotto... o forse è meglio uno ginocchiata...- iniziò a pensare.

-Preferirei che mi uccidessi, grazie-

-Pure questa è una bella idea, grazie del consiglio... vediamo un pò... quale delle 99 tecniche dovrei usare per ammazzarti?-

-Guarda che stavo scherzando!- esclamai davanti alla sua serietà.

-Io no- rispose semplicemente, continuando a cercare la tecnica migliore per porre fine alla mia vita.

"Questa mi ammazza seriamente..." pensai pietrificato.

-Ora non ce la faccio a pensare a un metodo per lasciarti stecchito, a casa studierò per bene le varie opzioni- farfugliò massaggiandosi le tempie.

-No, però seriamente, come hai fatto a colpirmi così velocemente?!- domandai stranito.

-Te l'ho detto: sono trucchi del mestiere. Nell'organizzazione o uccidi, o vieni ucciso. Non hai molta scelta- rispose piatta.

-Ok...- mormorai.

-Ma prima cosa ti è successo?- chiesi con la voce sia curiosa, che confusa, che preoccupata.

-Niente di che...- rispose troppo velocemente e iniziando a sudare freddo.

-Hai risposto troppo in fretta e hai iniziato a sudare dal nervoso, questo dimostra che stavi mentendo- ribattei serio.

-Ma tu guardi Lie to Me?- mi chiese sorpresa.

-Perchè, anche tu lo guardi?!- restai sbigottito.

-Figo!- esclamammo insieme, scoppiando a ridere subito dopo.

-Sappi che però non ti lascio andare senza avere una risposta- ritornai serio.

-E chi mi impedisce di andarmene? Tu?- mi chiese prendendomi palesemente per il culo.

Nel frattempo si era seduta a gambe incrociate, voltata verso la mia sinistra. In tutta risposta, con uno scatto salii sul masso, mi sedetti a mia volta a gambe incrociate dietro di lei, e le strinsi il busto con le braccia. Lei, come era successo quando avevamo dormito insieme, si irrigidì all'istante. Ghignai dicendo:

-Ora tu rispondi alle mie domande-

-Perché dovrei?- domandò beffarda, riassumendo la sua solita espressione.

-Ti vorrei ricordare che le mie mani sono sulla tua pancia, e non sarebbe difficile muovere le dita su di essa-

-Non lo faresti- sbianco.

-Vuoi sfidare la sorte? Chi ha in mano chi, ora?-

-Io ho in mano te, perché non lo soffro il solletico- dichiarò calma.

Tentennai un attimo a quella frase. Ritrasse lentamente la sua pancia in dentro, sperando che non me ne accorgessi.

-Lie to Me insegna molte cose, mia cara sbadigliona- ed iniziai a muovere velocemente le dita sulla sua pancia piatta, facendola ridere e dimenare.

Mi stavo divertendo un mondo in quel momento, ma c'era un lato negativo: dimenandosi, e visto che eravamo appiccicati dopo che io ebbi sdraiato le mie gambe ai suoi lati, tirandola così più vicino, si stava involontariamente strofinando lì sotto.

Non so come ci riuscii, ma mi trattenni dal fare qualsiasi cosa che ci avrebbe messo entrambi in imbarazzo: quindi non lasciai sfuggire nemmeno un gemito di piacere mordendomi la lingua, e continuai a farle il solletico ridendo insieme a lei. Ero pur sempre un adolescente! E come tale avevo gli ormoni a mille, è un dato di fatto. Sperai solo che non sentisse il mio mini Sherlock Holmes jr. alzarsi. Ma ovviamente e pregare in mille lingue fu invano, visto che si allontanò di colpo come se fosse stata colpita con un calcio.

"Perché capitano tutte a me?!" pensai disperato, continuando a pensare a gattini coccolosi per rimediare al problema della bandierina alzata.

-Cos'era?!- esclamò allarmata guardandosi intorno.

"Almeno non ha capito di cosa si tratta..." pensai un minimo sollevato.

-Cos'hai?- le chiesi facendo il finto tonto, sperando che non smascherasse la mia ennesima farsa.

-Ho sentito una cosa sul culo... ma non ho capito cos'era...- disse diretta.

-Un minimo di contegno sarebbe gradito- sbuffai imbarazzato ma anche alquanto divertito.

-Scusa, hai ragione- disse alzando le mani in segno di resa -ho sentito una cosa non identificata premere sul mio deretano-

-Molto meglio...- commentai ironico, alzando gli occhi al cielo.

-Chiedi troppo dalla vita, mini Sherlock. Però seriamente, che cacchio era?!-

-Sarà stata una sporgenza della roccia...- tentai di convincerla.

-Ma se 'sto masso e più liscio del culo di un poppante?!- chiese allibita.

Mi tappai le orecchie con le mani e dissi contrariato:

-Troppa volgarità in una sola conversazione, per i miei gusti...-

-Appunto, per i tuoi gusti. Ma non mi sembra che qualcuno abbia chiesto il tuo parere- ribattè incrociando le braccia.

-Touche...- dissi arrendendomi.

"Certo che vincere un dibattito con lei è impossibile!" sbuffai nella mia mente.

-Vabbè, lasciamo perdere la questione dell'ufo contro il tuo di dietro... piuttosto avrei da chiederti alcune cose...- la guardai seriamente.

Divenne un blocco di marmo: completamente paralizzata e bianca come un lenzuolo.

-Siediti qua...- la invitai battendo con una mano contro il sasso, volendo che si sedesse di fronte a me.

Si era infatti alzata in piedi dopo che il "misterioso oggetto non identificato" fece la sua comparsa sul suo sedere, ed in quel momento mi stava fissando corrucciata con le braccia incrociate al petto.

-Vieni di tua spontanea volontà, o devo trascinarti di peso? Sai che non esiterei a farlo- sbuffai impaziente di avere delle risposte.

Avanzò con una lentezza esasperante, mettendosi seduta, e incrociando le gambe, come me.

-Non ho scelta, giusto?- ridacchiò nervosamente.

-No. Direi proprio di no- risposi scuotendo la testa divertito.

Rimasi a fissarla per un pò di tempo, studiando i suoi movimenti nervosi: giocherellava con le sue dita tenendo lo sguardo basso. Non lo alzò neanche quando farfugliò insicura:

-Allora? Fai in fretta. Via il dente, via il dolore-

-Ok. Cominciamo con l'interrogatorio... sei stata nel laboratorio dei tuoi genitori, vero?-

-Si- rispose secca.

-Non mi chiedi neanche come ho fatto a scoprirlo?- chiesi confuso.

-Sei un detective ed un ficcanaso, è normale che tu lo sappia o che lo abbia facilmente scoperto- rispose continuando a puntare gli occhi verso il basso.

-Ottima osservazione. Comunque, tornando a noi, con varie ipotesi e deduzioni sono arrivato alla conclusione che tu fossi scappata via impaurita da qualcuno...-

-Non ero impaurita, era semplicemente adrenalina- mi interruppe, ma lasciai correre.

-Si, certo. E tu pretendi che io ti creda?- inarcai un sopracciglio.

-Credo di no. Però non mento quando dico che non era paura quella che provavo, era ansia allo stato puro- ribattè lei incrociando per un secondo i suoi occhi seri con i miei.

-Ok. Come stavo dicendo, creando varie ipotesi ed analizzando le prove, ho scoperto che la tua unica paura e Gin- dissi serio.

-Non sono così idiota da aver paura di un liquore- ridacchiò nervosamente cercando di sviare l'argomento.

-Ai- la richiamai.

-Non mi va di parlarne... per favore... - sussurrò con voce flebile.

-Va bene. Non ti chiederò nulla a riguardo, ma almeno mi vuoi spiegare perché stavi indietreggiando in cima ad un albero anche se avanti a te non c'era un cacchio?-

-Attacco di panico-

-Scusa?-

-Era un attacco di panico. Ne ho da quando ero entrata contro la mia volontà nell'organizzazione: là non era di certo un lusso per i nuovi arrivati-

-Che intendi?- chiesi preoccupato, sperando che l'unica ipotesi che la mia mente aveva formulato fosse errata.

-Come ti ho detto, non era proprio un posto che rilassava i novellini, anzi, il contrario-

-Senti, non ti voglio forzare, ma mi vuoi spiegare di cosa stai parlando?- domandai sempre più in ansia.

-Preferirei non parlarne... ed ora è meglio se andiamo dagli altri, si sta facendo tardi, e di certo si staranno preoccupano inutilmente...- fece per alzarsi, ma io afferrai la sua mano.

O almeno, cercai di farlo: infatti il mio arto prese l'orlo della sua manica sinistra e la tirò involontariamente, scoprendo un pò della sua spalla.

Ai cercò inutilmente di ricoprirla esclamando un "merda!", e ci riuscì, ma ormai il danno era fatto.

Ero paralizzato, fu una delle poche volte in cui lo fui per davvero: una delle rare occasioni in cui non riuscivo a muovere nemmeno un muscolo, a battere ciglio, e nemmeno a respirare. Intanto lei mi squadrava terrorizzata, aspettando una mia qualsiasi reazione. Non vedendone nemmeno l'ombra, scese dalla roccia, ed iniziò ad indietreggiare lentamente, esattamente come fece sopra l'albero.

Si voltò di scatto e si preparò a correre, ma non aveva messo in considerazione la mia mano che in quel momento le stringeva il polso.

La tirai verso di me e la abbracciai.

Un semplice abbraccio.

Niente parole.

Niente commenti.

Solo un'azione.

Lei cedette: iniziò a versare lacrime salate sulla mia maglia, piangendo silenziosamente, e stringendola disperatamente con entrambe le mani, quasi a voler trovare un appoggio con cui salvarsi. Posai la mia guancia sulla sua testa, dato che, anche se eravamo entrambi bambini, la sovrastavo comunque di 3 o 4 centimetri. Restammo così, lei a sfogarsi, ed io a cercare di confortarla, non capendo però un'emerita ceppa dell'intera situazione. Dopo che si fu calmata, per quanto possibile, chiesi semplicemente:

-Chi?-

-Lui- rispose lei, cercando poi di allontanarsi dalla mia stretta.

-Mio dio, sono patetica. Piangere per il passato, ed è già la seconda volta che lo faccio- mormorò a bassa voce, ma io la sentii comunque, e la strinsi nuovamente a me, sussurrandole dolce:

-Non devi vergognarti di avere delle paure e delle emozioni, siamo tutti umani, e normale doversi sfogare certe volte. Pensa che io a volte piango ancora per l'album di figurine che mia mamma aveva buttato per sbaglio. E se lo ritieni patetico, allora siamo patetici tutti e due- ridacchiai, seguito subito dopo da lei.

-Ne hai altre?-

-No!- esclamo velocemente, troppo velocemente.

La fulminai con lo sguardo:

-Non mi mentire-

-Non ho a disposizione domande alternative? Oppure l'aiuto del pubblico?- chiese nervosamente, cercando di cambiare argomento.

-No. Ora, per favore, potresti toglierti la maglia?- le chiesi calmo.

Sgranò gli occhi e iniziò a farsi prendere dal panico.

-Ehi, sta tranquilla, ci siamo solo io e te qui. Nessun altro- la tranquillizzai stringendole un pò gli avambracci.

Annuì tremante e, dopo un tempo che mi parve non finire mai, con una mossa veloce si tolse la maglia nera, rimanendo con una canotta dell'ennesimo colore.

"Chi può essere così spregevole da fare una cosa del genere?! Per di più ad una ragazza!" pensai inorridito.

Ai se ne stava li davanti a me, nervosa, giocherellando con le dita. I suoi occhi erano coperti dalla frangia, quindi non riuscivo a vedere se erano nuovamente lucidi di lacrime oppure no. Analizzai accuratamente la sua pelle scoperta, piena di cicatrici.

-Cosa te le ha procurate?- le domandai con tono professionale.

-Pistole e coltelli- rispose con lo stesso tono.

-Non saresti dovuta morire d'emorragia?- chiesi nuovamente squadrandola.

-Purtroppo no, visto che mi curavano appena prima che svenissi dall'improvviso calo di sangue, prolungando così il dolore-

-Posso?- le feci un cenno verso il braccio sinistro, quello più ferito.

Non disse nulla, annuì semplicemente porgendomelo. Lo presi e iniziai ad analizzare le ferite.

"Cacchio se sono profonde! Alcune dimostrano che il coltello o il proiettile ha trapassato il braccio da un lato all'altro..." pensai cercando di non farmi opprimere dal disgusto che quelle persone mi provocavano.

-E queste?- le indicai una serie di strisce di sangue cicatrizzato sulla parte interna del braccio che stavo fissando.

-Niente di che...-

-Ai, ti prego, non mentirmi-

Sospirò rassegnata e iniziò a parlare con voce roca:

-Quelle me le sono fatte io. Quando facevo ancora parte dell'organizzazione, dopo un pò di tempo che testavano armi su di me, anche solo per puro divertimento, caddi in uno stato depressivo. La depressione peggiorò fino a quando arrivai ad auto-lesionarmi nei pochi posti che non erano ancora feriti, tentando più volte il suicidio-

Le mie vene iniziarono a ribollire di rabbia e preoccupazione, ma Ai mi distrasse dai miei pensieri dicendomi:

-Grazie-

-Per cosa?-

-Per non provare pena o compassione nei miei confronti. Tutte le persone che incontravo e che notavano le cicatrici mi guardavano con uno sguardo intriso di pena, e ti assicuro che non è per niente piacevole-

-Come fai ad essere sicura che non provo niente del genere per te?-

-Lo leggo nei tuoi occhi, e gli occhi non mentono mai- si sedette sull'orlo della roccia, subito seguita da me.

-Sono sicura che hai altre domande da farmi. Avanti, spara- sospirò guardandomi più tranquilla, rimettendosi velocemente la maglia.

-Beh...ecco... volevo sapere di più riguardo all'attacco di panico...-

-Sarai accontentato- mi interruppe -Come ti ho già accennato, li ho da quando sono entrata a far parte degli uomini in nero, per via del trattamento che mi riservavano e altre ragioni che non starò qui ad elencare. Da qualche mese a questa parte, quindi da quando sono riuscita a scappare da essa, il panico mi assale quando mi perdo tra i ricordi, questo perché mi conducono sempre alla morte di Akemi e dei miei genitori. Quando succede, inizio a vedere delle ombre ai lati degli occhi che si muovono velocemente, fino a quando Gin compare davanti a me. Arrivata a quel punto perdo lucidità e non ho più controllo sulle mie azioni, infatti è l'ansia a comandare il mio corpo. Solitamente finiscono dopo che me lo ritrovo ad un palmo dal naso. Non è niente di grave, comunque...-Scosse una mano cercando di convincermi.

-Per questa volta farò finta di non aver sentito l'ultima frase...- la fulminai -ma non mi sembra che mi abbia detto tutto, la tua posizione leggermente rigida ne è la conferma-

-Ecco perche ti chiamo mini Sherlock Holmes- ghignò nella mia direzione -Ho un altro tipo di attacco di panico: quando succede sento dolorose fitte al petto e mi sento travolgere dall'ansia, e questo significa che uno o più membri dell'organizzazione sono vicini. Questo in realtà è molto utile, ed anche affidabile: l'ho testato varie volte- scrollò le spalle.

-Mi stai nascondendo ancora qualcosa...- socchiusi gli occhi, ripensando alle "ragioni che non starà ad elencare".

-Ti ho già detto troppo. Ora di certo mi consideri una femminuccia piagnucolona che si fa prendere sempre dal panico-

-Non dirlo più- ringhiai contrariato.

-Perché non dovrei? E' la verità- sorrise amaramente.

-Tu ti consideri una femminuccia piagnucolona?! Ti assicuro che non lo sei: sei fuggita dall'organizzazione rischiando di essere uccisa, hai preso l'aptx rischiando di morire, hai sopportato tutte quelle ferite inflitte da armi mortali da quando avevi cinque anni, sai assestare un calcio in culo che potrebbe lasciarti incinto, hai sopportato tre perdite familiari senza lamentarti nemmeno una volta, e dalla morte di Akemi hai pianto solo due volte, a causa mia. Non credo che tu sia una femminuccia, e tantomeno piagnucolona- elencai sulle dita delle mani.

-Come puoi essere certo che io abbia pianto solo due volte dalla morte di mia sorella?-

-Ho forse sbagliato?- inarcai un sopracciglio ghignando beffardo, sapendo perfettamente di avere ragione.

-No- sospirò -ma... grazie- continuò sussurrando.

-Basta ringraziarmi! E' già la seconda volta in un paio di minuti, ed è troppo strano! Non ti chiederò altro, il resto me lo dirai se vorrai, e se si, quando ti sentirai pronta. Ma ora, ti prego, ritorna normale!- la pregai.

Dopo un attimo di shock, si riprese e , ghignando maligna, disse:

-Allora vieni qui, che magari un altro calcio ti accontenta- si avvicinò dopo che iniziai a indietreggiare impaurito.

"Almeno è ritornata quella di sempre..." pensai contento.

-Ma che ti ho fatto di male nella mia vita?!- urlai mentre correvo con lei alle calcagna, ognuno con il proprio zaino tra le braccia.

-Esisti!- mi gridò lei in risposta.

-Ehi, Ai! ti posso chiedere un'ultima cosa? Non ha niente a che vedere con i discorsi di poco fa, tranquilla- la rassicurai mentre arrestammo la corsa.

-Ok, dimmi- mi fece un cenno curiosa.

-Ce l'hai una scorta di nutella? E se si, mi puoi dire dove la tieni?- domandai pensando però di star chiedendo troppo dalla vita.

-Certo, vieni qua- mi intimò di avvicinarmi a lei.

Sorpreso per la sua improvvisa bontà e gentilezza feci come detto, dopo di che avvicino la sua bocca al mio orecchio e mi sussurrò sghignazzando:

-Te lo sogni, cretino!-

Subito dopo mi colpi in testa con un pugno, esclamando:

-Ora ti conviene correre se non vuoi ritrovarti il tuo bel di dietro rosso!-

Ridendo e scherzando arrivammo dagli altri, ed è inutile dire che il dottore ci fece una bella ramanzina rinfacciandoci che l'avevamo preoccupato, però non duro più di tanto, visto che lui sapeva che non eravamo bambini veri, e che sapevamo badare a noi stessi, Ai per prima.

Si erano fatte le tre, e iniziammo a sentire un rumore sospetto provenire dai nostri stomaci, quindi decidemmo di mettere qualcosa sotto i denti, nonostante l'orario. Dopo esserci rifucillati, ci demmo da fare con le rispettive tende: infatti gli altri avevano montato solo le proprie, lasciando a noi le restanti due.

I giovani detective avrebbero dormito nella stessa tenda, il dottore in un'altra, e la stessa cosa per me ed Ai.

Prendendo in mano i vari materiali che avremmo usato, Ai iniziò a chiedere perplessa:

-Ma che ca...?!-

-Ai!- la interruppi, prima di sentir uscire una bestemmia dalla sua bocca.

-Che vuoi?!- domandò scocciata.

"Si, direi che è ritornata la solita" pensai soddisfatto della sparizione delle emozioni negative.

Le feci un cenno veloce verso i bambini che ci guardavano confusi, non capendo la mia interruzione. Lei sembro illuminarsi, capendo, e si grattò la nuca leggermente a disagio:

-Eheheh... errore mio... stavo dicendo... ma che cavolo è questa roba?!- ridacchiò nervosamente cercando di rimediare.

Scossi la testa esasperato ma divertito.

-Che intendi?-

-Questi- indicò i vari attrezzi alzandoli da terra -che ca...volo dovrebbero essere?!- si corresse dopo che la fulminai nuovamente dato che rischiò di scatenare domande scomode dai bambini che alternavano gli sguardi a me a lei, e viceversa; per colpa del suo linguaggio a dir poco commentabile in presenza di piccoli lattanti, anche se loro non ci avrebbero capito comunque niente.

-Non sei mai stata in campeggio?!-

-Sei serio?!- mi trucidò con lo sguardo.

-Perché non dovrei esserl... oh... scusa...- sussurrai mortificato, ricordando le spiegazioni sul suo passato.

-Lascia stare... ma mi vuoi spiegare come si monta questo aggeggio di Satana?!- sbuffò frustrata.

Passammo le seguenti due ore a montare quelle benedette tende, ma il risultato fu una soddisfazione incredibile. Ai portò le mani ai fianchi e sospirò orgogliosa del lavoro svolto:

-Altro che le 12 fatiche di Ercole, questa dovrebbe essere la tredicesima delle imprese-

Risi di gusto al suo commento. Ormai erano le 17:45, quindi sistemammo le nostre cose nelle rispettive tende e preparammo la cena, la quale dopo un'ora e mezza abbondante fu pronta, visto che per cucinarla avevamo usato un semplice falò.

La notte presto prese il sopravvento sul giorno, illuminandoci dolcemente con miriadi di stelle condotte dalla luna piena. Era un paesaggio da brivido, degno luogo dove raccontare storie raccapriccianti. Ma oltre a trasmettere paura, i pochi grilli rimasti donavano una serenità che niente di artificiale poteva rimpiazzare. Ai sembrò avere i miei stessi pensieri, visto che mi chiese:

-Ehi, mini Sherlock, puoi fare una foto al paesaggio? Con il telefono che ho è già tanto se riesco ad effettuare le chiamate-

Era tranquilla, si vedeva che la natura aveva un effetto calmante anche sugli spiriti più bollenti.

Le porsi il mio telefono, dicendole:

-Tieni, fai pure-

Fece un paio di scatti, ringraziandomi subito dopo. Me lo ridiede e si sdraiò sull'erba fresca, ammirando le stelle che creavano un'atmosfera semplicemente fantastica. Seguii il suo esempio, sdraiandomi a mia volta affianco a lei e poggiando le mani sul mio stomaco. Ci raggiunsero anche i piccoli detective, e in seguito anche il dottore.

Ognuno perso nei suoi pensieri, ognuno godendo del panorama che ci circondava, ognuno stando in rigoroso silenzio.

Sentimmo un improvviso squittio, e facemmo tutti per alzarci e vedere la natura del suono, ma Ai ci interruppe sul nascere con espressione sorridente e pacifica:

-Fermi, lo spaventerete-

Ci voltammo a pancia in giù, osservando Ai che si era messa a gattoni e, tastandosi prima la tasca, estrasse fuori alcune arachidi, noci, nocciole e mandorle, tutte senza guscio. Si avvicinò lentamente allo scoiattolo che la squadrava curioso e, ogni volta che esso scattava pronto a scappare, lei si fermava. Arrivata a un metro di distanza, sdraiò il braccio a terra, con il palmo della mano contenente la frutta secca rivolto verso l'alto. Restò in quella posizione per un paio di minuti, fino a quando il piccolo animaletto peloso si fece avanti e iniziò a sgranocchiare il suo cibo.

Ai sorrise dolcemente, mentre tutti noi lanciammo dei versi inteneriti dalla sua inaspettata dolcezza di, ma, come a volerci riportare con i piedi per terra, la diretta interessata si girò verso di noi e ci trucidò con lo sguardo, intimandoci di non fiatare attraverso esso. Serrammo tutti la bocca, non volendo farla arrabbiare in alcun modo, e ci rimettemmo a guardare la scena in pacato silenzio. Lentamente allungò l'altra mano, fino a farla arrivare ad un palmo dal muso dello scoiattolo, il quale decise di farsi coraggio e si trusciò timidamente contro di essa.

Mi morsi forte il labbro inferiore per evitare di lanciare un altro verso intenerito, e, girando la testa, vidi che tutti stavano facendo la stessa cosa. Ai gratto con un dito la sua piccola nuca piena di morbidi peli, e lui chiuse gli occhi godendosi le carezze seguentemente eseguite sotto al mento. Passò poi ad accarezzare la sua coda, e solo Dio sa quanto mi trattenni per non saltare addosso al duo e strofinare la faccia contro quella pelosissima coda. Ai ridacchiò quando esso struscio il suo muso umido contro il suo palmo, provocandole un lieve solletico.

"Che dolce che è..." pensai, e di certo non mi riferivo solo al piccolo animale.

Si sentì un altro squittio, e lo scoiattolo drizzò subito le orecchie scattando sull'attenti. Dopo un nuovo richiamo, esso se ne andò, ma non prima di aver accettato le due noci che Ai gli stava porgendo. Prima di correre via, però, si arrampicò velocemente sul suo corpo, fino ad arrivare alla sua spalla, e strusciò nuovamente il muso umido contro la guancia della sbadigliona. Ai lo accarezzò un'ultima volta, prima di vederlo sparire nell'oscurità insieme ai suoi amici, i quali si erano radunati sotto ad un albero abbastanza lontano da lì.

Lei continuava a sorridere a trentadue denti camminando verso di noi, ma, vedendo le nostre espressioni addolcite dal suo comportamento, tornò seria e, schiarendosi nervosamente la gola, disse:

-Non una parola a riguardo-

"La tempesterò di domande... oh, eccome se lo farò..." pensai deciso.

Erano le sette e mezza di sera quando decidemmo di cenare, riempiendo i nostri piatti di curry fumante. Mangiammo tutti di gusto, seduti su dei tronchi caduti che accerchiavano un falò spento. Appena finito di consumare il pasto sentimmo un urlo agghiacciante, niente a che vedere con quelli dei film horror, quello era il richiamo del diavolo... letteralmente...:

-Venite qui!- tuono Ai.

Ci radunammo tutti avanti a lei, sudando freddo per la sua espressione maligna.

-Ora andremo tutti a prendere della legna secca per accendere il fuoco, e non voglio discussioni. Domande?-

Ayumi alzò la mano titubante:

-Dove la dovremmo prendere la legna?-

-Nel bosco, ovviamente- rispose ovvia, incrociando le braccia al petto.

-Ma io ho paura...- disse lei leggermente spaventata.

-Beh... anche noi se è per questo... è buio e non si vede niente...- si aggiunsero in coro Mitsuhiko e Genta.

-Va bene. I giovani detective resteranno qui. Rimanga anche lei, dottore, per tenerli d'occhio. Tu, invece, vieni con me- mi fece un cenno e partì senza aspettarmi.

"Che Dio mi assista..." pregai mentalmente facendomi il segno della croce.

Ognuno di noi due aveva un torcia, fortunatamente, ed io non esitai ad accendere la mia. Ai era sparita nel buio, e non riuscivo a vedere la luce della sua torcia da nessuna parte.

-Ai?- gridai un po' intimorito.

-Ai!- la chiamai nuovamente, non ricevendo risposta.

-Meglio raccogliere dei rami, la sua furia incuterebbe timore anche a Satana...- borbottai tra me, iniziando a cercare della legna, puntando la luce emanata dalla torcia elettrica per terra.

Adocchiai un bel mucchio di rametti, e contento del bottino li presi tra le braccia facendo attenzione a non cavarmi qualche occhio, e feci per andarmene. Sentii però una risata sovrannaturale. Mi vennero i brividi, ero un tipo che si spaventava molto facilmente.

-Ai! Smettila con'sti scherzi del cacchio! Non è divertente!- urlai, ma come risposta udii solo la stessa identica risata.

-Giuro che se ti prendo ti spezzo in due!- le urlai nuovamente, sicuro che fosse lei la causa della mia paura.

Di nuovo la risata. Ero sul punto di svenire, quando sentii alle mie spalle un urlo, insieme a due mani che si posarono pesantemente su di esse:

-Bu!-

Caddi nell'oscurità, svenendo realmente.

-Sei morta...- borbottai prima di perdere conoscenza -però prima devo scappare dagli alieni che mi stanno rapendo...-

Angolo Autrice:

Ecco un nuovo mega-capitolo appena sfornato! Spero come sempre che vi piaccia, e se così votate e commentate.

Come avete potuto vedere ho cambiato la copertina ed il titolo della storia, e spero di cuore che siano di vostro gradimento.

Inoltre vorrei ringraziarvi per il supporto che mi state dando, perché... cioè... siamo a 500 e passa visualizzazioni e più di 100 voti! Che dire... WOW. Sarà anche un piccolo passo, ma per me è molto importante sapere che questa storia vi piace, perché mi da la spinta per continuare a scrivere. Quindi...

GRAZIE X3

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