Capitolo 15
Conan's POV
Adoravo passeggiare in mezzo alla natura, specialmente in autunno, quando le foglie dorate cadevano lentamente ai miei piedi. Mi stiracchiai rilassato, chiudendo per un attimo gli occhi, ma continuando a camminare. In quell'attimo però sbattei la faccia contro il tronco di un albero. In effetti avrei dovuto aspettarmelo, data la sfortuna che mi portavo sempre dietro. Ovviamente persi l'equilibrio e sbattei il sedere sul terreno, sorprendendomi dalla sua durezza.
Aprii gli occhi, iniziando a massaggiarmi il di dietro dolente, e osservai il posto su cui ero caduto. Era coperto da alcune foglie ingiallite, quindi le rimossi velocemente, rivelando cosi dei grandi sassi che sembravano formare una specie di sentiero improvvisato.
"Dove porta?"
Lasciai perdere il dolore e iniziai a camminare verso il luogo a cui portava quel piccolo sentiero, sentendo la curiosità torturarmi le viscere. Tenni lo sguardo fisso a terra per evitare di cambiare involontariamente direzione, visto che il vialetto aveva molte curve; ma, ovviamente, sbattei nuovamente contro un albero, questa volta con la testa, procurandomi un bel bernoccolo.
-Porco cacchio... il mondo c'e l'ha con me oggi...- farfugliai, iniziando a massaggiare il nuovo punto dolente.
Ma non mi lasciai abbattere neanche da quell'altro albero, la curiosità aveva preso il possesso di me. Questa volta, per evitare di ritrovarmi con qualche osso rotto, camminai guardando dritto davanti a me, lanciando pero qualche occhiata al sentiero per evitare di sbagliare direzione. Per fortuna non ci furono altri intoppi, e presto arrivai davanti ad una struttura in rovine. Entrai attraverso il varco creato dalla porta assente, che si trovava infatti sul pavimento malridotto. Mi guardai curiosamente attorno, cercando di capire che cosa fosse che luogo.
Con la coda dell'occhio notai alcuni macchinari, quindi mi girai verso di essi, e grazie a loro arrivai alla conclusione che un tempo fosse stato un laboratorio. Studiai con occhio esperto l'ambiente intorno a me, intuendo grazie alla densità della muffa e alle numerose tane degli animali in cerca di un rifugio, che nessuno era stato lì da parecchi anni.
A parte una persona che doveva essere stata lì non più di 5 minuti fa, capii dalle recenti e confuse orme di fango che, oltre alle mie, spiccavano sul pavimento una volta bianco.
"Doveva essere stato un bel posto un tempo, seppur piccolo..." pensai "certo che però è strano un laboratorio nel bel mezzo di un bosco... aspetta un attimo... stiamo parlando di un laboratorio... in un bosco... nel quale non c'è stato nessuno per molto tempo... Ai!"
Arrivai a quella conclusione grazie anche ad una vecchissima foto che trovai sul tavolo ricoperto di muschio. Era molto consumata, ma riuscii a distinguere i volti delle quattro persone nella foto. Due di esse non riuscii ad identificarle, ma le altre due le conoscevo... eccome se le conoscevo: Akemi ed Ai, e sicuramente l'uomo e la donna dietro di loro erano i loro genitori.
Entrambe le ragazze erano piccole, probabilmente Akemi aveva circa 10 anni, invece Ai ne aveva sicuramente 6: era uguale alla Ai che vedevo io ogni giorno. Akemi sorrideva dolcemente verso l'obbiettivo, mentre Ai mostrava un sorriso a trentadue denti, accompagnato da due piccole dita che formavano il simbolo della vittoria. Il suo piccolo faccino era incorniciato da dei capelli ramati che le arrivavano appena sopra la vita, più lunghi di quelli che vedevo io da quando l'avevo incontrata la prima volta. I due adulti sorridevano a loro volta, con le mani sulle spalle delle figlie. Per quanto volessi concentrarmi sui genitori di entrambe, il mio sguardo si fermava sempre su Ai, o piuttosto, su ciò che trasmetteva il suo viso: felicità e spensieratezza.
"Doveva avere un carattere allegro e solare una volta..." pensai amareggiato da quel possibile cambio di carattere.
Presi la foto e la misi delicatamente nello zaino, sicuro di fare una bella sorpresa alla sbadigliona, che era perennemente imbronciata, escluse quelle poche volte in cui riuscivo a vedere, o anche solo a scorgere, un sorriso sincero o una risata allegra.
Feci per andarmene e tornare all'accampamento, ma le orme della misteriosa persona catturarono la mia attenzione. Il mio istinto da detective prese il sopravvento, e prima che me ne rendessi conto, stavo analizzando accuratamente le tracce.
"Dalle impronte che hanno lasciato, le suddette scarpe erano da ginnastica, e dalla grandezza di esse molto probabilmente era un bambino della mia attuale età ad averle lasciate. La persona stava indietreggiando. Per un occhio poco attento potrebbe sembrare che il misterioso bambino stava semplicemente camminando, ma la distanza tra un orma e l'altra è troppo corta per essere una tranquilla camminata a passo normale. Poi c'è un improvviso cambio di direzione, dove il bambino si è girato ed ha iniziato a correre velocemente in direzione del bosco. Sembra che sia scappato... ma il punto è da cosa, o meglio da chi, sia scappato: qui non ci sono ulteriori impronte per supporre che qualcuno lo abbia spaventato. Non ci sono nemmeno altri indizi per poter capire chi fosse il bambino in questione, e chi l'abbia spaventato, come anche la direzione verso cui si sia diretto" conclusi "ma forse se seguo le tracce..."
Lanciai un ultimo sguardo al laboratorio appuntandomi di ritornarci, magari per scoprire nuove cose riguardo l'ex donna in nero. Uscii ed iniziai a seguire le impronte, guardandomi contemporeanamente intorno.
"Qui non c'e nul... ma quello è lo zaino di Ai?" mi sorpresi.
Camminai con passo svelto verso di esso. Era stato messo distrattamente sopra un grande masso. Frugai al suo interno alla ricerca di prove per confermare la mia ipotesi.
"Il cellulare, il portafogli, i medicinali... è suo! Potrei approfittarne per prendere qualche pillola dell'antidoto provvisorio dell'apotoxina... ma non sarebbe corretto... lei non è qui e questo zaino è suo, sarebbe come barare... ma più che altri finirei di ritrovarmi il di dietro piatto e con l'impronta di una scarpa stampata sopra... meglio non rischiare..." rabbrividii rimettendo in fretta e furia il contenitore con dentro i medicinali all'interno della borsa.
Ritornai serio quando capii che era Ai ad aver lasciato quelle impronte. Tutto coincideva: la grandezza di esse, il fatto che quello era il laboratorio dei suoi defunti genitori, e lo zaino probabilmente lasciato lì prima di entrare.
-Però rimane il fatto che non capisco da chi sia fuggita- ragionai a bassa voce, mettendomi una mano sul mento a formare la mia solita posa riflessiva- Da quel che ho capito lei ama gli animali, e la sua unica paura era quella di perdere la sua famiglia, paura che purtroppo è divenuta realtà, segnando a sua volta il drastico cambiamento di carattere. Non mi sembra il solito tipo di femminuccia che si spaventa per un topo o una macchia di sangue, al massimo è lei a spaventare gli altri. Il suo rapporto con l'horror è... meglio non parlane. Ma allora cosa l'ha spaventata così tanto da dover scappare? Pensa Shinichi, pensa..." strizzai gli occhi cercando di concentrarmi "l'unica volta che l'ho vista spaventata è stato quando ho dormito con lei e ha fatto quell'incubo... ora che ci penso, oltre che imprecare con ogni sorta di bestemmia esistente, prima di svegliarsi ha sussurrato: "Merda... Gin..." ma è praticamente impossibile che lei abbia paura di un alcolic... aspetta un attimo... Gin...- sbiancai.
Iniziai a correre a perdifiato con lo zaino di Ai stretto fra le braccia, seguendo le sue orme.
"Cacchio, no! Fa che non sia troppo tardi! Non posso permettere che... Devo trovarla!"
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