Capitolo 14
Ai's POV
Quel bosco emanava una calma che riusciva sempre a tranquillizzarmi, fin da quando ero solo una bambina, una vera bambina.
Continuai a camminare beandomi di quel silenzio interrotto solo dai delicati versi degli animali, fino a quando non scorsi un vialetto composto da ciottoli di pietra. Riconobbi subito quel piccolo sentiero che conduceva a quella che potevo definire la mia seconda casa, a quel posto così tanto importante per me. L'ansia mi travolse mentre mi chiedevo se sarebbe stata una buona idea raggiungere quel luogo.
"Ora o mai più" mi dissi decisa, e iniziai a percorrere quello stretto vialetto creato proprio da me e Akemi per poter facilmente trovare la strada che conduceva al laboratorio dei nostri genitori.
I passi, dapprima lenti ed insicuri, diventarono più spediti, e presto mi ritrovai a correre per raggiungere al più presto la mia destinazione e affrontare i miei timori. Man mano che il laboratorio era più vicino, rallentai e mi tranquillizzai, regolando anche il mio respiro affannoso. Con quell'andatura veloce arrivai presto davanti a quel semplice laboratorio composto da una sola stanza, grande poco più di cento metri quadrati. Molto piccolo, ma racchiudeva in se i ricordi della mia infanzia. La porta, che una volta era di un legno massiccio e lucido, ora era un insieme di muffa, muschio e consumata legna.
Entrai dentro la struttura, ma non prima di aver posato lo zaino su di un grosso masso lì vicino, dato che stava iniziando pesarmi. Il soffitto ormai non esisteva più, come d'altronde anche alcune parti degli alti muri di mattone, i quali circondavano dei complessi macchinari che ovviamente non funzionavano più, e un paio di tavoli malridotti anche loro fatti di legno. Il pavimento era un ammasso di piastrelle di pietra sporche e spezzate qua e là, il rischio di inciampare era infatti molto alto. Edere e piante rampicanti varie avevano coperto gran parte dei muri, come anche muffa, muschio, e tane di animali ed insetti.
L'aspetto di certo era pessimo, ma era il profumo che emanava quell'edificio che io consideravo casa: il profumo della mia famiglia. I ricordi iniziarono ad attraversare la mia mente, alcuni belli, altri brutti, alcuni mi facevano venir voglia di sorridere, altri di piangere. Restai in piedi, in mezzo a quel laboratorio distrutto, per non so quanto tempo, ad aspirare a pieni polmoni quell'odore che mi rassicurava, e a ricordare i momenti vissuti con la mia famiglia.
Famiglia che ormai non esisteva più.
Famiglia la cui unica superstite ero io.
Famiglia che desideravo riavere con tutta me stessa.
Famiglia che mi era stata violentemente strappata via in tenera età.
Famiglia la cui assenza mi portò a diventare la fredda persona che ero.
Famiglia per la cui avrei dato la vita senza esitazione.
Solo allora si susseguirono a frammenti i ricordi riguardanti la morte di essa. Prima l'incendio al laboratorio. Poi la pallottola che colpi dritta al cuore mia sorella Akemi. Non avevo assistito a nessuna delle due perdite, ma non riuscivo comunque ad arrestare quelle immagini prodotte dalla mia mente.
Iniziai a sudare nonostante fossi vestita leggera, ma non ci feci caso. Sapevo perfettamente cosa sarebbe successo di lì a breve.
"No... ti prego, no... non ora..." pregai mentalmente, non riuscendo comunque a impedirmi di andare nel panico.
Con la coda dell'occhio intravidi un'ombra muoversi velocemente, e i miei occhi scattarono automaticamente su di essa, non riuscendo però a vederla di nuovo. La scorsi infatti dall'altra parte della stanza, questa volta più chiara e con i dettagli più definiti, ma non riuscii comunque ad identificarla. Quella svanì nuovamente, ma apparve qualche secondo più tardi, molto più vicina delle due volte precedenti.
I lineamenti erano molto più chiari, e ormai la figura era distinguibile.
Gin.
"Cazzo, no... perché ora?!" pensai negli ultimi attimi di lucidità, prima di indietreggiare e iniziare a correre il più veloce possibile fuori dalla struttura, dimenticandomi dello zaino lasciato lì vicino in precedenza.
Corsi senza fermarmi nemmeno un attimo, girandomi però qualche volta per vedere quanti metri mi distanziavano da lui. Per quanto aumentassi la velocità della corsa, ogni volta che mi voltavo lo trovavo sempre più vicino, sempre meno metri a dividerci; era risaputo che Gin fosse il più veloce dell'organizzazione. In tutto quel tempo non smisi di sudare, ma non era dovuto alla fatica: era infatti colpa del panico e dell'ansia che mi attanagliavano l'anima.
Dopo un po iniziò a mancarmi il fiato, e ad ogni passo che facevo una fitta lancinante mi attraversava il fianco sinistro, quindi decisi di nascondermi fino a quando sarei stata nuovamente in grado correre . Cercai con lo sguardo un albero che fosse abbastanza grande da reggermi, e appena trovato iniziai agilmente ad arrampicarmi.
Una volta in cima sospirai di sollievo, poggiando la schiena contro il tronco, e chiusi per un attimo gli occhi, non potendo però allontanare il panico che si era impossessato di me. Appena li riaprii per controllare la situazione, mi ritrovai il suo viso ad un palmo dal mio.
-Ti ho trovata, piccola Sherry- ghignò maliziosamente.
Mi paralizzai ed iniziai a tremare, ma riuscii in qualche modo ad alzarmi e indietreggiare su un ramo. Ero abbastanza agile sugli alberi: fin da piccole io ed Akemi amavamo giocare su quelli che circondavano il laboratorio, mentre i miei genitori lavoravano.
Continuai ad indietreggiare spaventata, ma Gin non voleva saperne di lasciarmi andare, né di togliere quel maledetto ghigno dalla sua faccia coperta per metà dai capelli candidi come neve. Indietreggiai fino a quando non sentii il rumore sordo di un ramo spezzato, più precisamente quello su cui mi trovavo io. Precipitai da più trenta metri, ma non toccai mai il suolo. Solo un'ultima cosa udii prima di svenire:
-Presa...-
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