Il fantasma sulla collina

San Felice, 30 ottobre 1940

L'autunno era arrivato, nonostante tutto, a San Felice Circeo, con tutto ciò che aveva comportato: Mussolini aveva coinvolto l'Italia nella cosiddetta "guerra lampo" dichiarata da Hitler per prendersi la Polonia attraverso il Corridoio di Danzica, chiamando alle armi tutti gli uomini che avessero compiuto ventun anni.
Un paese piccolo come San Felice Circeo si era svuotato per metà, eppure chi era rimasto, in quella seconda metà di ottobre, si preparava come tutti gli anni all'evento più atteso dell'autunno: la Vigilia di Ognissanti. Dalla mattina presto, l'ultimo giorno di ottobre era dedicato alla preparazione del banchetto per i cari defunti, che nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre sarebbero tornati, mentre i vivi dormivano, seguendo la luce delle lanterne, intagliate nelle zucche, che i loro parenti avevano acceso per guidarli nella strada del ritorno.
Alle nove in punto l'intero paese si sarebbe riversato al cimitero, le cui porte sarebbero state aperte dal custode Donato Sirni: da lì sarebbe partita una processione guidata dal parroco del paese, Don Filippo Galli.
Poi ognuno sarebbe tornato nella propria casa, pieno d'emozione per il ritorno delle anime, che a mezzanotte sarebbero usciti dalle loro tombe, per poi rientrarvi all'alba.

                                   ***

In quell'ottobre del 1940, tuttavia, i sanfeliciani si approcciavano alla ricorrenza in modo diverso, poiché la guerra che infuriava in Europa aveva gettato tutti nella preoccupazione per i padri, i figli e i fratelli partiti per il fronte alla metà di giugno, quando Mussolini aveva comunicato lo schieramento dell'Italia al fianco della Germania in quel nuovo conflitto.
Giada Spinelli, la nipote dell'avvocato Giulio Spinelli, aveva sentito parlare spesso della Vigilia di Ognissanti, dai nuovi amici che si era fatta quando era arrivata da Roma, come sfollata: attendeva quell'evento con molta trepidazione, visto che quelle antiche tradizioni nelle città andavano scomparendo.
Tuttavia quella mattina, al circolo del tennis, a riposo tra una partita e l'altra, i cugini Enrico e Tiberio Belmonte, e il giovane tipografo Rinaldo Marini le stavano raccontando una cosa ancora più interessante.
<< Dicono che in America la Vigilia di Ognissanti si festeggi una specie che da noi >> rivelò Enrico, amante di tutto ciò che proveniva da oltreoceano.
<< Sul serio? >> chiese Giada, mettendosi le mani sulle guance.
<< Si chiama Halloween perché proviene da All Hallow's Eve, che vuol dire appunto "Vigilia di Ognissanti" >> spiegò Rinaldo, che conosceva molto bene l'inglese e aveva cominciato ad insegnarlo alla stessa Spinelli.
<< E mentre qui si svolge la processione alle nove, laggiù si organizzano feste in casa tra amici, e i bambini bussano di porta in porta chiedendo: "Dolcetto o scherzetto?", rigorosamente travestiti da streghe, zucche, fantasmi e via dicendo >> aggiunse Tiberio.
<< Sarebbe bello fare una cosa simile anche qui... >> sospirò la Spinelli, affascinata da quel racconto di grande modernità.
<< Se proponessimo una cosa simile, Don Filippo ci farebbe l'occhiatura! >> intervenne Annalisa, sorella di Tiberio, venendo loro incontro con Elena, il cui fratello era invece Enrico.
<< Però sarebbe divertente fare una cosa all'americana >> suppose quest'ultima.
<< E allora facciamo che ci vediamo tutti alle dieci, nella villa dei miei zii. Stiamo un po' tutti insieme, non faremo casino. Sentiamo un po' di musica, come il sabato e la domenica, leggiamo qualche libro. Una cosa tranquilla >> ipotizzò Giada.
Gli altri si guardarono tra di loro.
<< Possiamo provare a chiedere alle nostre famiglie >> disse Annalisa.
<< Vediamo un po' cosa dicono >> decretò Rinaldo, ma in cuor loro speravano che gli dessero il permesso.

                                   ***

Convincere gli Spinelli non fu per Giada molto difficile: Giulio e Alba compresero che la loro nipote aveva bisogno di svagarsi, non solo perché era lontana dalla sua città o perché in Europa infuriava la guerra, ma anche perché pochi mesi prima aveva anche rischiato la sua vita: infatti, a seguito di una gita in barca con Enrico Belmonte, in cui erano stati sorpresi da un nubifragio e dal mare mosso, le era venuta la febbre a quaranta per diversi giorni.
Perciò decisero che, appena finita la processione delle nove, sarebbero partiti quella sera stessa con l'auto e avrebbero dormito in una pensione a Terracina.
Anche i Belmonte furono molto permissivi, specialmente le signore Viola, Livia e Cristina: le tre donne incentivavano l'amicizia dei figli con Giada, perché erano sicure che, con i suoi natali importanti, li avrebbe portati lontano.
Non fu difficile nemmeno per Francesco e Gisella Marini né tantomeno per Irene Cataldo dare il via libera rispettivamente a Rinaldo e ad Iris: le due famiglie erano tranquille sul fatto che i ragazzi fossero fidanzati e non avrebbero fatto sciocchezze.
Infine Oreste Filomusi diede il permesso a tutti i figli di andare, ma solo Maurizio ed Elsa accettarono l'invito di Giada: Claudio e Mario, i fratelli maggiori, erano tutti presi dalle loro carriere nel partito fascista, sobillati dal gerarca Gianfranco Menotti.
Così la mattina del 31 ottobre dieci persone su dodici avevano confermato l'invito a Villa Spinelli.

                                     ***

Il pomeriggio dello stesso giorno Giada, mentre si faceva aiutare con i preparativi dalla governante Anita, notò che nemmeno un rumore proveniva dalle finestre aperte per far cambiare l'aria.
<< Come mai c'è tutto questo silenzio? >> domandò.
<< Perché sono tutti a preparare il banchetto per i defunti, signorina Giada. Esattamente come noi, o quasi... >> rispose la donna, emanando un sospiro.
<< Voi non siete molto d'accordo con la nostra festa, vero? >> indovinò la ragazza.
La governante fece una lunga pausa.
<< Certo che sono d'accordo. Ma non qui. Non stanotte >> rispose poi in tono cupo.
<< Perché, cosa succede stanotte? A parte che tornano le anime, ma pensavo fosse una cosa bella... >> ribatté perplessa la Spinelli.
<< Dovete sapere che sul finire del secolo scorso, molto prima che vostro padre e vostro zio venissero qui in affitto nell'estate del 1921, qui venne a vivere una coppia di sposi. Lui era il ricco Gregorio Carracci, lei si chiamava Cecilia Frezzi di Pietrasanta ed era una contessa. Nessuno sa bene come successe, ma un giorno lei vide un garzone, tale Tito Gervasio, e se ne innamorò perdutamente, ricambiata. I due divennero amanti, ma quando il marito li scoprì, le impose di non vederlo più per non far scoppiare uno scandalo. Per tutta risposta lei si buttò  dalla terrazza del terzo piano. Era la notte del 31 ottobre del 1890 >> raccontò l'una.
<< Morì immediatamente, immagino... >> commentò l'altra.
<< Sì, e il marito fece dire in giro che era matta. Dopo il funerale se ne tornò a Napoli, la sua città natale. La casa restò disabitata per diversi anni, ma si dice che ogni anno, il 31 ottobre, per tutta la notte si sentano dei lamenti, al terzo piano: è il fantasma della contessa che ancora chiama il suo innamorato. Nessuno è più tornato qui dentro, prima dei suoi familiari >> concluse la prima.
La seconda rimase in silenzio, poi cominciò a ridere, a ridere sempre più forte.
<< Ma Anita, siamo nel 1940! Non crederete mica più ai fantasmi... >> rispose, non appena smise.
<< Io al posto vostro starei molto attenta a sfidare gli spiriti, specialmente nella loro ricorrenza >> l'ammonì Anita, e a quest'ultima frase Giada non riuscì a controbattere.

                                      ***

Giada aspettò le nove di quella sera con emozione e curiosità: quando i suoi zii le dissero, alle otto e mezza, che era ora di incamminarsi, li seguì con il cuore che le batteva a mille dentro il petto.
La processione si svolse tranquillamente, senza eventuali brutte sorprese legate alla guerra.
Poi, quando le varie famiglie cominciarono a dirigersi verso le rispettive case, i ragazzi si diedero appuntamento in piazza, dove erano parcheggiate due macchine: sei salirono sulla prima, cinque sulla seconda, e guidarono fino alla villa sulla collina, dove non c'erano né l'avvocato e sua moglie, né la servitù.
<< Certo che ha un grande fascino questa villa, di notte! >> esclamò ammirato Tiberio.
<< Speriamo di non incontrare il fantasma della contessa Frezzi... >> commentò Elena con un brivido.
<< Non crederai mica a queste sciocchezze antiscientifiche... >> la rimproverò Luciana, che stava studiando per entrare all'Università La Sapienza di Roma, alla facoltà di Ingegneria Metallurgica.
<< Infatti, andiamo! >> li incoraggiò Giada, facendo strada agli altri, che entrarono con le macchine fino al giardino dell'elegante e chiacchierata abitazione, che si articolava su tre piani: alla luce dei lampioni posizionati nel verde, era al contempo inquietante e fascinosa.
La Spinelli aprì il portone, accese la luce all'interno e guidò gli amici dentro l'atrio.
<< Ci metteremo nella sala delle feste? >> chiese speranzosa Annalisa.
<< Ovvio, e potrai cantare tutte le canzoni che vuoi! >> confermò Giada, conoscendo ormai bene la passione dell'amica per la musica.
Un rumore sordo fece prendere un colpo a tutti.
<< Mio Dio, cos'era? >> sobbalzò Elena.
<< Sarà qualche imposta che sbatte col vento... >> fece spallucce suo fratello Enrico, correndo a mettersi accanto a Giada mentre raggiungevano la sala delle feste al primo piano.

                                    ***

L'atmosfera somigliava a quella dei sabati e delle domeniche danzanti: Enrico ballava con Giada, Cesare con Elsa e Tiberio con Iris; Rinaldo cambiava i dischi sul grammofono, mentre Annalisa cantava tutte le canzoni a memoria; Elena e Maurizio parlavano fitto, ridacchiando di tanto in tanto, mentre accanto a loro Luciana leggeva un libro.
Su un tavolo la cuoca Marinella aveva preparato un bel rinfresco per i ragazzi, che non aveva nulla da invidiare a quello tradizionale per i cari defunti.
A un certo punto il disco contenente la canzone "Over the rainbow" si incantò, attirando l'attenzione di tutti.
<< Rinaldo, fai qualcosa! >> si lamentò Annalisa, interrotta nel suo gorgheggiare.
<< Vedo quello che posso fare... >> rispose il ragazzo, rimettendo a posto il grammofono.
<< A quest'ora in America saranno già tutti travestiti, a farsi dare i dolcetti >> commentò Enrico.
<< Beh, noi abbiamo anche il salato >> gli fece notare Elsa.
<< E in barba ai razionamenti, per giunta! >> ironizzò il suo fidanzato Cesare, suscitando le risate generali, che si spensero nell'esatto momento in cui andò via la corrente, gettando la villa nel buio.
<< E adesso che facciamo? >> piagnucolò Iris, aggrappandosi a Rinaldo.
<< Cerchiamo delle candele! Da qualche parte dovranno pur essere... >> commentò Giada, facendosi coraggio e cercando di non collegare quella serie di strani episodi ai racconti della governante Anita sul fantasma della contessa Frezzi.

                                  ***

Trovarono le candele nella credenza in cucina, mentre dai piani superiori continuavano i rumori delle finestre che sbattevano.
<< Dobbiamo chiuderle, sono snervanti! >> sbuffò Enrico.
<< Ma sei matto? Metti che è davvero il fantasma... >> commentò Annalisa terrorizzata.
<< Infatti, torniamo in salone... >> le diede manforte Elena.
<< Non ditemi che avete paura di una vecchia leggenda... >> le prese in giro Giada, incamminandosi verso la scala che conduceva di sopra.
Gli altri la seguirono, alcuni tranquilli e altri perplessi.
Al primo piano c'erano le camere da letto, il secondo bagno e lo studio dell'avvocato Spinelli: nessuna finestra però sbatteva lì.
<< Continuiamo a salire! >> esclamò Enrico, avvicinandosi a Giada e guidando il gruppo di nuovo per la scala principale.
Al secondo piano c'erano le stanze dove dormivano i domestici: le più grandi erano destinate ad Anita, a Marinella e all'autista Armando.
Quella sera però erano tutti tornati dai rispettivi cari per Ognissanti.
I ragazzi controllavano se le finestre fossero rimaste aperte lì, ma nulla.
<< Quella maledetta finestra deve trovarsi per forza di sopra... >> commentò Giada, illuminando la scala che saliva al terzo piano.
<< Io lassù dal fantasma non ci salgo! >> si oppose Elena.
<< Non c'è nessun fantasma >> sbuffò Luciana.
<< Infatti, basta solo chiudere le persiane... >> commentò Cesare, mentre il rumore si faceva sempre più nitido.
I più pavidi cercarono di uniformarsi ai più coraggiosi, e tutti insieme tornarono a salire le scale fino al terzo piano, l'ultimo della villa.

                                    ***

Il terzo piano sarebbe stata la parte più bella dell'abitazione, se qualcuno avesse avuto il coraggio di farci più manutenzione: c'erano grandi stanze semivuote, con pochi mobili assaliti dalle tarme, le ragnatele sui soffitti e intorno agli antichi lampadari, splendidi affreschi ormai consumati dal tempo.
Infine c'era la famosa terrazza affacciata sul mare, dalla quale si poteva ammirare l'intero paese, tristemente nota per il suicidio della contessa Frezzi di Pietrasanta.
<< Cerchiamo la finestra... >> li richiamò all'ordine Enrico, incitando gli amici a dividersi in gruppi per cercare la fonte di quel rumore terribile.
Enrico, Giada, Rinaldo e Iris si diressero nella camera centrale; Cesare, Elsa, Luciana e Maurizio si incamminarono in quella a sinistra; ad Elena, Tiberio e Annalisa capitò la destra: stranamente però tutti poterono constatare che le finestre erano tutte perfettamente chiuse.
Prima che potessero comunicarsi la notizia gli uni con gli altri, una folata di vento aprì tutte le finestre del terzo piano all'improvviso, portando dentro foglie secche e sollevando mulinelli di polvere, cosicché la vista dei ragazzi venne annebbiata; da qualche parte, ai piani inferiori, una pendola batteva i rintocchi della mezzanotte.
Al dodicesimo rintocco il vento si placò, e gli occhi provati di Giada, Enrico, Iris e Rinaldo videro una figura perlacea di donna, che fluttuava sul posto, in mezzo alla stanza.
<< Tito! Tito, sei tu? Sei tornato da me? >> domandò con una voce lontana, come proveniente da un altro mondo.
<< No, non siamo Tito... Ma lei... Lei è la signora contessa? >> chiese Giada, facendosi coraggio.
La donna li guardò ad uno ad uno, intensamente: aveva un'espressione molto triste.
<< Oh, miei giovani amici vivi... Guardatevi dai nodi dell'amore, prima che vi avvincano! >> esclamò con quella voce che nulla aveva di umano.
<< I... I nodi dell'amore? >> domandò stremato Rinaldo, pensando di avere le allucinazioni.
<< Guardatevene! >> comandò, levitando lentamente verso il soffitto, per poi velocizzare il suo volo fin verso la terrazza.
I quattro ragazzi si alzarono per vedere che intenzioni avesse: il fantasma si avvicinò alla ringhiera, sedendovisi sopra anche se ci passava attraverso e si buttò all'indietro, esattamente come aveva fatto quand'era in vita.
A quella vista si sentirono mancare le forze e svennero.

                                     ***

Ripresero i sensi e videro il salone delle feste inondato dalla luce del sole.
Gli amici erano lì accanto, mettendo sotto i loro nasi dei panni imbevuti d'aceto.
Era ormai mattina inoltrata.
<< Cos'è successo? Dove siamo? >> domandò Giada con la voce impastata.
<< Al primo piano, nel salone delle feste. Eravate svenuti e siamo scesi in giardino a prendere le carriole per prendervi e trasportarvi giù per le scale! >> esclamò Tiberio, affaticato anche solo al ricordo di quella scena.
<< A un certo punto c'era una figura bianco perla, al centro della camera. Fluttuava >> rivelò Rinaldo.
Ma la sua affermazione suscitò le risate generali.
<< E chi era, il fantasma della contessa per caso? >> sghignazzò Annalisa, che fino a qualche ora prima era una delle più credulone.
<< E poi pensavamo che si chiamasse Cecilia, non Perla! >> rincarò la dose Maurizio.
<< Che palle, non è divertente! Quella lì era proprio la contessa, ci ha anche scambiati per il suo amante Tito! >> protestò risentito Rinaldo.
<< E sentiamo, vi avrebbe lasciato un messaggio? Di solito i fantasmi lo fanno... >> si intromise Elsa, cercando di non ridere. Ma era molto difficile.
<< "Guardatevi dai nodi dell'amore, prima che vi avvincano!" >> recitò Iris, ricordando le parole dello spirito.
Quella frase suscitò di nuovo l'iralità del gruppo.
<< Luisa Spagnoli, nei suoi Baci Perugina, non avrebbe saputo dirlo meglio! >> li prese in giro Elena.
<< Adesso però rimettetevi che dobbiamo andare alla messa di Ognissanti >> li ammonì Cesare.
<< Andateci voi, come se vi avessi seguiti... >> si dissociò il giovane Filomusi, che era comunista.
Giada, Enrico, Rinaldo e Iris ubbidirono, con le immagini di quella notte ancora in testa.
Ma forse avevano ragione gli amici, forse avevano fatto un sogno, suggestionati dalla leggenda della contessa e della sua passione proibita.

Fine

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