Capitolo 9 Di tradimenti, di furti e di interconnessioni fra volatili
«Dove andrete a cena, tu e Julia?» Natasha lo chiese a Barton, osservando preoccupata i due cubi metallici a tenuta, prigioni provvisorie per i fratelli Maximoff.
Dopo poche ore di sedazione, erano stati risvegliati pian piano sotto il controllo medico di Bruce e Tony. Entrambi non avevano detto una parola, rifiutandosi di rispondere a qualsiasi domanda posta loro dal direttore Fury e da Steve. Erano, pertanto, rimasti chiusi nelle celle tecnologiche e schermate, che impedivano l'utilizzo dei loro poteri, inespugnabili casseforti frutto del genio di Banner.
«Sarei più tranquillo se anche gli altri fossero qui» riferendosi al viaggio di lavoro di Stark, Thor, Bruce e Nick, recatisi al Congresso annuale delle Nazioni Unite a Stoccarda, il Capitano bussò sul vetro dei due cubi, muovendo la mano in cenno di saluto ai gemelli, che non replicarono nemmeno con un gesto o un'alzata di sopracciglio, limitandosi a guardarlo storto.
«Anche io, avvisatemi se vi servisse qualcosa, Cap» il Falco si era alternato coi colleghi presenti, in turni per monitorare sia i potenziati sia la Gemma della Mente, anch'essa custodita al quartier generale a seguito del suo recupero. Si era sobbarcato le notti precedenti, giacché la mattina si recava a scuola e il pomeriggio si allenava. Aveva dovuto scambiare il turno tra venerdì e sabato per avere la serata libera per uscire, e quindi, rivelare, a malincuore, l'invito a cena alla mutante.
«Ce la caveremo. I ragazzi non creano problemi, i cubi possono essere aperti solo da fuori. Le ansie di Fury forse sono esagerate, nonostante sia preferibile controllare a vista due personaggi come Wanda e Pietro, almeno prima di capire la natura delle loro prossime intenzioni».
Dopo mesi di cattività e di esperimenti, i gemelli, cavie da laboratorio da Strucker, temevano di subire il medesimo trattamento anche da parte degli Avengers o del governo statunitense. Il loro atteggiamento di chiusura era comprensibile: purtroppo erano stati addestrati a divenire armi umane da un maestro malvagio, per scopi ancor più abominevoli, e ci sarebbe voluto del tempo per scardinare la sovrastruttura mentale che si portavano dietro.
«Sei tutto in ghingheri e non ti sei sbottonato, per restare in tema vestiario» chiudendo la porta, Steve insistette, perorando la curiosità della russa. Il collega in pantaloni fresco lana grigi, camicia bianca e un gilet blu era un figurino e sfoggiava un look molto diverso dallo sportivo in jeans e sneakers con cui era abituato a vederlo. Il cuoio nero delle scarpe Duilio stringate rifletteva la luce al neon del corridoio.
«Hai preso delle scarpe nuove, che lusso. Dove hai prenotato, dunque?» Natasha lo incalzò, perché in tanti anni di amicizia, per la prima volta, l'arciere aveva stentato a confidarsi con lei. Erano specchi di una condizione di agenti solitari e asociali, che spesso preferivano un universo di limitate possibilità a un'apertura agli altri. Ma era pure un evento che Barton si mostrasse interessato a una ragazza, e da quando Julia Green era piombata nella sua vita, era decisamente cambiato.
Clint si passò le dita sulla punta del naso, nervosamente «A un ristorante cinese chic consigliatomi da Pepper, la fidanzata di Stark». Pepper Potts, assistente e compagna di Tony, era una donna di indubbio fascino, e il Falco aveva preferito chiedere un consiglio a lei che agli altri Avengers strampalati «la specialità è l'anatra laccata».
«Tu a mangiare un pennuto contornato da riso bollito, magari con le bacchette? Una comica. Sempre meglio che stare a guardare da un monitor due gemelli che dormono, in tuta da ginnastica, con una birra calda da bere e un pezzo di pizza fredda da un cartone, con Steve accanto che russa» la coda alta ondeggiante seguiva i passi cadenzati e armonici dell'ex ballerina e le sue lamentele.
«Io non rus...» un rumore di grida e di vetri infranti provenienti dal piano superiore interruppe Rogers.
L'allarme generale risuonò nell'aria, i segnalatori conici rossi alle pareti lampeggiarono.
«Armiamoci» Clint corse verso la stanza dedicata al suo allenamento, per recuperare dalla rastrelliera arco e faretra con le frecce, Romanoff fece altrettanto nell'armadio blindato delle pistole nella sala limitrofa.
«La sicurezza non risponde al telefono, ma qualcuno deve essere entrato nella struttura. Le telecamere di sorveglianza sono state manomesse o distrutte da un esperto che sapeva dove colpire» Rogers aveva controllato e riferì, mettendosi alla guida del gruppo dei tre col suo pesante passo militare, lo scudo sull'avambraccio e un suggerimento «Mi spiace per il tuo appuntamento, Barton. Se Julia è in arrivo, potresti sollecitarla? Ho un brutto presentimento».
Maledizione, Fenice! Il Falco aveva il cellulare nella tasca anteriore dei calzoni eleganti ma teneva le mani sull'arco, la cui corda già era tesa. La punta della freccia incoccata era pronta davanti a sé «Hai ragione, Cap. È qualcuno a conoscenza del fatto che siamo ridotti ai minimi termini e ci attacca di proposito in questo momento». Lo confortò di non poter chiamare la professoressa Green, poiché era ignaro della forza del nemico che stava raggiungendo il loro piano. Si augurò fosse lontana, che l'auto a noleggio avesse incontrato traffico.
«Stanno scendendo perché mirano ai potenziati e non solo, purtroppo» Vedova Nera trasse una corretta conclusione. Tuttavia che Pietro e Wanda si trovassero nei sotterranei della base era un'informazione riservata a pochissimi. Che vi fosse anche lo scettro di Loki ancora meno.
«Ma chi potrebbe riuscire a gestire i gemelli o la Gemma della Mente?» Rogers se ne meraviglio; lo scettro custodiva la preziosa pietra, ed era un oggetto che solo Thor toccava a mani nude.
«Ecco chi» sbuffò il Falco.
Erik Lehnsherr - in una curiosa uniforme grigia e bordeaux scuro arricchita da un mantello svolazzante e un elmo che gli ricopriva il viso lasciando scoperti occhi, naso e labbra - camminava verso di loro, con fare minaccioso.
«Il casco lo protegge dalla lettura del pensiero, lo rende immune dalla telepatia» Barton lo sibilò a Natasha e Steve.
«Ovviamente, arciere. Né il caro Charles, né la tua nuova amichetta Julia potranno venire a salvarti» calcò il termine amichetta. Non si trattava di gelosia maschile, ma della consapevolezza che Fenice, la più potente fra i mutanti, si stesse aprendo al mondo degli umani cui era stata tanto refrattaria. Dopo anni in cui avevano condiviso la medesima causa, erano bastate poche settimane con un uomo, perfino affetto da una disabilità fisica, per allontanare Julia dalla strada giusta, dall'ideologia sacrosanta della supremazia della loro razza.
Erik mosse le mani e i quattro estintori rossi del corridoio si staccarono dal muro, diventando missili che puntavano gli Avengers.
Romanoff fece un salto indietro, riuscendo a schivarne uno, miracolosamente; Steve colpì con lo scudo quello che gli si parò contro, cambiandone la traiettoria; Clint dovette buttarsi sul pavimento di linoleum per non essere centrato in pieno dal terzo a lui destinato. Il quarto estintore si infranse contro il pannello del soffitto, aprendo un foro di grandi dimensioni.
Magneto continuò ad avanzare. Con i campi di forza generati dalle sue mani rimandò indietro le pallottole di Vedova Nera, le frecce di Occhio di Falco, il clipeo del Capitano Rogers, forgiato in vibranio. Era del metallo più resistente al mondo ma pur sempre di metallo si trattava.
«Tutto qui quello che sapete fare? Te l'ho detto al nostro primo incontro, caro Clint, che eravate poca roba e poca roba restate».
L'arco metallico si spezzò in due fra le mani di Barton, le frecce volarono da dentro la faretra tutt'intorno, e le loro punte si indirizzarono, stavolta nemiche, al torace e alla testa del proprietario. Restarono a pochi millimetri dal ferirlo, immobili, tenute ferme dal fluido della mano destra di Erik.
Con la forza magnetica dalla sinistra, giocò con lo scudo a stelle e strisce, che Steve gli aveva gettato addosso in un tentativo disperato di difesa «È bello, il tuo strumento, Capitano. Guardalo bene perché sarà l'ultima volta che lo vedrai».
Il ragazzo centenario di Brooklyn, troppo ingenuo per comprendere appieno l'altrui intenzione, credette che Lehnsherr glielo avrebbe semplicemente sottratto per utilizzarlo.
Ma il mutante volle dare sfoggio della propria abilità. Lo scudo, tirato a terra ai piedi del Capitano, si liquefece come passato al forno di una fonderia infernale. Il metallo sciolto camminò lateralmente sull'impercettibile pendenza del pavimento, lasciando una striscia colorata blu, rossa e bianca simile alla pasta dentifricia con cui i bambini si lavavano i denti.
Erik oltrepassò la scia, evitando accuratamente le macchie di vibranio, che, pian piano, si ricomposero in sei paia di manette inespugnabili. I ferri trovarono posto sui polsi e sulle caviglie di Barton, Romanoff e Rogers.
«Resterete qui per un po'» il mutante li osservò, seduti con le schiene appoggiate al muro. Prima di muoversi verso le sale dove si trovavano Pietro e Wanda e la Gemma della Mente, si divertì a spezzare ogni freccia dell'arciere, che, rimasta in aria, ricadde a terra divisa in due parti, e a sciogliere le pistole di Vedova Nera, anch'esse realizzate in metallo. Una risata ironica rimbombò nel vuoto della stanza.
«Abbiamo fatto la figura dell'anatra laccata che dovevi mangiare a cena, diavolo. Il mio scudo! Quando lo saprà Tony mi prenderà in giro fino a farmi impazzire» Steve non riusciva a liberarsi delle manette, nonostante gli sforzi «Piuttosto, come usciamo da questo disastro? Magneto è fuori di testa, se conquisterà la Gemma avrà un potere immenso».
«Non la prenderà lui, lo farà Wanda» i passi di stivaletti neri col plateau preannunciarono l'arrivo di Julia. Scesa dall'auto a noleggio aveva notato che l'entrata della base non era presidiata, stranamente. Aveva sbirciato e visto le guardie incaprettate dai fili metallici dell'intelaiatura delle luci, capendo subito chi fosse passato prima di lei. Si era precipitata, col cuore in gola, seguendo i corpi storditi e legati dei custodi e del personale dell'agenzia, lasciati da Erik sul suo cammino. Aveva pure collegato le innumerevoli domande formulate sugli Avengers e sugli missione a un interesse malefico del suo amico.
Raggiunto Clint che la fissava dal basso, si inginocchiò con le dita sui ferri «Ti libero, resta fermo». Le due paia di manette si spezzarono nel mezzo, permettendo all'arciere di rialzarsi, intanto che Fenice aiutava Natasha e Rogers «Mi spiace tanto, Capitano, non sono in grado di ricostituire il tuo scudo».
«Non importa» non era vero e Steve mentì, per educazione.
«Che possiamo fare? Gli altri sono lontani e fra pochi minuti sarà tutto finito» Vedova Nera sapeva che non sarebbe bastata una telefonata per ricomporre il gruppo, con i colleghi all'altro capo del mondo.
«Julia, Lehnsherr aveva indosso l'elmo che vidi alla scuola, vuol dire che i tuoi poteri con lui non funzionano, vero?» Barton, tolta la faretra, posò la mano sulle fossette di Venere della bruna. Sfoggiava un abito magnifico sotto a un giacchino di pelle che le donava un'aria seducente. Avrebbe voluto dirle che era più bella del solito, ma soprassedette, data la palpabile tensione del momento.
«Non posso usare la telepatia, gli altri poteri sì. Il casco eviterà a Erik di essere rintracciato da altri telepati come me e Charles, che non potremo guidarlo nelle azioni con la forza delle nostre menti; gli servirà pure da schermo da Wanda, se lei non volesse seguirlo. Con l'elmo nessuno può manipolarlo oppure condizionarlo».
«Dividiamoci, io e Julia cerchiamo Magneto, voi procuratevi delle armi che non siano di metallo. Nat, sai a cosa mi riferisco! Tentiamo di impedirgli di lasciare la base» il Falco, presa Fenice per mano, era già corso in direzione della stanza dov'erano i potenziati.
«Stai bene, Clint, sei molto elegante» lei si lasciò sfuggire un commento. Era differente dal solito, davvero carino. La gratificò che si fosse vestito così per il loro incontro.
«Che razza di appuntamento a cui ti ho invitata, è iniziato malissimo».
«Per colpa di Erik, non tua. Non sa che sono qui perché l'ho detto solo a Ororo ed era uscito prima di me, per cui non ha visto l'auto che mi hai mandato o che lasciavo la scuola: forse un minimo di effetto sorpresa l'abbiamo anche noi».
«È lì dentro» la porta era socchiusa, Magneto si trovava di spalle e aveva già aperto le due prigioni metalliche dei gemelli, a cui parlava in tono solenne e autoritario. Parole e frasi che Green aveva ascoltato decine di volte, in cui Erik credeva sul serio. Le stesse frasi che l'avevano ammaliata, perché provenienti da un amico più grande, intelligente e arguto che sapeva plagiare, confondere, convincere. Si domandò se un simile atteggiamento non ricalcasse i comportamenti dei membri dell'HYDRA e di ogni predecessore che avesse voluto imporre la supremazia di un'idea, per finire per farla diventare dottrina di supremazia di una razza su un'altra.
«Tutto bene?» Barton aveva notato che la giovane fosse turbata.
«Sì, entriamo?» il tempo stringeva e pure se Steve e Natasha non li avevano ancora raggiunti; suggerì di cercare un contatto.
«Julia, non ho più né arco né frecce, le pistole di Nat si sono sciolte come neve al sole» non sapeva proprio come aiutarla, si sentì inutile.
«Prendi quello e stai pronto» lei gli strizzò l'occhiolino e indicò un estintore.
Capitone il motivo, il Falco lo staccò dal muro «Meglio di niente! Sei una ragazza sveglia, anzi una mutante sveglia». La manichetta nella sinistra impugnata a mo' un revolver, si immise un passo avanti a lei.
«Erik, lasciali stare, sono solo due ragazzini che hanno vissuto una brutta esperienza. Mi chiamo Julia Green, sono una mutante, mi hanno soprannominato Fenice» si presentò ai due gemelli in maniera gentile.
«È quella che mi ha bloccato, Wanda, è molto più potente di te» Pietro la squadrò con un sano interesse maschile, rammentando quanto accaduto in Sokovia.
«Non lo sarà più, Wanda: quando userai la Gemma della Mente non avrai rivali. Nessuno ti farà più del male; tutti, umani e mutanti, ti rispetteranno e ti adoreranno» Lehnsherr tirò fuori il suo asso nella manica, svelando un piano piuttosto banale che Julia aveva compreso. Non si meravigliò che lei fosse alla base degli Avengers e la cura nell'abbigliamento e nel trucco gli fece dedurre che avesse un appuntamento galante con l'arciere.
«Ti temeranno, avranno paura di te e vivrai un'esistenza solitaria, perché sarai diversa, credimi, lo so bene» la bruna espresse un punto di vista legato alla propria esperienza concreta «E tu e tuo fratello siete stati soggiogati a lungo per scopi malvagi e disumani e ora vi comportereste nello stesso modo con altri più deboli?»
«Voi Avengers ci avete imprigionato in due scatolette di tonno e ci parli di soggiogare? Piuttosto, noi non siamo più umani e non siamo mai stati nemmeno mutanti; dove diavolo credi che potremmo andare?» l'albino scattò verso Clint, che aveva già aperto il flusso di schiuma bianca, indirizzandoglielo contro prima che Magneto lo disarmasse. Il ragazzo ne era tanto impregnato che i movimenti velocissimi erano comunque visibili dall'alone.
Pietro, arrabbiato di non potersi mimetizzare, puntò di nuovo Barton, che Fenice protesse dall'attacco fisico con un campo di forza circolare dal colore giallo oro. Wanda le lanciò un colpo di energia rosso fuoco, che la mutante parò con altrettanta abilità.
«Sareste perfette assieme ma non credo lo vedrò mai accadere» Erik puntò allo scettro nella stanza accanto, sicuro della scelta già scritta nel destino dei due potenziati.
La bionda si affilò al mantello bordeaux, il fratello era già sparito alla sua velocità supersonica, verso lo scettro.
«Rogers, lo scettro, vogliono lo scettro» Clint lo confermò al Capitano, che stava correndo verso di loro, in mano una sfera in plastica nera grossa come una palla da biliardo, con una linguetta rossa di apertura.
«Copriti il viso, Julia» il Falco raccolse al volo l'asciugamano che gli passò Romanoff per fasciare la bocca e il naso della bruna «Anche gli occhi, fra pochi secondi» fece lo stesso con il telo che Rogers dette a lui sulla propria testa.
Repentinamente, Capitan America lanciò la sfera sul pavimento della stanza. Trascorso un sussurro, una deflagrazione seguita da un soffio intenso indicò che il gas chimico si stava sprigionando.
Erik fu il primo a uscire, con gli occhi rossi. Tossiva, con lo scettro in mano.
«Ci penso io» la nube verdognola e dall'odore pungente di zolfo finì all'interno di un colpo d'incanto carminio di Wanda, non prima di aver irritato anche le sue mucose e quelle del fratello.
«Tocca a te, Julia» Clint la spronò, non potendo non notare la tristezza infinita degli smeraldi fissi sull'amico di una vita, anche suo ex compagno, mentre gli lanciava addosso una scia di energia, sperando che lasciasse cadere lo scettro.
La bionda potenziata lo tutelò con un colpo di analoga portata, intanto che Pietro filava verso l'uscita, spintonando i tre Avengers verso il muro.
La velocità sostenuta a cui si muoveva aumentò la forza dell'impatto sulla parete. Rogers ricadde a destra, Natasha a sinistra, sparando agli ultimi grumi di schiuma bianca pallottole del sofisticato mitragliatore di cui si era munita e che Magneto le tolse di mano, mandandolo in fondo al corridoio.
Quando spinse l'arciere, Maximoff, con le dita, gli strappò l'apparecchio acustico dal padiglione auricolare sinistro, lo gettò a terra e si accertò di pestarlo con cura, con la suola della scarpa da ginnastica. La sua risata antipatica risuonò, eco inudibile di cattiveria gratuita come la frase pronunciata «Sarai fiero di me, Magneto, ho fatto quello che mi hai chiesto».
Barton non vide il potenziato né udì lo sbeffeggio, pur immaginandolo. Tutto era ovattato intorno a sé. A terra, un dolore alla fronte, con la faccia sul linoleum e i pezzetti dell'apparecchio distrutto a fianco, faticava quasi a mettere a fuoco.
Le bocche aperte di Vedova Nera e Steve non riuscivano a comunicargli granché. Lui che aveva accettato a malincuore anche solo di dover indossare la pallina magica creata da Bruce, adesso bramava che si ricomponesse altrettanto magicamente. Per aiutare i compagni, per cercare di bloccare la fuga dei tre nemici. E per ciò che lo affliggeva di più, evitare che Julia lo vedesse com'era: sordo, disabile, in difficoltà.
E mai avrebbe ipotizzato che il potere che lo aveva ridotto a uno scarafaggio sul pregiato parquet della villa di Xavier e che, in quell'attimo, aveva detestato, sarebbe stato la sua salvezza, steso a terra su un pavimento differente.
Si rialzò, sulle ginocchia, con rabbia. Fu allora che udì nella testa proprio la voce dolcissima di Fenice «Clint, perdonami, ti avevo promesso che non avrei più usato le mie abilità con te, ma credo mi potrai scusare». Era entrata nella sua mente e gli stava parlando «Possiamo comunicare pure se tu non mi odi: puoi esprimerti con la voce oppure formulare un pensiero di cosa vuoi dire, io ti ascolterò» continuando a confrontarsi con Wanda, era riuscita a trovare un modo per farsi sentire dal Falco, gestendo due poteri contemporaneamente.
«Grazie» disse l'uomo a voce alta, impressionato dalle sfaccettature delle abilità di Green.
«Prego, sarò le tue orecchie».
«Sono stufo di voi, andiamocene» Erik avrebbe potuto asservire ognuno dei presenti - tranne Julia - semplicemente toccandoli con lo scettro sul cuore, nel medesimo modo in cui Loki, il fratello di Thor, aveva fatto con l'agente Barton. Preferì dare sfoggio ai presenti, Fenice compresa, di quanto sarebbe accaduto nel prossimo futuro.
Tese lo scettro direttamente a Wanda, che interruppe il flusso di energia per aprirlo e prendere a mani nude la Gemma della Mente.
La rivoltò verso Clint, Natasha e Steve, minacciosa e la pietra sprigionò una ragnatela gialla che ampliò il suo raggio verso i quattro avversari.
«No, no, non un'altra volta» il Falco ricordò il proprio asservimento, una delle poche esperienze che lo aveva lasciato svuotato e apatico, terrorizzato che l'episodio potesse ripetersi.
«Non accadrà, fidati di me, non lo permetterò mai, Falco» udì la vocetta gentile di Julia che si prodigò a posizionarsi davanti a lui e agli Avengers, le mani aperte e l'intenzione di proteggere i nuovi colleghi a qualunque costo. L'uccello di fuoco liquido si materializzò sulle sue spalle, gli occhi divennero di giada, perdendo il verde che la caratterizzava. Le ali della Fenice si aprirono, le piume si fecero distinguibili, una a una.
Una semisfera delle stesse sfumature si generò a tutela dell'attacco della potenziata. La Gemma avrebbe permesso a Wanda di entrare nelle menti degli amici e, soprattutto, di Clint. Unita alla bravura manipolativa della bionda avrebbe potuto provocare danni irreparabili, non solo soggiogarli momentaneamente. Julia dubitava che Lehnsherr li avrebbe portati con sé per far parte della sua squadra, giacché li considerava inferiori. Ma era meglio non rischiare.
Cercò di limitare i danni finché Erik le sorrise in modo ambiguo, gli occhi cerulei lucidi di perfidia «Ultimo treno, Fenice. Vieni con me o resti con loro? Saremmo incredibili, assieme, un re e una regina» la invitò, sicuro che non avrebbe accettato, dato l'impeto con cui aveva tutelato Barton.
Non lo avrebbe mai seguito, che avesse ordinato a Pietro di distruggere l'apparecchio acustico di Clint era stata un'azione spregevole e compiuta a sfregio; l'aveva delusa e tradita, oltre ogni limite di tolleranza «Hai già la tua regina, no?» riferendosi a Wanda Maximoff, la mutante notò che quest'ultima avesse aumentato la potenza dei colpi, che aveva iniziato a far partire a raffica appena ascoltata la proposta di Erik, forse rosa dalla gelosia.
Avrebbe potuto resistere al suo attacco, avrebbe difeso gli Avengers a costo della vita.
Comprese, tuttavia, che non avrebbe dovuto farlo a lungo.
Magneto, infatti, creò un passaggio sul soffitto, dove c'era già un buco aperto sulla muratura, levitando assieme alla bionda, che le lanciò un paio di ultimi incantesimi. Li salutò con la Gemma pulsante nel pugno della mano chiusa, sparendo alla loro vista.
Julia abbassò le braccia, stancamente.
«Corri, Nat, proviamo a seguirli per capire in che direzione vanno» Rogers tentò l'impossibile, precipitandosi nel corridoio. Era inutile, lo sapeva già ma tentò ugualmente. I capelli rossi di una Romanoff ubbidiente, scioltisi della coda di cavallo, gli svolazzarono dietro.
«Non servirà a nulla, purtroppo. Clint, stai bene?» Fenice raccolse da terra i pezzetti dell'apparecchio acustico. Non era rotto, era disintegrato! Tenne i pezzetti nel palmo della mano e parlò nella testa dell'arciere, col pensiero «In assenza di Bruce, forse Hank potrebbe sistemarlo, devo farglielo avere prima possibile».
«È più facile che Steve raggiunga Pietro» demoralizzato, il Falco sospirò.
«Erik sapeva da me che lo scettro di Loki era qui e pure i gemelli Maximoff. Mi ha fatto mille domande, credevo volesse informarsi sulla mia esperienza, che fosse semplice curiosità. È colpa mia, io gli ho instillato l'idea di ciò che ha fatto, mi dispiace» la bruna crollò psicologicamente e fisicamente, ammettendo di aver spifferato a Lehnsherr ogni dettaglio. Aveva fatto la spia, la soffiata, era caduta in un abile tranello come una ragazzina stupida.
Incerta sulle gambe si appoggiò al muro, come quando aveva porto le proprie scuse a Barton durante l'allenamento con l'arco.
A Clint si spezzò il cuore davanti alla reazione al tradimento dell'amico e al dolore per una colpevolezza immeritata. «Sta tranquilla» la scollatura incrociata lasciava intravedere l'incavo dei seni che si alzavano e abbassavano repentinamente, per la respirazione affannata. Deglutì davanti alla bellezza innata e alla tenerezza di Julia «Non hai colpe, Fenice» le carezzò il fianco morbido, salendo con la mano sinistra fino alla guancia.
«È successo a causa mia, invece» ribatté, mestamente «Sei pure ferito» da un taglio in fronte all'attaccatura dei capelli perdeva un po' di sangue. Prima non se n'era accorta, coinvolta dalla concitazione della battaglia.
«È solo un graffio. Julia, la colpa è stata soltanto di Magneto, che ha cattive intenzioni da sempre; non ragionare come una bambina» lo stava innervosendo in un momento in cui il desiderio aveva preso il sopravvento sulla razionalità.
«Non sono più una bambina da tanto» gli bisbigliò nella testa.
«No, sei soltanto una mutante bellissima, la mia mutante, la mia Fenice» continuò a parlare lui perché non riusciva più a sentirla nella mente, era diventata taciturna per la stessa emozione fortissima della loro contingenza «Ti avevo invitato per trascorrere una serata indimenticabile e forse già lo è stata per un aspetto negativo, ma credimi, se me ne darai la possibilità riuscirò nel mio intento, rimedierò, ti farò scordare quanto appena accaduto» le sfiorò la scapola e il collo nudo per prenderle il viso fra le mani.
Gli occhi verdi lo dilaniarono, un trasporto folle lo spinse verso le labbra dischiuse e umide già pronte per il bacio in cui si incrociarono con le sue, volontariamente, appassionatamente.
Le dita di Barton coccolarono la schiena di Julia sopra la stoffa crespa del corpetto, quelle di lei finirono sotto la lana blu del gilet, in un massaggio sensuale dei muscolosi dorsali dell'arciere, la destra chiusa a pugno su ciò che restava dell'apparecchio acustico.
La danza delle lingue, il misto degli umori mielosi fu immediata intossicazione per entrambi.
Allo sbattere dei passi pesanti del Capitano che rimbombavano in vibrazioni sul pavimento, il Falco si interruppe, e poi continuò con l'unica cartuccia ancora intatta in suo possesso, una dichiarazione accorata e sincera che veniva dal suo cuore impazzito «Ho fame, Julia Green, di cibo e di te, e l'invito per la cena è ancora valido. Dimmi di sì, ti prego, ho urgenza di te, stasera, non voglio lasciarti, desidero baciarti, stringerti, imboccarti, vedere l'alba con te. Resta e non te ne pentirai. Mi basta un tuo sì e voleremo via, assieme». Julia era entrata definitivamente nel suo cuore e non ne sarebbe più uscita, solo un cieco non lo avrebbe visto.
Un sì deciso risuonò nella testa di Clint, di una voce che se fosse stata udibile, sarebbe stata più forte e sicura delle parole di Steve: era il richiamo della Fenice che aveva bisogno del suo Falco.
∞
Nota dell'autrice
Segnalo che da quando Pietro ha distrutto l'apparecchio acustico di Clint, Julia gli ha parlato con il pensiero affinché potesse udirlo nella mente e che sarà lo stesso nel prossimo capitolo.
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