Capitolo 6 Di Poe Dameron, di confronti costruttivi e di nuovi colleghi
«Sei stata fantastica, Julia; davvero non avevi mai guidato alcuna vettura?» Poe Dameron riposizionò sulla parte alta del naso gli occhiali da vista dalla montatura argentea, che scivolavano continuamente verso il basso.
Le mani nelle tasche dei pantaloni cargo color tortora scuro, era seduto sulle gradinate del circuito accanto alla giovane che fissava un punto nel vuoto davanti a sé, anziché la Mustang verde guidata da Clint che girava in pista già da diversi minuti.
«Sì» dopo il bacio mozzafiato con l'arciere, la mutante aveva scoperto che il promesso pranzo era stato allestito proprio da Dameron nell'ufficio ricavato dai due amici nella struttura. Con un fornello da campeggio e un forno a microonde, Poe aveva preparato un pasto leggero, su indicazione specifica del Falco, che gli aveva accennato dei problemi di gastrite di cui lei soffriva.
Il restauratore di auto d'epoca aveva offerto loro tranci di una focaccia alta e morbida, ai pomodorini e olive, spolverata di origano, una specialità italiana della regione di provenienza di sua moglie Nives: la Puglia.
Fenice era riuscita solo a spiluccare qua e là qualcosina, per non dispiacergli. Lo stomaco si era chiuso in una morsa infuocata per il nervosismo, ed era stato molto complicato conversare, mantenendosi lucida.
Poe aveva preparato a mano una pasta particolare che lei non aveva mai gustato, a forma di piccole orecchie, da cui ne derivava il nome, anch'essa di origine italiana, con una salsa light al pesto di rucola, e completato il menù con dei biscottini di pasta frolla intrecciata ricoperti mandorle, accompagnati da una crema inglese.
Alla scrivania apparecchiata, spartano tavolo da pranzo, la bruna aveva perlomeno assaggiato i piatti preparati con tanta abilità e devozione da Dameron, per dargli un minimo di soddisfazione, partecipando scarsamente al momento sociale, in cui Poe teneva banco, giacché anche Clint si era ammutolito, serrando la mascella in una masticazione forzata e rumorosa.
Il Falco aveva ingurgitato le pietanze alla velocità della luce, dileguandosi con la scusa di provare la Mustang prima che il socio la consegnasse al fortunato acquirente con cui doveva incontrarsi.
Poe aveva consigliato a Julia di spostarsi all'esterno coi loro piatti ancora pieni e lei aveva accondisceso, sperando che la luce del sole la scaldasse dall'inverno calato nelle sue viscere.
Da quando si erano baciati, Barton aveva smesso di guardarla negli occhi, non reggeva più la sua vista. La stava facendo sentire una ladra, colpevole di qualcosa di sbagliato. Perché era sbagliata per lui, perché lo erano loro due assieme, mutante e umano, acqua e olio che non si sarebbero mai ben amalgamati? Eppure il bacio era stato spontaneo, naturale, il culmine di un avvicinarsi graduale in cui la tensione emotiva era evidente.
Anche per lo stesso Dameron, che li aveva osservati dall'oscurità del tunnel, prima nei momenti di scuola guida in pista e, successivamente, nell'abbraccio infinito scambiato, tanto intimo e tenero da averlo fatto rientrare definitivamente all'interno dell'ufficio per fingere di dedicarsi alla preparazione del pranzo. Solo alla fine, intuito che Barton avesse interrotto in modo brusco la performance amorosa, si era presentato per sollecitarli al pasto.
«Prenderai la patente a occhi chiusi. Per tornare al nostro comune amico, se posso permettermi... Julia, Clint è nato testardo. È più facile cambi pettinatura che idea» l'uomo cercò di essere simpatico. Avrebbe dovuto confrontarsi con l'arciere, lo fece con Julia.
«Che intendi?».
«Devi dargli un po' di tempo, poi vedrai che ti farà entrare nella sua vita» rastrellò il sugo di rucola dal piatto con l'ultima orecchietta. Nel suo cuore, perché nella vita ci sei già entrata, saltata a piedi pari, pensò.
«Credevo di avere delle sovrastrutture mentali molto spesse prima di incontrarlo, invece sono nulla rispetto alle sue, ai paletti che ha verso il resto del mondo» la bruna dette più di un morso alla squisita focaccia, alternato a un sorso d'acqua naturale da una bottiglietta. Lo stomaco reclamava cibo, l'acidità era scemata e poteva fare onore alle succulente pietanze.
«Ognuno possiede rigidità che piega esclusivamente quando incontra la persona giusta. Ero pilota dell'aeronautica militare degli Stati Uniti, la mia carriera era decollata, scusa il gioco di parole, per la bravura e la tenacia. Ho lasciato tutto, quando ho conosciuto mia moglie Nives. L'ho amata da subito e ho capito che girare ramengo nelle basi dei cinque continenti con una divisa addosso non era più una priorità. La priorità era cambiata, volevo trascorrere del tempo con la mia compagna, formare una famiglia con lei, viverci quotidianamente. Insomma, ho mollato tutto da un giorno all'altro, senza rimpianti, e mi sono riciclato come restauratore di auto d'epoca. La meccanica e le vetture mi hanno sempre appassionato» riepilogò un momento di passaggio e cambiamento molto importante. Le sue parole esprimevano l'amore che nutriva per la sua sposa, il tono mellifluo e gli occhi sognanti corroboravano la veridicità della narrazione. Non aggiunse altri dettagli; l'avrebbe tediata per giorni a raccontare della propria felicità, del figlio che adorava, della casa sulla spiaggia ma non era il caso, non era il nodo della discussione da sviscerare.
Il punto di verde sgargiante della Mustang continuava a girare in pista. Ogni volta che passava davanti a loro dal finestrino abbassato vedevano le braccia tese di Clint vibrare per l'alta velocità. La mascella era tesa, il volto era diventato granitico, una fortezza inespugnabile.
«È più complicato di così, io sono una mutante, Poe! Ho il dono della telepatia, mi chiamano Fenice» gli confessò, sicura della fiducia riposta nella nuova conoscenza, gli occhi bassi sul piatto.
«Io, invece, sono allergico alle fragole. Dici che è un problema?» controbatté con una risata, pulendosi accuratamente con un tovagliolo la barba sporca dalla salsa delle orecchiette.
«Solo quando ordini una macedonia al ristorante» Fenice lo seguì nella battuta, compreso il concetto.
«Julia, mia moglie è una donna davvero speciale, proprio come te, e credimi, se ti dico che io e lei abbiamo molti punti in comuni e pure tanto che ci separa. Ma questo fa parte di qualsiasi relazione. Amare un altro diverso da sé e complementare è quanto di più bello possa capitare. E certe porte, quando si aprono, non si richiudono più, te lo posso assicurare» il segreto era solo l'amore, ma Fenice lo avrebbe compreso quando sarebbe stato il momento. Un biscotto alle mandorle scrocchiò sotto i denti dell'ex pilota, morso dal lato destro della bocca.
«Professoressa, devo rientrare alla base. La festa è finita» la voce di Barton li interruppe bruscamente. Sceso dalla Mustang alla telefonata ricevuta dal direttore Fury, per nulla placato dalla tempesta interiore che lo aveva spezzato, si era diretto verso i due seduti sulle gradinate. Chiacchieravano e terminavano il pranzo, e dalle espressioni dei volti probabilmente parlavano di un argomento serio. Ipotizzò di sé, scocciato.
«Clint, non so quando ricapiterò da queste parti. L'invito per venirci a trovare, che non hai accettato in questi anni, è sempre valido. Il posto c'è, casa nostra è molto grande, lo sai, e Nives sarebbe felice di conoscerti di persona. Ti aspetto, anzi vi aspettiamo, entrambi, te e Julia» Poe Dameron cinse le spalle alla giovane mutante con un braccio, lasciandole un bacino fraterno sulla fronte, mentre fulminava l'amico con un'occhiata severa.
Julia aveva pensato di utilizzare il tempo del tragitto fra l'autodromo e la scuola per confrontarsi con Clint ma non era stato possibile.
Richiamato allo S.H.I.E.L.D., l'arciere aveva pregato Poe di riaccompagnare la mutante, poiché la villa di Xavier si trovava nella direzione opposta alla base degli Avengers e alla pista. Se l'amico non avesse potuto, le avrebbe pagato un taxi.
Dameron si offerse di portarla con la Mustang, dopo aver chiuso la struttura, e il Falco si esibì nella sua specialità: volare via.
Dal venerdì pomeriggio, Fenice non aveva sue notizie. Non troppo amante dei messaggi, lo aveva chiamato senza fortuna, ma non era riuscita a parlarci poiché era scattata la segreteria telefonica.
Quando il lunedì mattina non si era presentato in classe e non l'aveva avvertita dell'assenza, l'inquietudine aveva preso il sopravvento sulla razionalità, complice la voce di Ororo che le aveva ripetuto mille volte che il ferro andava battuto finché era caldo e che doveva risolvere la questione prima possibile.
Con una scusa aveva interrotto la lezione e dall'app dedicata aveva chiamato un taxi per farsi portare da Barton. Si era ripromessa di non usare i suoi poteri con lui, ma fece un'eccezione, individuandone la posizione per andare a colpo sicuro, notando che, nel tragitto, si era spostato dal quartier generale della sua squadra all'Upper West Side.
Green aveva tamburellato con le dita sulle ginocchia per l'intero viaggio, incerta su cosa gli avrebbe detto. Non aveva scuse da porgere, per il bacio bellissimo che si erano scambiati né per aver preso l'iniziativa. Voleva soltanto capire la ragione del suo immenso turbamento e come sarebbe proseguita la loro amicizia, soprattutto se sarebbe proseguita. E se lui non avesse voluto frequentarla, avrebbe fatto un passo indietro, affinché proseguisse almeno a studiare, eventualmente affidandolo a Charles o a Erik. Amicizia! Si chiese se fosse il termine giusto per definire quanto c'era fra loro.
Arrivata al portone del palazzo di Clint pagò la corsa con la carta di credito e scese, intercettando proprio l'Avenger che rientrava con un bicchiere di caffè da asporto in una mano e una bustina di carta nell'altra.
«Clint, ciao» lo salutò, piazzandoglisi di fronte per impedirgli di entrare nell'androne.
Lui sgranò gli occhi. Stanco morto, dopo due giorni alla base senza tornare a casa nemmeno per un cambio, l'ultima persona che pensava di incontrare era Julia. Aveva soffocato il pensiero di lei, sostituendolo col lavoro, ma, ovviamente, risaliva a galla ogniqualvolta si distraeva o aveva un attimo di relax per riflettere.
«Buongiorno Fenice, che ci fai qui a quest'ora? Non hai lezione?».
«L'ho interrotta per venire da te, sei sparito ed ero preoccupata» ammise, stringendosi nella pashmina nera con le frange, con cui era avvolta.
«Ho avuto molto da fare» tagliò corto, sperando che la mutante mollasse l'osso e tornasse da dov'era venuta. Conoscendo Julia gli parve difficile. Era pallida, il nero della sciarpa e del dolcevita a collo alto non aiutavano. Si domandò se fosse a causa sua, rammaricato di averle causato anche solo un pizzico di tristezza.
«Tanto da non avvertirmi che non venivi a scuola? Nemmeno un messaggio, uno squillo?».
«Non ho avuto un solo minuto libero. Si tratta di una questione di sicurezza nazionale, non posso raccontarti cosa succede» alzò la voce, augurandosi che si offendesse e che andasse via.
«Non serve la telepatia per capire che stai mettendo un muro, e vuoi scoraggiarmi, ma non ho nulla da fare e mi siederò sul tuo divano finché non chiariremo» lo minacciò, consapevole, dalla pessima cera del viso, che fosse stato molto impegnato e pure che stesse usando delle scuse per discostarsene, anche emotivamente.
Il cellulare di Barton squillò e lui lo recuperò dalla tasca della giacca, passandole la bustina «Tienila un attimo, per favore. Devo rispondere».
La conversazione fu breve e a monosillabi. Al termine la liquidò «Devo andare al quartier generale, immediatamente, ciao». Si sporse sul marciapiede per fermare un taxi e far prima: scendendo al garage avrebbe perso tempo inutile.
«Non puoi mollarmi così, non te lo permetto» Julia usò i propri poteri, bloccando un'auto gialla che inchiodò davanti all'arciere. Il passeggero, imbambolato, scese, allontanandosi, e l'autista li esortò a salire, chiedendo loro la destinazione.
«Dagli l'indirizzo, ti accompagno, parleremo nel tragitto» muovendo le dita, azzerò il tassametro e si mise comoda dietro il sedile di guida.
Clint, esterrefatto, sedette, sillabando l'indirizzo dello S.H.I.E.L.D. «Forte».
«Questa è tua. La colazione?» la mutante gli passò la bustina marrone su cui aveva letto il marchio di una nota pasticceria della zona, famosa per specialità francesi.
«Ho preso un croissant alla marmellata e un caffè, ero stanco e non avevo voglia di prepararmi nulla. Vuoi favorire?» le offrì un pezzo di cornetto che lei rifiutò.
«No, grazie. Clint» arrivò dritta al punto «Da quando siamo incappati nel bacio dentro la Mustang, sei cambiato, ti sei gelato. Ti ho fatto qualcosa? Possibile ti sia dispiaciuto tanto? È perché sono una mutante, lo capisco. Credevo che fossi più aperto di me e sbagliavo» biascicò una frase dopo l'altra, di tre quarti sul sedile, gesticolando con le mani più del solito «Dopo i complimenti davanti alla finestra di casa tua, la storiellina del riflesso di una ragazza come le altre, la stessa anima di mutanti e umani, non mi aspettavo una simile reazione. Mentivi allora o lo fai adesso?».
A Clint andò di traverso il boccone del cornetto. Tossì, con forza, bevendo un sorso abbondante di caffè, intiepidito, per riuscire a inghiottire il pezzo di pasta. Si spostò verso di lei, scadendo le parole «Julia, ti ha dato di volta il cervello? Come fai a essere tanto intelligente e tanto sciocca al tempo stesso? Sei pure laureata, una professoressa» non voleva offenderla, si sentì urtato lui della critica di incoerenza rivoltagli dalla bruna a cui era scesa la mascella per lo stupore.
Green non controbatté e ascoltò.
«Mi stai dando del bugiardo? Nemmeno tu mi hai chiamato, signorina».
«Sì che l'ho fatto, ma è entrata in funzione la segreteria e non ho lasciato un messaggio vocale, non mi piacciono» si difese.
«Quante fissazioni assurde hai? Non mangi certi cibi perché pensi ti facciano male per la gastrite, non guidi per l'incidente dei tuoi genitori, non frequenti la città perché è piena di umani che non ti capiscono. Hai paura di lasciare un messaggio? Hai paura della tua ombra, pure se potresti disintegrare l'isola di Manhattan, sollevando un sopracciglio. E tacci me di incoerenza?» in un gioco di sguardi che stava diventando una sfida, l'arciere si accorse che Julia aveva perso completamente i colori.
Forse non aveva avuto il coraggio di lasciargli un messaggio o di richiamarlo ma in fondo era lì per lui, che non si era fatto sentire. Posò a terra il bicchiere di carta vuoto, e sul sedile la bustina con mezzo cornetto. «Sai che c'è, invece? Che io ho paura di ciò che provo per te, una paura fottuta, perdonami il termine forte». Le prese le mani fra le proprie, fermando il tremolio femminile che si irradiava fino al busto e oltre. Persino le labbra tremavano, teneramente «Fenice, tu sei colta, piena di qualità e poteri, a me piace sporcarmi le mani col grasso di un motore, tiro bene con l'arco, non ho nemmeno la licenza liceale, e in compenso porto un apparecchio acustico. Ribadisco ed è innegabile. Sei giovane, bella, brillante e potresti frequentare chiunque. Quando ti sarai stancata o avrai capito come sono davvero, che non sono alla tua altezza e che non lo sarò mai, che vicino a te c'è bisogno di un tipo come Magneto e non di un umano disabile, non mi vorrai più e mi spezzerai il cuore. Non posso permettermi di far entrare nessuno qui, ho già sofferto troppo» batté il pugno chiuso sul petto, a sinistra, sul muscolo cardiaco, più di una volta, come si trattasse di un giuramento. Nessuna donna aveva mai fatto parte della sua vita, non voleva complicazioni né legami, pure se con lei l'attrazione era pazzesca perché Julia stessa era pazzesca. Riconobbe che lo avesse già conquistato, che il pretesto di prendere il diploma faceva acqua da tutte le parti e nascondesse la voglia di stare con lei più del desiderio di completare gli studi.
Julia lo bloccò, ricordando le parole di Poe Dameron, esattamente le stesse che aveva pronunciato l'arciere: far entrare nel cuore. Gli afferrò il polso per farlo smettere e gli parlò con decisione «Dimentichi che ti ho letto la mente in un modo tanto profondo da sapere perfettamente con chi avevo a che fare e quello non mi ha frenato dal trascorrere del tempo insieme. Non mi sono fermata, l'altro giorno, desideravo baciarti e pure tu lo volevi, Occhio di Falco. Mi dirai che non conta? Che non è importante ciò che sentiamo? Che vuoi scappare da me, da noi, e non vedermi più, non partecipare alle mie lezioni?». Era sollevata che Barton non la evitasse per la sua essenza mutante, che forse rappresentava una parte del problema, e parallelamente preoccupata per il contenuto delle sue frasi, sintomo di profonda insicurezza.
«No, ovvio, è proprio il contrario, il bacio è stato fantastico. E
sono morto a stare lontano da te, ho dovuto sforzarmi a non telefonarti. Che si fa, adesso?» la prospettiva di una vita senza Julia gli era parsa un incubo, nonostante le remore a legarsi a lei.
«Clint, non voglio passare tutto il tempo a chiedermi cosa sono o chi mi piace, cosa è giusto o cosa è sbagliato, perché ne ho già sprecato abbastanza a causa delle mie paure, come dici tu: voglio solo essere felice, adesso! E quando siamo assieme, sono tanto felice» la mano dal polso passò al palmo della sinistra dell'arciere; inserì le dita fra le sue, senza forzarlo, e lui non esitò a fare altrettanto.
Pure io, rifletté l'Avenger, silenzioso. Non poteva permettersi di sbilanciarsi ulteriormente, restò muto. Le frasi erano vere, piene di significato e ci avrebbe riflettuto.
«Propongo di affrontare un giorno alla volta, intanto devi andare in missione, giusto? C'è qualcosa di anomalo che ti preoccupa, sei teso. Per favore, raccontamelo. Io sono qui, sono qui per te» gli accarezzò la fronte con l'altra mano, sulle rughe d'espressione divenute solchi di angoscia.
«Sei più di una telepate particolarmente dotata» lo aveva capito, nonostante non gli avesse letto nella testa «Sai cosa sia lo scettro di Loki?».
«A Loki fu regalato un dispositivo di controllo mentale, con il quale sarebbe stato in grado di influenzare gli altri. A sua insaputa però, lo scettro influenzò anche lui, alimentando il suo odio per il fratello Thor e per gli abitanti della Terra, lo vidi nella tua mente» comprese il motivo del suo turbamento.
«Lo scettro è stato rubato da alcuni esponenti dell'HYDRA, un'organizzazione terroristica e sovversiva contrapposta a quella governativa per cui lavoro. Qualche giorno fa, gli analisti dello S.H.I.E.L.D. ci hanno informato che si trova in Sokovia, un paese dell'Est Europa. Sembra che stiano effettuando esperimenti su esseri umani, attraverso la Gemma contenuta nello scettro stesso».
La manina di Julia era calda e rassicurante, la sua voce lo fu di più «Oramai non sei più sotto condizionamento dello scettro, Loki non potrà farti nulla, stai tranquillo». Aveva piegato leggermente il viso per sussurrarglielo. Gli osservò le labbra, mordicchiando le proprie, percependo che la tensione della discussione stesse svanendo dal suo corpo teso, per lasciare posto a un altro genere di emozione. Avrebbe voluto baciarlo; soprassedette e gli si accoccolò sulla spalla, mantenendo le loro mani unite, finché la sagoma della struttura dell'agenzia non comparve alla loro destra.
«Collega, ciao, signorina Green, che piacere rincontrarsi!» anche Tony, in giro a piedi per shopping, aveva preso un taxi per raggiungere la base. Salutò garbatamente dal vetro del finestrino abbassato, mentre Barton pagava la corsa, chiedendo all'autista a quanto ammontasse il costo per riaccompagnare la mutante alla scuola. Con la coda dell'occhio il miliardario aveva notato che la coppia si stringeva le mani e sedeva molto vicino. Tenne per sé qualsiasi commento, con difficoltà ma da buon stratega, aspirando il fumo da un sigaro cubano avuto da un conoscente dedito al contrabbando, che non mancava mai dalla sua bocca quando era all'aria aperta.
«Buongiorno, signor Stark» Julia non era rimasta nell'auto gialla: era scesa anche lei, in spalla il bauletto di Vuitton «Vai, Falco, non preoccuparti, ho la tessera del bus e avevo comunque disdetto la lezione, non sprecare soldi».
«Entra con noi, giusto per partecipare al briefing» Tony la invitò, con indifferenza, ipotizzando che abboccasse all'amo che le stava lanciando. Julia era un'arma dal potenziale illimitato, a detta di Xavier e dai resoconti di Fury. Lui e i cinque compagni andavano a recuperare lo scettro di Loki su un terreno sconosciuto e averla dalla loro parte nella missione sarebbe stata una risorsa incredibile, date le immense capacità apprezzate alla scuola soltanto in minima parte.
«Non vorrei disturbare» senza rendersene conto, la bruna si ritrovò sottobraccio a Stark, che, il sigaro oramai spento fra le dita, affrettava il passo verso l'interno dell'edificio, bypassando la sorveglianza e incrociando proprio Nick sul corridoio.
«Siete gli ultimi, gli altri si stanno già cambiando, tranne Banner che aspetta nel jet» Fury sapeva che, a seguito della precedente visita di Fenice, fosse nato un rapporto tra quest'ultima e Barton, e che lei lo avesse convinto a riprendere gli studi. Quando la vide lì, fra l'arciere e Iron Man, intuì chiaramente il motivo dell'espressione compiaciuta del più furbo fra i suoi Avengers. «Vi ragguaglio. Abbiamo le coordinate esatte della posizione dello scettro di Loki. Vi recherete in Sokovia, dov'è custodito, per riportarlo a casa. Julia, ti piacerebbe partecipare alla missione? So che hai condiviso alcuni incarichi non ufficiali con i tuoi compagni mutanti e che ti sei distinta per l'abilità e la precisione nell'uso dei poteri. Non voglio metterti in difficoltà, se non te la senti, o se ritieni che Charles potrebbe essere contrario».
Poiché lei titubava e non avevano tempo da perdere, Clint parlò al suo posto «Direttore, noi combattiamo assieme da anni. Inserire nella squadra un nuovo elemento da un giorno all'altro sarebbe pericoloso». Era spaventato per la sua incolumità, e avevano appena finito di parlare proprio delle loro paure.
«Veramente pensavo di accettare» con una vocetta infantile, Julia acconsentì. Suo malgrado, era incuriosita dagli Avengers, e l'idea di non lasciare solo Barton nel recupero di quell'oggetto per lui tanto disgraziato la convinse. Lo sfiorò con lo sguardo, sperando di non averlo dispiaciuto con la sua decisione. Il viso dell'uomo era sereno, e si abbassò e alzò, in segno di assenso. In fondo Fenice era la mutante più forte al mondo!
«Perfetto, allora. Avvertirò il professor Xavier, per correttezza; nello spogliatoio femminile potrai cambiarti con una tuta che Natasha ti fornirà» il nero l'accompagnò fino alla stanza dove Vedova Nera aveva terminato di vestirsi per la battaglia.
Senza preamboli e saluti, la russa le passò un'uniforme da un armadietto metallico, dove ve n'erano numerose appese, della sua taglia.
La bruna la indossò, togliendo ogni indumento, eccezione fatta per la biancheria e i calzini. La tuta, nera, era realizzata con un tessuto particolare e sagomata nella parte del busto e della schiena, in modo da risultare robusta come un giubbotto antiproiettile, a tutela delle zone vitali. Lo stretch utilizzato per una facilità dei movimenti nel corpo a corpo fasciava il suo fisico sinuoso e tonico a mo' di seconda pelle. Stivali scuri con la suola gommata, le cosce snelle e toniche allenate dallo jogging, si specchiò. L'immagine riflessa dal vetro d'argento del bagno era di una donna splendida, nel fiore degli anni, con il volto spiritato, in cui spiccavano due smeraldi verdi «La mia è simile, di colore blu e con una X sul busto».
«Sei perfetta, andiamo» Romanoff la incentivò a lasciare lo spogliatoio, fuori dal quale ritrovò Clint, perfettamente equipaggiato. A differenza di quando lo aveva visto in allenamento con una tuta più minimal, aveva indosso un'uniforme che gli ricopriva le braccia fino ai polsi. La parte superiore consisteva in una casacca piuttosto lunga, che arrivava a metà coscia. Era stata realizzata con la stessa stoffa della propria, e del medesimo colore: nero, tuttavia con inserti longitudinali viola sul petto e sulle braccia.
L'uomo le mandò un'occhiata lusinghiera; la silhouette aggraziata era ben definita dal tessuto tecnologico, i lunghi capelli sciolti seguivano il movimento dei fianchi nel suo incedere. «Sei bellissima, Julia» si riprese, per non strafare davanti all'amica storica «cioè intendevo dire che la tuta ti sta benissimo».
«Grazie, Falco». Prima di uscire dalla spogliatoio la mutante aveva mandato un messaggio a Charles, spiegando che sarebbe andata in missione con gli Avengers e che avrebbe potuto seguirla attraverso la telepatia. Normalmente serviva una vicinanza fisica per entrare nella mente di un altro individuo; tuttavia Xavier e Erik Lehnsherr, pochi mesi dopo essersi conosciuti, avevano progettato e costruito un particolare apparecchio, allo scopo di localizzare e identificare ogni forma di vita sulla Terra. Lo strumento, detto Cerebro era stato posizionato nei sotterranei della loro scuola, la X-Mansion, e potenziato da Hank per amplificare i poteri telepatici di Xavier e di Julia stessa.
«Che meraviglia» salendo sul Quinjet, dove c'erano già Stark, Banner, Rogers e Thor, ammirò la strumentazione, dall'avanzata tecnologia, oltre che la forma dell'aereo da combattimento e trasporto.
«E' farina del mio sacco, l'ho progettato io» Tony si vantò «possiede capacità di volo uniche, grazie alle ali che contengono ventole a turbina. E' dotato di diverse armi e uno scudo di occultamento» seduto al posto del copilota, avrebbe coadiuvato il Falco, da sempre prima guida dell'apparecchio.
«Esattamente come il nostro Blackbird, che diventa trasparente agli occhi di chi guarda; Hank ha creato un aereo analogo, signor Stark» la mutante si accomodò dietro all'arciere, accanto al capitano Rogers, davvero incredibile con la sua divisa azzurra e lo scudo ai piedi.
«Sei diventato un matusalemme, Tony, ti danno del lei» Bruce prese in giro l'amico. Erano entrambi rimasti in abiti civili: non servivano tute particolari per indossare l'armatura di Iron Man né per trasformarsi in Hulk.
«Perché Julia è troppo educata» ribatté Barton, decollando dalla piattaforma della base.
«Gli scherzi sono finiti. Concentriamoci sul lavoro, per cortesia. Signori, ripassiamo il piano guardando i monitor davanti a voi. Alla velocità del jet, il viaggio non sarà lungo come con un aereo di linea, ovviamente» Capitan America indicò un video posizionato a metà tra il seggiolino di Clint e Tony e analoghi schermi che sbucarono sugli schienali, per permettere una visione più ravvicinata.
«Quella che sta scorrendo adesso è la piantina della parte più a nord della Sokovia. E' un paese molto freddo, e ci ritroveremo nella montagna più brulla e arida, in un bosco non proprio delle favole, che sarà il punto dove scenderemo con il Quinjet» un cerchietto rosso segnalava dove sarebbero atterrati. «Lo scettro di Loki, che contiene la Gemma della Mente, è custodito in un castello, sulla cima dell'altura, piuttosto in pendenza. La strada che conduce alla fortezza è alquanto lunga. Sul nostro cammino ci saranno centinaia di soldati e di bunker. Sappiamo che esiste una barriera protettiva dell'edificio; di cui si occuperà Tony, potendo volare, e avendo a disposizione le armi più giuste per aprirvi un varco. Io, Thor e Stark, in prossimità della cittadella, entreremo per recuperare lo scettro, lasciando voi a copertura. Julia, fin qui è tutto chiaro? Te la senti?».
«Sì, Capitano» si limitò ad annuire. Rogers parlava in modo solenne e professionale, lei congetturò che dietro la calma del soldato granitico fosse irritato di portare con sé una mutante, o, comunque, un soldato al cui fianco non aveva mai combattuto in precedenza, ma che avesse dovuto acconsentire a un ordine del suo superiore, Nick Fury.
«Perfetto. Se dovessi essere in difficoltà, non sentirti all'altezza o se vi fosse un qualsiasi problema, sei autorizzata a tornare indietro verso il jet. In caso contrario, sarai con Clint e Natasha sulla jeep contenuta nella stiva dell'aereo; è accessoriata per permettervi di arrivare il più vicino possibile al castello e per coprirci le spalle. Bruce, dopo la trasformazione, andrà a piedi, chiaramente. Banner, a te la parola».
Il dottore dall'aria timida e pacata intervenne per un'ultima specifica «Il barone Strucker, membro dell'HYDRA, è un uomo malvagio, scienziato dedito a esperimenti crudeli, paragonabili alle atrocità compiute dai nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale. I nostri contatti ci hanno avvisato che ha potenziato alcuni esseri umani, attraverso l'uso della Gemma e di chissà quale altra diavoleria. Potremmo incrociare delle semplici guardie armate oppure dei supersoldati, di cui allo stato attuale, ignoriamo i poteri. Tenete sempre la guardia alta».
«Perfetto, grazie» Thor sistemò il mantello rosso, attaccato alla corazza all'altezza delle scapole da fregi rotondi di prezioso metallo asgardiano, simile al bronzo. Le stesse decorazioni, che Green credette utili anche alla tutela delle viscere del principe, raddoppiavano scendendo verso i fianchi. Calzava delle protezioni degli avambracci che lasciavano le braccia scoperte. I bicipiti nerboruti sul corpo possente impressionavano; i pantaloni di pelle nera, lavorata a losanghe, e gli stivali fino al ginocchio sagomavano la linea completa della notevole muscolatura. Il martello con cui era arrivato sulla Terra, chiamato Mjöllnir, era la sua arma principale, tenuta stretta nel pugno, come fece per l'intero viaggio.
Julia si mise comoda, osservando il panorama dal vetro infrangibile del cupolino, posto sopra e a fianco della cabina di pilotaggio, per quanto la velocità dell'aereo le permettesse di scrutare quasi esclusivamente l'orizzonte. Di sottecchi, sperando di non essere osservata dagli altri Avengers, guardava il Falco, per lo più. Era saldo ai comandi, sicuro, concentrato sulla missione e sulle manovre di pilotaggio.
Ne fu ammirata, aggiungendo altre doti a quelle che l'uomo possedeva e che lei aveva stilato in un lungo e caro elenco, custodito nel suo cuore già aperto all'amore.
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